CAPITOLO 5.
Poso
una mela sul mio vassoio pieno di schiffezze che solo la mensa
può
dare, e poi alzo lo sguardo per vedere dove si è messo Joe.
La
mensa è gremita, come ogni martedì pomeriggio, e
c'è tanto, anzi
troppo rumore.
Tutti
che urlano, cercando di farsi sentire dagli altri, sembra di essere
in uno zoo e non all'interno di un refettorio scolastico.
Prendo
il vassoio e cerco quella testa di merluzzo prima dentro, e poi
fuori, cercando in tutti i modi di non far cadere il mio buonissimo,
si fa per dire, pollo con qualche salsa sconosciuta e le mie patatine
fritte, ormai fritte un milione di volte.
Vedo
un ragazzo che si sta sbracciando e capisco che può essere
solo una
persona: Joseph, e così lo raggiungo, facendo slalom tra i
mille
tavoli che riempiono il grande salone della mensa. E' fuori, seduto
su un tavolino piccolo, giusto per due persone, perfetto per noi.
“Dovremmo
fare una petizione per far cucinare a quella baffuta della cuoca
qualcosa di commestibile, non fa bene per la nostra salute!”
“Disse
quello che si mangia chili e chili di caramelle!” gli faccio
notare, mentre mi sedevo. Joe
si limita ad apostrofare una smorfia,
che non è nemmeno delle migliori tra tutte quelle che ha nel
repertorio di 'faccia da pirla' quale è, ma mi accontento.
“Oggi
devo restare a scuola fino alle cinque!”
Lo
guardo sorpresa, si vuole suicidare per caso? Perchè stare a
scuola,
o meglio nella prigione, fino alle cinque equivale a morte certa.
“E
come mai?”
Lui sbuffa, e capisco che forse lo costringono a
stare a scuola. Lo vogliono torturare? Sa qualcosa che non dovrebbe
sapere? Forse verranno degli agenti in borghese, che poi si
riveleranno essere della CIA o del FBI e di Joe rimarrà solo
il
ricordo.
Ok,
forse sono un po' melodrammatica, e viaggio troppo con la mente, ma
non mi dispiace affatto. Magari un giorno diventerò una
famosa
sceneggiatrice.
-Stai
di nuovo viaggiando con la mente, stupida.- mi ricorda il grillo
parlante che vive nella mia testa.
“Una
stupida ricerca di storia, che devo consegnare entro sabato e devo
fare con Will, hai presente brufolone?”
Rido,
perchè mi rendo conto che noi diciamo tanto di Lucy e le
Barbie, ma
poi anche noi ci diamo da fare per quanto riguarda prendere in giro
le persone.
Siamo
terribili, ma forse è solo un modo per nascondere le nostre
insicurezze.
“Ho
presente, allora buona fortuna amico.” lo saluto, mentre mi
dirigo
a buttare il mio pranzo, praticamente ancora intatto. E'
immangiabile, eppure sono sicura che anche domani ci sarà
pollo e
patate. Rabbrividisco all'idea che la signora baffuta, la nostra
cuoca, raccolga tutto il cibo avanzato e lo spacci per 'appena
cucinato'. Che schifo, questa scuola dovrebbe chiudere solo per il
cibo scadente.
Mi
avvio verso la classe di sociologia, corso facoltativo che mi ritrovo
a frequentare per ottenere crediti extra. Il professore non spiega
mai niente, eppure la partecipazione è obbligatoria.
Faccio
un bel respiro, ed entro nell'aula 120, pronta, o quasi, per una
lunga ora e mezza di sofferenza.
Guardo
l'orologio, come un grassoccio guarda una ipercalorica fetta di torta
sperando che il tempo passi più velocemente del solito,
sperando che
magari l'orologio sia timido e, messo in imbarazzo dal mio occhio
vigile e puntato sul bersaglio, si sbrighi e magari salti qualche
secondo, o addirittura qualche minuto.
Non
succede, ma in compenso oggi il professore si è deciso a
spiegare
qualcosa di interessante e la lezione scorre abbastanza velocemente.
Quando
la campanella suona tiro un sospiro di sollievo ed esco immediatamente
dalla
classe.
Voglio
andare subito a casa, e visto che non ho Joe che fa da taxista,
dovrò
andare a piedi, perciò è meglio se faccio in
fretta.
Al
mio armadietto prendo la giacca, poso il libro di sociologia che
tanto non mi serve portare a casa, e dopo aver controllato di aver
preso tutto, lo chiudo.
Davanti
a me si materializza l'ultima persona che penserei si potesse
materializzare davanti al mio e sottolineo mio armadietto: Lucy.
La
guardo senza dire niente, perchè so perfettamente che lei
è venuta
per dirmi qualcosa, perciò aspetto in silenzio che da quella
sua
bocca sputi fuoco su di me.
“Okay,
sarò breve e concisa perchè non ho voglia di
stare troppo vicino a
te. La tua mediocrità è contagiosa, e non vorrei
prendermi il
virus, sai com'è.. io ho una vita!” inizia, con la
sua vocina
stridula e fastidiosa.
Che
vuole allora dalla mediocre Arizona? “Allora sbrigati!
Perchè devi sapere che con
il virus della mediocrità si può morire, se non
vaccinati!” E'
più forte di me, non riesco a non risponderle a tono.
Lucy
mi guarda dal basso verso l'alto e dopo aver fatto una smorfia
disgustata ricomincia a parlare. “Sia ben chiaro che Nick
è mio,
capito? Non ti illudere, perchè lui non ti vuole e anche se,
per
qualche strano scherzo del destino, ti volesse io farei di tutto per
riprendermelo perchè è troppo per te. Ti faccio
solo un favore, mi
capisci? Non voglio che tu ti illuda, e che magari il tuo piccolo e
tenero cuore si spezzi, ma tieni presente che se tu mi darai
fastidio, io renderò la tua vita un infermo, okay?”
Quanto
cattiveria può contenere un corpo taglia 38? Tantissima, ma
a me non
fa paura. Dopottutto in ogni storia si rispetti la malvagia muore
sempre, magari annegata, investita oppure rimane paralizzata e
costretta a passare il resto dei suoi giorni in un letto d'ospedale.
Non sarebbe una brutta fine per Lucy, considerando quanto sia
stronza.
“Sei
gentilissima, farò di tutto per non metterti i bastoni tra
le ruote,
o meglio tra le gambe. Tanto ci pensa già tutta la scuola a
metterti
qualcosa, e non specifico per non essere volgare, tra le gambe. Addio
Ursula.”
Lucy
mi guarda, senza riuscire a dire niente, e io le sorrido
beffardamente prima di girare i tacchi e uscire dalla scuola.
E'
sempre bello vedere le persone che non sanno cosa dirti, e se ne
stanno in silenzio come pietrificate.
Cammino
a passo spedito, perchè non vedo l'ora di togliermi queste
ballerine
ammazza-piedi e sdraiarmi sul mio letto comodissimo, il mio vero e
unico amore.
Pensandoci,
Ursula però non ha tutti i torti.
Nick
è davvero interessato a me? Questa domanda mi tormenta, in
continuazione, e quello che mi tormenta di più è
che non so darmi
una risposta. E io odio non sapere le risposte. Con il tempo si
vedrà, non serve niente crogiolarsi tra i dubbi,
perciò cerco di
pensare a qualcos'altro.
Non
faccio in tempo però che sento la voce di Nick chiamarmi e
appena mi
giro lo vedo che sta correndo verso di me. Dannazione, che
vuole?
Certo, non mi dispiace per niente che mi cerchi, e amo il suono
della sua voce, ma cosa vuole? Appena cerco di non pensare a lui,
eccolo che arriva. Mi stai prendendo in giro, Dio, destino, karma o
qualunque nome tu abbia?
“Ciao,
che ci fai qui?” chiedo, cercando come sempre di apparire il
più
disinteressata e spontanea possibile.
“Anche
a me sarebbe stato comodo un passaggio da Joe, e visto che non
è
possibile ho pensato che saresti tornata a casa da sola, e
perciò mi
sono detto: perchè non tornare a casa insieme?
Sempre che non ti
dispiaccia, naturalmente!”
“Certo
che non mi dispiace, almeno se qualcuno vorrà rapirmi ci
sarai tu a
salvarmi, giusto?” dico, e subito dopo me ne pento. Che
battuta
squallida era?
Molto simile a quelle che fanno aspiranti
cabarettisti, che si aspettano le risate generali mentre nella sala
si sente solo il rumore dei respiri e magari di qualche cavaletta.
Nick,
però, ride. “Ci puoi contare!”
Passeggiamo,
un po' più tranquillamente di quanto io stavo camminando
prima, e
arriviamo a casa mia dopo mezz'ora passata a chiacchierare, scherzare
e scambiarci battutine. Il tempo vola con Nick, e strano ma vero
tutto l'imbarazzo che provavo quando ero in sua compagnia sembra
essere quasi del tutto passato.
Quasi,
perchè un po' ne rimarrà sempre. Dopottutto lui
è Nick, e io bhè,
sono Nixie.
“Eccoci
arrivati a casa!” dico, indicando la mia villetta a due
piani,
color panna.
“Forse
te l'ho già detto ma hai una bella casa!”
Sorrido timidamente.
“Grazie, anche la tua non scherza comunque!”
Vedo
uscire dalla porta mia madre, e divento color paonazza. So
già che
mi metterà in imbarazzo. Non lo fa apposta, ma ha questo
speciale
potere di mettermi sempre in imbarazzo, dicendo cose insensate o cose
abbastanza stupide.
Mi preparo per la pugnalata che sono sicura
sto per ricevere.
Nick
però sorrido a mia madre, e con un cenno della mano la
saluta.
“Buongiorno signora Chambers.”
Mia
madre ricambia il saluto, senza dire troppe parole ma con un semplice
“Salve.”
Meno doloroso di quanto pensavo.
“Allora
meglio che vada, ci vediamo in giro.” Mi saluta Nick, dandomi
poi
un bacio sulla guancia.
Okay,
sono più rovente di un forno acceso a 180°.
“Ci vediamo, Nick.”
dico, e poi corro in casa, mentre mia madre mi lancia uno sguardo
d'intesa.
Salve popolo (?)
Ecco il quinto capitolo, scritto di getto perchè volevo
pubblicare, e perciò mi scuso in anticipo se p uscito una
schiffezza D: Volevo dirvi che Nixie per me ha il volto di Alexis
Bledel in 'Quattro amiche e un paio di jeans', presente?
Come sempre volevo ringraziare tutte le persone che leggono questa FF e
la recensiscono <3
E anche quelle 7 persone che l'hanno messa tra i preferiti, quella che
l'ha messa tra le ricordate e le 10 persone che l'hanno
inserita tra le seguite. Significa tantissimo per me, davvero
<3
Fatemi sapere anche cosa ne pensate di questo capitolo, un bacio Mara x