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Autore: ViolaNera    27/01/2012    5 recensioni
Il Trio.
Un trio che esiste ancora, senza più la sincerità di un tempo, soltanto grazie a Matt che fa da collante (inconsapevole) tra lui e Tino.
Non che si odino, ma crescere e ritrovarsi con una cotta per lo stesso ragazzo non li ha aiutati.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Danimarca, Finlandia/ Tino Väinämöinen, Norvegia, Svezia/Berwald Oxenstierna
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Innamorato di Tino.

Non ci sono altre spiegazioni logiche.

Berwald è tutto curvo in avanti, la testa abbandonata sopra le braccia incrociate contro la ringhiera esterna della biblioteca della scuola. È lì da almeno mezz'ora ed intende sprecare tutta la pausa in quel modo. Pensando.

Perché, perché, perché?

Solo perché l'ha toccato e non l'aveva mai fatto nessuno? Solo perché gli ha mostrato un po' di gentilezza e non ha mai avuto paura dei suoi sguardi truci? Perché è bello e nemmeno si accorge quanto?

La verità è che da quel giorno, al parco, non ha fatto altro che pensare alla sua mano.

Nelle fantasie si sono fatte strada le labbra, gli abbracci, i sorrisi e la voce del finlandese. Il profumo del mughetto che intrideva i capelli più morbidi sui quali ha mai posato lo sguardo.

Si stava quasi per prendere a sberle quando si è reso conto che, al centro commerciale, aveva preso ad annusare lo shampoo con quella fragranza.

Patetico. Soprattutto averlo comprato.

E non importa se tutti quei pensieri sono troppo romantici o inopportuni, perché la mente è invasa da Tino e non sa più come tornare indietro.

Tino.

C'è una marea di cose che gli piacciono di lui, ma, di nuovo, è finito in un amore a senso unico ed è stanco di innamorarsi della persona sbagliata, di nutrirsi di pure illusioni.

Non avevo la febbre, Tino. Ho detto quella bugia perché volevo che tu e Matt vi metteste insieme.

Ho visto quanto ci tenevi ed ho pensato che per lui sono un fratello e non mi avrebbe mai considerato in altra maniera, mentre tu avevi più possibilità. Sei dolce e sei carino, potevi farcela.

Stupido che non sei altro, perché sei venuto da me? Hai reso tutto più difficile.

Ed ora, per una serie di circostanze che non vuole stare ad analizzare (ormai, dall'alto dei suoi diciassette anni, ha capito che l'amore non ha un fottuto senso), sa di essersi innamorato di lui.

«Questa scuola è troppo grande, ma non abbastanza da impedire alla gente di notare un losco individuo che sembra sul punto di suicidarsi!»

La voce gioviale di Matt per poco non lo fa realmente buttare di sotto.

Il ragazzo danese si posiziona accanto a lui e lo squadra, attento.

«Stai bene? Ancora febbre?», chiede, posandogli una mano sulla fronte e toccando poi le guance col dorso, una dopo l'altra.

Quel gesto, che una volta lo avrebbe inceppato come un motore e reso al tempo stesso felicissimo, gli scalda il cuore ma non glielo fa impazzire. Riesce a sorridere, nei limiti della rigidezza del viso, andando incontro a quella mano che ora gli provoca solo tenerezza, affetto, innocente bene.

«No, volevo solo pensare.»

«Ti capisco, amico mio...»

Anche Matt si curva in avanti ed assume un'espressione smarrita, sprofondando il viso tra le mani a coppa. «Posso confidarti una cosa? Non mi prendi in giro, vero?»

«Sai bene che non lo farei.»

«Croce sul cuore?»

«Matt, non siamo più all'asilo.»

«È vero», gli sorride, illuminandosi. Si avvicina strisciando lungo il corrimano e si appoggia al suo braccio prendendolo a piccole testate.

«Sembri una tartaruga che vuole accoppiarsi...»

«Fanno così?» Scoppia a ridere e Berwald lo lascia fare, restando in attesa. «Credevo che gemessero tipo creature dall'oltretomba!»

Lo svedese ha la tentazione di spalmarsi la mano sulla faccia, ma si trattiene. «Allora? Cosa vuoi dirmi?»

«Se ti dico questa cosa che mi impensierisce, tu... fai lo stesso?»

No. Non posso dirti...

«D'accordo.»

Ma che...?

«Bene! Mh, dunque, ecco, sì, mi sono impegnato! Sentimentalmente», confida abbassando il tono di voce, sprofondando nuovamente contro il suo braccio e strusciandosi un po' imbronciato. «Sono innamorato.»

Innamorato?

Una fitta tremenda, improvvisa, lacerante.

«Sono così euforico che non faccio che pensare a lui. Cosa potrei fare per renderlo felice? Sarò davvero abbastanza? Staremo insieme per sempre? Ah, quanti pensieri! L'amore è un casino, anche quello ricambiato!»

Di chi. Oh, cazzo. Di chi, Matt. Non di lui, vero? Parli al maschile. Non di lui...

«È Tino.»

Ecco, ora può scavarsi una fossa, infilarcisi dentro e tirarsi la terra sopra a manciate. Ma era quello che voleva, no? Che Tino fosse felice, che potesse stare con il ragazzo che gli piaceva.

Il pensiero di averlo perso senza nemmeno essere riuscito a dirgli cosa è cambiato in lui lo deprime. Contento per loro due? Non può esserlo sinceramente.

«Siete una bella coppia. Congratulazioni», mormora con labbra insensibili.

Non credeva che avrebbe fatto tanto male.

Perché? Quando è cominciata? Sta pensando al mughetto, a quel profumo che non potrà più sentire se non per caso e che invece Matt respirerà legittimamente, abbracciandolo forte sotto le coperte.

Il mughetto dello shampoo è diverso da quello emanato dai suoi capelli, non basterà a colmare quel vuoto, quel bisogno di stringere Tino al petto.

No, non vuole pensare a quelle cose, non quei flash. Non loro due che camminano vicini, che si scambiano promesse bisbigliate.

La disperazione che prova è troppo forte per essere un amore così recente.

Sono un vero egoista. Dovrei essere davvero felice. Sono amici miei, devo essere felice, dannazione. Mi faccio schifo.

«Tino! Hey!»

Berwald si riscuote e solleva gli occhi in tempo per vedere Tino correre via, veloce come solo lui sa essere, attraversando il giardino della scuola e dirigendosi al cancello dell'ingresso. Una scheggia.

«Che strano, forse non mi ha sentito. Eppure credevo che avesse guardato verso di noi», bofonchia Matt massaggiandosi la nuca. «Mah, come ti dicevo, Ber... Ber?» Lo vede schizzare via e rientrare in biblioteca, sparendo in un attimo. Guarda il balconcino deserto e sospira, rivolgendosi ad un corvo che lo fissa.

«È bello essere considerati, che ne pensi?»

Il corvo si gira mostrandogli il posteriore.

«Molto simpatico», sibila col broncio.


Tino. Tino. Tino!

Berwald corre, ripetendo quel nome, il suo nome, nella mente. Un nome breve, un nome che ad un certo punto della sua esistenza, in un momento imprecisato tra i respiri che lo tengono in vita, è diventato incredibilmente importante. Quattro lettere che bastano a fargli balzare il cuore in gola.

Forse è un miracolo, forse un inganno o una malia che gli ha fatto mescolando qualcosa alle arance; qualsiasi cosa sia non può più negare che stia gridando forte per avere l'attenzione che merita.

Corre più veloce che può, confidando di raggiungerlo grazie alle proprie gambe lunghe. Salta, praticamente vola evitando ogni ostacolo vivente e non.

Un maglioncino bianco, dei pantaloni scozzesi blu, capelli biondi.

È dietro quell'angolo?

Sorpassa il vicolo e frena con i talloni, voltandosi di scatto e trovandolo appoggiato al muro, ansante. Si guardano reciprocamente, ma in meno di due secondi il ragazzo in fuga riprende la corsa.

Berwald si infila nel vicolo e lo insegue, superandolo in velocità grazie ad alcune falcate micidiali che gli fanno esplodere dolore ai muscoli delle cosce e gemere i polpacci. Non importa. Nulla conta se non trattenerlo.

«Tino! Aspetta!»

Lo afferra malamente, annaspando, lo salva da una caduta in avanti tirandoselo addosso e premendolo a sé, lo intrappola tra le braccia.

«Lasciami! Lasciami!»

«A-aspetta... ti prego... aria... momento...»

Lo tiene bloccato, cercando di non svenire per la mancanza di ossigeno ed il bruciore ai polmoni.

Se riesce a tenerlo lì è anche grazie al fatto che Tino ha lo stesso problema con l'aria.

Respirano rumorosamente e Berwald vede talmente tante macchie nere sfrecciargli attorno al campo visivo che teme di finire col sedere per terra da un momento all'altro. Si sforza di non farlo accadere, addossandosi al muro e stringendo forte il finlandese, poi scivola con la schiena contro i mattoni rossi e squadrati.

Seduto per terra gli si appolpa, letteralmente, ritrovando pian piano se stesso.

«Perché... sei scappato a quel modo...», rantola, deglutendo a vuoto.

«Non ci tenevo... a vedervi amoreggiare... posso evitare? O devi costringermi? Vuoi sbandierarmi davanti agli occhi la tua vittoria a tutti i costi?»

Tino è mortalmente arrabbiato, ogni cosa del suo tono duro lo ferisce.

«Vittoria? Credi che ci stessimo giocando Matt? Non è mai stata una gara, stupido! Se sei competitivo fino al punto da considerare una persona una specie di trofeo...!», sbotta infuriato senza poter concludere.

Smette di stringerlo, però, permettendogli di allontanarsi. Tino lo fa immediatamente, voltandosi per guardarlo negli occhi, in ginocchio, livido.

«Non lo penserai davvero! Non l'ho mai considerato un premio!», gesticola.

«Buono a sapersi!»

«Non gridarmi in faccia, svedese!»

«Nemmeno tu, mogliettina!»

Tino scatta per colpirlo, ma Berwald lo prende per i polsi e gli impedisce di picchiarlo.

Lottano per qualche minuto, guardandosi male, finché Tino non si calma e abbandona la presa. «Ok, tregua», sibila, mollandolo di scatto e ritraendosi un po'.

Il suo sguardo fiero fa male, ma è bellissimo. Ecco un'altra cosa che gli piace di lui. L'ennesima.

«Non stavamo facendo niente, Matt voleva solo parlarmi di una cosa», comincia tentennante, decidendo di mettere da parte i propri sentimenti e fare la persona matura. Sospira e gli posa una mano sulla spalla, brevemente. «Sono contento per voi, Tino.»

Le lance mortali si ritraggono dalle iridi finlandesi e lasciano il posto al dubbio più completo. «Contento?»

«Matt mi stava dicendo che voi...», sposta lo sguardo a destra e a sinistra, a disagio.

«Noi? Non mangiarti le parole!», lo sgrida, avvicinandosi di nuovo senza intenzioni minacciose.

«È innamorato di te. Ce l'hai fatta», butta fuori a fatica. «Non essere geloso di cose che non esistono.»

Tira le ginocchia verso di sé e cerca di rialzarsi, ma Tino lo afferra per la cravatta e lo rimette seduto.

«Di cosa stai parlando, Ber.»

Il completo smarrimento nell'espressione di Tino lo risveglia da una sorta di stato catatonico.

Matt ha detto che sta insieme a Tino, vero? Non l'ho immaginato. Cosa stava dicendo? L'ho fatto finire o me ne sono andato prima?

«N-niente, forse ho frainteso?»

Oppure tratto conclusioni affrettate. Le peggiori, le più temute. Mi sto vergognando da morire, smettila di guardarmi. Sono un idiota.

«Se fossi così gentile da dirmi cosa hai frainteso, forse ti seguirei meglio.»

Berwald si infila una mano tra i capelli, mentre Tino gli lascia andare la cravatta. È lì tra le sue gambe, inginocchiato, spettinato, affannato, carino come non mai. Quanto vorrebbe stringerlo così forte da farlo sparire, senza continuare a passare per un deficiente.

«Matt ha detto che si è fidanzato. Credevo... lo sai.»

«Ed io credevo che vi steste per baciare, là sopra», replica l'altro, tristemente. «Eravate uno addosso all'altro, così vicini.»

Berwald sobbalza, poi sorride con amarezza e lascia andare la propria testa per posare la mano sulla sua, pettinandolo in maniera più ordinata con un paio di mosse. Sono talmente morbidi e sottili, quei capelli, che è un'impresa semplicissima.

Segue il disegno del sopracciglio e scende a sfiorargli la guancia, maledicendo la propria mano incapace di trattenersi.

«Non è così. Per seguirti non l'ho fatto finire di parlare. Ci sarà rimasto male, povero Matt.»

Ha detto “È Tino” perché lo aveva visto di sotto, non stava parlando di lui.

Che imbecille. Ero così sicuro, così spaventato, che non mi sono accorto del tono, lì per lì.

«Povero Matt», ripete Tino volgendo gli occhi verso il basso, alla mano che ha sul viso.

«Ti infastidisce?», gli chiede dopo qualche secondo, temendo la risposta.

Continua ad accarezzarlo pianissimo, non avendo ricevuto reclami, sentendo il cuore morire e risorgere continuamente quando vede il pollice decidere di andarsene a zonzo sulle sue labbra, dischiudendole.

Voglio baciarti.

Gli basta pensarlo per sussultare, ritirare la mano, infilarla a forza nella propria tasca e sollevare il viso alla striscia di cielo che vede da laggiù. Se riesce a calmare il rapido sollevarsi e abbassarsi del petto, forse Tino non si accorgerà che è in iperventilazione.

«Berwald, tu sai chi è la persona che piace a Matt?», gli chiede dopo essersi schiarito la voce.

Che strano. Sembra emozionato anche lui da quel breve contatto.

La smette di illudersi o no? Non imparerà mai.

«Credevo fossi tu. Di certo non io», risponde subito.

«Non sono io.»

«E allora...», comincia tornando a guardarlo, distratto da quel pensiero.

«Lukas.»

«Lukas.»

Le voci si sovrappongono, il tono è identico.

«Credo sia successo qualcosa al luna park. Forse a Matt piaceva già da molto tempo, come dicevi tu.»

«È per questo che hai dato il tuo biglietto proprio a Lukas?»

Non risponde, ma annuisce piano fissando la cravatta blu di Berwald.

«Tino, quel giorno... perché hai preferito venire a casa mia?»

«Ancora con questa storia? Stavi male, non mi sembrava carino divertirmi se tu-»

«Smettila di mentirmi», lo blocca. «Volevi passare un pomeriggio con Matt tanto quanto me, ma ci hai rinunciato facilmente. Per cosa? Per prepararmi una spremuta, rimboccarmi le coperte e fare due chiacchiere? Ammiro la tua amicizia, sono contento che ci siamo chiesti scusa, ma avresti potuto parlarmi un giorno qualsiasi. Sei combattivo quando tieni a qualcosa e mi hai messo una mano nei... mh. Per bloccare le mie fantasie.»

Avvampa, dicendolo a voce alta, ma non demorde. «Quel giorno hai scelto di stare con me. Perché sprecare un'occasione perfetta? Non ti ci vedo a cederlo a Lukas senza fare niente.»

Cosa gli sta chiedendo? Cosa? Cosa vorrebbe sentire?

Non risponde, non dice più niente. Zittire Tino è terribile, lui che ha sempre tante parole...

«Tino. Poco fa, non lo avrei baciato.»

Quello sguardo abbassato, quel viso che più lo guarda e più si chiede come abbia fatto a non trovarlo adorabile dal primo momento in cui lo ha guardato, quelle mani che continua a stringere a pugno e che vorrebbe disperatamente nelle proprie, intrecciate, tornando a casa insieme.

Tino lo imbarazza, lo emoziona, ma allo stesso tempo lo schiude. Scuote a poco a poco la conchiglia che lo ha sempre avvolto, creando crepe lucenti nel suo spesso guscio dal colore insignificante.

Teme di confessarsi da un momento all'altro.

«Sì, figurati», borbotta il ragazzo torturandosi i pantaloni sulle ginocchia.

Voglio baciare te. Te, porca miseria. Guardami. Forse te ne accorgi. Non riesco a dirlo.

Anche se non ci riesce, se per certe dichiarazioni resta bloccato, di nuovo la sua mano si solleva ed esce dalla tasca, cercandolo. Non può farne a meno, non quando sono così vicini.

Forse sono gli ormoni. Non mi hanno mai toccato ed è un bel ragazzo. Forse sono gli ormoni. È stato piacevole, tutto qui, non sono innamorato.

Continuo ad immaginare di tendermi per baciarlo, ripenso ai suoi gemiti e vorrei provocarne altri. Sono gli ormoni. Ho la profondità di una pozzanghera.

Allora perché vuole tenerlo per mano? Se fossero loro, a governare tutto ciò che prova, dal battito del cuore al corpo che si muove da solo per toccarlo, perché penserebbe anche a quei dettagli?

Vorrebbe accudirlo quando sta male, ascoltarlo ripetere una lezione che ha studiato, farlo contento e salire su quelle spaventose motoslitte che ama tanto, perfino perdere con un sorriso ai videogiochi. Osservarlo preparare diecimila spremute solo per lui, farlo contento, sentirsi esclusivo artefice e padrone di un suo sorriso.

Ma se questo è amore, cos'era quello che provava prima?

Ha un piccolo sussulto dicendosi che ha sempre pensato a Matt come ad una cotta. Ha mai associato la parola amore a lui? Provava tutto questo sconvolgimento, per lui?

Non significa niente, sono gli ormoni. Sono solo loro che...

«Berwald, non fare quella faccia scura come se volessi uccidere qualcuno», lo sente mormorare avvicinandosi e passandogli le dita sul viso come per addolcirlo. «Scusami, ti credo. Non lo avresti baciato. Sto facendo proprio schifo come amico, a farti sentire così.»

Il lato dolce di Tino gli si presenta di nuovo, mentre si tende e lo abbraccia, gli mette la testa sulla spalla e gli passa la mano sopra la schiena.

Adora questo suo aspetto. Da morire.

«N-non sono scappato per quello. Avrei dovuto essere geloso di Matt, ma ero... ero geloso di te», gli sussurra contro il collo, uccidendolo.

«Geloso di me?», ripete, cercando di assaporare quelle parole meravigliose. «Di me.»

Tino annuisce e fa un verso affermativo con la gola, sfiorandogli appena la guancia con le labbra.

«Non potevo guardare. Ho avuto una specie di attacco fulminante di gelosia e stavo scappando prima ancora di averlo realizzato. Me ne sono accorto proprio per la mia reazione.»

«Geloso» Di nuovo, come in sogno.

Sta ancora dormendo. O si è appisolato contro la ringhiera oppure tra poco suonerà la sveglia.

«Ber», lo chiama piano, bisbigliando al lato della sua bocca.

«Mh» Flebile.

Lo sente lì, labbra contro labbra. Sente quel respiro delicato e caldo che sa di liquirizia. Sempre con quelle caramelle in bocca, Tino.

Cosa fare? Si deve spostare? È pericoloso stare tanto...

«Sono troppo vicino?»

Sì, troppo. Troppo per non avere ami che tirano il bassoventre e ali nella pancia.

Vorrebbe, davvero, voltare piano la testa e sfregarsi contro di lui, mordicchiarlo gentilmente e poi affondare nella liquirizia.

Vorrebbe essere tenero, romantico, fare le cose a modo, però non appena lo sente scostarsi non riesce ad essere un principe delle fiabe. Berwald preme le labbra sulle sue mentre lo intrappola tra le braccia, senza più pensare.

Affonda le dita tra i suoi capelli, chiude gli occhi e si isola dal resto del mondo, credendo di essere già morto, prima, eppure accorgendosi che è adesso che sta morendo. Sta morendo o sta venendo al mondo, respirando per la prima volta e soffocando subito.

Mughetto. È tutto suo?

Si aggrappa al maglioncino bianco della divisa scolastica di Tino con l'altra mano, avvicinandolo tanto come se volesse farlo diventare parte del proprio corpo.

Tino lo sta baciando in una maniera dolcissima e sensuale, strappandogli l'anima e gettandola da qualche parte.

Ovunque siano finiti i pezzi, gli basta che tornino indietro tra le sue mani, perché lui, di sicuro, è in grado di ricomporre l'immagine che formavano e completarla. Darle un senso logico, corretto. Oppure folle, squilibrato, che importa? Scelga lui.

Tino. Tino. Tino.

La mente è annebbiata e lucida al tempo stesso, piena di quelle quattro lettere.

È suo? Lo sta ricambiando, lo sta veramente cercando, sembra tutto troppo bello per essere vero, ma si sente voluto allo stesso modo.

Le labbra bruciano, come il petto, costrette in un bacio che nessuno dei due intende interrompere e che, pur essendo a tratti timido, diventa ogni minuto che passa sempre più naturale come se non avessero mai fatto altro.



Quando escono dal vicolo, un po' storditi e leggermente instabili su gambe di burro, non riescono a guardarsi per molto tempo.


Però, si tengono per mano.


È suo.









-Angolo Autrice-


Ultimo capitolo come promesso, gente. È finita qui? Nì.

Spero di riuscire la prossima settimana a pubblicare lo spin-off che a qualcuno ho già annunciato nelle risposte ai commenti; non sarà diviso in capitoli, dato che il tutto si svolge nell'arco di qualche ora, ergo parliamo di una OS. ;)

Riguardo invece quello che avete appena letto (e che io devo aver scritto in un'ondata travolgente di amore per la SuFin) spero tanto che vi sia piaciuto! Che l'abbiate trovato dolce, toccante *inserire aggettivi positivi*, ma non stucchevole, ecco. XD


A presto~

   
 
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