Anime & Manga > Pokemon
Segui la storia  |       
Autore: Afaneia    21/03/2012    0 recensioni
Chi è Luisa? Un tempo non era nessuno, era solo una piccola ragazza di provincia, una piccola allenatrice di Borgo Foglianova partita all'avventura come tanti, come tutti. E ora? Ora è la Campionessa di Kanto e Johto, dopo aver superato sfide e pericoli e aver sconfitto, dopo anni di viaggio e allenamento, Lance e Rosso, il Presidente della Lega Pokémon e il vero Campione delle due regioni.
Ma la vita continua a cambiare. La piccola ragazza di provincia ora è quasi una donna e i suoi nemici (Rosso, Argento, quel ladro che conobbe il primo giorno del suo viaggio) stanno cambiando e le loro relazioni mutano con loro. E soprattutto, ciò che cambierà definitivamente la sua vita sarà l'arrivo di Ho-Oh, la fenice di fuoco delle leggende, che discenderà dal cielo ad annunciarle una grande verità...
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Lance, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Saga della Prescelta Creatura'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il mattino dopo dormirono fino a tardi. Si svegliarono alle dieci e si dissero di ritrovarsi nella sala da pranzo.

Quando Luisa arrivò, ancora stanca per la notte precedente, ma soddisfatta, trovò solo Argento seduto già al tavolo, a mescolare lentamente una tazza di caffè.

“Buongiorno.”

Argento trasalì e si voltò. “Ah, sei tu. Buongiorno.”

“Ti ho spaventato” notò la ragazza con dispiacere. “Smetti di stare sul chi vive, Argento. Ora sei con me, sei al sicuro con me.”

“Ma Lorelei ha ragione, Luisa.”

Luisa non rispose e versò del latte in una tazza.

“E poi, la reputazione di Lance s’infangherà se si scopre in giro che ospita un ladro ad Altopiano Blu.”

“Ma tu non sei più un ricercato adesso” disse Luisa. “Sei con me, abbiamo le carte in regola d’ora in poi.”

“Lo so” rispose Argento. “Non è di questo che mi preoccupo.”

Luisa sospirò andando a sedersi. “Ho capito cosa intendi.”

“Forse a me non importa molto di tutto ciò” disse Lance entrando nella stanza. Sorrise ai due compagni. “Effettivamente non abbiamo mai parlato di questo. Tuttavia, so quello che c’è da sapere. Che sei un ricercato, che Luisa ha garantito per te.”

Argento guardò in silenzio il proprio caffè. “E ti fidi?”

“Certo che sì” replicò Lance con estrema sicurezza. “Quando ti ho visto, ti ho subito riconosciuto. Ma mi sono fidato di Luisa e ho lasciato perdere. Quando poi abbiamo incontrato Ho-Oh… avrei forse potuto nutrire qualche dubbio?”

Argento sollevò gli occhi su di lui. “Ciò non toglie che io sono un ladro, Lance.”

“Tutti commettiamo degli sbagli. E ricorda che saremo giudicati per quello che siamo, non per quello che facciamo. No, non ho paura di quello che la gente può pensare. Sono a posto con la legge e con la mia coscienza.”

Finalmente, il giovane sorrise. Era un sorriso disteso che conferì al suo volto ancor più grazia e bellezza. “Grazie, Lance.”

“Leggiamo il giornale, ora” suggerì Lance e aprì il giornale che aveva portato con sé. Ma appena ebbe vista la prima pagina, i suoi occhi si fecero cupi.

“Lance? Cosa c’è?” chiese Luisa. Lance aprì il giornale sul tavolo e mostrò ai compagni una foto in prima pagina.

Era una foto di Blu, ripreso all’esterno di un bar, seduto a un tavolino, con gli occhi gonfi, il volto distrutto.

“Era ubriaco?” mormorò Argento impressionato, guardando la foto.

Lance scosse la testa. “Credo di sì. Può sempre darsi di no, comunque.”

“Come si è ridotto!” disse Luisa tristemente. “Ieri ci ha detto che non ricordava dov’era stato, vi ricordate?”

Lance lesse in fretta l’articolo scandalistico in colonna. Indicò un paragrafo. “Qua dice che non è stato capace di pagare il conto e che i gestori sono stati costretti a buttarlo fuori.”

“Che vuol dire che ‘non ne è stato capace?’” domandò Argento.

“Che non aveva soldi con sé” spiegò Luisa.

Lance emise un impercettibile sospiro. “Dal momento che io sono il diretto superiore di Blu, sarò io a pagare il suo conto” disse stancamente. “Questo è un locale di Plumbeopoli, ci andrò prima di pranzo.”

“Veniamo con te” disse Argento. Lance assentì col capo.

“Sì. Molto bene. Appena avremo fatto colazione, partiremo.”

Finirono di mangiare e presero il volo verso Plumbeopoli. Atterrarono in centro e proseguirono a piedi verso il locale che il giornale indicava. Entrati, trovarono il posto quasi vuoto.

“Chiedo scusa. Ho saputo che il Capopalestra Blu ha lasciato un conto in sospeso qui. Sono qui per pagare in nome suo. Posso parlare con il gestore?” chiese educatamente.

La ragazza mandò a chiamare il proprietario del locale. Ai loro occhi apparve un uomo grasso dall’aspetto pulito e rispettabile.

“Buongiorno, signor Lance. Posso aiutarla?” domandò, vagamente sorpreso, forse, dal vedere il Presidente della Lega Pokémon nel proprio locale.

“Buongiorno, signore. Sono qui per pagare le ordinazioni del signor Blu a suo nome.”

L’uomo si massaggiò la fronte. “Una brutta storia, signore. Non desideravo cacciarlo, ma non ero nella condizione di poter fare favoritismi.”

“Quando ha bevuto?”

“Troppo” tagliò corto l’uomo. “Troppo per lui. Quando ho visto che non poteva più bere, gli ho impedito di ordinare ancora. A quell’ora poi!”

“Capisco. A quanto ammontano le sue ordinazioni?”

Il gestore del locale lo guardò con occhi assorti e dispiaciuti. Prese un blocchetto poggiato sul bancone e vi scrisse una cifra cerchiata che poi spinse verso Lance. Egli sbatté le palpebre e incassò il colpo senza dire nulla. Con un sospiro, mise mano al portafogli e pagò subito, in contanti.

“Grazie, signore. Speriamo di riaverla presto.”

“Noi no” disse Lance, imperturbabile “Ma non per lei.”

Uscirono dal locale, passeggiarono un po’ per Plumbeopoli assolata e calda di pietra bianca, ma poi, passando di fronte a un’edicola, fu giocoforza vedere su tutti i giornali scandalistici le foto di Blu. Allora Lance sospirò e guardò a lungo le copertine delle riviste, le prime pagine dei giornali. Poi si girò e si allontanò dall’edicola.

“Lance!” lo chiamò Argento. “Lance, dove vai.”

“Dobbiamo andare a Smeraldopoli.”

“Credi che sia là?” domandò Luisa apprestandosi a seguirlo.

“Ha detto che è là che sarebbe andato.”

Si sollevarono in volo e in pochi minuti raggiunsero Smeraldopoli. Alla palestra fu loro detto che Blu non era ritornato lì dalla sua partenza per la Lega. Lance rimase interdetto. “E allora, dove può essere andato? A Isola Cannella?”

Luisa rifletté un momento. “Dopo una sbronza del genere, e aver affrontato Rosso e noi…sarebbe stato logico andare a casa.”

“Andiamo a Biancavilla, allora” decise Lance, liberando il suo Dragonite.

“Aspetta, Lance” protestò Argento. “Non credi che forse, a casa sua…”

Il Presidente capì cosa intendeva. “E ALLORA PER QUESTO DOBBIAMO LASCIARLO SOLO?” urlò furioso.

Era disperato, preoccupato. Voleva molto bene a Blu.

Andarono a Biancavilla e bussarono alla casa di Blu. Ad aprire fu la donna che a giorni alterni andava a pulire e ad areare la casa e che Blu, pur essendo tornato a risiedere ufficialmente a Biancavilla, non aveva licenziata poiché non trascorreva in quella casa poi molto tempo. Apparve loro stanca e preoccupata.

“Buongiorno…oh, signor Lance! Che posso fare per lei?”

Lance si mantenne impassibile. “Buongiorno. È in casa Blu?”

La donna esitò. “Non può vedere nessuno, ora.”

“Mi ascolti” disse Lance in tono ragionevole. “Dobbiamo aiutarlo. Dov’è?”

Le sopracciglia della donna si corrugarono: ella era perplessa e confusa. Infine, chinando lo sguardo, mormorò: “In camera sua.”

Con un’imprecazione, Lance lo scostò ed entrò in casa, dirigendosi verso le scale. Luisa e Argento lo seguirono.

Trovarono Blu in uno stato pietoso: era seduto a terra, contro il muro della sua camera, e sul pavimento attorno a lui vi erano alcune bottiglie vuote.

“Blu” disse dolcemente Lance. “Come ti sei ridotto?”

Blu lo guardò, con gli occhi lucidi e arrossati.

“Gli ho dato un anno” gracchiò. Stava piangendo.

“Cosa?”

“Gli ho dato un anno” ripeté Blu. Sollevò una bottiglia vuota e la lasciò ricadere. “Mi sono lasciato fregare di nuovo. Come uno stupido. Lo amo troppo per rinunciare a lui, e lui ama troppo il suo sogno. Ma lo stupido sono io.”

“E allora” disse Lance raccogliendo una bottiglia. “Hai intenzione di ubriacarti ogni mattina per i prossimi 365 giorni?”

Blu ridacchiò. “È un’idea.” Lo guardò. “Hai dei soldi da prestarmi, Lance? Credo di dover saldare un debito. In un locale.”

“L’ho già saldato io” replicò Lance aspramente. E allora, Blu si mise a piangere, a piangere forte, rannicchiato contro il muro.

Lance s’inginocchiò davanti a lui e gli prese una bottiglia dalla mano, gettandola a terra. Blu si girò perché non potesse guardarlo, ma Lance lo costringe a ricambiare il suo sguardo.

“Blu” disse a bassa voce. “Blu, basta ora. Vieni con noi, ti portiamo ad Altopiano Blu.”

“No…”

“Blu, ti prego. Questa donna non può occuparsi di te per sempre. Ci pensiamo noi a te” insisté Lance tirandolo in piedi.  Blu barcollò e Argento lo sostenne dall’altro braccio.

“La…la cintura” balbettò il Capopalestra. Luisa la vide: era gettata sul tavolo. La raccolse, controllò che ci fossero tutte le Pokéball e la mise nel proprio zaino.

Trascinarono il ragazzo fino al piano di sotto. Quando li vide, la donna tentò assieme di protestare e di aiutarli, ma Lance la bloccò sorridendole dolcemente.

Quando, a Indigo Plateau, scesero dai propri Pokémon e tirarono Blu giù dal Pidgeot di Luisa, Bruno li vide e preoccupato si affrettò verso di loro.

“Lance! Cos’è successo? Che è successo a Blu?”

“Non sta bene” tagliò corto il giovane. “Aiutaci a portarlo in qualche stanza vuota.”

Blu barcollava e piangeva. Lo portarono al quinto piano e lo distesero sul letto immacolato di una stanza vuota, poi Lance congedò Bruno.

“Evita di far sapere al mondo che è qui e che non si regge in piedi” soggiunse. “Dì anche a Lorelei, Joy e Agata di tenerlo nascosto.”

Blu si era calmato. Respirando profondamente, guardò il soffitto e disse: “Sono proprio caduto in basso, Lance, eh?”

“Sta’ zitto. Ora non preoccuparti. Devi solo dormire.”

“No…davvero. Non riesco a strapparmi dal fantasma di Rosso. Continuerò a sperare che ritorni e a ubriacarmi, Lance. Non voglio vivere così, ma non sarei capace di fare altrimenti.”

“Sht. Riposati, ora. Stasera ne parliamo.”

Controllarono che avesse ciò che poteva essergli utile e, raccomandandogli di dormire, uscirono. Prima di chiudere la porta, Luisa appoggiò la cintura di Blu sul comodino vicino al letto.

 

Quando, quel pomeriggio, Blu si svegliò, si sentì un gran mal di testa e rimase fermo un poco a letto, a riflettere. Poi, facendo uno sforzo, si alzò e notò che la sua cintura era sul comodino accanto al letto. Lo prese e la indossò, poi, tenendosi la testa, scese dabbasso.

Luisa, Argento e Lance erano seduti a un tavolo nella sala d’ingresso. Stavano leggendo un giornale e, pur da lontano, Blu scorse una sua foto. Sospirò avvicinandosi. I tre lo sentirono e sollevarono lo sguardo su di lui.

“Buongiorno” disse, a disagio.

“Buongiorno. Come ti senti?” chiese Argento.

Le sue parole gli diedero male alla testa e Blu si prese il capo con la mano. I tre lo notarono.

“Mal di testa?” intuì Lance. Blu annuì e anche questo gli fece male. Poi, guardando il giornale, sorrise tristemente. “Cosa dice?”

“Che ti sei ubriacato per un’intera mattinata e che a mezzogiorno e tre quarti stavi vomitando in un prato vicino al Monteluna” spiegò Argento.

“E che ti hanno visto aggirarti come un dannato da Celestopoli fino ad Aranciopoli per tutto il pomeriggio” proseguì Luisa. Chiuse il giornale. “La tua immagine si è un po’ oscurata, Blu. Mi dispiace.”

“È colpa mia. Non dovete dispiacervene” rispose il Capopalestra. Si sedette accanto a Lance.

“Dobbiamo parlare di come riabilitare la tua immagine, Blu” disse quegli, scostandosi per fargli posto.

“E cioè?”

“Innanzitutto, evita di attirare l’attenzione del pubblico. Niente più sbronze, ma neppure in casa. Tra qualche giorno, torna alla palestra. Non fare più nulla che possa richiamare gli sguardi della gente. Se nel corso di qualche intervista dovessi ricevere domande al riguardo, spiegherai di aver avuto un momento di debolezza e parlerai pubblicamente di imbarazzo e di desiderio di dimenticare.”

“Ho capito.” Blu sospirò e guardò il tavolo. “Lance, io non riuscirò mai a fare a meno di Rosso. Sono troppo debole per farlo.”

“Gli hai dato un anno” iniziò Luisa. “E se non torna, cosa farai?”

Blu la guardò a lungo. “Non lo so. Continuo a sperare che possa mantenere la sua promessa. Non so se lo farà o se non ne sarà capace, so solo che, per adesso, non posso fare altro che aspettare.”

“E bere” soggiunse a bassa voce Lance, senza guardarlo. Non vi fu risposta. Allora si girò verso di lui. “Ti credi molto debole, Blu?”

“Abbastanza per morirne” replicò il Capopalestra “Se non bevo.”

“Forse, quando tornerà, Rosso sarà felice di trovarti ubriaco fradicio.”

C’era una straordinaria amarezza nel suo tono. Blu abbassò lo sguardo.

“Io non sono come te, Lance.”

“E allora bevi fino a morirne e continua a inseguire il suo fantasma!” urlò Lance, balzando in piedi e abbattendo d’un colpo il pugno sul tavolo. “Tu hai deciso di concedergli un anno di tempo, Blu, e non puoi dare la colpa a nessuno, e bere non farà scorrere il tempo!”

“Lance, smettila!” urlò Argento, afferrandogli un braccio. Lo scosse. “Basta, ora.”

Blu era rimasto in silenzio, a testa china. Quando Lance si fu calmato, sollevò lo sguardo su di lui e gli disse: “Mi dispiace, capo. Io so di aver scelto, e so che, anche volendolo, non avrei potuto scegliere altrimenti, perché non sarei stato capace di farlo. E allora bevo, per dimenticare di essere debole.”

Lance sospirò, tornando a sedersi. Tamburellò con le dita sul tavolo e disse: “Perdona la mia sfuriata, Blu. Sono profondamente addolorato per te e questo mi rende nervoso. Blu” aggiunse fissandolo molto seriamente “Io non voglio trovarti di nuovo come stamattina.”

“Lo so.”

“Per questo resterai per qualche giorno ad Altopiano Blu. In questo modo potrai abituarti meglio all’idea dell’attesa. Noi tre abbiamo una personale esperienza di circostanze come queste.”

Blu li guardò, ma nei loro occhi non riuscì a leggere i loro misteri.

“Non posso restare, Lance. La palestra…”

“Non sei mai stato a Smeraldopoli per più di una settimana di seguito, Blu, e io so benissimo che sei reperibile in Palestra quattro giorni su dieci a dir molto. Le tue sono solo scuse. Ti conosco.”

Perciò, Blu rimase per qualche giorno con loro. Lo lasciarono andare solo quando furono convinti che stesse bene. A quel punto, anche per loro era giunto il momento di decidere.”

Erano nella biblioteca di Altopiano Blu, situata al settimo piano. Lance era seduto su una poltroncina, Argento vicino a lui, su un piccolo puff. Luisa era semidistesa su un divanetto in stile impero.

“Presto” iniziò la ragazza guardando il soffitto “Dovremo ripartire. Sono ormai venti giorni che siamo qui.”

Lei e Argento guardarono entrambi Lance, il quale rifletté per qualche istante.

“Credo di dover venire con voi.”

“Non sei obbligato, se non vuoi.”

Lance fece un cenno di diniego. “Io sono un allenatore, Luisa. Un allenatore deve viaggiare per diventare più forte. Sono stato fermo troppo a lungo. È tempo che anch’io riprenda il mio cammino…e poi, voi siete il mio destino.”

I tre rimasero in silenzio per qualche momento.

“Quando ripartiamo?” domandò Argento. Era impaziente. “Sono stanco d stare qui, non è la nostra strada.”

Lance rifletté. “Stasera, a cena, daremo la notizia ai Superquattro. Dovrò organizzarmi per gestire la Lega senza vivere in Sede, comunque, sono sicuro di esserne in grado. La preparazione richiederà poco tempo, in fin dei conti sono già stato in viaggio.”

“Una settimana ti è sufficiente?” chiese Luisa.

Lance si massaggiò le tempie con le dita. “Sì.”

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: Afaneia