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Autore: itsphenomeniall    27/01/2012    2 recensioni
Continuai per tutto il tempo a pensare a quel sogno, a come ero, a quello che desideravo. Si sogna quello che si vuole veramente, no? Io volevo l’amore, non mi interessava se l’avessero accettato o meno.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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La sua testa era così vicina alla mia; sentivo il suo respiro, fresco di vivacità, invadermi il viso. Inspirai a pieni polmoni, e restituii  l’aria più buona mai respirata all’universo, che non avrebbe mai sentito quel sapore quanto lo sentivo io. Chiusi gli occhi nell’abbraccio del buio e poggiai con un piccolo tocco la mia fronte sulla sua. Eravamo uniti. Sfiorai le sue labbra per un istante, era una tortura dovergli resistere. Quelle labbra umide di amore ne aspettavano solo un altro paio per creare uno di quei quadretti perfetti descritti nelle favole. Avvicinò la sua bocca alla mia; esplodemmo in un unirsi di gusti e sensazioni da sogno. Era il momento giusto, con la persona giusta. Era il desiderio di sempre diventato finalmente reale; non potevo crederci: avevo baciato Ian.
Qualcosa disturbò la quiete bianca che aveva reso quel momento ancora più magico, e pian piano svanì tutto nella nube evanescente del ricordo.

 La sveglia. Sette in punto, dovevo andare a scuola. Pensai di nuovo a quello che Morfeo mi aveva cordialmente concesso durante la notte, e scossi la testa un po’ frastornato. Sembrava irreale perché era irreale.
Percorsi in discesa la scala a chiocciola che portava al salone con un po’ di rammarico, oggi anche a casa sembrava tutto piatto, famigliari compresi. La mamma era come sempre a fare il caffè a papà, che la mattina non ne poteva fare a meno, e Jane stava sulla sedia e si crogiolava tra i suoi pensieri da lattante con uno sguardo fisso sulla parete bianca della cucina. Dalla finestra che si apriva sopra al lavello, entrava una luce fitta e brillante che infuocava i capelli d’oro della bambina. La luce aveva anche riempito i suoi occhi blu, blu intenso, ti ci perdi negli occhi di Jane, ci navighi; non tutti fanno caso all’importanza dello sguardo di una persona, gli occhi non sanno dire bugie, per esempio. Se stai parlando con uno che tiene gli occhi inespressivi, devi renderti conto che o lo stai annoiando oppure non hai mai attirato davvero la sua attenzione, lo sguardo vitreo è tipico di chi pensa tanto e spesso. Se invece percepisci la luminosità e l’energia che emanano un paio di occhi come quelli di Jane quando vede la mamma, stai certo che quei due tizzoni ardenti d’amore non potranno mai considerare quello che vedono noioso o indegno di attenzioni.
Gli occhi di papà erano davvero difficili da comprendere; già a cominciare dal colore. Bruni attorno alla pupilla e sempre più chiari a mano a mano che vi ci si allontana. A volte profondi, a volte negativi, a volte sprezzanti per la loro inespressività. Sapeva manipolare con destrezza le sue emozioni, tanto da ingannare perfino gli occhi.
La mamma mi chiamò per nome.
«Aaron, le frittelle non si mangiano da sole, muoviti devi andare a scuola!» 
Devo andare a scuola. È sempre quello il problema, ci devo andare. Perché non si chiede mai ad uno studente se ci vuole andare a scuola? Io no, non ci voglio andare. Non è una scuola, quella è più una perdita di tempo mirata a segnare l’adolescenza dei ragazzi in modo definitivo.
Inghiottii l’ultimo boccone e corsi in camera a vestirmi. Camicia, un paio di Vans, un jeans. I capelli come al solito erano come il cuscino li aveva sistemati. Non erano proprio biondi, erano più sul nocciola, amavo i miei capelli, mi distinguevano dalla massa di idioti nelle scuole.
 Continuai per tutto il tempo a pensare a quel sogno, a come ero, a quello che desideravo. Si sogna quello che si vuole veramente, no? Io volevo l’amore, non mi interessava se l’avessero accettato o meno. Gli occhi nel sogno gli brillavano, è uno dei tanti segni che non stai annoiando una persona, che ti segue, ti ascolta, ti ammira. Ian non lo faceva affatto. Era uno del gruppo degli ‘in’, di quelli che non hanno tempo di fare amicizia, di innamorarsi, hanno la mente così occupata dal desiderio di apparire, che si dimenticano di vivere e assaporare ogni attimo. Ma soprattutto, amava illudere le ragazzine, e per me questo non era un bene. Mi ero da sempre illuso che avrei avuto almeno una possibilità con lui, ma come ingannarsi di fronte all’evidenza? Lui non mi avrebbe mai amato, mai.
Sono le solite questioni a cui pensi sull’autobus: mentre tutto è un ronzio continuo tu ti isoli dal mondo e ti immergi nei pensieri più disparati. Cosa hai mangiato la sera prima, se ti sei ubriacato, se le tue scarpe sono abbastanza alla moda per quel periodo, se mai qualcuno noterà che sono diverso, noterà che lo amo.
Il sole continuava a splendere vivido sulle strade britanniche di quella cittadina che dava sul Tamigi. Non sembrava affatto inverno, invece era solo Febbraio, il secondo di dodici lunghissimi mesi. Roteai gli occhi come cenno di disapprovazione all’ennesima raccomandazione della mamma e mi lasciai chiudere la porta di casa dietro, con un tonfo secco e deprimente, tipico delle porte d’ingresso che davano su Barton Street. 
  
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