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Autore: _diana87    27/01/2012    8 recensioni
[Possibile alzamento di rating per i temi trattati]
"Qualcuno dice che la guerra più grande da combattere è quella interiore, contro noi stessi."
Un pacco bomba esplode al 12esimo distretto. Un caso o un attentato? Fatto sta che quello stesso giorno Castle viene inviato dalla sua casa editrice in Israele per scrivere qualcosa di diverso, un racconto-reportage sulla primavera araba in corso; nel frattempo Beckett, Ryan ed Esposito vengono scelti per addestrarsi insieme ai marines in Iran. Separati dalla guerra che irrompe all'esterno, Castle e Beckett riusciranno a ritrovarsi? Ma sopratutto la battaglia più grande per Beckett sarà quella interiore: combattere contro i suoi demoni che le riportano alla mente quando rischiò di morire.
Storia narrata dal punto di vista di Kate Beckett.
Storia classificata all'11° Turno dei CSA al 1° posto nella categoria "Sad".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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La trama si infittisce care lettrici

La trama si infittisce care lettrici... come andrà a finire questa storia?

Al capitolo l'ardua sentenza! XD

 

 

 

Come una lama sottile.

 

 

 

Sono furiosa.

Forse perchè la verità fa male come una lama sottile o perchè la persona di cui mi fidavo di più tra i marines mi aveva tenuto nascosto qualcosa di grosso?

O forse perchè odio essere americana proprio ora?

Avrei dovuto intuire prima quali erano i doppi scopi del governo.

Sei una detective Kate, cazzo!

Tacker è morto.

Bridget è morta.

Almeno una ventina di soldati del nostro reggimento sono morti.

Non posso permettermi di veder morire altra gente. Che sia la guerra oppure no.

Questo mi riporta di nuovo ai ricordi con mia madre.

 

"Mamma perchè un uomo uccide un altro uomo? E' questa la guerra?"
"Kate, piccola mia, non dovresti fare queste domande! Non devi fare i compiti o giocare coi tuoi amici?"
"Non mi piace. Io voglio scoprire la verità!"

 

Scommetto che neanche mia madre sapeva la risposta alle mie domande.

Decido di affrontare Samuel McNeil una volta per tutte.

Non posso sbagliare. Eccolo lì, seduto tutto intento nelle sue carte militari. Ignaro che siamo tutte pedine non del suo gioco, ma bensì di qualcosa di più grande... qualcosa che neanche lui immagina. Dio non gioca a dadi col mondo? A me sembra che qui lo stia facendo.

McNeil corruga la fronte... sembra che quelle carte sudate lo stiano facendo diventare pazzo. Non si capacita di qualcosa. Forse qualcosa è andato storto nel suo piano che sembrava perfetto. Quale era? Ah sì, quello in cui prendeva un paio di poliziotti e li buttava nel mezzo di una battaglia, ignari per cosa stavano combattendo.

Mi avvicino, decisa. Sono davanti al suo tavolo, ma lui continua a fissare quelle carte con le mani nei capelli. Mi schiarisco la gola, e finalmente alza lo sguardo.

"Kate, cosa ci fai qui?" scompiglia le carte, togliendole dal tavolo, convinto che io non possa vederle.

Troppo tardi. Mossa furba ma non è servito. Ho potuto vedere che è un documento del Pentagono e sono segnati degli ordini con punti rossi: in quei posti indicati ci sono i giacimenti di uranio.

Ancora lo ripeto: mi fa schifo sentirmi un'americana.

"Io ho bisogno di parlarti... in privato."

Scuote la testa, confuso. Poi si alza dal tavolino e mi fa segno di seguirlo.

"Non qui. Seguimi."

 

Arriviamo in un'altra postazione di trincea, e lui si assicura che la tenda sia accuratamente chiusa. Di nuovo mi schiarisco la voce e chiudo le mani a pugni, restando dritta e composta. Prendo un bel respiro.

Il suo sguardo però mi blocca. E' gelido e preoccupato allo stesso tempo. Che abbia intuito qualcosa? O c'è davvero altro che lo preoccupa? Forse è come pensavo... la situazione gli sta sfuggendo di mano e non sa come gestirla.

"Cosa volevi dirmi Kate? Anzi, ti anticipo io... la salma di Bridget ha già raggiunto il territorio americano. L'indomani verranno fatto i funerali. Ho fatto come hai detto tu, perché è giusto così... è la cosa giusta da fare." conclude con un sorriso stanco. Quasi rarefatto.

Mi fermo per un momento. Ruoto gli occhi cercando di distogliere lo sguardo. Lui prende a camminare per la stanza.

"Sai c'è un protocollo da seguire, come ben sai, ma... ti confesso che niente sta andando come avevamo previsto."

Ecco ci siamo.

Forse sta arrivando il momento della verità o almeno così spero. Cero di fingere, cosa che normalmente non mi esce bene.

"Che vuoi dire?"
Faccio finta di guardarlo senza capire.

"Ci sono state troppe perdite. Non posso sopportarlo. Perciò credo che cambieremo un po' le carte in tavolo."

"Ah." dico con un fondo di delusione.

McNeil continua a camminare avanti e indietro.

"Già. Stiamo cambiando dei piani. Presto verrete informati. Tu cosa volevi dirmi?"

Piani che stanno per essere cambiati.

Ma non mi dice nulla sui giacimenti di uranio che stanno cercando.

E ora cosa gli dico? Penso di fretta, all'unica cosa che mi viene in mente.

"Rick Castle è venuto qui per mostrarmi il suo reportage. Lui l'ha terminato e voleva farmelo vedere perchè lavoriamo nella stessa squadra, lo sa...!"

Sorride e lentamente si avvicina all'uscita della tenda. Poi torna a guardarmi.

"Kate, non c'è bisogno che ti giustifichi riguardo Rick. L'abbiamo capito tutti che state insieme." sorride "Solo, cerca di mandarlo via. Qui rischia grosso."

E fa segno di uscire.

"Sì... lo farò." mi congedo.

Appena metto fuori dalla tenda, vengo sbalzata all'indietro. Una fuliggine si alza da davanti a me, facendomi strisciare all'indietro.

 

"Un attentato! Un attentato!" urlano alcuni marines, correndo da una parte all'altra, con le loro armi in mano.

"Maledetti, di nuovo... prendete le mitra, state sui carri!" McNeil si aggrega al gruppo.

Io resto inerme a terra, incredula.

Non posso più sopportare di nuovo lo stesso scenario, tutti i giorni è la stessa storia.

"Kate, alzati da terra, presto!"

Ryan e Esposito mi aiutano, uno mi tiene per il braccio destro, l'altro per il sinistro.

Come un burattino.

"Dobbiamo metterci al sicuro, Becks..."

"Castle... dov'è Castle?!" urlo, liberandomi dalla loro presa, alla ricerca del mio scrittore.

Rapidamente e attentamente, corro, coprendomi il volto con entrambe le braccia, mentre le esplosioni intorno a me continuano ad ardere. E' come se avessi i fuochi d'artificio nelle orecchie. Beh il suono è più o meno quello, solo in maniera più amplificata.

Come d'addestramento, salto ad ogni ostacolo, gridando il nome di Castle.

"Kate! Kate, sono qui!"

Tossisco perchè il fumo dei lacrimogeni mi sta dando alla testa. Poi alzo lo sguardo: Rick è a pochi metri da me, mi fa segno con le braccia. Sventola le braccia come una bandiera. La mia ancora di salvezza, la bandiera americana. Faccio per raggiungerlo, ma lui fa una faccia strana, prima di gridare qualcosa... è più veloce di me, mi prende per la vita e mi butta a terra.

Rick è sopra di me, ma si lamenta. Si lamenta troppo. Cerco di rianimarlo, di farlo stare tranquillo.

"Castle... sono qui, cosa succede? Cosa---"

La sua gamba destra sta sanguinando. Sta perdendo decisamente troppo sangue.

Lo aiuto a mettersi seduto, lui si tocca la gamba ma gli fa un dolore atroce. D'improvviso tutto tace. Niente più scoppi, solo ondate di fumo nero che si levano dal suolo fino al cielo.

"La... mia... gamba... non me la sento, Katee..."

E' un dolore straziante. Inizio a chiedere aiuto, disperata. Dove sono finiti tutti? Non lasciatemi da sola qui con Rick. Devo salvarlo, devo capire cos'ha.

Quest'ultimo attacco era fatto per uccidermi. Lui mi ha protetta.

Arrivano dei militari che lo portano su una barella. Lentamente, adagio, dico a loro di fare piano. Vorrei andare con lui. Automaticamente le mie gambe lo seguono, ignara degli altri che mi chiedono "Come stai Kate? Cos'hai Kate? Dove stai andando Kate?"

Non vi sento, smettetela di parlare.

 

Rick è chiuso da due ore dentro quella maledetta tenda con alcuni medici. Ho sentito le sue urla agghiaccianti. Non è un film dell'orrore. E' l'orrore della guerra. Ad ogni suo lamento ho mozzicato un'unghia. Come se quel dolore lacerante fosse il mio. Sono rimasta in piedi per due ore, camminando da una parte all'altra, con l'occhio sempre fisso sulla tenda. Espo e Ryan mi hanno offerto la loro cena e qualcosa da bere, ma io ho rifiutato. Non mangio da ore ormai, il mio corpo ne sta risentendo, e ho notato di essere anche dimagrita. Non m'interessa.

Finalmente esce un camice bianco. Ha le mani in tasca e un viso pallido.

"Dottore, come sta?" mi avvicino subito supplicandolo di una buona notizia. I suoi occhi non si tradiscono.

"Sarò sincero con lei signorina... il suo fidanzato ha subito una grave lesione alla gambe... i legamenti sono stati compromessi..."

"Mi sta dicendo che ha una... gamba... rotta?" non riesco neanche a dirlo, figuriamoci a pensarlo. Al momento non m'importa che l'ha chiamato "il mio fidanzato", visto che è realtà.

Castle è sempre stato così energico.

Il medico fa un sì con la testa e non professa altro.

"Mi spiace."

Sto per scoppiare in lacrime. Rick ha una gamba rotta. Ed è colpa mia se si è ridotto così. Prima che crollo, arrivano Esposito e Ryan, i miei due angeli custodi a rimettermi su.

"Dottore, ma potrà tornare a camminare, oppure...?" azzarda a chiedere Ryan.

"Non lo so dire... mi spiace... la frattura è molto grave... non escludiamo che possa---"

"Mi stia a sentire, la mia amica tiene a lui, quindi sia sicuro su ciò che sta dicendo!" Esposito l'ha preso per il colletto.

"Javier, tranquillo!" io e Ryan lo riprendiamo e lui torna composto. Almeno per ora.

Il medico continua a dire "mi spiace".

Io non sono molto d'accordo.

 

"Kate, non ha detto che ha una gamba fuori posto... forse c'è ancora speranza..."

"Bro..." con la coda dell'occhio Esposito fa star zitto Ryan. Cercano di starmi vicino, lo apprezzo.

In lontananza, Samuel è rimasto ad osservare la scena. Mentre io e i miei amici entriamo nella tenda di Rick, il mio sguardo si incrocia con quello del sergente, che subito si scosta e con le mani in tasca si allontana.

Ho visto il suo volto. Corrugato più del solito. Ansioso più del solito. Forse ho visto anche il senso di colpa nei suoi occhi. Forse dovrò aspettarmi la paternale.

Mi aveva detto di allontanare Rick. Mi aveva detto che ci sono state troppe perdite, troppe vite umane perse.

Forse è arrivato il momento in cui ammetterà la verità finalmente.

"Andate dentro ragazzi. Io vi raggiungo dopo."

Lascio Esposito e Ryan andare da Castle, io seguo McNeil fino alla sua postazione.

   
 
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