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Autore: MartiSpunk    27/01/2012    2 recensioni
Robert Pattinson: donnaiolo che lotta contro se stesso, pur di smetterla, pur di vivere come si deve.
Kristen Stewart: ragazza americana che possiede due identità. Di giorno una semplice donna e figlia di papà, di notte spogliarellista per uno strip club.
I due si incontreranno una notte a Londra, e daranno un taglio netto alle loro convinzioni. Si innamoreranno e capiranno che la vita non è sesso, ma amore.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Robert Pattinson
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Everything smells of you.
Capitolo 2 - Sorry, baby.
Pov Kristen
 
«Ti prego... ti scongiuro, basta».
Mentre cerco di spogliarlo con una prepotenza assurda, quel ragazzo sembra ansimare dal tormento. I tocchi dimunuiscono; la ragione batte l'istinto e la tensione prende il sopravvento.
Non è possibile.
Inutile illudermi che stia facendo sul serio. Forse è solamente preoccupato di farmi male... forse il mio fragile aspetto lo ha intimorito.
Mi ritraggo emettendo un respiro profondo; la mia mente è in cerca di spiegazioni e il mio cuore rimbalza frettolosamente. 
Lo vedo rialzarsi la cerniera dei jeans. Tiene la testa bassa, evitando il mio sguardo. Vorrei poterlo toccare nuovamente; il suo corpo mi attrae in maniera pazzesca. I suoi movimenti sono decisamente controllati e felini, la sua bocca decisa e deliziosa. 
Forse... forse dovrebbe sapere la verità. No, ma che minchia dici Kristen? Non puoi dirgli che tu, be', è decisamente imbarazzante. Mentire sull'età è okay, fingerti una ventinovenne vissuta e con una vita alle spalle invece di una diciannovenne idiota e... vergine. 
Sarebbe totalmente imbarazzante confessare tutto ciò. Avere diciannove anni e non aver mai provato a scopare è davvero... non va bene, assolutamente. Qui le inglesi a diciotto anni magari hanno pure figli; per non parlare delle americane, oh sì. Quelle se non escono incinta a sedici anni muoiono di vergogna. Ecco, io muoio di vergogna. Non che abbia voglia di entrare in maternità... no. Ho solo quella fottuta tentazione di farlo con qualcuno, con chiunque. 
Il problema è che a ogni occasione mi blocco ingenuamente. La voglia si placa e il sangue m'inonda le guancie. Le mani si arrestano e il corpo si affloscia, come svenuto. Sono una merda, è ufficiale. Porca troia, che cazzo posso fare?
«Senti». La sua voce rotta si perde nei miei pensieri e mi riporta alla terra ferma. Gli lancio uno sguardo dispiaciuto mentre mi nascondo il viso.
«So che la tua delusione per adesso è grande quanto il mondo. Ma io non posso. Mi sono già mostrato abbastanza e, anzi, credo di aver fatto troppo. Scusami».
«Pensi che io sia troppo piccola? O fragile? Oppure non ti piaccio e basta? Spiegati». All'improvviso l'irritazione s'impossessa del mio corpo.
Soffoca una risata prima di guardarmi intensamente. I suoi occhi sono così... profondi. Non ci avevo fatto caso. 
«No, assolutamente. Sei più grande di me del resto. Solo che... io... non posso». 
«Perché? Hai paura di farmi male? Cazzo, ascoltami... aspetta come ti chiami?».
«Robert», sussurra. Mi lancia un sorriso sincero mentre aspetta una conclusione alle presentazioni.
«Io sono Kristen. Kristen Stewart». 
«Pattinson. Sei americana? Il tuo accento è strano. Le parole che usi sono così... strascicate».
Intuisco immediatamente che Robert vuole cambiare discorso, così gli punto un dito contro, guardandolo torvo. 
«Non riesci a distrarmi. E comunque, sì, sono americana. Problemi? Il mio accento è perfetto, le parole che uso sono grammaticalmente corrette e il modo in cui le esprimo è okay, stop».
Scuote la testa, frustrato. «Gli sbalzi d'umore dominano, mi sa».
«Dammi una risposta».
«Non voglio dartela, d'accordo?».
Senza preavviso mi afferra per i fianchi e mi soffia sul collo; il suo respiro mi provoca un brivido fortissimo. Dio mio, questo qui si contraddice continuamente. Non aveva detto che non poteva? I suoi pensieri dannatamente riservati mi irritano. Vorrei potergli urlare contro e farmi spiegare la situazione una volta per tutte, ma la mia incredibile innocenza e paura di poterlo fare arrabbiare prevale.
«Sei sicura di volerlo sapere?». Afferra la mia mano e la stringe tra la sua. Le sue dita si intrecciano alle mie, veloci e allo stesso tempo tese. «Ti avviso, non ti piacerebbe».
«Adoro gli horror».
Nasconde un risolino e molla la presa. Peccato. «Conosci i senzatetto?».
«Quelli senza casa? Quelli che vivono in mezzo alla strada come barboni?», azzardo, ironica.
«Esattamente».
«Arriva al sodo. Non voglio sprecare tutto il mio tempo a blaterare. Sai, ho degli uomini da consumare. Si chiama lavoro. Il mio lavoro».
Mi alza il mento e mi tocca le labbra con un dito, giocandoci un po'. «Ne hai uno davanti».
«Spero sia uno scherzo».
Non riesco a immaginare un ben di Dio come lui nei panni di un barbone. Che banalità. «Ma non hai l'aspetto... di quelli lì.». Lo osservo con più attenzione: i capelli sono scombinati, hanno una vita propria. La camicia è parecchio malconcia ma può andare. Le scarpe un po' vecchie e forse strette... ma del resto sono okay. Il viso pallido e cicatrizzato non da giustizia ai suoi occhi; il mento è tagliuzzato... si sarà fatto la barba da poco o di fretta, oppure senza posizionarsi davanti lo specchio.
«Scandalizzata?». Il suo tono di voce suona come speranzoso. Faccio no con la testa.
«Ehi, non lo sono. Non bado a questo genere di cose. Davvero, non importa».
«Sei pazza? Una ragazzina al posto tuo urlerebbe dallo schifo».
«Ti ripeto che non m'interessa. Adesso per favore puoi dirmi perché non vuoi portarmi a letto?».
Il suo tono di voce si trasforma in severità. Mi afferra i polsi e li stringe; sento il sangue placarsi e puoi riprendere il percorso. «Sei così ingenua. Tu non sai cosa potrei farti. Canto in mezzo alla strada e a qualche pub, vivendo di monetine. Violento donne su richiesta e vivo in uno sgabuzzino insieme al mio migliore amico. Il mio unico pensiero è questo nel corso della giornata: sopravvivere. E adesso che voglio ampliare la mia fottuta vita, voglio migliorare questa cazzo di situazione, arrivi tu. E mi rovini tutto. Non ci scopo con te, fattene una ragione».
Getta un urlo furioso prima di aprire la porta e sbatterla. Tutti si voltano a guardare confusi, sorpresi, scioccati. La sua ira ha dato un pugno netto al mio stomaco e mi ha uccisa. 
Prima di lasciarlo andare esco anch'io dal ripostiglio, ignorando gli sguardi sospetti e le risatine di sottofondo che circondano il locale. 
Lo afferro per il braccio, stritolandolo con forza e trascinandolo verso me. «E allora che ci facevi qui? Eh? Sei... oddio, ti odio».

«Era per una scommessa», sbotta sarcastico. «E ho vinto, grazie».
«'Fanculo! Stronzo! Stronzo! Ti odio, figlio di puttana! Ti odio!».
Inizio ad urlare come una pazza. Ho voglia di sputargli in faccia, di picchiarlo. Istintivamente corro verso di lui e faccio per allungare il pugno verso la sua guancia, ma qualcuno mi blocca sul nascere. 
E' Mark, il proprietario dello strip club. Cerco di liberarmi dalla presa ma è impossibile; le sue mani mi schiacciono il ventre prepotentemente e la sua gamba mi imprigiona la coscia. 
Stringo maggiormente il pugno destro, quello in cui la mira è più decisa e la forza più potente. Lo allungo, lo avvicino, lo stringo fino a sentirmi le dita indolenzite.
«Basta Kristen! Ehi, ehi, calma. Sta andando via, vedi? Basta problemi, sta andando via. Ritorna in te, ti prego. Kristen!».
Prima di poter oppormi sono già sprofondata tra le sue braccia. 

 


 


Pov Robert

«Mi odio! Mi odio, sono un emerito coglione! Cazzo! Cosa mi passa per la testa, Tom?».
«Non chiederlo a me. La zucca è tua».
«Ora cosa faccio? Porca troia, mi sento estremamente confuso. Dammi una mano, invece di stare lì a ingozzarti come un maiale!».
«Con i soldi che mi hai regalato, sono riuscito a rifornirmi per bene. Fammi godere questo momento di gloria».
Mentre afferra l'ennesimo panino da triturare lo precedo, prendendolo di scatto e mettendomelo sotto al piede. Lo schiaccio tentennando e sorrido, beffardo.
«'Fanculo, Pattz. Mi devi altre sterline per ricomprarlo».
Alzo gli occhi al cielo, sbuffando. Decido di assecondarlo, altrimenti inizierà a lagnarsi come un bambino dell'asilo. «D'accordo, però prima dammi ascolto».
Scoppia a ridere. «Esprimiti».
Emetto un respiro profondo, conto fino a tre e mi lascio persuadere dal mio ragionamento. Lui mi guarda disorientato e in attesa; sembra assorto dai suoi pensieri impuri, talmente indifferente da calare la testa e battere nervosamente le dita sul tavolino mezzo rotto. 
Sono le sette del mattino, sto crepando letteralmente dal sonno, e il mio migliore amico - l'unico oltrettutto - fa come se non esistessi. Proprio adesso che ho bisogno di uno dei suoi "saggi" pareri. 
«Vuoi darmi ascolto? Ho bisogno di una mano, per favore».
«Sei insopportabile. Basta, è tutto finito! La prossima volta conterai fino a dieci prima di farti scappare una certa preda».
«Non me ne fotte più un cazzo della ragazza, Tom!», urlo prepotentemente. Mi lascio scappare un piccolo sospiro e increspo le labbra, pensante. A dire la verità la penso ancora; mi sono comportato da stronzo nelle ultime ore, e rivederla - nei ricordi sfumati - incazzata, piagnucolosa, combattiva... pronta a saltarmi nuovamente addosso e a dirmene più di quattro mentre cerco di proteggermi dai suoi pugni violenti, dai suoi sputi, e dai suoi calci forti verso il basso del mio corpo, nel tentativo di farmela pagare, mi impetiosisce. 
Poi però è arrivato quell'omone e l'ha trattenuta. Lei cercava si liberarsi, si dimenava con disperazione e mi lanciava occhiate che inizialmente sembravano imploranti, poi però, in pochissimo tempo si trasformavano in crudeli e torve. Voleva provare a uccidermi con un solo sguardo carico d'odio, capace di farmi sentire tutto ciò in cui le aveva creduto in quei brevissimi minuti passati insieme a me, chiusi in quel ripostiglio fetente, spinti dai gesti e dalla brama di piacere che ci invadeva.
E io mi ero comportato da bugiardo: avevo voglia di sesso, sì. Il suo corpo mi attraeva - e tuttora se lo penso, inizio a sudare dalla voglia di toccarlo -, ma dovevo massacrare quel dannato masochismo che mi mi incatena... che mi vessa continuamente senza paura di potermi danneggiare, di poter modificare giorno per giorno il mio stile di vita, ormai basato su questo passatempo.
«A che pensi? So perfettamente che non sei un tipo loquace, però potresti almeno darmi un segno di vita, no?».
«Scusami. Stavo solamente... riflettendo».
Si apre in un sorriso caustico. «Facciamo passi da gigante!».
«Il tuo senso dell'umorismo non aiuta di certo, Stu».

Sento il cellulare scassato vibrarmi dentro la tasca. Infilo la mano e lo cerco; appena lo afferro bruscamente e senza badare al numero, rispondo: «Pronto?».
La voce in risposta ha un tono infantile e viziato. Sembra la vocina di Barbie, di una ragazza vanitosa e tremendamente irritante. «Ehi Rob, sono io Helen».
Caspita, non l'avevo neanche riconosciuta. «Ciao! Che succede? Avete finito il thè?», ridacchio.
La sua risata si unisce alla mia. «Divertente. No, ne abbiamo a quantità!».
«E allora cosa c'è?».
«Be', volevo avvisarti che sono pronta», il suo tono diventa intrigante e felino. «Passa quando vuoi, tesoro».
Mi rabbuio, scuotendo la testa. «Pronta per cosa?».
«Oh! Quanto amo il tuo essere così teatrale! Ti aspetto, bellezza». E riattacca, sogghignando soddisfatta.
Istintivamente scatto verso Tom e lo blocco sbattendolo al muro. «Dimmi che non c'entri nulla con questa storia, ti prego».
«Ehm... ops?». 
Gli ringhio contro, esasperato fino al midollo e gli urlo dentro un orecchio. «Perché?!».
Fa spallucce, offeso. «Ho vinto la scommessa. Ho ricevuto i miei soldi e adesso ti tocca sopportare le conseguenze della tua autolesionia».
«Facendo sesso con Helen? Violentandola?», sbraito, «ti rendi conto, eh?!».
«Amico, con me le sorprese non finiscono mai».
Getto un grido terrificante. Sto uscendo fuori di senno. «Ma cazzo!».
Mi guarda con nolechance e si apre in un sorriso lucente: «Poi si passa al piano b, ovviamente».
  
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