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Autore: ValeEchelon    27/01/2012    3 recensioni
" Cosa stava succedendo?
Il rombo della moto cessò improvvisamente.
Il suo casco cadde sull’asfalto, si spaccò a metà rotolando su se stesso.
Rumore di corpi inermi.
Liquido caldo come fuoco su quella superficie ruvida e fredda come ghiaccio: sangue.
Una pozza scura che si andava allargando sotto la sua testa. "
Genere: Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1~ Premonition.



“Jared, fai presto cazzo. Non possiamo sempre arrivare in ritardo perché tu devi sistemarti i capelli."
Emma, spazientita, battè il piede destro sul pavimento quasi meccanicamente, torturando con le dita una ciocca bionda che le scendeva sul viso.
Come al solito Jared era in ritardo e non c’era stato verso di staccarlo da quel maledetto specchio in cui ormai si rimirava da più di tre quarti d’ora, sistemandosi distrattamente i capelli, mettendo a dura prova la pazienza di Emma che lo osservava con il fuoco negli occhi.
La luce che entrava debole dalle finestre illuminava il suo viso, ravvivando leggermente il suo colorito pallido e smorto e i suoi occhi color del ghiaccio velati da un’ombra di noia.
“Allora, mettiamo le cose in chiaro: né io, né tanto meno tu, vogliamo andare a questo fottutissimo party- disse Emma, passandosi una mano fra i capelli, disperata- Ma si è stabilito così, devi fare la tua apparizione e sostenere tuo fratello.”
Jared le lanciò un’occhiataccia fulminea, portando indietro un ciuffo di capelli che gli era finito davanti agli occhi e grattandosi la barba con studiato disinteresse.
“Datti una mossa, quindi, e non rompere i coglioni, Dio Santo!”, concluse, squadrandolo ancora dalla testa ai piedi.
Jared sospirò e battè una mano contro il lavandino su cui era collocato lo specchio, girandosi verso di lei con occhi traboccanti di collera e i nervi a fior di pelle, trattenendo a stento la voglia di prenderle fra le mani il collo sottile e tirarglielo senza pietà, riflettendo seriamente su quanto tempo avrebbe dovuto trascorrere in una cella umida e fredda se mai l’avesse uccisa.
Ultimamente la situazione su era complicata fra loro due, Emma era insopportabile, aveva sempre qualcosa per cui rompere, sempre qualcosa di cui lamentarsi e, più i giorni passavano, più lei diventava isterica e acida.
“Emma, dimmi- disse Jared, voltandosi con calcolata freddezza verso di lei- ma da quanto tempo non scopi?”
Appoggiò anche l’altra mano al lavabo di vetro verde chiaro che rifletteva parte della sua immagine, scaricando il peso di tutto il corpo in quella porzione di spazio troppo piccola per sostenere un metro e ottantacinque di muscoli, con il presentimento che prima o poi il vetro si sarebbe sgretolato come creta al suo tocco.
Lei sospirò nervosa, torturandosi ancora quella povera ciocca tra le dita e facendo roteare gli occhi, innervosita.
“Non sono affari tuoi- si affrettò a rispondere- Limitati al parlarmi di lavoro, su questo posso risponderti.”
Jared rischiò il crollo nervoso con quelle ultime, urtanti, noiose parole tanto che aveva le tempie che gli pulsavano violentemente e la rabbia che ribolliva in ogni angolo del suo corpo, ormai ridotto ad un ammasso indistinguibile di nervi.
“ E allora perché sei qui?!”, sibilò fra i denti, stringendo le mani ancora di più al lavandino e facendosi diventare le nocche bianche: poteva quasi sentire il vetro che si disintegrava.
“Perché non voglio rimanere disoccupata solo perché il frontman della band per cui lavoro è geloso del fratello!”, sputò così, senza ritegno.
Gli occhi di Jared brillarono di una furia omicida: avrebbe potuto ucciderla, avrebbe voluto farlo, se solo avesse trovato qualcun altro a cui affidare tutto il lavoro che lei svolgeva.
Perché ultimamente era così insopportabile, Emma?
E soprattutto, perché si curava così tanto delle stronzate e delle promesse che Jared faceva a Shannon quando non gliene era mai importato un cazzo?
Talvolta Emma risultava incomprensibile anche per Jared stesso nonostante fosse lei fosse la sua migliore amica, l’unica amica che avesse mai avuto e l’unica che avesse avuto il coraggio di dirgli le cose come stavano, senza stronzate e tiritere varie.
Non avrebbe mai pensato di volerle bene, non avrebbe mai pensato di essere così dipendente da lei: la loro era un’amicizia speciale, particolare, un legame che niente e nessuno avrebbe mai potuto mettere in pericolo o addirittura distruggere; la loro amicizia veniva sempre prima di tutto, sempre.
Gli mancava la vecchia Emma, gli mancava la Emma con cui condivideva i segreti e le preoccupazioni, gli mancava la Emma a cui raccontava le sue scopate, le sue bravate e gli mancava la Emma che faceva lo stesso con lui.
 Da qualche tempo, però, Emma si era staccata da lui provocandogli uno strano trauma, provocandogli una delusione degna di un quindicenne lasciato dalla ragazza, causandogli carenza di allegria e simpatia, buttandogli addosso il velo nero della solitudine che ogni giorno lo accompagnava nella sua routine.
La loro amicizia era nata lentamente, come un fiore, come una rosa bellissima che aveva bisogno di tempo per fiorire, che aveva bisogno di essere attesa e desiderata, di essere curata e amata.
Più pensava alla vecchia Emma, più gli venivano in mente scene ormai passate ma impresse a fuoco nella sua testa: lui ed Emma sul tourbus, accoccolati a dormire sul divano; lui ed Emma in spiaggia, a rincorrersi perché lui gli aveva buttato dell’acqua sui capelli; lui ed Emma dietro le quinte degli show, a darsi il solito abbraccio di rito; lui ed Emma per i negozi, nel bel mezzo degli acquisti folli per Natale.
Gli sembrava così stupido da pensare, si sentiva così idiota ed infantile, ma sapeva che in fondo era proprio questo che gli piaceva di Emma: potevano stare a parlare di qualsiasi cosa senza avere paura di essere fraintesi, senza avere paura di essere giudicati, potevano litigare, potevano buttarsi addosso improperi di ogni tipo, ma alla fine sarebbero tornati quelli di sempre, i grandi amici di sempre.
Dato che non aveva mai avuto una sorella a cui fare affidamento,  Jared si era dato da fare per rendere Emma tale: la amava così tanto che forse l’unica cosa che non andava, era il fatto non avessero legami di sangue.
“Cosa ne sai tu se io sono geloso o no di mio fratello?”, chiese girandosi, evidentemente ferito.
Forse Emma aveva veramente sbagliato a dirgli queste cose.
Forse non ne aveva il diritto, non aveva il diritto di dirgli certe confessioni nonostante fosse il suo migliore amico.
Forse non aveva il diritto di trattarlo così: dopotutto rimaneva sempre il suo datore di lavoro.
“Io.. ehm.. – balbettò, girandosi dall’altra parte e buttandosi i capelli all’indietro- Niente, scusami.  Sono solo un po’ nervosa. Dai, prendi il giubbotto e facciamola finita con ‘sta storia.”
Emma arrossì leggermente mentre lo diceva, sentendosi avvampare leggermente le guance e cercando di nascondere i suoi occhi.
“Forse dovrei dirglielo”,pensava.
Non aveva mai avuto paura di Jared, non aveva mai avuto nessun timore a parlargli, a confessargli i pensieri, le azioni, i sentimenti.
C’era stato il momento in cui credevano che il loro rapporto non poteva limitarsi ad una semplice amicizia, gli era venuto il dubbio che in realtà questo stretto rapporto non era nient’altro che l’inizio di un sentimento ben più profondo, ma come sempre, parlandone, avevano chiarito tutto, non senza qualche sorriso imbarazzato, chiarendo le loro posizioni e i doveri che avevano l’uno nei confronti dell’altra.
Il tempo era passato come sempre e ora si ritrovavano più distanti che mai, con mille segreti inconfessati e tanta, tanta vergogna.
“Ma insomma, è Emma, come posso vergognarmi di lei? Lei, che sa tutto di me. Lei, che conosce ogni lato di me. “, pensò.
“Senti, Emma.. Non sono geloso.. è che Shannon ormai è cambiato ed io sinceramente non lo riconosco più..”, disse poi in un soffio.
Emma sorrise comprensiva: Jared era così bambino talvolta che stentava a credere che avesse quarant’anni.
Aveva imparato a conoscerlo, in questi anni; si era resa conto di quanto fosse difficile il suo lavoro, di quanto faticasse e ci tenesse veramente a tutto ciò che faceva, a tutto ciò che intraprendeva.
Ricordava ancora quando l’aveva accompagnato ad Haiti, come si era illuminato il suo viso alla vista di quel bambino dagli occhioni neri che lo guardava con un misto di tenerezza e invidia.
Ricordava ancora quando aveva preso la sua Canon dalla custodia e aveva iniziato a fotografare tutto quello che lo circondava, tutto ciò che aveva davanti, impartendo ordini su ordini ai cameraman, raccomandandogli di filmare tutto, anche i più piccoli dettagli, sentendosi elettrizzato perché era un grande traguardo, per lui.
Ricordava la sua espressione nel prendere in braccio quella bambina tutta treccine e sorrisi che lo chiamava “Ared, Ared” cercando di comunicare con lui in un francese stentato e sgrammaticato mentre lui le accarezzava il viso, sorridendole a sua volta.
Ricordava l’espressione di dolore dipinta sul suo volto mentre osservava, ad occhi lucidi, la distruzione intorno a lui, compiangendo quelli che una volta erano stati suoi concittadini.
Pensava che Jared fosse una grande persona, lo vedeva come un eroe: aveva lavorato per ogni singola cosa, aveva lottato per tutto e non si pentiva di niente.
“Emma, mi stai ascoltando?”
La voce di Jared fece capolino nella sua testa come il sole dopo un temporale, riportandola alla normalità e facendole riporre i pensieri in un lato speciale del suo cuore non senza un sorriso.
Con sguardo smarrito lo vide sgranare gli occhi poi sorridere.
“No, non mi stavi ascoltando.”, disse con voce flebile.
Si girò dall’altro lato e si diresse alla finestra che dava sulle colline di Beverly Hills: la Luna splendeva alta in cielo in mezzo alle sue nuvole, spargendo un alone di malinconia e tristezza tutt’intorno. La pioggia scendeva silenziosa sui tetti delle case e sull’asfalto freddo che riluceva sotto i raggi lunari.
Una strana sensazione stava cogliendo il suo animo già irrequieto, causandogli una leggera morsa allo stomaco che lo affaticava nel respirare.
I suoi pensieri volarono rapidamente a Shannon: l’ultima volta che si era sentito così aveva dodici anni e Shannon era appena caduto dalla moto di loro padre; aveva sempre avuto la fissa per le moto, le aveva sempre amate e adorate, le riteneva capaci di rendere l’uomo libero e senza pensieri, di liberarlo dalle paure e dai fantasmi. L’aveva  cercato per tutta la campagna antistante e l’aveva trovato a terra non molto lontano in una pozzanghera  di fango, con un labbro sanguinante, mentre cercava di rialzare la moto, con ginocchia e gomiti sbucciati. Lui si era un po’ vergognato delle sue condizioni, poi però aveva abbracciato il fratello ed insieme erano andati a pulire la moto per evitare che il padre se ne accorgesse.
Ed ora?
Nonostante gli anni, nonostante le diversità e le avversioni della vita, suo fratello era tutto ciò che di buono rimaneva nella sua vita, tutto ciò per cui valeva la pena combattere e soffrire, tutto ciò che aveva di prezioso.
Shannon rimaneva sempre il suo fratellone maggiore come lui il suo fratellino minore.
L’ansia dentro di lui cresceva sempre di più, i pensieri si ammassavano nella sua testa come fili ingarbugliati che non avevano un senso logico ed era sempre più difficile mandare al cervello gli impulsi giusti per compiere anche le più semplici e basilari azioni vitali come respirare o deglutire.
Si girò verso di Emma e con uno scatto felino percorse la distanza che li separava, le afferrò una mano e la trascinò, senza dire una parola, fino all’ingresso afferrando quasi a caso giubbotto e chiavi della macchina, lasciando persino le luci accese.
Emma lo seguiva, in silenzio, con sguardo smarrito e respiro accelerato: sapeva anche lei che c’era qualcosa che non andava bene, che doveva essere per forza successo qualcosa o Jared le avrebbe dovuto delle spiegazioni, e pure di corsa.
Si scambiarono un’occhiatina eloquente prima di salire in macchina, poi una volta accomodati nei sedili di pelle della BMW, Jared mise in moto e, sgommando, partì seguendo la scia invisibile tracciata dai suoi pensieri.

   
 
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