“Ci
aspettavate?” chiese Luisa,
stupita, quando i tre sbarcarono a Torre Latta.
Ho-Oh
assentì. “Sospettavamo che
sareste venuti. Hai sconfitto la Lega, Prescelta Creatura. Quale posto
migliore
per celebrare la vittoria?”
Era
vero. Da quale altro posto
valeva la pena guardare un mondo su cui si era vincitori, se non dalla
Torre di
Latta?
Mew
fluttuò attorno alla ragazza.
“Siamo
felici che tu abbia vinto,
Prescelta Creatura. E siamo felici che, finalmente, voi tre abbiate
trovato la
vostra strada e siate sereni.”
“Grazie
di esserti mostrato al
Pokéfanatico, Mew” disse Lance. Il piccolo
Pokémon si volse verso di lui e
scivolò attorno al suo corpo.
“Siamo
qui per aiutarvi. Siamo qui
per voi. Chi vi è di aiuto, ci è
gradito.”
“Quell’uomo”
disse Argento. “L’uomo
che ci ha salvati. Era scritto da qualche parte? Sapevate che saremmo
andati da
lui?”
“In
parte” disse Mewtwo. “Sapevamo
che quel vecchio saggio si sarebbe in qualche modo rivelato utile. Ma
non
sapevamo come.”
“Resterete
qui tutta la notte?”
chiese Mew scivolando attorno ad Argento.
Rimasero
sulla Torre di Latta,
finché non fece alba, finché tennero gli occhi
aperti, e furono felici. Poi i
tre giovani si addormentarono, bagnati dal sole, sul tegolato sacro di
quella
torre, pacifici come bambini; allora, perché la luce non li
disturbasse, Mewtwo
li sollevò e li condusse al piano inferiore, dove
riposarono, tra le statue e
gli arazzi, per molte ore fino al pomeriggio inoltrato.
Alle
quattro si destarono e capirono
di doverli lasciare.
“Grazie”
disse Luisa quando furono
sul punto di prendere il volo.
“Siamo
stati felici della vostra
presenza” rispose Ho-Oh. “Che questa possa essere
la vostra seconda casa.”
“Tornerete
quando lo vorrete”
soggiunse Zapdos.
“Grazie”
ripeté Lance. “Torneremo.”
“Abbiate
cura di voi” disse Suicune.
I
Prescelti presero il volo e si
diressero verso l’Altopiano Blu, ma con calma, senza fretta.
Giunti, salirono a
lavarsi prima di cena.
“Quando
sarete pronti” disse Lance
“Salite su da me.”
Luisa
salì nella propria stanza e
riempì d’acqua la vasca del piccolo e grazioso
bagno celeste. Si spogliò e
s’immerse e restò a mollo a lungo. Poi
uscì, si asciugò i capelli e indossò
la
maglia che aveva comprato ad Azzurropoli.
Salì
le scale e raggiunse l’undicesimo
piano. Non poteva aprire la porta dall’esterno,
così si limitò a bussare e ad
attendere che Lance le aprisse la porta magnetizzata. Argento era
già lì,
seduto sul divano bianco, splendente nella maglietta e nei jeans
strappati
acquistati ad Azzurropoli. Lance, che venne ad aprirle, era sereno
negli abiti
che più gli erano usuali: maglia scura, giacca blu e jeans.
Erano
felici di aver riscoperto quel
divertimento, piccolo e naturale, del vestirsi, del vivere alla
giornata. Alle
sette e mezza, un campanello suonò a informarli che la cena
era pronta. Scesero
al quinto piano.
Attorno
al tavolo erano già raccolti
i Superquattro. A quella vista, Luisa e Argento si fermarono,
preoccupati.
“Lance…”
“Cosa
c’è? Avete paura?”
“Sì.”
“Non
preoccupatevi. È tutto a posto.
Rispondete tranquillamente alle domande. Comportatevi
normalmente.”
Era
la prima volta che cenavano
tutti assieme. Nei giorni precedenti, nonostante Luisa e Argento
fossero sempre
stati lì, tra i vari preparativi per la Lega, pranzi e cene
erano sempre stati
fatti a vari orari. Ora che tutto era concluso, finalmente avrebbero di
nuovo
cenato normalmente.
Andarono
a sedersi e cominciarono a
mangiare.
“Siete
stati molto bravi entrambi,
durante la Lega” disse Agata rivolta a Lance. “La
nostra abilità, in confronto
alla vostra, è certamente di poco valore.”
“Non
devi dire così” rispose Luisa.
“Questo non è vero.”
“Lo
è” replicò Agata. “Credi che
non
lo sia, forse? Molto bello, detto dalla più forte
allenatrice di Pokémon del
mondo.”
“Dove
siete stati?” domandò Lorelei.
“Siete ricomparsi alle quattro dopo una notte e quasi un
giorno!”
“Siamo
stati a festeggiare” rispose
Lance, sorridendo dolcemente.
Era
tranquillo, voleva mostrarsi
distratto. Lorelei lo guardò infuriata.
“Lance,
sono stanca di questi segreti.
Perché non vuoi mai dirci nulla?”
“Perché
lavorate per me” rispose
Lance. Sollevò un calice di vino e ammiccò verso
Lorelei. “Perché vivete qui.
Ma non potete leggere nella mia vita.”
La
ragazza scosse il capo. “Ci
conosciamo da anni, Lance. Perché non vuoi fidarti di
noi?”
Fu
il turno di Lance di scuotere il
capo. “Ho fiducia in voi, Lorelei. E vi amo molto, ma no, non
posso rivelarvi
ciò che nascondo.”
“Possiamo
smettere di parlarne?”
domandò Argento in tono petulante. “Nessuno di noi
dirà nulla riguardo a
questo, perciò non potremmo cambiare argomento?”
Per
quanto bello restava un bambino
capriccioso. Lorelei lo guardò.
“Sei
solo un ladruncolo. Hai anche
il coraggio di parlare?”
Le
sue parole suscitarono
un’indignazione generale. Argento arrossì di
rabbia, ma non ebbe il tempo di
reagire, perché Lance, infuriato, si alzò a mezzo
sbattendo le mani sul tavolo.
“Lorelei!
Non ti permettere mai
più!, mai più di dire una cosa del genere alla
mia tavola, mai più! Mai più,
hai capito? Non ti permetterò d’insultare i miei
amici in casa mia, è chiaro?”
“Forse
non è vero, Lance?” lo sfidò
Lorelei, il mento orgogliosamente alzato. Forse non era un ricercato,
prima che
la Campionessa lo prendesse per pietà?”
“Lance,
lascia stare. Lance!” disse
Argento a bassa voce, ma Lance non lo ascoltò.
“No!
Lorelei, io non ti permetterò
oltre di ingiuriare i miei amici, va bene? E se non accetti le mie
compagnie,
puoi lasciare Indigo Plateau, stanotte stessa! Vuoi andartene?
Vattene!”
Lorelei
mantenne lo sguardo fisso.
Era una sfida.
“Non
puoi cacciarmi, Lance.”
“No?
I Superquattro sono un marchio
registrato della mia società. Se non rispetti le persone
che, d’ora in avanti,
frequenteranno la mia casa, puoi andartene quando lo desideri. Ma non
ti
permetterò mai più di dire una cosa come questa
alla mia tavola, sotto questo
tetto!”
Fremeva
di rabbia. Lorelei non
abbassava gli occhi.
“Lance,
lascia perdere” mormorò
Argento “Non è nulla di grave, non è
successo niente…”
“D’un
tratto si udì bussare alla
porta della sala da pranzo. Sorpresi, tutti si voltarono per vedere
l’infermiera Joy far capolino.
“Signor
Lance, è arrivato il signor
Blu. Vuole che lo faccia aspettare?”
“No”
rispose Lance, sospirando. “Lo
ricevo immediatamente.
“È
andato a parlare con Rosso.”
“Lo
so. Dev’essere distrutto” rispose Luisa.
“Per
questo dobbiamo riceverlo ora.”
Lance
si alzò in piedi e sbatté con
rabbia il tovagliolo sul tavolo. “Non finisce qui, Lorelei.
Se vuoi dimetterti,
fammi avere le tue dimissioni sulla mia scrivania. Andiamo da Blu,
ora.”
Si
diresse a grandi passi verso la
porta. Gettandosi uno sguardo, Luisa e Argento si alzarono e lo
seguirono.
Blu
li attendeva al piano terra,
silenzioso e pensieroso. Balzò in piedi quando entrarono
nella sala.
“Capo,
perdonami, non sapevo che
foste a cena, non…non sapevo che ora fosse.”
Lo
guardarono impietositi, vedendo
gonfi i suoi occhi tanto belli, rosse le sue labbra fine e tremanti.
“Stavate
cenando. Non volevo
disturbarvi.”
“Non
avevamo molto appetito” rispose
Lance. “Sei andato da lui, Blu?”
Blu
esitò. Torcendosi le mani,
rimase seduto.
“Ho…ho
perso la cognizione del
tempo” mormorò senza guardarli. “Sono
stato là. E sono stato da altre parti.
Per tutto il giorno. Ma non mi ricordo dove. Allora sono venuto
qui.”
“Hai
fatto bene” disse Argento.
“Posso
parlare con Luisa?” chiese
Blu. Solo allora si rese conto che la ragazza era già
lì.
“Cosa
devi dirmi, Blu?”
“Stanotte
sfiderai Rosso.”
“Sì.”
“Cerca
di sconfiggerlo.”
Confusa,
Luisa sbatté le palpebre.
“Cosa intendi dire?”
“Rosso
tornerà da me solo dopo essere
diventato il più forte. Ma non lasciare che ti sconfigga
solo perché hai pietà
di noi.”
“Non
lo farò” rispose Luisa.
Blu
sospirò e scosse il capo. “Rosso
deve diventare il più forte, ma deve diventarlo realmente,
non deve solo
illudersene. Sai…credo di amarlo troppo per permettergli di
rinunciare al suo
sogno.”
Avrebbe
pazientato. Avrebbe atteso
finché Rosso non fosse tornato. Tornato con le sue gambe,
per sua volontà.
Blu
si alzò e abbozzò un inchino nei
confronti di Lance, poi si avvicinò alla porta. Tremava.
Lance lo richiamò.
“Blu…resta
qui per stanotte.”
“No,
Lance. Tornerò alla mia
palestra.”
“Non
puoi andare in questo stato,
Blu.”
Il
Capopalestra scosse la testa.
“Non voglio restare, Lance. Voglio andarmene.”
Era
ormai sulla porta. L’aprì e
uscì. Si fermò prima di richiudere. Ma non disse
niente e volò via.
“Ho
pietà di lui” mormorò Argento
quando furono soli.
“Lo
so” rispose Lance a bassa voce.
“Non pensiamoci ora. Stanotte andremo a Monte Argento. E io
ho ancora fame. Non
abbiamo mangiato quasi niente.”
Argento
sospirò. “Lance, mi dispiace
per quello che è successo.”
“Chi
manca di rispetto a voi, manca
di rispetto a me” rispose Lance voltandosi. “E io
esigo che mi si porti il
rispetto che mi è dovuto, in questa casa. Torniamo a finire
di mangiare. Più
tardi ci metteremo in marcia.”
Quella
notte quindi lasciarono
Altopiano Blu e raggiunsero il Monte Argento.
“Vuoi
che veniamo con te?” chiese
Lance.
Luisa
guardò la cima del monte.
“Sì”
rispose infine. “Sì, venite con
me. Non voglio stare senza di voi.”
Scalarono
il Monte, dunque.
Raggiunta la cima, entrarono nella grotta.
Rosso
era seduto a terra, la schiena
appoggiata contro la parete rocciosa della grotta, gli occhi chiusi che
si
aprirono immediatamente quando i tre entrarono.
In
quegli occhi rossi, Luisa vide un
pianto che era durato tutta la notte.
“Bene,
Luisa. Ci siamo, infine”
disse alzandosi. Era strafottente, odioso, incredibilmente bello.
“Sei venuta.
Credevo che non ce l’avresti fatta a trovare il
coraggio.”
Luisa
non rispose. Camminando altera,
percorse la grotta e salì i gradini di pietra che la
condussero alla solida
piattaforma rialzata, fino a trovarsi di fronte a Rosso.
“Io
non ho paura, Rosso.”
“No.
Lo so che non ne hai. È per
questo che ti dico che faresti bene ad averne.”
“Iniziamo,
Rosso. Non ho tempo da
perdere con te.”
E
iniziarono a combattere. In
entrambi mancava quell’eleganza che contraddistingueva Lance:
combattevano
soltanto. Selvaggi, violenti, rabbiosi.
“TUONOSHOCK!”
“LANCIAFIAMME!”
“Non
credere di poter andare avanti
così per sempre!”
“E
per quanto, allora?”
“GETTO
D’ACQUA! Tu sei l’unico
ostacolo che mi separa da Blu!”
“RUOTAFUOCO!
Solo tu sei il tuo
ostacolo, Rosso! Perché potresti tornare, se lo
volessi!”
“FOGLIELAMA!
Ma io dimostrerò a Blu
che posso farcela, che posso dargli qualcosa!”
“BRACIERE!
Smettila di parlare e
combatti, se è questo che vuoi!”
E
lottavano. Semplicemente. Perché
era l’unica cosa che sapevano fare.
Perché
era l’unica cosa che sapevano
fare.
E
Luisa vinse, ancora una volta.
Rosso rimase a guardarla, in silenzio.
“Sono
ancora troppo debole, Luisa.”
“Lo
so.”
“Ma
l’anno prossimo, io sfiderò la
Lega Pokémon. E allora, sarò forte abbastanza per
sconfiggerti.”
Luisa
lo guardò freddamente.
“Ci
conto” disse, e se ne andò con i
suoi compagni.
Un
caloroso ringraziamento a
TokorothX3 per la cortese recensione. Colgo l’occasione per
ribadire che
sarebbe ben accolto qualsiasi genere di commento, positivo o negativo:
sebbene
questa sia una storiella da nulla, scritta solo per divertimento, avrei
ugualmente
piacere di sapere cosa ne pensate.