NOTE: Ebbene
sì, siamo giunti al termine di
quest’avventura! *gaudio e tripudio* E’ il tanto
-da me- agognato ultimo
capitolo. Agognato perché, finalmente, avrò
parecchio tempo a disposizione per
plottare altre amenità (tipo il seguito di ‘sta
roba, il cui titolo provvisorio
è Much ado about nothing)
e
avventurarmi in altri fandom, per esempio quello di Sherlock (BBC). In
caso non
sappiate di cosa sto parlando, provvedete a rimediare prima che
chiudano tutti
i siti di sharing e download, perché trattasi di un telefilm
fighissimo e
slashosissimo.
I saluti e
ringraziamenti finali sono rimandati nell’angulus.
Già che ci sono, ne approfitto per autospammare giusto due
cosucce che ho
scritto nel frattempo, ovviamente sempre sulla coppia Arthur/Merlin (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=925421&i=1
e http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=931842&i=1).
Detto
questo, spero davvero che il capitolo sia all’altezza delle
vostre aspettative.
Buona
lettura!
“Chi
non
muore si rivede, Emrys” lo salutò una vocina
metallica.
In nome
degli zigomi di Benedict Cumberbatch, perché?
Perché proprio lui?
“Mordred”
esalò il mago.
Il suo
sguardo si posò sull’accompagnatore nerovestito
del ragazzino. A giudicare
dall’altezza e dalla corporatura doveva essere coetaneo del
piccolo druido. Il
suo volto era di un pallore mortale, i lineamenti perfettamente
cesellati (se
non si fosse capito, in codesta storia la fauna maschile di
età compresa tra le
dodici e le quaranta primavere è composta da individui
invariabilmente fighi).
Sulla veste lunga sino ai piedi, gemella di quella indossata da
Mordred, un distintivo
all’altezza del cuore con ricamata una serpe nei toni del
verde e dell’argento
mandava fiochi bagliori serici.
“E tu
devi
essere il famoso Tom Riddle” ipotizzò Merlin,
rivolgendogli un sorriso nervoso.
“Ssisssignore,
precissamente. Lieto di conosscervi, ssovrani di Camelot” si
presentò il
ragazzino, sorprendentemente compito.
“Amore,
me
lo sono sognato o quel Tom sibila?” gli sussurrò
all’orecchio un Arthur
incredulo.
“Credo
sia uno
dei motivi per cui è stato smistato a Serpeverde”
bisbigliò lui in risposta.
“Chiedo
perdono” si inserì nella conversazione Sherlock.
“Non vorrei risultare
indelicato o ficcanaso, ma dato che ci troviamo nella stessa
barca… Chi sono
codesti virgulti di gioventù e donde provengono,
Maestà?”
“Oh,
è una
lunga storia, Sir Holmes. Diciamo che Mordred è un baby
druido con tendenze emo
cui Arthur ed io abbiamo salvato la vita. Da circa un anno vive a
Hogwarts,
dove ha conosciuto Tom”.
“Ssono
il
ssuo compagno di sstanza, per esssere precissi”
puntualizzò Tom pieno di
sussiego.
“Aspettate
un momento” intervenne Edward mani di forbice.
“Hogwarts? Tom Riddle?
Come diavolo è possibile? Sono opere di fantasia: vengono da
un libro, per amor
del Cielo” protestò indignato.
“Non
pronunciare un’altra parola, creatura di Sstephenie
Meyer” lo zittì quegli,
sprezzante.
Al povero
vampiro non restò che incassare e rifugiarsi tra le braccia
muscolose del suo
Jacob che (tanto per cambiare) ringhiò.
“Beh,
Mordred, quanto tempo! Merlin ti ha fatto sapere che Aithusa
è letteralmente
impazzita per Nagini? Sono come sorelle. Mai regalo di nozze fu
più azzeccato,
davvero” esclamò con giovialità Arthur
per smorzare la tensione, arruffando i
capelli del bambino.
“Mi fa
piacere” mugugnò lui visibilmente in imbarazzo,
non abituato a simili
manifestazioni d’affetto.
“Arthur,
Asino del mio cuore, non credo che Mordred si trovi qui per discutere
di
Nagini. Tieni a bada il tuo istinto paterno e lascialo parlare,
ok?” lo
richiamò all’ordine Merlin, non senza una certa
dolcezza.
“Umpf,
vabbè” si imbronciò Arthur.
“Hai dei capelli morbidissimi, sai? Come quelli di
Merlin” si complimentò con Mordred.
“Arthur”.
“Scusa,
scusa. Sono gli ormoni, abbi pazienza” e di malavoglia
lasciò la testa del
ragazzino.
“Bene.
Mordred,
adesso vorresti gentilmente spiegarci il perché del tuo
-vostro- coinvolgimento
in questa epidemia di gravidanze maschili?” chiese Merlin con
voce pacata.
L’interpellato
sospirò teatralmente.
“E
sia”
disse. “Riflettori, prego”.
Un fascio di
luce artificiale proveniente non si sa da dove lo investì.
“Riflettori?
Alle cinque del pomeriggio, con un sole che spacca le
pietre?” fu il commento,
quanto mai perplesso, di Caspian.
“Lo
sai come
son fatti i maghi, caro. Se non c’è un minimo di
atmosfera non riescono a
concentrarsi” replicò tranquillamente Peter.
“Ma
non
dovrebbe essere impedito ai minorenni
eseguire magie al di fuori di Hogwarts?”
osservò Merlin, un filino
apprensivo.
“Emrys,
non
ci ammorbare con la tua pedanteria da mamma chioccia, grazie”
lo freddò
all’istante il piccolo druido.
“Ma
io-”
pigolò, voltandosi verso Arthur in cerca di appoggio.
“Giovane
mago, forse è meglio se gli dai retta. La stiamo tirando un
po’ troppo per le
lunghe e dopo nove capitoli è ora di giungere alla
conclusione della storia, a
mio avviso” intervenne Kilgharrah.
“Grazie,
sommo
drago. Adesso, se nessuno altro mi interrompe, svelerò per
filo e per segno
tutti i retroscena di codesta incresciosa e bizzarra
faccenda” annunciò con
aria solenne Mordred.
I presenti
-draghi compresi- ammutolirono, impazienti di ricevere delucidazioni in
merito.
“Molto
bene.
Dovete sapere, spettabile pubblico, che tutto ebbe inizio la notte di
Beltane.
Immagino che Emrys ed Arthur vi abbiano narrato a grandi linee di come
si sono
innamorati” esordì, rivolgendosi ai non
camelottiani.
Edward e
Jacob, Sherlock e John, Peter e Caspian e Castigo (Kilgharrah
l’aveva informato
quando ancora si trovavano ad Ellesméra) annuirono.
“Eccellente.
Sicché sapete già che, anche dopo che
l’Amortentia ebbe esaurito i suoi
effetti, altre quattro coppie -oltre a quella formata da loro due-
rimasero
unite. Questo, come spiegai allora, fu possibile perché il
filtro era servito
unicamente ad aprirgli gli occhi sui loro veri sentimenti. Erano
destinati a stare insieme, ecco.
Tutto il popolo
brindò al trionfo del vero
ammmòòòre, ed anch’io mi
unii alla sua gioia. Se ben
ricordate, le ultime parole che pronunciai prima di Smaterializzarmi
furono: ‘Auguri
e figli in abbondanza’.
Ebbene, il
mio era solo un augurio, una di quella frasi fatte che si dicono in
questi casi.
La sorte tuttavia ha voluto che Genio -l’autrice, per chi non
l’avesse ancora
afferrato- ascoltasse le mie parole e decidesse di tramutarle in
realtà. Ecco
spiegato il fiorire di mpreg” concluse Mordred.
A Merlin
scappò una bestemmia di quelle potenti (che non riporteremo,
per non incorrere
nell’ira del Moige e perché il rating della storia
non lo permette) mentre gli
altri si guardavano attorno, evidentemente spaesati.
“Ci
sono un
paio di cose che non mi tornano, però. Se fosse come tu
affermi, Mordred,
perché mai -delle cinque coppie camelottiane unite da vero
ammmòòòre- solo
Merlin ed io abbiamo figliato? E poi”, ragionò
Arthur, aggrottando le
sopracciglia per lo sforzo cui erano sottoposti i suoi neuroni,
“Gaius ha
calcolato che siamo rimasti incinti nella seconda metà di
marzo, non dopo la
festa di Beltane. Come è possibile?”
“Domande
pertinenti, Sire; la gravidanza giova al vostro intelletto, non
c’è che dire”
replicò il ragazzino, favorevolmente colpito.
“Tuttavia l’autrice aveva
previsto che ad uno di voi non sarebbero sfuggite tali incongruenze,
sicché mi
ha scritto su un post-it la risposta da darvi. Tom, me lo
passeresti?”
“Ssubito,
mio caro” rispose zelante il Serpeverde, porgendogli un
foglietto color verde
smeraldo.
“Allora,
testuali parole: ‘Miei adorati
personaggi, vogliate perdonarmi se non mi sono potuta recare di persona
nella
ridente Camelot per portarvi i miei saluti (ho una vita
anch’io, sapete) ma
confido nell’efficienza dei miei emissari. Lasciando da parte
i convenevoli,
rispondo alle vostre più che legittime obiezioni.
Perché solo Arthur e Merlin
si sono riprodotti? Semplicemente perché bastavate ed
avanzavate voi, ragazzi.
Passi pure per i sovrani incinti, ma anche quattro dei migliori
cavalieri,
l’orafo e il suo apprendista, due uomini di veneranda
età come Uther e Cenred...!
Sarebbe stato troppo, cercate di capirmi. Soprattutto perché
i miei piani
riguardavano i vostri nuovi amici che, proprio
durante la notte di Beltane, in mondi
diversi dal vostro, erano impegnati a concepire. Voi vi eravate
già dati da
fare in quel senso -era destino che diventaste genitori-
sicché le parole di
Mordred hanno avuto effetto solo su di loro. Ma come?, vi starete
chiedendo,
hai appena detto che non volevi complicarti la vita! E’ vero,
è vero; ma la
donna è mobile, miei cari. Non ho saputo resistere alla
tentazione di
realizzare dei crossover mirabolanti. Bien, spero di essermi spiegata a
sufficienza. Adesso lascio la parola a Tom, che ha da farvi alcuni
spoiler
molto interessanti sul futuro dei vostri pargoli. Statemi bene, miei
cari! Un
bacio e tanto ammmòòòre a tutti,
Il Genio del Male’ ”.
Merlin non
sapeva più quale Santo scomodare, ma a salvarlo da una crisi
di nervi ci
pensarono i discorsi ragionevoli degli altri.
“Suvvia
Altezza, non cadete preda dello sconforto. Poteva andarci peggio,
no?” fu
l’osservazione ottimistica del dottor Watson.
“Un
figlio è
un dono di inestimabile valore” gli diede manforte Caspian.
“Non
esiste
gioia più grande, per me, che poter dare alla luce il frutto
del nostro amore”
affermò Peter, gli occhi fiammeggianti di passione puntati
sul marito.
“Io
non vedo
l’ora che nasca” aggiunse Edward, entusiasta.
“Ti
dispiace
così tanto portare in grembo nostro figlio, pulcino
mio?”
Arthur lo
guardava con l’espressione da cucciolo abbattuto
più spupazzabile del suo
repertorio, con tanto di labbro inferiore leggermente tremolante.
Merlin non
seppe resistergli.
“Certo
che no,
testa di legno. Ti amo e amerò i nostri figli più
della mia stessa vita. Non
potrei essere più felice, credimi” lo
rassicurò con ardore, prendendogli il
viso con entrambe le mani e fissandolo dritto negli occhi.
“Mi irrita il fatto
che Genio si diverta a manipolare le nostre vite a suo piacimento, per
capriccio”.
“Non
direi
che lo fa per capriccio, Merlin. Certo, si diverte immensamente a
fangirlare su
di noi -ti do ragione- ma in fondo è il suo modo di volerci
bene. Ha tolto di
mezzo Gwen, ci ha fatti innamorare e poi sposare e adesso aspettiamo
due
bambini! Desidera vederci felici, ecco tutto”
cercò di convincerlo.
“Umpf,
se lo
dici tu” borbottò Merlin un poco rabbonito.
“Ehm.
Potrei
avere la vosstra attenzione, di grazia?” si
schiarì la voce Tom. “Non ci ressta
molto tempo. Sse quello sscasssapalle del nosstro Prefetto nota la
nosstra
asssenza, ssiamo fottuti”.
“Tom,
modera
i termini: abbiamo solo dodici anni” lo rimbrottò
l’amichetto.
“Sscussa.
Dicevo, ssignori, che dovrei giusstappunto Divinare il futuro dei
vosstri figli
per il climax finale, ssapete com’è”
spiegò.
“Mi
sembra
giusto. In quanto re di Camelot ti autorizzo a procedere” lo
accontentò Arthur.
Il ragazzino
non perse altro tempo: chiese e ottenne silenzio in sala, ma
rinunciò
volentieri a luci scenografiche ed altre amenità. Chiuse gli
occhi e rimase
così, immobile, per diversi minuti. Quando infine si
riscosse dal torpore in
cui era caduto e recuperò l’uso della vista, i
presenti constatarono, non senza
un brivido di inquietudine, che le sue iridi erano diventate purpuree e
le
pupille si erano assottigliate, incredibilmente simili a quelle di un
rettile.
“Merlin
Emryss”,
proclamò con voce stentorea, “il figlio che porti
in grembo è un masschio. Avrà
capelli neri come l’ebano, pelle più candida della
neve e occhi blu come gli
abisssi dell’oceano. Ssi chiamerà Casstiel,
ssarà bello come un angelo e dotato
di poteri ssoprannaturali. Il giorno del ssuo quindicessimo compleanno
incontrerà uno sstraniero bello, biondo e macho di nome
Dean, proveniente da un
altro mondo, e sse ne innamorerà perdutamente. Arthur
Pendragon, tu invece
metterai al mondo una bambina rosssa di capelli come la tua prozia
Muriel, essile
e con l’osssatura ssottile di tuo marito. Avrà
un’indole indomita e
competitiva, nonché un cervello ssopraffino e fasscino da
vendere. Non
erediterà alcun potere magico, ma in compensso
ssarà la prima donna a regnare
in Britannia. Il ssuo nome ssarà Elizabeth”.
I due
genitori, frastornati, si guardarono. Qualcosa di molto simile
all’orgoglio paterno
(o materno?) baluginava nei loro occhi.
“Peter
Pevenssie”,
continuò Tom, “dall’unione tra te e
Casspian di Telmar nasscerà un masschio.
Erediterà la vosstra nobiltà -d’animo e
di ssangue- i tuoi capelli chiari e i
tratti eleganti del padre. Ssarà un figlio di cui andare
fieri: cortesse e
cavalleressco, coraggiosso ed eccellente guerriero. Giovine equo e
molto
ambiziosso, fonderà il Ssacro Romano Impero.
Passserà alla sstoria con il nome
di Carlo Magno e ssi prenderà una sscuffia per una bella e
ritrossa regina”.
Peter ebbe
un giramento di testa per la troppa emozione.
“Edward
Cullen, il figlio concepito con il licantropo che ami è un
masschio, ma quessto
già lo ssapevi. Ssarà anch’egli un
vampiro, ma ssomiglierà molto al nonno
Carlissle: fluenti capelli d’oro, occhi azzurri (rosssi
durante i periodi d’asstinenza,
ovviamente) e pallido come la morte. A quindici anni ssi
imbatterà in un
mortale di nobili natali, tale Louis, e ne rimarrà
immediatamente conquisstato.
Ah, quassi dimenticavo: si chiamerà Lesstat”.
Jacob
ringhiò soddisfatto. Non gli dispiaceva l’idea di
avere un altro vampirello in
giro per casa.
“Ed
infine
mi rivolgo a te, John Watsson. Partorirai una bambina di nome Jesssica,
bionda
e con gli occhi cerulei come te e ssciroccata -pardon,
intendevo sstravagante- come il tuo compagno. Da lui
erediterà la propenssione ad invesstigare, a ficcare il naso
e ad attirare guai
come il miele con le mossche, mentre da te prenderà
l’abilità nel prossare,
tanto che diventerà una giallissta di fama
mondiale”.
Sherlock
gongolò: la sua eccezionale materia grigia non sarebbe
andata perduta!
“Quessto
è
quanto. Cossì parlò Zarathusstra”
terminò Tom,
le iridi tornate alla loro abituale sfumatura nocciola.
“Tom,
evita
di copiarmi le battute, eh? Signori, il nostro compito si è
esaurito. Dobbiamo
lasciarvi, ma vi manderemo presto un gufo per tenerci in contatto.
Invitateci
ai battesimi dei bambini; mi offro in anticipo come padrino del tuo,
Emrys” si
congedò sbrigativamente Mordred.
Prese una
mano dell’amico tra le sue ed insieme recitarono una litania
(che a Merlin
suonò tanto come ‘Ambarabà
ciccì coccò’, ma preferì
illudersi di essersi sbagliato)
e si Smaterializzarono avvolti da volute di fumo.
“Beh”,
ridacchiò Castigo, “non si può certo
dire che a Camelot ci si annoi. Che farete
adesso?” domandò.
Bella
domanda. Come agire? Merlin esitò giusto un attimo, prima di
avanzare una
proposta che, se lo sentiva, avrebbe potuto cambiare radicalmente la
vita di
tutti loro.
“Io
un’idea
al riguardo ce l’avrei e spero che il mio consorte sia
d’accordo con me.
Ascoltandovi raccontare le vostre esperienze mi è parso di
capire che, per un
motivo o per l’altro, nei vostri mondi non riusciate ad
essere completamente
felici e vivere il vostro amore alla luce del sole –Susan che
briga per
separare Peter e Caspian, la rivalità tra il clan di Jacob e
quello di Edward,
la morale vittoriana e bigotta che condanna il legame tra Sir Holmes e
Sir
Watson...”
Si
fermò, voltandosi
con cautela verso Arthur. Quasi arrossì di gioia nel vederlo
rivolgergli un sorriso
incoraggiante e complice. Erano in simbiosi totale.
“Così,
stavo
pensando: perché non rimanete a vivere a Camelot?
E’ una città tranquilla e
sorprendentemente all’avanguardia per l’epoca
(benedetti anacronismi), l’aria è
buona e la gente di mentalità aperta. Il lavoro non manca e
i salari sono
piuttosto alti, ci sono tanti bambini con cui far giocare i vostri
figli; e
campi da gioco, scuole, impianti sportivi. Saremmo felici di assegnarvi
degli
appartamenti nel castello (marcondirondirondello) o di procurarvi
un’abitazione
indipendente e confortevole, come preferite” offrì
il mago con una tale e
sincera generosità da commuovere un po’ tutti,
draghi compresi.
“Mi
unisco
all’invito di Merlin, naturalmente” disse Arthur.
“Sarebbe un onore, nonché un
grande piacere, invecchiare e crescere i nostri figli con voi
accanto”.
Gli altri si
scambiarono qualche occhiata. Sorridevano contenti, nessuno escluso,
perciò la
risposta data da Sherlock Holmes, improvvisatosi portavoce del
gruppetto, non
stupì troppo i due sovrani.
“Ne
saremmo
lieti, Altezze Reali”.
La decisione
venne accolta con battimani e risate, pacche sulle spalle e strette di
mano
cameratesche. Kilgharrah e Castigo ruggirono in segno
d’approvazione.
“Adesso
avrei io una proposta da farvi”, ridacchiò Arthur una volta che il
brusio si fu chetato.
“E se ci dessimo del ‘tu’?”
…to
be continued…
Bene, anche
la mia seconda longfic è conclusa! E’ abbastanza
emozionante.
Vorrei
ringraziare i 15 (ebbene sì, c’è un
uomo tra di voi!) eroi che hanno seguito As
you like it (Emrys____, fliflai,
gaarashun, HigurashiShinko, LoversOcean,
meristrella, mindyxx, Mirageon, NomenOmen, Raen91, ShirleyPoppy96,
SilviAngel,
stefania881, Tere 331, xMoonyx); un abbraccio speciale a chi
l’ha ricordata (Cloud
Ribbon) e preferita (BeaLovesOscarinobello, Emrys____,
hukura_chan, Ice Warrior, NomenOmen, Shuura). E infine un
bacio con
schiocco alle -finora- 14 persone che hanno recensito, regalandomi
così il loro
preziosissimo parere (antote,
BeaLovesOscarinobello, blackberry, Cloud Ribbon, draco potter, elfin
emrys,
Emrys____, EuphieKai, gaarashun, mindyxx, Shuura, valentinamiky,
xMoonyx, yuuki_love).
Grazie anche
per aver solo letto e per avermi seguita fino alla fine; (ri)sentirete
presto
parlare di me e non solo per il sequel. A questo proposito, nel caso vi
andasse
di seguire i miei scleri minuto per minuto e conoscere in anticipo
spoiler, progetti
e amenità varie, questa (http://www.facebook.com/pages/Il-Genio-del-Male-EFP/152349598213950)
è la mia pagina autore su Facebook.
Al prima
possibile; tanto tanto ammmòòòre a
tutti! <3
Edit del 25/02/12: a voi il
seguito (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=969540&i=1).