Il mattino dopo dormirono fino a
tardi. Si svegliarono alle
dieci e si dissero di ritrovarsi nella sala da pranzo.
Quando Luisa arrivò,
ancora stanca per la notte precedente,
ma soddisfatta, trovò solo Argento seduto già al
tavolo, a mescolare lentamente
una tazza di caffè.
“Buongiorno.”
Argento trasalì e si
voltò. “Ah, sei tu. Buongiorno.”
“Ti ho
spaventato” notò la ragazza con dispiacere.
“Smetti
di stare sul chi vive, Argento. Ora sei con me, sei al sicuro con
me.”
“Ma Lorelei ha ragione,
Luisa.”
Luisa non rispose e versò
del latte in una tazza.
“E poi, la reputazione di
Lance s’infangherà se si scopre in
giro che ospita un ladro ad Altopiano Blu.”
“Ma tu non sei
più un ricercato adesso” disse Luisa.
“Sei
con me, abbiamo le carte in regola d’ora in poi.”
“Lo so” rispose
Argento. “Non è di questo che mi
preoccupo.”
Luisa sospirò andando a
sedersi. “Ho capito cosa intendi.”
“Forse a me non importa
molto di tutto ciò” disse Lance
entrando nella stanza. Sorrise ai due compagni.
“Effettivamente non abbiamo mai
parlato di questo. Tuttavia, so quello che c’è da
sapere. Che sei un ricercato,
che Luisa ha garantito per te.”
Argento guardò in silenzio
il proprio caffè. “E ti fidi?”
“Certo che
sì” replicò Lance con estrema
sicurezza. “Quando
ti ho visto, ti ho subito riconosciuto. Ma mi sono fidato di Luisa e ho
lasciato perdere. Quando poi abbiamo incontrato Ho-Oh… avrei
forse potuto
nutrire qualche dubbio?”
Argento sollevò gli occhi
su di lui. “Ciò non toglie che io
sono un ladro, Lance.”
“Tutti commettiamo degli
sbagli. E ricorda che saremo
giudicati per quello che siamo, non per quello che facciamo. No, non ho
paura
di quello che la gente può pensare. Sono a posto con la
legge e con la mia
coscienza.”
Finalmente, il giovane sorrise. Era
un sorriso disteso che
conferì al suo volto ancor più grazia e bellezza.
“Grazie, Lance.”
“Leggiamo il giornale,
ora” suggerì Lance e aprì il giornale
che aveva portato con sé. Ma appena ebbe vista la prima
pagina, i suoi occhi si
fecero cupi.
“Lance? Cosa
c’è?” chiese Luisa. Lance
aprì il giornale sul
tavolo e mostrò ai compagni una foto in prima pagina.
Era una foto di Blu, ripreso
all’esterno di un bar, seduto a
un tavolino, con gli occhi gonfi, il volto distrutto.
“Era ubriaco?”
mormorò Argento impressionato, guardando la
foto.
Lance scosse la testa.
“Credo di sì. Può sempre darsi di no,
comunque.”
“Come si è
ridotto!” disse Luisa tristemente. “Ieri ci ha
detto che non ricordava dov’era stato, vi
ricordate?”
Lance lesse in fretta
l’articolo scandalistico in colonna.
Indicò un paragrafo. “Qua dice che non
è stato capace di pagare il conto e che
i gestori sono stati costretti a buttarlo fuori.”
“Che vuol dire che
‘non ne è stato capace?’”
domandò
Argento.
“Che non aveva soldi con
sé” spiegò Luisa.
Lance emise un impercettibile
sospiro. “Dal momento che io
sono il diretto superiore di Blu, sarò io a pagare il suo
conto” disse
stancamente. “Questo è un locale di Plumbeopoli,
ci andrò prima di pranzo.”
“Veniamo con te”
disse Argento. Lance assentì col capo.
“Sì. Molto bene.
Appena avremo fatto colazione, partiremo.”
Finirono di mangiare e presero il
volo verso Plumbeopoli.
Atterrarono in centro e proseguirono a piedi verso il locale che il
giornale
indicava. Entrati, trovarono il posto quasi vuoto.
“Chiedo scusa. Ho saputo
che il Capopalestra Blu ha lasciato
un conto in sospeso qui. Sono qui per pagare in nome suo. Posso parlare
con il
gestore?” chiese educatamente.
La ragazza mandò a
chiamare il proprietario del locale. Ai
loro occhi apparve un uomo grasso dall’aspetto pulito e
rispettabile.
“Buongiorno, signor Lance.
Posso aiutarla?” domandò,
vagamente sorpreso, forse, dal vedere il Presidente della Lega
Pokémon nel
proprio locale.
“Buongiorno, signore. Sono
qui per pagare le ordinazioni del
signor Blu a suo nome.”
L’uomo si
massaggiò la fronte. “Una brutta storia, signore.
Non desideravo cacciarlo, ma non ero nella condizione di poter fare
favoritismi.”
“Quando ha
bevuto?”
“Troppo”
tagliò corto l’uomo. “Troppo per lui.
Quando ho
visto che non poteva più bere, gli ho impedito di ordinare
ancora. A quell’ora
poi!”
“Capisco. A quanto
ammontano le sue ordinazioni?”
Il gestore del locale lo
guardò con occhi assorti e
dispiaciuti. Prese un blocchetto poggiato sul bancone e vi scrisse una
cifra
cerchiata che poi spinse verso Lance. Egli sbatté le
palpebre e incassò il
colpo senza dire nulla. Con un sospiro, mise mano al portafogli e
pagò subito,
in contanti.
“Grazie, signore. Speriamo
di riaverla presto.”
“Noi no” disse
Lance, imperturbabile “Ma non per lei.”
Uscirono dal locale, passeggiarono un
po’ per Plumbeopoli
assolata e calda di pietra bianca, ma poi, passando di fronte a
un’edicola, fu
giocoforza vedere su tutti i giornali scandalistici le foto di Blu.
Allora
Lance sospirò e guardò a lungo le copertine delle
riviste, le prime pagine dei
giornali. Poi si girò e si allontanò
dall’edicola.
“Lance!” lo
chiamò Argento. “Lance, dove vai.”
“Dobbiamo andare a
Smeraldopoli.”
“Credi che sia
là?” domandò Luisa apprestandosi a
seguirlo.
“Ha detto che è
là che sarebbe andato.”
Si sollevarono in volo e in pochi
minuti raggiunsero
Smeraldopoli. Alla palestra fu loro detto che Blu non era ritornato
lì dalla
sua partenza per la Lega. Lance rimase interdetto. “E allora,
dove può essere
andato? A Isola Cannella?”
Luisa rifletté un momento.
“Dopo una sbronza del genere, e
aver affrontato Rosso e noi…sarebbe stato logico andare a
casa.”
“Andiamo a Biancavilla,
allora” decise Lance, liberando il
suo Dragonite.
“Aspetta, Lance”
protestò Argento. “Non credi che forse, a
casa sua…”
Il Presidente capì cosa
intendeva. “E ALLORA PER QUESTO
DOBBIAMO LASCIARLO SOLO?” urlò furioso.
Era disperato, preoccupato. Voleva
molto bene a Blu.
Andarono a Biancavilla e bussarono
alla casa di Blu. Ad aprire
fu la donna che a giorni alterni andava a pulire e ad areare la casa e
che Blu,
pur essendo tornato a risiedere ufficialmente a Biancavilla, non aveva
licenziata poiché non trascorreva in quella casa poi molto
tempo. Apparve loro
stanca e preoccupata.
“Buongiorno…oh,
signor Lance! Che posso fare per lei?”
Lance si mantenne impassibile.
“Buongiorno. È in casa Blu?”
La donna esitò.
“Non può vedere nessuno, ora.”
“Mi ascolti”
disse Lance in tono ragionevole. “Dobbiamo
aiutarlo. Dov’è?”
Le sopracciglia della donna si
corrugarono: ella era
perplessa e confusa. Infine, chinando lo sguardo, mormorò:
“In camera sua.”
Con un’imprecazione, Lance
lo scostò ed entrò in casa,
dirigendosi verso le scale. Luisa e Argento lo seguirono.
Trovarono Blu in uno stato pietoso:
era seduto a terra,
contro il muro della sua camera, e sul pavimento attorno a lui vi erano
alcune
bottiglie vuote.
“Blu” disse
dolcemente Lance. “Come ti sei ridotto?”
Blu lo guardò, con gli
occhi lucidi e arrossati.
“Gli ho dato un
anno” gracchiò. Stava piangendo.
“Cosa?”
“Gli ho dato un
anno” ripeté Blu. Sollevò una bottiglia
vuota e la lasciò ricadere. “Mi sono lasciato
fregare di nuovo. Come uno
stupido. Lo amo troppo per rinunciare a lui, e lui ama troppo il suo
sogno. Ma
lo stupido sono io.”
“E allora” disse
Lance raccogliendo una bottiglia. “Hai
intenzione di ubriacarti ogni mattina per i prossimi 365
giorni?”
Blu ridacchiò.
“È un’idea.” Lo
guardò. “Hai dei soldi da
prestarmi, Lance? Credo di dover saldare un debito. In un
locale.”
“L’ho
già saldato io” replicò Lance
aspramente. E allora,
Blu si mise a piangere, a piangere forte, rannicchiato contro il muro.
Lance
s’inginocchiò davanti a lui e gli prese una
bottiglia
dalla mano, gettandola a terra. Blu si girò
perché non potesse guardarlo, ma
Lance lo costringe a ricambiare il suo sguardo.
“Blu” disse a
bassa voce. “Blu, basta ora. Vieni con noi, ti
portiamo ad Altopiano Blu.”
“No…”
“Blu, ti prego. Questa
donna non può occuparsi di te per
sempre. Ci pensiamo noi a te” insisté Lance
tirandolo in piedi. Blu
barcollò e Argento lo sostenne dall’altro
braccio.
“La…la
cintura” balbettò il Capopalestra. Luisa la vide:
era
gettata sul tavolo. La raccolse, controllò che ci fossero
tutte le Pokéball e
la mise nel proprio zaino.
Trascinarono il ragazzo fino al piano
di sotto. Quando li
vide, la donna tentò assieme di protestare e di aiutarli, ma
Lance la bloccò
sorridendole dolcemente.
Quando, a Indigo Plateau, scesero dai
propri Pokémon e
tirarono Blu giù dal Pidgeot di Luisa, Bruno li vide e
preoccupato si affrettò
verso di loro.
“Lance!
Cos’è successo? Che è successo a
Blu?”
“Non sta bene”
tagliò corto il giovane. “Aiutaci a portarlo
in qualche stanza vuota.”
Blu barcollava e piangeva. Lo
portarono al quinto piano e lo
distesero sul letto immacolato di una stanza vuota, poi Lance
congedò Bruno.
“Evita di far sapere al
mondo che è qui e che non si regge
in piedi” soggiunse. “Dì anche a
Lorelei, Joy e Agata di tenerlo nascosto.”
Blu si era calmato. Respirando
profondamente, guardò il
soffitto e disse: “Sono proprio caduto in basso, Lance,
eh?”
“Sta’ zitto. Ora
non preoccuparti. Devi solo dormire.”
“No…davvero. Non
riesco a strapparmi dal fantasma di Rosso.
Continuerò a sperare che ritorni e a ubriacarmi, Lance. Non
voglio vivere così,
ma non sarei capace di fare altrimenti.”
“Sht. Riposati, ora.
Stasera ne parliamo.”
Controllarono che avesse
ciò che poteva essergli utile e,
raccomandandogli di dormire, uscirono. Prima di chiudere la porta,
Luisa
appoggiò la cintura di Blu sul comodino vicino al letto.
Quando, quel pomeriggio, Blu si
svegliò, si sentì un gran
mal di testa e rimase fermo un poco a letto, a riflettere. Poi, facendo
uno
sforzo, si alzò e notò che la sua cintura era sul
comodino accanto al letto. Lo
prese e la indossò, poi, tenendosi la testa, scese dabbasso.
Luisa, Argento e Lance erano seduti a
un tavolo nella sala
d’ingresso. Stavano leggendo un giornale e, pur da lontano,
Blu scorse una sua
foto. Sospirò avvicinandosi. I tre lo sentirono e
sollevarono lo sguardo su di
lui.
“Buongiorno”
disse, a disagio.
“Buongiorno. Come ti
senti?” chiese Argento.
Le sue parole gli diedero male alla
testa e Blu si prese il
capo con la mano. I tre lo notarono.
“Mal di testa?”
intuì Lance. Blu annuì e anche questo gli
fece male. Poi, guardando il giornale, sorrise tristemente.
“Cosa dice?”
“Che ti sei ubriacato per
un’intera mattinata e che a
mezzogiorno e tre quarti stavi vomitando in un prato vicino al
Monteluna”
spiegò Argento.
“E che ti hanno visto
aggirarti come un dannato da
Celestopoli fino ad Aranciopoli per tutto il pomeriggio”
proseguì Luisa. Chiuse
il giornale. “La tua immagine si è un
po’ oscurata, Blu. Mi dispiace.”
“È colpa mia.
Non dovete dispiacervene” rispose il
Capopalestra. Si sedette accanto a Lance.
“Dobbiamo parlare di come
riabilitare la tua immagine, Blu”
disse quegli, scostandosi per fargli posto.
“E
cioè?”
“Innanzitutto, evita di
attirare l’attenzione del pubblico. Niente
più sbronze, ma neppure in casa. Tra qualche giorno, torna
alla palestra. Non fare
più nulla che possa richiamare gli sguardi della gente. Se
nel corso di qualche
intervista dovessi ricevere domande al riguardo, spiegherai di aver
avuto un
momento di debolezza e parlerai pubblicamente di imbarazzo e di
desiderio di
dimenticare.”
“Ho capito.” Blu
sospirò e guardò il tavolo. “Lance, io
non
riuscirò mai a fare a meno di Rosso. Sono troppo debole per
farlo.”
“Gli hai dato un
anno” iniziò Luisa. “E se non torna,
cosa
farai?”
Blu la guardò a lungo.
“Non lo so. Continuo a sperare che
possa mantenere la sua promessa. Non so se lo farà o se non
ne sarà capace, so
solo che, per adesso, non posso fare altro che aspettare.”
“E bere”
soggiunse a bassa voce Lance, senza guardarlo. Non vi
fu risposta. Allora si girò verso di lui. “Ti
credi molto debole, Blu?”
“Abbastanza per
morirne” replicò il Capopalestra “Se non
bevo.”
“Forse, quando
tornerà, Rosso sarà felice di trovarti
ubriaco fradicio.”
C’era una straordinaria
amarezza nel suo tono. Blu abbassò
lo sguardo.
“Io non sono come te,
Lance.”
“E allora bevi fino a
morirne e continua a inseguire il suo
fantasma!” urlò Lance, balzando in piedi e
abbattendo d’un colpo il pugno sul
tavolo. “Tu hai deciso di concedergli un anno di tempo, Blu,
e non puoi dare la
colpa a nessuno, e bere non farà scorrere il
tempo!”
“Lance,
smettila!” urlò Argento, afferrandogli un braccio.
Lo
scosse. “Basta, ora.”
Blu era rimasto in silenzio, a testa
china. Quando Lance si
fu calmato, sollevò lo sguardo su di lui e gli disse:
“Mi dispiace, capo. Io so
di aver scelto, e so che, anche volendolo, non avrei potuto scegliere
altrimenti, perché non sarei stato capace di farlo. E allora
bevo, per
dimenticare di essere debole.”
Lance sospirò, tornando a
sedersi. Tamburellò con le dita
sul tavolo e disse: “Perdona la mia sfuriata, Blu. Sono
profondamente
addolorato per te e questo mi rende nervoso. Blu” aggiunse
fissandolo molto
seriamente “Io non voglio trovarti di nuovo come
stamattina.”
“Lo so.”
“Per questo resterai per
qualche giorno ad Altopiano Blu. In
questo modo potrai abituarti meglio all’idea
dell’attesa. Noi tre abbiamo una
personale esperienza di circostanze come queste.”
Blu li guardò, ma nei loro
occhi non riuscì a leggere i loro
misteri.
“Non posso restare, Lance.
La palestra…”
“Non sei mai stato a
Smeraldopoli per più di una settimana
di seguito, Blu, e io so benissimo che sei reperibile in Palestra
quattro
giorni su dieci a dir molto. Le tue sono solo scuse. Ti
conosco.”
Perciò, Blu rimase per
qualche giorno con loro. Lo lasciarono
andare solo quando furono convinti che stesse bene. A quel punto, anche
per
loro era giunto il momento di decidere.”
Erano nella biblioteca di Altopiano
Blu, situata al settimo
piano. Lance era seduto su una poltroncina, Argento vicino a lui, su un
piccolo
puff. Luisa era semidistesa su un divanetto in stile impero.
“Presto”
iniziò la ragazza guardando il soffitto “Dovremo
ripartire. Sono ormai venti giorni che siamo qui.”
Lei e Argento guardarono entrambi
Lance, il quale rifletté
per qualche istante.
“Credo di dover venire con
voi.”
“Non sei obbligato, se non
vuoi.”
Lance fece un cenno di diniego.
“Io sono un allenatore,
Luisa. Un allenatore deve viaggiare per diventare più forte.
Sono stato fermo
troppo a lungo. È tempo che anch’io riprenda il
mio cammino…e poi, voi siete il
mio destino.”
I tre rimasero in silenzio per
qualche momento.
“Quando
ripartiamo?” domandò Argento. Era impaziente.
“Sono stanco
d stare qui, non è la nostra strada.”
Lance rifletté.
“Stasera, a cena, daremo la notizia ai Superquattro.
Dovrò organizzarmi per gestire la Lega senza vivere in Sede,
comunque, sono
sicuro di esserne in grado. La preparazione richiederà poco
tempo, in fin dei
conti sono già stato in viaggio.”
“Una settimana ti
è sufficiente?” chiese Luisa.
Lance si massaggiò le
tempie con le dita. “Sì.”