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Autore: giraffetta    27/01/2012    2 recensioni
27 gennaio 1945 – 27 gennaio 2012
Per non dimenticare.
Perché la follia umana era lì, proprio dietro l’angolo.
E non può ritornare.
Mai più.
Genere: Introspettivo, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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          Memorial Day





4 agosto 1944
La mattina comincia come tutte le altre: in silenzio.
È questo che ti pesa più di ogni altra cosa, il dover stare zitta, immobile, senza fare alcun rumore.
Tu che eri una bambina così vivace e allegra, ora devi morderti la lingua e rannicchiare i piedi sulla sedia per ore.
A volte vorresti fuggire, scendere in strada e assaporare l’aria fresca e il sole sulla pelle, correre tra le strade pulite di Amsterdam, ridere fino ad urlare e piangere insieme.
Ma sai che non puoi, almeno finché la guerra non sarà finita.
Sono due anni che devi nasconderti da loro, dai tedeschi, dagli ariani, solo perché sei nata ebrea.
Che cosa vuol dire ebrea?
Che cosa vuol dire ariani?
Per te nulla, avete entrambi due braccia, due gambe, una testa, due occhi e una bocca.
Cosa c’è di sbagliato in te, allora?


“È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo.”  A.F. 



Un colpo secco alla porta-libreria e la clandestinità finisce.
I tedeschi vi hanno trovato, è la fine.
In silenzio, le lacrime che rigano le guance, raccatti pochi vestiti in un fagotto e stringi la mano di tuo padre, cercando di essere forte, di non abbatterti.
Ma, quando sali in quel furgone blindato insieme alla tua famiglia, non puoi non guardare un’ultima volta verso l’alto, lì verso quelle poche stanze che per due anni vi hanno celato a tutti, permettendovi di continuare a sperare nella libertà.
Ora è tutto finito, sai bene dove siete diretti.
Sai bene che dove stai andando difficilmente riuscirai ad uscirne viva. 


“C'è Auschwitz, quindi non può esserci Dio.” P.L. 



Quel nome che a volte hai sentito attraverso Radio Londra, ora si è materializzato di fronte a te.
Hai sperato, pregato di evitare quel posto e invece ci sei finita dentro, come decine di altri ebrei prima di te.
Hai freddo, hai paura, ma continui a resistere: dentro di te vuoi ancora vivere, vuoi ancora sognare, vuoi ancora respirare.
Anche quando ti spogliano e ti gettano sotto la doccia fredda, vuoi ancora vivere.
Anche quando ti tagliano tutti i capelli e ti rivestono con degli stracci a righe, vuoi ancora sognare.
Anche quando ti spingono un ago con l’inchiostro nel braccio, marchiandoti come una bestia, vuoi ancora respirare.
Preghi che sia solo un incubo, invochi qualche entità superiore di aiutarti.
Ma tutto tace.
Anche Dio è morto dentro Auschwitz.


“Non diventerò mai grande.”  -Mi ricordo Anna Frank,2009- 



Il cibo è poco, il freddo pungente, la pulizia inesistente.
Ma tu stringi i denti e resisti.
Per tuo padre, per tua madre, per tua sorella. Per te stessa.
La cosa che ti manca, oltre a tutto il resto, è scrivere. Stai quasi dimenticato l’odore della carta nuova e la gioia di tenere tra le mani una penna e scrivere, scrivere, scrivere, riempiendo pagine su pagine.
Quando tutto sarà finito, quando uscirai da quest’inferno, racconterai a tutti la tua storia e realizzerai il tuo sogno: diventare una scrittrice.
Girerai il mondo e porterai le tue storie ovunque, raccontando di fiabe e leggende, di vita vera e di fantasia.
Eppure in un angolo del tuo cuore c’è rinchiusa una paura sorda: riuscirai ad uscire da lì, viva?
O bruceranno il tuo corpo e i tuoi sogni? 


“Viviamo tutti, ma non sappiamo perché e a che scopo; viviamo tutti coll'intento di diventare felici, viviamo tutti in modo diverso eppure uguale.” A.F. 



Sono passati sette mesi da quando hai varcato le soglie dell’inferno. 
Sette mesi di stenti e disperazione, sette mesi di resistenza e fatica, sette mesi di attese e speranze.
Sei stanca adesso, non riesci nemmeno a ricordare come era la tua vita prima di tutto questo.
Ti chiedi ancora, ogni giorno, perché sta succedendo tutto questo e ancora non hai trovato una risposta.
Semplicemente perché non c’è una risposta.
Che colpa è la tua se vuoi vivere?
Che colpa è la tua se vuoi essere felice?
Non sei uguale ai tuoi carnefici? Non sei fatta anche tu di carne e sangue, di cuore e cervello?
Ma per cosa vivi adesso?
Tuo padre è morto, tua madre è morta, tua sorella è morta.
Non hai più sogni per vivere, non hai più speranze.
Le tua ali sono morte.
E con loro anche tu.


“Durante il genocidio che i nazisti chiamarono la ‘soluzione finale’ furono uccisi un milione e mezzo di bambini.
La storia di Anna Frank è solo una delle tante.”   -Anne Frank: The Whole Story,2001-
  


  

27 gennaio 1945 – 27 gennaio 2012
 
Per non dimenticare.
Perché la follia umana era lì, proprio dietro l’angolo.
E non può ritornare.
Mai più. 

 




Note:
Sono solo brevi sprazzi su quella che è stata la deportazione e la prigionia, fino alla morte, di uno dei simboli dell'Olocausto: Anna Frank.
Semplicemente per non dimenticare.


 


  
 



 





  

 

  
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