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Autore: piperina    27/01/2012    20 recensioni
Fanfiction partecipante all' OTP Tournament ~ I Edizione, indetto dal « Collection of starlight », said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »
– Malfoy, mi servirebbe quel libro. –
– Serve anche a me. –
[...]
Scosse la testa e scrisse un paio di righe, poi si bloccò, alzò la piuma e guardò la ragazza.
– Scommetto che sei anche frigida. –
Lei finì di scrivere una frase, arrotolò la pergamena, annullò l’incantesimo sul libro e guardò in volto lo Slytherin, rivolgendogli addirittura un sorriso – un sorriso vero.
– Non verrò a letto con te per dimostrare il contrario. –
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Draco&Hermione -Leather&Libraries'
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Fanfiction partecipante all' OTP Tournament ~ I Edizione, indetto dal « Collection of starlight », said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »

PROMPT:

- il Settimanale delle Streghe

- una bacchetta spezzata

- dita inesperte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Only Act*

– Hello, Goodbye –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

– Mi raccomando, ragazzi, non perdete tempo – la voce di Horace Lumacorno tentò di superare il brusio degli studenti che abbandonavano l’aula. – Anche se la scadenza è fra due settimane, la relazione che vi ho assegnato è molto impegnativa! –

Niente da fare, non era rimasto quasi nessuno ad ascoltarlo. Quasi, perché Hermione Granger stava ancora finendo di riporre tutti i libri nella borsa. L’uomo la guardò, sorridendo.

– Signorina Granger. –

– Signore – rispose lei. – Inizierò subito il compito – disse cordiale.

Sperava di averlo colpito. Poco dopo, infatti, le labbra del professore si tesero in un sorriso compiaciuto. – Ma certo, ma certo – annuì con vigore. – Sapevo che non avresti perso tempo. Sei un’alunna eccezionale. –

Lei gioì per quel complimento, salutò e uscì dall’aula, diretta in Biblioteca. Conosceva un libro che avrebbe potuto risolvere i suoi dubbi, quindi non aveva alcuna intenzione di farselo sottrarre. Voleva terminare quella relazione entro sera; oltre che a essersi portata avanti con il programma di Pozioni, non intendeva essere battuta da Harry e dal libro del Principe Mezzosangue.

Entrò e salutò la bibliotecaria. – Madama. –

– Signorina Granger. –

Camminò fino allo scaffale dove ricordava che si trovasse il libro. Aveva la strana sensazione di dover fare in fretta. Capì presto il perché.

Draco Malfoy aveva appena sfilato quel libro dal ripiano.

– Oh, no... –

Il ragazzo si voltò e vide un groviglio di capelli castani. Abbassò lo sguardo e riconobbe il volto di Hermione.

– Ciao, Granger. –

– Malfoy, mi servirebbe quel libro. –

– Serve anche a me. –

Hermione era già disperata: qualcuno aveva avuto la sua stessa idea, era arrivato prima di lei, e quel qualcuno era Malfoy.

– Non posso rimandare questa ricerca – provò a dire, mentre lui si incamminava verso il primo tavolo libero.

– Che cosa ti fa credere che io possa farlo? –

Giusta osservazione, considerò lei. – Perché non vai ad allenarti un po’? Il libro sarà tutto tuo quando avrai finito. –

Draco si voltò a guardarla, sembrava quasi divertito da quei tentativi. – E tu perché non vai a studiare altro? –

Hermione provò a rispondergli, ma lui la precedette.

– Certo, hai già finito tutti i compiti, quindi non puoi aspettare per terminare quelli appena assegnati. –

Si morse le labbra, colpita nel suo punto debole.

– Che c’è di male? – ribatté. – Dai, Malfoy, oggi hai deciso di essere uno studente modello? –

Lui stava per scoppiare a riderle in faccia. Le sventolò il libro davanti al naso, cantilenando. – Non te lo do, Granger... l’ho preso prima io... quando avrò finito, forse, lo avrai. –

Hermione lo osservò sedersi con calma e posare l’oggetto conteso davanti a sé. Non ci pensò due volte: estrasse la bacchetta dalla tasca della gonna e la puntò sul tomo voluminoso, recitando un incantesimo non verbale.

Malfoy, vedendola prendere posto di fronte a lui, la guardò sospettoso. – Non penserai mica che lo useremo insieme – disse quasi scandalizzato.

– Invece è quello che faremo – esibì un ghigno compiaciuto, poi prese piuma e pergamena dalla borsa. – Ho incantato il libro. –

Draco la fissò sorpreso: forse sarebbe riuscito a pietrificarla con lo sguardo, se si fosse impegnato. Valutò l’idea di lasciarle fare quello che voleva e andarsene, ma non voleva cedere.

– E sia – sentenziò, abbassando gli occhi sulla pergamena, pronto a prendere tutti gli appunti necessari per la sua relazione.

Hermione cominciò a scrivere, la grafia piccola e ordinata – era abituata a far stare in una pergamena moltissime informazioni – il libro aperto su una determinata pagina finché entrambi non avessero finito di consultarla.

Malfoy sbuffava di continuo. Hermione ghignava divertita ogni volta che lo sentiva agitarsi.

– Com’è che sei sempre così fissata con lo studio? – le chiese, guardandola, mentre aspettava di poter girare pagina.

– Mi piace studiare – rispose, sempre concentrata. – E non mi piace oziare quando ho qualcosa da fare. –

Draco non replicò, ma tornò a tormentare l’attenzione della ragazza altre volte. Sembrava più interessato a darle fastidio che a lavorare sulla propria relazione. Hermione ne fu irritata, perché lui aveva rifiutato di farle usare per prima il libro, sostenendo di non poter rimandare lo studio.

– Certo che sei davvero sciatta – disse un quarto d’ora più tardi.

Si beccò un’occhiataccia da parte della Gryffindor, che evitò di rispondere e tornò a studiare.

– Voglio dire... – sembrava che stesse cercando le parole più pungenti. – Niente, sei sciatta e basta – concluse, tornando di nuovo sul proprio lavoro.

Sembrava che non riuscisse a capacitarsi di ciò che stava accadendo in quel momento: condivideva un libro con Hermione Granger. In realtà era una cosa normale, eppure lui si sentiva in qualche modo vulnerabile – forse perché aveva qualcosa da nascondere.

Scosse la testa e scrisse un paio di righe, poi si bloccò, alzò la piuma e guardò la ragazza.

– Scommetto che sei anche frigida. –

Lo disse senza riflettere, quella frase gli sfuggì dalle labbra senza filtro. Non aveva neanche pensato al significato delle sue parole: Hermione Granger in intimità.

Lei finì di scrivere una frase, arrotolò la pergamena, annullò l’incantesimo sul libro e guardò in volto lo Slytherin, rivolgendogli addirittura un sorriso – un sorriso vero.

– Non verrò a letto con te per dimostrare il contrario. –

Vide il ragazzo irrigidirsi e impallidire. Ripose i suoi oggetti in borsa, poi, senza degnarlo di un altro sguardo, lo lasciò solo. 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

– Oh, cavolo. –

Hermione, udendo quella voce, si voltò e vide Draco Malfoy che la fissava sconsolato. – Hai bisogno di qualcosa? –

– Mi servirebbe quel libro – rispose, indicando quello che lei aveva appena sfilato dal ripiano.

– Ho un déjà–vu, tu no? – provò l’impulso di ridere, che si accentuò quando lui roteò gli occhi al cielo.

– Granger, mi serve davvero – la seguì fino al tavolo. – Potrei utilizzare il tuo stesso trucchetto. –

– Fallo, che problema c’è? – disse, alzando le spalle e sedendosi.

La scena si stava ripetendo: era di nuovo pomeriggio inoltrato, di nuovo dopo due ore di Pozioni, di nuovo in Biblioteca a contendersi un libro con la Granger.

Fantastico, pensò Draco.

Come se non avesse già abbastanza problemi.

– Sai che non hai davvero bisogno di incantarlo – gli comunicò poco dopo la ragazza. – Possiamo usarlo insieme senza trucchetti. –

Lui non reagì, per qualche istante rimase immobile. Poi, con movimenti rallentati, posò la borsa sul tavolo e prese piuma e pergamena.

Hermione lo spiò varie volte mentre studiavano: era più pallido del solito, lo sguardo spento, visibili occhiaie creavano un contrasto evidente con il suo incarnato. Appariva molto stanco e se ne chiese il motivo.

Quel periodo era davvero difficile: Harry non voleva separarsi dal libro del Principe Mezzosangue, Ron lo appoggiava, Ginny ne era terrorizzata.

Continuavano a litigare, e per evitare di farlo non toccavano l’argomento. Si sentiva sola, tradita, amareggiata e non considerata. Harry preferiva affidarsi a un libro con strane note scritte ai margini da chissà chi, piuttosto che dar retta a lei, che per cinque anni gli era stata accanto e l’aveva aiutato.

– Bella dimostrazione di fiducia. –

– Prego? –

Ops!

Si accorse di aver parlato a voce alta quando vide Malfoy fissarla in modo strano.

– Niente, mi è scappato un pensiero. –

Draco ghignò, ma i lineamenti del viso erano tirati, come se un movimento tanto semplice gli costasse molta fatica. – Ottimo, ti metti pure a parlare da sola. O con i tuoi compiti – scosse la testa. – Lo sapevo che, prima o poi, studiare troppo ti avrebbe fatta impazzire. –

– Grazie – fece una smorfia e decise di ignorarlo.

Era davvero spossata, eppure persisteva nello svolgere i compiti subito dopo le lezioni. Non riusciva a stare ferma: se l’avesse fatto avrebbe iniziato a pensare, e in quel periodo pensare le faceva perdere la ragione.

La gita a Hogsmeade di pochi giorni prima si era rivelata una tragedia mancata. Katie Bell aveva rischiato di morire davanti ai loro occhi e Harry era subito corso dai professori per denunciare Malfoy. Era convinto che fosse lui il responsabile di quell’episodio – di quell’evidente attentato – e aveva esposto la sua opinione senza connettere il cervello, come faceva fin troppo spesso.

Che prove aveva contro Malfoy? Non l’aveva visto dare qualcosa a Katie, non si erano neanche incontrati per strada quel giorno: Draco non avrebbe avuto occasione di entrare nel bagno delle ragazze ai Tre Manici di Scopa, dato che troppe persone l’avrebbero notato.

Una cosa, però, era vera: Malfoy era diverso.

Sicuramente la sua famiglia stava attraversando un periodo carico di preoccupazioni: con Lucius ad Azkaban e Narcissa sola al Manor, Draco doveva essere assillato da un’infinità di pensieri poco piacevoli. In più il Ministero continuava a perquisire le loro proprietà, sequestrando sempre più materiale di dubbia provenienza.

– Vuoi osservarmi ancora per molto? –

La voce bassa del ragazzo la riscosse. L’aveva fissato senza accorgersene: necessitava davvero di riposo, purtroppo non poteva concedersene molto, ma un paio d’ore lontana dallo studio e dalle sue cupe riflessioni l’avrebbero aiutata.

– Stavo riflettendo – rispose, sfogliando alcune pagine del libro per cercare un’informazione.

– Su di me? –

Cercò di mantenere un po’ di dignità e si affrettò a controbattere. – No. –

La Granger si era incantata a guardarlo, come poteva non essere lui l’oggetto dei suoi pensieri?

Provò l’impulso di ridere, ma solo per un attimo: forse Hermione stava cercando nel suo volto qualche segno, un indizio, qualsiasi cosa che avrebbe aiutato Potter a incastrarlo. Si irrigidì, sentì i nervi tendersi.

Non potevano farloNon potevano rovinare tutto.

Aveva un compito da portare a termine e non aveva alcuna possibilità di fallire: un insuccesso sarebbe stato fatale, non poteva permettersi di mostrare alcuna negligenza. A nessuno, soprattutto all’amica di Potter.

Lei sembrò accorgersene, perché tornò a guardarlo con aria interrogativa, come se cercasse di sondargli l’anima, di vedere oltre la pelle e la carne, oltre il suo sguardo.

Era come se lei volesse rendergli trasparente il corpo per poter carpire la sua essenza. Lui, la sua parte più intima, il segreto di quella missione suicida – perché lo sapeva che non era un premio, l’aveva compreso da poco – il dolore di sua madre e le sofferenze di suo padre.

Sbatté la mano sul tavolo, spiegazzando la piuma, e Hermione sobbalzò.

– Io ho finito – annunciò lapidario. – E’ tutto tuo. –

Con le dita spostò il libro verso la ragazza, senza osare guardarla in viso, raccolse i propri effetti e uscì a passo veloce dalla Biblioteca. Si era sentito soffocare lì dentro, nonostante l’ambiente fosse ampio e per nulla angusto… gli era parso di vedere le pareti muoversi verso di lui, per schiacciarlo e privarlo dell’aria.

Allentò il nodo della cravatta e corse in camera, evitando di pensare all’impressione – sbagliata – che aveva fatto alla Granger.

Di sicuro si sarebbe insospettita: temeva che stesse indagando sul suo conto.

Dopo quella brusca uscita di scena, Hermione avrebbe avuto ulteriori motivi per continuare a dubitare di lui.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

– Ne parlano anche sul Settimanale Delle Streghe. –

Ginevra Weasley aveva deciso di far compagnia a Hermione in Biblioteca per evitare Harry.

Il libro del Principe si era rivoltato contro il loro amico, suggerendogli un incantesimo davvero pericoloso: Sectumsempra.

Harry l’aveva usato in uno scontro avvenuto nel bagno di Mirtilla Malcontenta, e per poco non aveva ucciso il suo avversario: Draco Malfoy.

Se il fantasma cinquantenne non fosse corso a dare l’allarme, forse Malfoy sarebbe morto davvero e Harry non avrebbe potuto difendersi davanti ai membri del Wizengamot adducendo come scusa quella di essersi fidato di alcuni appunti scritti su un vecchio libro.

– Di cosa? – chiese Hermione.

– Delle perquisizioni nelle proprietà dei Mangiamorte. –

Malfoy.

Aveva da poco ripreso a frequentare le lezioni, eppure tutti continuavano a stargli lontano, come se fosse stato lui a colpire Harry e non il contrario.

Hermione annuì con il capo, continuando a leggere il libro di Artimanzia. – Tra la nuova collezione di scarpe volanti e le acconciature vive dovrà pur esserci un po’ di spazio per l’attualità. –

– Divertente – la canzonò Ginny. – Leggo il Settimanale perché la Gazzetta è spazzatura. –

– E il Settimanale non lo è? –

Sbuffò con l’espressione di una bambina in viso. – Speravo di poter leggere qualcosa di superficiale per liberarmi la mente – chiuse la rivista e si alzò. – Vado a fare un giro. –

Ginny salutò quindi l’amica e uscì dalla Biblioteca, decisa a trovare qualcosa di futile in cui impiegare le proprie energie.

Hermione continuò a leggere, ma non riusciva a concentrarsi. Dopo l’attentato che aveva colpito Katie Bell, Ron aveva bevuto dell’Idromele avvelenato. Poi Malfoy era quasi morto.

Harry aveva riferito che, prima del duello, lo Slytherin si stava confidando con Mirtilla. Piangeva e diceva che non voleva fare qualcosa, ma che non poteva rifiutarsi di farla.

In passato aveva dato spesso prova di essere vigliacco, ponendo la propria salvezza sopra il resto del mondo. Nella sua mente, però, Hermione vedeva solo un ragazzo di sedici anni alle prese con qualcosa più grande di lui.

Molto più grande.

Iniziava a pensare che forse Malfoy aveva davvero qualcosa a che fare con la collana maledetta e la bottiglia avvelenata, ma non voleva credere che Voldemort potesse essere così spregevole da affidare una missione pericolosa a un ragazzino di appena sedici anni.

Scosse la testa: in realtà aveva compiuto azioni ben peggiori, come puntare la bacchetta contro un bambino di un anno.

Voldemort era privo di scrupoli ed era del tutto disinteressato alla vita dei suoi sottoposti e delle vittime sacrificate lungo il suo cammino verso la gloria eterna.

Vide una borsa e un libro dall’altro lato del tavolo e, cercandone il proprietario, incontrò gli occhi di Draco Malfoy. Lui non la degnò di uno sguardo, non la salutò, come se lei non fosse presente.

Diede un’occhiata intorno e notò che tutti i tavoli erano occupati. L’unico semivuoto era il suo, questo però non giustificava la scelta del ragazzo di sedersi davanti a lei.

Lo osservò da sopra le pagine del libro di Artimanzia: era mortalmente pallido, molto dimagrito e i segni sotto agli occhi erano più evidenti che mai. Sembrava non prestare alcuna attenzione a quello che faceva, i suoi gesti erano meccanici, dettati dalla routine.

Aprire la borsa, prendere la pergamena, la piuma e l’inchiostro. Cercare la pagina giusta del libro di testo, leggere le informazioni, elaborarle, scrivere la relazione. 

Era come se non ci fosse vita in quello che faceva.

– Se le stai cercando, sappi che le cicatrici non si vedono. –

La sua voce era troppo bassa, fredda, distaccata. Aveva appena parlato di una cosa personale e delicata come se non appartenesse a lui.

– Non le stavo cercando – abbassò il libro e lo posò sul tavolo. – In realtà mi chiedevo… come stai? –

Le iridi grigie del ragazzo fissarono il suo viso. – Potter si sente in colpa per avermi quasi ucciso? –

– Sì – ammise con sincerità. – Non parlo a nome suo, però. –

Lui la scrutò, di certo non poteva fidarsi. Del resto, perché avrebbe dovuto?

– Sto come uno che è vivo per miracolo – disse, quasi ringhiando. – Ci vorrà un po’ perché le cicatrici spariscano del tutto. Sono ancora molto stanco e cammino grazie a degli antidolorifici. Contenta? –

Sfogarsi su di lei forse l’avrebbe aiutato. Fingeva che Potter non esistesse perché, se l’avesse guardato anche solo per un attimo, gli sarebbe saltato al collo. Lei non gli aveva fatto niente, ma era sua amica. Se non poteva litigare con il diretto interessato… gli sarebbe sempre rimasta la Granger.

– Mi dispiace. –

Fu un sussurro lieve, quasi troppo basso per essere udito, ma lui l’aveva colto.

– Non me ne faccio nulla del tuo dispiacere – ribatté prima di poter riflettere. – E comunque non sei stata tu a colpirmi. –

– Lo so, ma mi dispiace lo stesso.–

Che cosa stava cercando di dirgli?

Non guardarla.

– Vorrei che Harry non l’avesse fatto. È imperdonabile. Avrebbe dovuto difendersi, piuttosto che attaccare in quel modo. –

Perché glielo stava svelando? Di certo aveva già fatto la ramanzina a Potter per il suo comportamento: quell’anno sembrava che il Trio avesse qualche problema, e più volte l’aveva incrociata nei corridoi intenta a rimproverare lo Sfregiato.

Non guardarla.

Non voleva scorgere pietà nei suoi occhi, l’espressione compassionevole di una Madonna.

Lui non aveva bisogno della pietà di nessuno.

– Tu non c’entravi – continuò. – Non hai nulla a che fare con la guerra di Harry contro Voldemort. –

Il libro gli cadde dalle mani, emettendo un tonfo sordo quando si scontrò con il tavolo. Finalmente Draco alzò gli occhi per fronteggiarla. La rabbia e la voglia di litigare, però, sfumarono in un istante: non c’erano né pietà né commiserazione sul suo viso, ma sincero dispiacere.

Capì che la ragazza si sentiva in colpa per le azioni di Potter e accusava se stessa per non averlo fermato – lei pensava sempre di poter e dover fare di più. Intuì che soffriva per ciò che lui aveva subito, non cercava di capirlo né di farlo star meglio.

Lo sguardo che gli rivolse lo colpì al cuore.

Si sentì nudo e debole, spogliato dell’arroganza che le aveva sempre rivolto, privo del cognome che aveva tanto vantato con tutti, disarmato della cattiveria che gli aveva sempre fatto compagnia in quegli anni di scuola.

Hermione Granger lo stava abbracciando con lo sguardo, con quegli occhi appena lucidi di un sentimento che mai, mai avrebbe pensato di vederle rivolgere proprio a lui.

Non aveva pensato a loro, agli amici di Potter. Li aveva sempre visti come un unico essere. Invece lei – la Sanguesporco – in quel momento era uscita dal branco per dirgli quello che non si sarebbe mai aspettato.

Lei si sentiva stringere il cuore per ciò che aveva fatto il suo migliore amico.

– Non dispiacerti per me, Granger – trovò la forza di parlare dopo lunghissimi istanti di silenzio. – Io non lo ero quando il Basilisco ti pietrificò. –

– All’epoca non sapevamo ancora cosa fosse davvero la morte – gli rispose in un soffio. – Dopo… Cedric, credo che tutti l’abbiano compreso. –

Cercò le parole per ribattere, ma non ci riuscì. Era muto e incapace di rispondere, perché lei aveva ragione.

A dodici anni aveva bramato di vederla morta, ma fu alla vista del corpo senza vita di un suo compagno che aveva compreso la gravità di quei desideri espressi con leggerezza.

Solo dopo l’arresto di suo padre aveva capito quanto intensa potesse essere la sua mancanza, e quanto grande la sofferenza di sua madre.

Di nuovo, avvertì un profondo senso di angoscia, come se le pareti lo stessero comprimendo. Raccolse le sue cose e scappò dalla Biblioteca.

Per un attimo desiderò che lei gli corresse dietro.

Trovarla in Biblioteca e dividere un libro due volte non era sufficiente a costruire il rapporto che tra loro era mancato per più di cinque anni. Poche ore non potevano sanare le loro differenze né cambiare le parole che si erano sempre rivolti – parole crudeli, volte solo a indebolire l’altro.

Eppure erano cresciuti, non avevano più undici anni ma sedici, avevano visto e vissuto cose che non avrebbero mai immaginato di vedere e vivere il loro primo giorno di scuola.

Nessuno gli aveva mai parlato così.

Neanche Theodore Nott, il ragazzo con cui più si trovava in sintonia, era riuscito a capirlo con uno sguardo e colpirlo con poche parole. Sembrava che lei lo conoscesse molto più di quanto lui conoscesse se stesso.

E si sentì perso.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Era un caldo pomeriggio di fine maggio.

Hermione aveva preso l’abitudine di recarsi in Biblioteca ogni giorno per ripassare con calma in vista degli esami finali.

Libri in mano e borsa in spalla, scelse un tavolo libero e posò le sue cose sulla panca adiacente.

Aveva molti compiti da fare, ma nella sua mente vorticavano milioni di pensieri: gli attentati, gli incontri di Harry e Silente, Silente che si assentava spesso da scuola, lo strano comportamento di Malfoy.

Un brutto presentimento la fece rabbrividire. Non sapeva a cosa fosse dovuto né se potesse davvero prenderlo in considerazione, d’altronde lei non credeva in determinati fenomeni, eppure... eppure c’era qualcosa che molto spesso le aveva scosso le viscere.

Temeva per la vita di Harry.

Il suo primo pensiero era sempre rivolto a lui, al migliore amico che portava sulle spalle il peso e la responsabilità di essere ufficialmente e realmente il Prescelto.

Aprì il libro e cercò l’argomento da ripassare, voleva togliersi quel tormento dalla testa, ma non riusciva a essere attenta. La notte precedente aveva dormito pochissimo, troppo impegnata a escogitare vari piani di attacco, difesa, fuga e protezione in caso di assedio da parte dei Mangiamorte.

Aveva riflettuto su cosa fare in ogni evenienza, rivisto a mente tutti gli incantesimi utili, le possibili cure da ferite magiche e le pozioni da usare.

Scosse la testa.

Basta pensieri.

Tentò di studiare, ma non ebbe successo.

Sospirò e allontanò il libro con le mani. Forse passeggiare per qualche minuto nei corridoi o in cortile l’avrebbe aiutata a distendere i nervi.

Lasciò la borsa sulla panca, si alzò e iniziò a camminare, guardando le grandi vetrate della Biblioteca, fino a quando qualcosa non attirò la sua attenzione: qualcuno era rannicchiato in un angolo poco illuminato, tra uno scaffale e la parete.

Si avvicinò – bacchetta alla mano, sempre – per controllare cosa fosse successo, ma rimase pietrificata quando lo vide: era Draco Malfoy.

Aveva gli occhi chiusi e il respiro leggero, non si mosse nemmeno quando lei gli sfiorò una spalla per accertarsi che non fosse svenuto.

Stava dormendo.

Non poté evitare di chiedersi come mai si trovava proprio lì, in Biblioteca, a dormire sul pavimento.

Quando era arrivato?

Possibile che nessuno l’avesse notato?

Si guardò intorno, ma a quell’ora del pomeriggio molti studenti approfittavano del tempo favorevole per allenarsi a Quidditch o studiare all’aperto. Erano pochi quelli che restavano al chiuso come lei: si sentiva al sicuro.

Forse anche Draco Malfoy si sentiva al sicuro lì dentro.

Si sedette accanto a lui e, titubante, allungò una mano verso il suo viso. Forse aveva la febbre, ma la sua fronte era fresca, così come le guance e il collo.

Pensò a cosa fare: chiamare qualcuno? Svegliarlo? Lasciarlo dov’era?

No, non poteva lasciarlo lì, ma se avesse chiamato un professore avrebbe rischiato di peggiorare le cose. Non voleva che Malfoy rischiasse una punizione – chissà cosa l’aveva spinto a rifugiarsi in un angolo buio.

Avrebbe voluto svegliarlo, ma qualcosa dentro di sé le suggerì che il ragazzo non avrebbe reagito bene nel vederla.

Così restò seduta accanto a un Draco Malfoy addormentato – come la buona fatina che veglia il sonno della sua principessa, in attesa del bacio del vero amore che la libererà dal maleficio.

Quella sera Hermione Granger si svegliò con le sole candele a illuminarle il volto, un posto vuoto accanto a sé e una piccola coperta sulle gambe.

Si accorse di essersi assopita riflettendo su quei dettagli – il buio, il vuoto, il calore.

Sorrise, accarezzando con le dita la coperta. Non c’era nessun biglietto lì vicino, cercò a lungo senza risultato. Dovette accettare quel pezzo di stoffa – morbido e caldo – come unica prova di ciò che era successo quel pomeriggio.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Nascosta dietro a un grosso albero nel giardino di Hogwarts, Hermione Granger si stava pulendo il viso e le mani dal sangue di alcune ferite. Respirava con fatica, inoltre aveva bisogno di rifare la coda ai capelli, ormai del tutto sfatta.

I suoi vestiti erano sporchi di terra e polvere sollevata dalle macerie, erano lacerati e macchiati di sangue – non solo suo.

Nella tasca dei jeans aveva riposto, rimpicciolita, la bacchetta spezzata di Harry. Si sentiva ancora in colpa per non essere riuscita a ripararla. Il suo migliore amico stava usando quella di Draco Malfoy, ottenuta nello scontro al Manor.

Fu scossa da un brivido al ricordo di quanto era accaduto nell’abitazione dei Malfoy.

Sentiva ancora la voce di Narcissa che suggeriva al figlio di denunciare Harry per consegnarlo a Voldemort, la risata isterica di Bellatrix, le sue stesse grida di terrore mentre veniva torturata e seviziata senza pietà.

Si portò una mano al petto e cercò di regolarizzare il respiro.

– Va tutto bene – mormorò. – Va tutto bene. –

Lo ripeté svariate volte, con gli occhi chiusi e i pugni stretti. La cicatrice sul suo braccio era stata medicata: non vi aveva più posato lo sguardo dal momento in cui le candide bende l’avevano coperta.

Doveva pensare ad altro: Harry e Ronald erano dentro il castello. Aveva perso di vista Ginevra e Luna; Neville, invece, si trovava all’esterno. Scosse la testa per scacciare l’eco della voce stridula di Bellatrix, poi rifece la coda ai capelli, stringendo l’elastico fino a farsi male.

Mentre controllava di aver ripulito tutte le escoriazioni e le ferite ancora aperte e sanguinanti, qualcosa si mosse alle sue spalle. In un attimo alzò la bacchetta e si voltò, pronta a colpire o a difendersi, ma non si mosse quando vide Draco Malfoy.

Lui era in piedi, nascosto dietro il tronco di un albero dove prima si era riparata lei. Era vestito di nero e appariva calmo.

Aveva pensato molto a lui durante quell’anno, sia prima sia dopo il loro incontro a Malfoy Manor.

Nonostante la convinzione che fosse innocente, Hermione aveva dovuto ammettere il suo errore: Draco era davvero il responsabile degli attentati. In effetti, se non fosse stato un codardo, sarebbe stato in grado di uccidere Silente a mani nude.

Lui, però, non era un assassino.

Harry l’aveva visto abbassare la bacchetta. Aveva rivelato di essere minacciato da Voldemort: se la missione non avesse avuto successo, lui e i suoi genitori sarebbero morti.

Non aveva avuto scelta.

Si era chiesta molte volte se avrebbe potuto fare qualcosa per lui, eppure non aveva mai immaginato ciò che stava vivendo Draco.

In Biblioteca l’aveva visto sempre più spossato, provato, attento a tutto quello che succedeva intorno a lui, ma senza più voglia di farne parte.

Isolato da tutti, aveva deciso di portare a termine con tenacia quella missione suicida per salvare la vita di suo padre e sua madre.

Mi dispiace, Draco, pensò. Avrei voluto starti accanto.

Desiderava dirglielo, fargli capire che non lo riteneva responsabile degli eventi che erano scaturiti dalle sue azioni, che comprendeva la scelta che era stato costretto a fare, che per lui c’era ancora speranza... ma non ci riuscì.

Lo osservò avvicinarsi con lentezza, un passo dopo l’altro, e chinarsi accanto a lei.

Draco la fissò per lunghi istanti, immobile come una statua, rivolgendole tutta la sua attenzione.

Il suo sesto anno a Hogwarts era stato un vero inferno, ma quello successivo l’aveva dilaniato dentro. La sua anima era spaccata, frantumata in mille, brillanti pezzi di vetro a causa di quella guerra – una guerra non sua.

Aveva sentito la mancanza delle mura scolastiche – della sicurezza che avevano sempre emanato – della tranquillità della Biblioteca – la certezza di trovare sempre qualcuno lì.

Hermione Granger gli era mancata.

Mai avrebbe creduto di provare un’emozione simile un giorno, eppure quei pochi momenti condivisi con lei e un libro di testo erano stati quasi magici. In un’altra circostanza lo avrebbe trovato buffo.

Chiuso in una bolla in cui niente poteva nuocergli, il rumore della piuma che scorreva sulla sua pergamena era riuscito a rasserenarlo un po’ perché sapeva che lei stava facendo la stessa cosa.

Non l’aveva insultato, non aveva rifiutato di utilizzare lo stesso libro e dividere lo stesso tavolo. Non gli aveva negato la parola né uno sguardo.

Si era comportata in modo normale, come avrebbe fatto con chiunque altro.

In quei lunghi mesi Draco Malfoy aveva pensato così tanto alla ragazza da sognarla. Era successo una volta sola, ma ciò lo aveva sconvolto.

 

« Draco... »

La sua voce era troppo dolce, eppure con quel tono si stava rivolgendo a lui.

« Vieni qui. »

L’aveva seguita e, senza una ragione, si era steso sull’erba con lei.

Continuava a sorridergli, sembrava felice. Per quale motivo riusciva a essere felice accanto a lui?

 

Ricordava le sue labbra aperte in un sorriso – in quel momento apparivano come incapaci di farlo o di conoscere gioia.

Forse non lo avrebbe più fatto, di sicuro non con lui.

Aveva anche avvertito quell’odore di libri e carta che gli aveva fatto compagnia un anno prima, seduto per terra in un angolo della Biblioteca.

Nel suo sogno, Hermione l’aveva stretto e, senza preavviso, baciato. Ricordava il calore della sua pelle e dei suoi baci, il trasporto che l’aveva scaldato – e che l’aveva turbato al risveglio.

Chiuse gli occhi per un istante e ritrovò quelle visioni nel buio.

Troppe volte si era aggrappato a quel sogno, illusorio ma felice, nei momenti più difficili di quegli ultimi mesi. Pensare che la Granger potesse ancora sorridere, che fosse viva – avrebbero potuto incontrarsi di nuovo in Biblioteca? – gli aveva dato la speranza di credere che Voldemort non avrebbe vinto.

 

« Andrà tutto bene. »

« Come lo sai? »

Gli accarezzò il volto e cercò i suoi occhi.

« Andrà tutto bene. »

 

Riaprì le palpebre e incontrò il suo viso: era affaticata ma non tesa. Provata ma non spaventata.

Lei sapeva.

Sapeva che quella guerra lo aveva trasformato giorno dopo giorno, in un susseguirsi di minacce, punizioni e massacri di innocenti.

Non ebbe alcuna reazione – negativa – quando alzò la mano destra. Non era sicuro di ricordare come si facesse, quelle poche volte l’aveva fatto con sua madre, che lo guardava con infinito amore e lo ringraziava in silenzio per quel piccolo gesto di affetto.

Protese la mano verso di lei e, con dita inesperte – come si accarezzava una ragazza? – le sfiorò il viso. Hermione non si spostò né cercò di ritrarsi al suo tocco.

Era rimasta ferma a guardarlo, a offrirgli la sua guancia – e molto di più, ma questo lui non lo sapeva – in silenzio. 

Lentamente la carezza si fece più sicura, e Draco ebbe l’impressione di sentirla rilassarsi.

 

« Andrà tutto bene. »

 

Si avvicinò, esitante, senza distogliere lo sguardo, perché lei avrebbe potuto respingerlo da un momento all’altro.

Non lo fece.

Quando le sfiorò la punta del naso con il proprio pensò che l’avrebbe allontanato, ma non successe niente. Hermione rimase dov’era, i muscoli rilassati – si fidava.

Quando li socchiuse, lui fece lo stesso, azzardando a coprire quel misero centimetro che ancora li separava. Fu un bacio semplice, dolce come il sorriso che aveva visto in sogno, senza passione né disperazione.

Era solo un bacio. Un piccolo gesto di affetto – gratitudine? – nato nell’oscurità e nel terrore di una guerra che continuava a mietere vittime intorno a loro.

Lucius e Narcissa.

Non posso restare qui, pensò, spezzando la magia di quel momento.

I suoi occhi trovarono subito quelli di Hermione, lucidi e per nulla intimoriti. Poi, apparve.

Il suo sorriso.

Era come nel suo sogno, sereno, tranquillo, dolce.

Lei profumava ancora di libri e di carta.

Avvertì qualcosa di caldo in mezzo al petto e decise di alzarsi. Si sentiva bene, parte dei suoi pensieri non era più oscura e pessimista, al contrario.

Hermione si alzò con lui, sapeva che stava per andare via e che non avrebbe combattuto – voleva solo salvare se stesso e la sua famiglia. L’aveva fatto anche lei, in modo diverso, ma il suo primo pensiero era stato quello di mettere in salvo sua madre e suo padre.

– Addio, Granger. –

Le voltò le spalle senza attendere una risposta e iniziò a camminare.

– Arrivederci, Malfoy. –

Hermione lo vide irrigidirsi per un secondo e interrompere il passo che stava per fare, poi rilassare le spalle e riprendere ad allontanarsi.

Sorrideva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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