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Autore: kiddoB    28/01/2012    13 recensioni
... se è vero che gli errori dei genitori ricadono sui figli, Scorpius sarà l'eccezione che conferma la regola.
Draco Malfoy, il suo presente, il suo passato e la scintilla di bellezza che c'è stata in mezzo e che l'ha accompagnato per sempre. Per due anime gemelle che si perdono ce ne sono due altre che si trovano.
Un amore per la vita, dal sapore agrodolce.
(Questa storia si è classificata quarta al contest "Flash Contest - Le storie del cuore" di TheHeartIsALonelyHunter sul Forum di EFP, aggiudicandosi il premio "Preferita dalla giudiciA").
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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L'eterno ritorno




Estate...
Sei calda come i baci che ho perduto...
Sei piena di un amore che è passato...
Che il cuore mio vorrebbe cancellar!

Odio l'estate...
Il sole che ogni giorno ci scaldava...
Che splendidi tramonti dipingeva...
Adesso brucia solo con furor!

Tornerà un altro inverno...
Cadranno mille petali di rose...
La neve coprirà tutte le cose...
E forse un pò di pace tornerà....
(Bruno Martino - Estate)






Ti rendi conto di essere sveglio dal respiro più profondo, dalla percezione del cuscino sulla guancia, dal braccio intorpidito perché come al solito penzola fuori dal materasso. Apri gli occhi e già sai che sarà una giornata molto difficile, anche se non  lo ammetterai nemmeno con te stesso. È già successo quattro volte ma non ci fai mai l’abitudine, ti dispiace sempre anche se tutta l’estate non fai che brontolare, sbuffare, rimproverare e far finta di pregare che arrivi in fretta il primo settembre.
D’altronde è risaputo che l’estate tu la odi. La detesti. Sono più di venti anni che la grandiosità dell’assolata stagione è inversamente proporzionale al tuo buonumore, che comunque non ha mai raggiunto livelli esorbitanti. Quando eri bambino ti piaceva invece, era il tempo perfetto per spadroneggiare sui tuoi averi presenti e futuri e spiare di sottecchi tuo padre, prendere nota mentalmente del modo in cui si sedeva, del gesto distratto della mano per congedare la servitù, di come sfiorava appena la fronte di tua madre per darle il buongiorno, una carezza tanto impalpabile quanto sincera. Salivi in camera e ti accomodavi in poltrona come lui, facevi finta di allontanare sprezzante una fantomatica domestica ai tuoi ordini e ti guardavi allo specchio soddisfatto, immaginandoti già tiranno assoluto di una fortuna incalcolabile.
Poi c’è stata un’estate, quella maledetta e benedetta estate di più di vent'anni fa, in cui tutto era diverso ma non mancavano gli elementi essenziali.
Tu, in piena notte, una notte d’agosto talmente umida e torrida che le lenzuola si appiccicavano alla pelle come un velo di miele, seduto in poltrona a fumare, appagato e perso la guardavi dormire alla luce della luna, i fianchi brillanti di gocce di sudore che sembravano rugiada all’alba sulle petunie del giardino, il braccio sinistro a coprirle distrattamente il seno, i capelli sollevati sul cuscino, il sorriso di chi dorme sereno. La guardavi e quasi ti strozzavi, sentendoti così disperatamente felice da annegare, con il gesto della mano copiato da Lucius scacciavi il fumo e pensavi che sì, tiranno saresti stato, ma al tuo fianco avresti avuto la più grande imperatrice di tutti i tempi e avrebbe dispensato giustizia e bellezza in un castello dove la prima parola era sconosciuta e la seconda poco presente.
È ovvio che le cose sono andate un po’ diversamente. Come tutti i bambini e i giovani, hai coltivato tenacemente illusioni così opposte tra loro e così enormi da annullarsi a vicenda. D’altronde hai sempre pensato in grande, non sei stato mai uno da mezze misure. O bianco, o nero. O male, o… niente. Male.
Poi quella famosa estate lei ti piombò tra capo e collo e sono due decenni che vivi nel grigio, in cui in fondo devi ammettere che si sopravvive decentemente. Basta rimanere lucidi e diffidenti, guardare sempre dritto davanti a sé e non sbirciare mai, nemmeno per un attimo, nell’abisso. Perché i ricordi sono tigri sanguinarie acquattate nella sterpaglia che si arrotano gli artigli sulla corteccia ruvida della tua anima, arsa dal sole cocente di quell’agosto, non aspettano altro che il tuo cuore, gazzella ribelle, si metta a balzellare per dilaniarla.
Tu ci stai sempre molto attento, più è passato il tempo più sei diventato bravo. Adesso non la senti quasi più, la intravedi solo nelle piccole cose ma non ti ci soffermi più di qualche secondo, le tigri sono perspicaci e sempre pronte: la intuisci quando senti il ticchettio della pioggia sui vetri (un poeta italiano: e piove sulle tue ciglia, Ermione…), nelle pergamene fitte di appunti di Astoria a cui piace così tanto la mitologia (che poi deriva dall’Iliade, la conosci? Era la figlia di Elena e Menelao…), nell’atmosfera solenne e suggestiva delle biblioteche, milioni di finestre spalancate su milioni di mondi in pochi metri quadri (ah, ci passerei la vita, io, qui dentro…), nella Burrobirra aromatizzata alla cannella, nel ricamo delicato del lino delle lenzuola, in quella tua cicatrice sottile sul lato esterno del piede sinistro, nell’Amortentia, nella oh, stai zitta, Mezzosangue, quanto blateri. Baciami piuttosto.
Pronto? – ti chiede tua moglie, che sorride mesta.
Tu no. Mai.
È più forte di me.
Prima o poi dovrete tagliarlo questo cordone ombelicale. È un uomo, ormai.
Lo so.
Un po’ ti invidio, sai. Con te ha un rapporto speciale. Con me invece…
È normale, Draco.
No che non lo è. Con mio padre non era così. Io lo adoravo, lo idolatravo, era il mio eroe nonostante fosse quello che era. Ma Scorpius… eppure sono sempre stato paziente, comprensivo, disponibile, l’ho sempre trattato come una persona e non come inferiore perché figlio, gli ho sempre portato lo stesso rispetto che pretendevo per me...
Ha quindici anni. Vuole competere. Gli passerà.
Tu ti giri e ti alzi, interrompendo la conversazione, senza rancore, rassegnato ormai, tanto non ne arriverai a capo. Astoria ti dà sempre la stessa risposta perché non capisce, lei che dal figlio è adorata e riverita, forse nemmeno le importa capire dato che è lui l’unico che la ama di un amore sconfinato e travolgente, e tutto quell’amore è così contraccambiato che satura le stanze del Manor senza lasciare spazio per nient’altro, nemmeno per te che provi a catturarne un brandello da quindici anni. Lei non sa cosa sia il rifiuto, tendere le braccia verso un genitore che non se n’è mai accorto, e quando ti trovi dall’altra parte dei giochi sei tu che tendi le braccia al figlio, sperando di compensare il torto originario, e con sgomento ti vedi ignorato. Il rifiuto di nuovo, sempre. Una costante nella tua vita.
Sparisci. Non voglio vederti mai più.

 ***


Ti sfida, tuo figlio. L’ha sempre fatto, fin da quando era neonato, tu ti ci mettevi con tutte le migliori intenzioni del mondo a fare il bravo genitore, determinato a interrompere la tradizione di pessimi avi che il tuo nome si porta dietro, ti sedevi paziente e positivo a imboccarlo e lui, con le labbra arricciate e il dispetto negli occhi, rovesciava a terra il piattino e già sogghignava, sfidandoti a raccoglierlo. Quando invece era Astoria a dargli da mangiare divorava composto e pulito anche il tavolo e le riservava occhiate di pura adorazione.
Aveva sei anni quando gli hai insegnato a volare per la prima volta; si è alzato per più di dieci metri nonostante tu gli urlassi di scendere immediatamente, più tu strepitavi e minacciavi terribili punizioni più lui si alzava. Ma è bastato uno sguardo di sua madre, un semplice sguardo dalla finestra della camera da letto per riportarlo giù col viso mogio e mortificato. Anche quando, a otto, ti ha rubato la bacchetta e ha quasi incendiato la mansarda, si è scusato con Astoria e ha promesso di non farlo mai più. A te ha riservato una maschera insolente e un mi dispiace che suonava tanto come un brutto stronzo. Da quando ha iniziato la scuola poi non fa altro che fare i confronti, è entrato in squadra di Quidditch prima di te, ha voti più alti dei tuoi, ha più amici di te, è più ammirato dalle ragazze di te. Non lo dice mai apertamente, ma non manca di sottolinearlo o lasciarlo intendere tra le righe. Ti sfida e lo fa solo con te. Molto spesso hai pensato che soffra di qualche disturbo della personalità.
Con gli altri, con chiunque altro, è un ragazzino educatissimo, gentile, raffinato, sagace, deliziosamente diplomatico e accomodante. Ha una strana, a volte inquietante tendenza ad essere teatrale, recitativo e aulico nell’esprimere emozioni e sentimenti. Con sua madre condivide l’anima, brillante a scuola e irreprensibile, quest’anno gli è arrivata la spilla da Prefetto. Tu gli hai dato una pacca virile sulle spalle e ti sei complimentato con sguardo fiero, ma hai ottenuto solo una pallida imitazione di sorriso e un grazie papà appena sussurrato, dopodiché è andato via con espressione altezzosa e mani in tasca, come se sentisse di aver vinto chissà quale guerra. Si è fiondato da Astoria, sapendo benissimo che lui è l’unico autorizzato a interromperla durante i suoi studi, le si è seduto accanto e invece con lei si è messo a sciorinare analiticamente e precisamente tutte le sensazioni e le emozioni che provava, aspettative, orgogli e preoccupazioni, chiedendole consigli e suggerimenti. Non lo potevi rimproverare, non lo potevi fermare, non puoi certo obbligarlo a volerti bene. Ti chiedi da chi abbia preso quel bisogno continuo di lotta, confronto, tenzone. E subito ti rispondi.
Ti sfido, Granger.
Non cederò a queste stupide provocazioni – aveva risposto piccata mentre tu ti avvicinavi predatore, in quel freddo gennaio del settimo anno scolastico dopo la guerra.
Vigliacca.
Io? Senti chi parla!
Sei una vigliacca. Io almeno ho il coraggio di ammetterlo. E invece, guarda un po’… l’eroina del magico trio, la combattente indomita e fiera… ha paura…
Non ho paura, Malfoy! – aveva quasi urlato, mentre già gli occhi iniziavano ad arrendersi a te.
Oh, sì che ne hai. Hai paura di riconoscere che ti piaccio… che mi vuoi… altrimenti adesso non indietreggeresti… e non saresti spalle al muro… e mi affrontere-
Non avevi finito la frase perché ti aveva baciato. Il primo colpo di sciabola, dritto dritto al cuore.
In realtà li hai visti spesso confabulare, durante l’estate, molto più del solito. Li hai spiati, più che altro, vergognosamente geloso e invidioso. Certo, Scorpius e Astoria hanno da sempre un legame che tu non comprendi, lei comincia le frasi e lui le finisce, lui sa sempre di quale cibo o bevanda lei ha voglia prima che lo chieda, entrambi riescono a capirsi appena si guardano in faccia e non c’è niente che riescano a nascondersi, stanno sempre a confrontarsi e discutere su qualsiasi argomento. Vi scrive lettere separate, è una cosa che non hai mai tollerato e per cui anche lei l’ha rimproverato, ma non c’è verso di farlo desistere. A te scrive quattro righe sgangherate e frettolose, ormai sei certo che abbia fatto infinite copie della stessa lettera e che ci metta solo la data ogni volta; a sua madre scrive tre, quattro fogli di pergamena ordinati e precisi, cosa ci trovi da comunicarle non sai, lei le legge sempre dopo cena e a volte ride, altre si emoziona e le colano lacrime furtive dalle guance, qualche volta ti legge qualche espressione particolare dal gusto molto letterario che riconduce subito al romanzo dal quale è tratta. Giocano così, a trovarsi le citazioni nelle missive che si scrivono. Comunque luglio e agosto sono stati mesi pieni di parole sussurrate all’ombra del ciliegio in giardino, un tavolino di ferro battuto, due sedie, una caraffa di succo di zucca ghiacciato unici testimoni dell’universo di emozioni di tuo figlio alle quali ti è stato da sempre precluso l’accesso. Lo hai osservato ridacchiare, arrossire persino, mordersi il labbro inferiore dubbioso, scrivere bozze di lettere che poi rileggeva ad Astoria che confermava o smentiva il lessico o lo stile. Uno degli ultimi pomeriggi Astoria gli ha fatto un discorso serio, lo hai capito dal modo in cui teneva alto il mento e ben ferme le mani, e lui ha risposto altrettanto seriamente, annuendo convinto ad ogni parola. Proprio come te.
  Sicura?
Ti aveva guardato imbarazzata ma enormemente felice, prima di risponderti affermativamente per l’ennesima volta. Tu allora avevi spinto più a fondo e avevi mormorato scusa, scusa, scusa… vedendola mordersi il labbro inferiore per resistere al dolore della prima volta.
Sei felice? – ti aveva chiesto, mentre iniziavi piano ad oscillare in lei.
Avevi annuito convinto, prima di baciarla e sussurrarle in gola il tuo sì.
Progetti per il futuro? Sogni di gloria? Avventure? Amori? Non lo sai. Non ti ritiene degno. Tu non chiedi per orgoglio e lei non te ne parla per la lealtà che porta all’unico grande amore della sua vita.
 Buongiorno – sorride stamattina Scorpius, sedendosi a colazione.
 Ciao tesoro – mormora Astoria, già nostalgica – preparato il baule?
Certo. Mamma, mi raccomando, bada ad Ares… prima o poi li convincerò a farmi portare il falco a scuola… in fondo è un volatile come tutti gli altri…
Non demordi mai, vero? – sorride accondiscendente la madre.
Tu, ovviamente, sei estromesso dalla conversazione con delicatezza. Sei un elemento del mobilio.
Tuo figlio finisce di mangiare quasi strozzandosi, poi si fionda di sopra e riscende lisciandosi la camicia.
Come sto?
Benissimo.
Sicura?
Sì, certo.
Allora andiamo.
 
***


Siete passati prima da Diagon Alley, come al solito Scorpius ha dimenticato qualcosa all’ultimo momento. Il copione rimane invariato: loro due camminano davanti e tu rimani qualche passo più indietro. Col tempo hai trovato la scusa che il loro continuo vociare ti infastidisce e te la fai andar bene; sei rimasto sempre nell’ombra, sei stato una presenza, due specchi grigi rilucenti nella confusa opacità di un mantello scuro incombenti sulla tua famiglia e niente di più, proprio come adesso. Ti ricordi quando era piccolo e ti sarebbe tanto piaciuto passeggiare con lui mano nella mano, per far vedere a tutti che eri un bravo padre, affettuoso e retto, che nella vita si cambia, che eri orgoglioso di quel marmocchietto biondo dagli occhi enormi e che Malfoy non era più sinonimo di abiezione e malvagità.
Perché ti ricordavi la prima volta che l’avevi rivista dopo quasi cinque anni, proprio lì, a Diagon Alley, radiosa più che mai, che indicava estasiata al piccolo fagotto che aveva in braccio tutte le scintillanti insegne dei negozi e gliene sillabava i nomi, schiudendo lentamente quelle meravigliose labbra soffici e carnose che un tempo erano state tue, tue, tue, che avevi percepito su ogni punto del tuo corpo e del tuo cuore, che avevi morso, succhiato e in cui eri affogato con così tanto desiderio che ogni bacio era come il culmine del più feroce amplesso mai consumato.
Weasley alle sue spalle (non come te, relegato, bensì protettivo) che le posava una mano premurosa sulla spalla e le sussurrava qualcosa all’orecchio, prima di dare un bacio leggero alla bambina. Tu li spiavi nascosto da un vicolo sporco, paralizzato da un dolore e da una gelosia così cieca che avresti sfondato le vetrine con la sola forza del pensiero. Quando, dal labiale di lei, avevi captato la risposta “anch’io” ti eri accoccolato a terra e avevi pianto, maledicendo la vita che appena sembrava concederti un barlume di bellezza ti spiattellava in faccia il tripudio di fuochi d’artificio che ti eri lasciato scappare.
Inutile a dirsi, Scorpius non te l’ha mai concesso.
Adesso, mentre tu fingi di prestare attenzione agli ultimi ritrovati in fatto di Pozioni, due negozi più in là madre e figlio sono fermi davanti a un fioraio. Astoria è combattuta, indecisa tra l’arrabbiarsi e l’intenerirsi. Scorpius sembra quasi ascoltarla e desistere.
Poi si gira.
Ti guarda.
Ghigna.
Un’altra sfida.
Compra qualcosa e si allontana soddisfatto.
Astoria si stringe la radice del naso tra pollice e indice e sospira, scuotendo la testa.
Intuisci immediatamente che questa volta la faccenda sarà seria, ma per il momento preferisci non indagare. Sei stanco, hai ceduto alle tigri. Ti sono bastati quei pochi secondi di rimembranze strazianti per dare il benvenuto alla solita, fastidiosa emicrania. Di colpo non vedi l’ora di allontanarti dal chiasso della strada trafficata, dalla stazione, da quel figlio difficile e di rinchiuderti al buio della tua stanza, in un silenzio così opprimente da soffocare persino i pensieri, il che è esattamente quello che vuoi.

 ***


King’s Cross è la solita rete da pesca stracolma di anime saltellanti.
Attraversate la barriera in religioso silenzio. Scorpius però è inquieto, si guarda intorno ansioso.
È strano come è cambiata la percezione che la gente ha di te: si è passati da un odio malcelato e un disprezzo palpabile, a qualche occhiata astiosa e parole sussurrate a mezza bocca, fino alla situazione attuale fatta di ostentata indifferenza o espressioni di sufficienza. Ovviamente per il resto della tua famiglia le cose sono diverse: Astoria è ammirata per la sua eleganza, gentilezza e per la sua strana bellezza che è persino impreciso definire tale, più che altro è un composto ed ordinato abbinamento di tratti somatici che la rende delicata e impalpabile come una fitta bruma mattutina, spezzata all’orizzonte dai ricci corvini; Scorpius ha ereditato da chissà quale avo un paio di magnifici occhi verde mare e una compostezza dignitosa, da nobiluomo d’altri tempi, che fa sospirare parecchie ragazzine.
C’è da dire che Astoria ha contribuito enormemente a riscattare tutto, nome, famiglia, patrimonio e credibilità; è stata senza dubbio una sorpresa sensazionale, una delle pochissime cose belle che ti sono capitate dopo… beh, dopo quello. Date le premesse non avresti mai creduto che ti andasse così bene. Sposarla è stato l’ultimo sacrificio che hai fatto per accontentare tua madre morente, uno in più, uno meno, tanto avevi già sperperato tutta l’adolescenza nel disperato e spasmodico tentativo di rendere i tuoi fieri di te. Se te lo avesse chiesto sei mesi prima le avresti riso in faccia, nonostante fosse debole e malata, anzi, sicuramente le avresti dato tu stesso il colpo di grazia rivelandole la tua fermissima intenzione di convolare a giuste nozze con la Mezzosangue.
L’ultimo pomeriggio a scuola dopo i M.A.G.O l’avevate passato seduti in riva al lago, accanto, in silenzio. In pochi mesi tra voi era sbocciato un fiore selvatico e prezioso dal profumo paradisiaco e dal nettare inebriante, una creatura così inaspettata e rara che, lo sapevate entrambi, forse non sarebbe sopravvissuta al di fuori dell’habitat incontaminato di Hogwarts, terra di nessuno, lontano dai suoi amici e dai tuoi parenti, da quel mondo chiassoso che avrebbe preteso di richiamarvi agli antichi ruoli.
Sarebbe continuata la vostra storia? Sareste riusciti a lottare, ancora, dopo anni di guerra e sconfiggere i nemici più agguerriti, le aspettative?
Era una domanda che faceva troppa paura. Nessuno dei due aveva il coraggio di fare progetti o previsioni.
Vieni con me in Australia.
L’avevi fissata stupefatto.
Vieni con me in Australia.
In Australia?
Devo recuperare i miei genitori. Vieni con me.
Ma Potter… gli altri…
Sanno che devo andarci. Ma… non gli chiederò di accompagnarmi. Non a lui. Non a loro.
Ti aveva guardato supplicante. Non ci avevi nemmeno riflettuto.
Verrò con te.
Era un tentativo disperato di rimandare la resa dei conti e tu, da bravo procrastinatore di eventi drammatici, l’avevi accolto a piene mani. Non chiedevi di meglio, un’estate solo per voi, tu, lei e perché no, anche i suoi genitori, ti avrebbero sicuramente adorato per la tua grande abilità magica e ti avrebbero considerato degno di lei, un’estate intera fatta di sole, mare, notti infuocate e una luna che si tuffava nell’oceano, lontano da tutti…
Hermione aveva inventato una mezza panzana sul ritrovare se stessa, tu avevi propinato a tua madre ormai stanca e vuota una convincente scusa su un periodo di riabilitazione all’estero.
In aeroporto ti eri quasi azzuffato con le guardie al check-in che volevano farti spogliare e quando li avevi chiamati “stupidi Babbani” ti volevano condurre dalla polizia, a rischio di perdere l’aereo. Lei non ti aveva parlato per le prime quattro ore di volo, ma avevi saputo come farti perdonare nel bagno…
Ma in quei sei mesi erano successe tante cose, ti eri trovato ad essere un misero relitto umano senza nemmeno la forza necessaria per farla finita e ti eri affidato alla soluzione a te più nota e consona: lasciar decidere agli altri.
Per una volta, però, hai avuto fortuna.
La prima notte di nozze eri nervoso e schifato: sapevi già, conoscendo la migliore tradizione delle nobili rampolle istruite, cosa ti aspettava in camera, sicuramente un’odalisca discinta e lasciva che avrebbe tentato in tutti i modi di compiacerti e prostrarsi ai tuoi piedi, senza cervello, senza dignità, involucro vuoto che non chiedeva niente e a cui niente era richiesto.
Grande era stato il tuo stupore quando avevi spalancato la porta e te l’eri trovata avvolta in una raffinata ma castissima e anonima camicia da notte, con indosso gli occhiali da lettura, intenta ad esaminare un grosso tomo. Appena eri entrato ti aveva sorriso serena, aveva poggiato il libro sul comodino, si era alzata avvicinandosi e ti aveva porto la mano.
Non voglio iniziare questo matrimonio con falsità, parliamoci chiaro: siamo stati costretti e non abbiamo avuto il coraggio di ribellarci. Ma ora io sono tua moglie e tu mio marito; sei una bella persona e credo che se ci impegniamo entrambi potremo rispettarci, essere ottimi amici e compagni di vita.
Sentirti definire come una bella persona era stata la cosa più assurda che ti fosse mai capitata. Avevi sorriso ebete e lei l’aveva preso come una rassicurazione. Si era coricata, girata verso di te, e aveva spento la luce serena. Il messaggio era chiaro e ti andava bene.
È stata lei a prendere in mano la situazione con un cipiglio guerresco e un pugno di ferro, da fiera indomita e combattiva, dopo la morte di tua madre. Ha riscosso crediti, saldato onerosi debiti di guerra, venduto proprietà, sistemato il Manor, contratto vantaggiosi affari per cui ha un fiuto impressionante, si è impegnata alacremente in opere di beneficienza e studi letterari che l’hanno fatta emergere dalla terra di nessuno dove i furbissimi Greengrass si erano rifugiati durante la guerra. È stata lo specchio per le allodole con una mano, mentre con l’altra si prodigava per dare una botta di spugna al tuo passato. Alla fine di quelle faticose pulizie di primavera si è asciugata il sudore dalla fronte con un braccio delicato e ti ha sorriso, speranzosa, ormai irrimediabilmente innamorata di quell’uomo fragile. Non sei riuscito a essere sincero, ma è stata la prima bugia che non ti sei mai pentito di aver detto, perché col tempo si è trasformata in verità.  
È una donna straordinaria. Le vuoi molto bene. Lei si è ormai rassegnata al tuo tabacco acre e alle occasionali esplosioni giù in laboratorio, ai tuoi momenti di silenzi nervosi e ai pomeriggi in cui ti rinchiudi in soffitta; tu hai accettato con divertimento i suoi piccoli vezzi, come il mazzo di camelie sul tavolo da pranzo o i suoi concerti di pianoforte, e quando lei va a trovare i suoi e non ti scricchiolano sotto i piedi le sue pergamene volanti ti senti un po’ abbandonato.
In questi momenti però l’ammazzeresti. Li ammazzeresti entrambi quando non solo bisticciano, ma lo fanno in quel modo loro tutto particolare fatto di frasi spezzate, perché tanto l’una sa quel che l’altro sta per dire e viceversa e si interrompono automaticamente.
Non credo sia una buona…
Ma è la mia…
Questo non significa che tu debba dare…
Infatti non è mia…
Mi avevi promesso che saresti stato capace…
Non ho più intenzione di nascondere…
Me lo avevi promesso!
Tu non mi hai chiesto di fingere…
E poi lo sai che scoppierebbe…
Non è un problema nostro!
Ti prego, Scorpius. Sii maturo. Non…
Non è per quello e lo sai.
Ti sto dicendo di non
Scorpius si blocca. La guarda. Conosce il tono. È quello a cui non ci si ribella, il tono calmo, aristocratico e assolutamente glaciale di una Purosangue ben addestrata. Quando Astoria modula la voce in quel modo non c’è più spazio per qualsiasi discussione. Almeno, così è stato finora.
Questa volta no, madre – esordisce fiero, mento alto e convinto. Quel madre è chiaro sintomo di un pericoloso attacco recitativo in corso.
Ma si può sapere che…  ti decidi a intervenire.
E poi lo sai. D’improvviso vorresti avere ancora la possibilità di agguantare per la collottola quell’adolescente insolente, tirargli uno scapaccione ben assestato e rimetterlo a posto, stasera a letto senza dolce, ragazzino.
Ci provi, a tendere la mano.
Ci prova Astoria, a fermare quell’impulso adolescenziale così tremendamente esibizionista.
Ma è troppo tardi.
Capisci cosa ha comprato dal fioraio. Rose rosse per rendere omaggio al suo nome.
Capisci incontro a chi sta correndo.
Capisci chi è che ha sollevato tra le braccia e in questo momento sta baciando, davanti a tutti, sul binario 9 e ¾ con l’Espresso di Hogwarts in partenza.
E, stupidamente, ti viene da ridere.

***


Dovresti smetterla di ridacchiare.
Dovresti assolutamente tornare serio, magari anche un po’ incazzato.
Ma la scena in sé ti fa sorridere.
La faccia sconvolta degli altri studenti e genitori ti fa sorridere, non tanto perché due ragazzini si stanno baciando, ma proprio perché sono quei due ragazzini.
L’espressione di Weasley… oh, l’espressione di Weasley è assolutamente impagabile. È la cosa migliore di tutta la situazione, sembra pietrificato, fulminato, tramortito e instupidito insieme. Tiene quelle sue braccione da orango abbandonate, un ghigno storto a metà tra lo schifato e l’offeso, come se stesse subendo chissà quale onta, gli occhi sgranati, una mano che si contrae e si rilassa spasmodicamente. Pensi che tra una manciata di secondi schianterà Scorpius e in fondo sarebbe anche giusto; non lo puoi sapere ma pensi che avere una figlia femmina sia diverso.
Il viso della ragazza ti fa sorridere. È un arcobaleno di emozioni che passano talmente rapide da sembrare libellule sfreccianti sui laghi cristallini che sono i suoi occhi: un momento è felice, l’altro trepidante, l’altro si guarda indietro preoccupata per la possibile reazione di suo padre, l’altro ancora sorride emozionata e incredula che tuo figlio abbia avuto tanta faccia tosta. Lui l’abbraccia tenero e le mormora qualcosa all’orecchio, scostandole dolcemente i capelli col naso; le avrà detto qualcosa di malizioso, lo capisci da come inclina la testa e si rigira una ciocca di quella cascata ramata tra le dita. Lei sobbalza e gli tira un leggero pugno divertito sulla spalla, prima di sfiorargli le labbra timidamente.
In quel preciso istante smetti di sorridere.
Questo frammento ti ha ucciso.
Perché ti sei rivisto.
L’hai rivista.
Vi siete rivisti. Lo sapete. Ha sobbalzato anche lei, l’hai notato con la coda dell’occhio.
Dove credi di andare?
A fare una doccia, alle otto vengono i miei… dai, dobbiamo andare a cena fuori, inizia a sistemarti...
Un bacio leggero, lei ti strinse forte la mano e fece per allontanarsi.
Tu la riagguantasti per l’altro braccio e te la tirasti addosso, su quel letto enorme del bungalow sul mare.
Non ti ho detto che puoi.
E da quando ho bisogno del tuo permesso?  - ti aveva sfidato, impuntandosi.
Da sempre, mia piccola Mezzosangue. Lo sai, non puoi negarlo…  avevi sussurrato, facendo viaggiare una mano lungo il dolce pendio del suo fianco – tu sei mia e solo mia. E io…  baci sul collo, la mano che si intrufolava sotto la maglietta – non voglio… che tu… vada via…  un bacio appassionato.
Draco! Dai… per favore….
Ecco, già va meglio.
Smettila – aveva mormorato flebile, mentre l’accarezzavi come sapevi che le piaceva.
Come si dice…?
Draco, dai, devo andare… lasciami andare…
Oh, non posso, sai? Anche volendo… non posso proprio lasciarti andare…  le avevi detto dolcemente, intendendo in quelle parole un significato più autentico, più profondo.
Lei l’aveva capito e ti era saltata al collo, sussurrandoti dolcezze sulle labbra dischiuse. Tenendola ancorata saldamente a te con una mano sulla schiena, avevi fatto scivolare l’altra più in basso, oltre l’orlo degli slip, e più in basso ancora…
Dai, basta, basta adesso – aveva protestato con poca convinzione, sapendo che se avesse aspettato un secondo di più avrebbe ceduto.
Non sono abituato a sentirtelo dire… solitamente mi dici “ancora, si, Draco, ancora”…  l’avevi presa in giro con una vocetta stridula.
Cretino! – ti aveva detto sdegnata, tirandoti un pugnetto sulla spalla. Tu avevi riso apertamente e l’avevi stritolata in un abbraccio spacca costole, baciandola furiosamente. Poi l’avevi lasciata andare, tentando di darle una pacca scherzosa sul sedere che lei aveva evitato con un saltello.
Sbrigati, Granger.
Stanotte, Malfoy, ti farò vedere io chi dirà “basta”…  aveva annunciato maliziosa, prima di mandarti un bacio volante e darti le spalle.
Tu ti eri stravaccato sul letto soddisfatto ed estasiato da tanto amore, tentando di prevedere tutti i possibili modi in cui lei avrebbe mantenuto la sua promessa…
Per la prima volta la guardi. La guardi dritta negli occhi e, miracolosamente, riesci a sostenerne lo sguardo.
Merlino, è talmente bella che ti fa male lo stomaco.
Anche lei ti guarda, sconcertata. Fa un leggero movimento del capo, accennando a quei due che ancora si stringono (sono belli davvero, strafottenti e incuranti, chi se ne importa di mamma e papà, in questo momento ci siamo solo noi) e assottiglia leggermente gli occhi. Ti sta chiedendo se lo sapevi.
Weasley ha di certo otto infarti in corso. Fortunatamente Potter e consorte stanno sistemando i bagagli dei figli due vagoni più avanti e non si sono accorti di niente.
Tu scuoti piano il capo. Poi guardi Astoria che è visibilmente contrariata, non le piacciono affatto le sceneggiate pubbliche.
Tu lo sapevi?
Certo. – che domanda stupida che le hai fatto, è chiaro che lo sapeva. – Ma mi ero fatta promettere che non avrebbe allestito questo spettacolino…
Astoria…
Non iniziare, Draco – si para avanti, determinata. – Ha quindici anni ed è la sua prima cotta. Non rovinare tutto con i tuoi stupidi pregiudizi. E comunque sono dei bambini, probabilmente tra qualche settimana sarà tutto finito.
Non trovi di che ribattere, però ti arrabbi perché una nuova idea ti balza nella mente e ti dà fastidio più di tutto.
Forse questa è un’ennesima sfida.
Scorpius ti sta dicendo che non gliene importa niente di te, delle tue idee, delle tue convinzioni sui Purosangue, del tuo mai celato odio per Potter e compagnia. Non gli interessa minimamente cosa potresti dire, fare o pensare. È il massimo atto di spregio nei tuoi confronti.
Vaffanculo, papà, mi piace la Weasley e me la bacio davanti a tutti.
Ma se stavolta crede di passarla liscia…
Scorpius si stacca da lei e le prende la mano. Intreccia le dita e stringe forte.
Poi si gira a guardarti.
Non c’è traccia di derisione, spregio o arroganza nei suoi occhi, smeraldi profondi come l’oceano.
Ti sta facendo una richiesta, la prima in quindici anni. Ti sta chiedendo di capirlo, di accettarlo, di accogliere davvero quel figlio impenetrabile con cui non ti sei mai preso più di tanto ma che ora, alla soglia della maturità, sta muovendo piccoli insicuri passetti verso di te. Verso l’uomo, verso il padre.
E vuole lei. Rose Weasley, capelli morbidi, setosi, ramati, occhi splendenti che si sposano così bene con i suoi. È piccola e timida, si fissa le scarpe terrorizzata dall’aura glaciale che emana il tuo nome.
Non ti sorprendi. Sai perché le cose stanno andando così. Ci vedi una conferma. Era destino e al destino non si può sfuggire. Voi, tu ed Hermione, siete stati così stupidi da farlo, quindi adesso tocca ai nostri figli.
Lo sai perché c’è lei, che ti guarda un po’ spaventata e un po’ nostalgica, sì, lo sa anche lei, non è stupita. Lo sa che è la donna della tua vita, nonostante ti sia sfuggita tra le mani, vent’anni fa. Perché sapete che c’è qualcosa tra voi, c’è sempre stata e ci sarà per sempre, una scintilla di magia, la più potente del mondo diceva Silente, che non è solo amore, è comunione di spiriti, fusione di anime e appartenenza profonda. La vita vi ha messo davanti ad un bivio e ognuno ha preso la sua strada; sempre in parallelo, però, perché siete due calamite dello stesso polo, così leste a richiamarvi e così brave a respingervi proprio sul più bello. Ma le vostre anime si appartengono e i pezzi di esse che sono nei vostri figli stanno tentando di ricongiungersi; chi sei tu per impedire il giusto e l’ovvio?
Così sorridi a tuo figlio. E lui ti risponde sorridendo grato e fiero, mentre passa un braccio sulle spalle del suo piccolo grande amore.
Non li ostacolerai, non dirai niente, lascerai che le cose seguano il loro corso.
Se è vero che gli errori dei genitori ricadono sui figli, Scorpius sarà l’eccezione che conferma la regola.

 ***


Tornati dall’Australia erano incominciati i problemi.
Lo sapevate, che sarebbe stato difficile. Ma non credevate che sarebbe stato così tremendamente difficile.
Lei era smaniosa di lottare, impaziente di gridare al mondo la vostra storia, coraggiosa come sempre, fiera e indomita, battagliera, non avrebbe esitato a tirare fuori le unghie contro coloro che vi avrebbero voluto ostacolare. Ti amava e quell’amore era la linfa vitale della sua tenacia, del suo ardore. Ma tu ti tiravi indietro, non volevi che qualcuno lo sapesse, meglio mantenere il segreto. Dicevi che era meglio così, per sicurezza, perché i Mangiamorte in giro erano ancora tanti e se avessero saputo non avrebbero esitato a vendicarsi su di lei per qualche colpa tua o di tuo padre… in realtà volevi tenere quell’angolo di bellezza tutto per te, egoista e possessivo come sempre. Perché dovevano saperlo, gli altri? Chi erano gli altri?
Erano gente che poteva portartela via. Avevi il terrore che Potter e Weasley la convincessero a lasciarti, le aprissero gli occhi e la facessero ricredere sul tuo conto, sul vostro amore, che te la strappassero abbandonandoti da solo con una madre schiantata dal dolore, in un maniero immenso e spettrale. E poi non potevi evitare di fare i conti con chi veramente eri, l’ambiente dov’eri cresciuto: eri un ex Mangiamorte, era una verità incontrovertibile. Ci avrebbero messo poco a convincerla che non poteva stare con te, che non ne eri degno. Come avresti fatto a fronteggiare tutto? Non ne avevi né la voglia né la forza.
No, nessuno doveva saperlo. Lei avrebbe sistemato le cose con i suoi, poi avreste inventato qualcosa e l’avresti portata via, lontano da Londra, Parigi, magari, l’Italia, dovunque ma lontano da quel mondo ostile, da quella società risorta e ricostruita dalle fondamenta ma così poco incline al perdono e alla comprensione.
Volevi solo andare via, con lei, lontano.
Più lei insisteva per rendere pubblica la vostra storia più tu ti ritraevi, dubbioso, insicuro, volevi e sapevi solo amarla con un’intensità quasi feroce, con una passione quasi brutale, colmandola poi di attenzioni, carezze, perle e smeraldi, non capendo che lei sarebbe voluta essere la tua regina ma non la tua prigioniera. Avevi tra le mani uno spirito libero, un’aquila possente che non potevi rinchiudere in gabbia.
Lei non l’accettò, alla fine. Non poteva annullarsi e distruggere se stessa. Le facesti molto male, in quei due mesi di lotte, recriminazioni, rinfacci, pianti e promesse vane: più tu cercavi di convincerla che il tuo amore era reale, profondo, sincero, ma non ritenevi necessario (non ne avevi il coraggio) lottare per esso, più lei si sentiva poco importante, secondaria, il ninnolo grazioso di cui presto ti saresti stancato.
E arrivò quel giorno. Pioveva, un temporale coi fiocchi.
Il salone del Manor, freddo e stridente come il vostro addio.
È finita, Draco.
Non puoi dire sul serio…
Io… io non riesco più ad andare avanti così…
Stai scherzando…
Tu… io… io sono stanca di nascondermi. Ne ho abbastanza di fughe, sotterfugi. Non ho niente di cui vergognarmi! Ma forse per te non è la stessa cosa.
Ma che stai dicendo…
L’ho capito, sai. L’ho sempre saputo, ma… ho preferito far finta di niente, convincermi che... No, lo so, non sono abbastanza per te. Non rispetto i tuoi standard.
Farnetichi…
E allora smettiamola con questi giochetti!
Ma lo sai… lo sai che le cose sono pericolose… aspettiamo che si calmino le acque… Mezzosangue, non puoi dire sul serio…
Sono serissima. È un ultimatum. Ho combattuto da quando è iniziata la mia vita magica, non voglio farlo più. Voglio una vita serena e alla luce del sole. Puoi darmi questo, tu?
Mezzosangue…
Puoi? Vuoi?
Ma certo che lo voglio! Lo sai! Ma… non qui, andiamo via, trasferiamoci…
Non posso e non voglio. Ho ritrovato i miei genitori, ho qui i miei amici e la mia vita. Una vita che possiamo costruire insieme! Perché non vuoi? Di cosa hai paura? Insieme ce la faremo, che ce ne importa degli altri? Ne ho fin sopra i capelli della tua codardia, della tua ritrosia! Basta!
Tu non capisci! avevi urlato, scaraventando a terra un vaso. Non hai niente qui, chi hai? Nessuno! Solo io ti guardo con questi occhi, solo io so chi sei…. Potter o Weasley, che non ti hanno mai ammirato, compreso, adorato come meriti, che non ti hanno mandato nemmeno una lettera per tutta l’estate? Loro ti hanno usata finché gli servivi per salvarsi la pelle! Io e te…
E tu come lo sai che non mi hanno scritto?
Silenzio. Ti eri tradito.
 Ero con te… l’ho visto che…
Tu! – due occhi allucinati, stravolti, annullati. – Tu… hai… intercettato… la mia posta…
No…
Tu… come hai potuto…  allagata, sconvolta dal dolore.
Io… io l’ho fatto per noi… per noi! Mezzosangue ti prego… ti eri avvicinato implorante, quasi cadendo in ginocchio a baciarle le gambe, ma lei si era ritratta schifata.
Sparisci. Sparisci dalla mia vita, egoista, pazzo, meschino. Non voglio vederti mai più. – una voce così ferma poteva significare solo uno sgretolarsi interno troppo potente per uscire fuori. – Addio.
Mezzosangue ferma dove sei. Non ti permettere. Tu… non puoi! Ti proibisco di… Ascoltami! – le avevi strattonato un braccio, facendole male. – Hermione… loro ci separeranno! Sono ciechi, stupidi, sono… animali!
No, tu ci hai separato. Tu, solo tu.
Hermione… ti amo… ti prego…
Addio.
Era svanita.
E non si era fatta più trovare.
Ti ci erano voluti cinque anni per rivederla, moglie e madre.
Cinque anni di totale, completo e devastante dolore.

 ***


È difficile che Astoria non azzecchi le sue previsioni, dato lo straordinario fiuto che ha per gli affari. Novantanove volte su cento indovina.
Nel caso di Scorpius e Rose però ha sbagliato in pieno.
Da quella mattina del primo settembre, a King’s Cross, sono passati dodici anni e loro stanno ancora insieme. Ricordi il Natale di quel quinto anno con un certo qual orrore: gufi che svolazzavano in qualsiasi momento, portando lettere, messaggini, pezzetti di carta, fiori e disegni, andavano e venivano continuamente, si parlavano nel caminetto e si scrivevano, tuo figlio che ha sempre avuto quella inspiegabile inclinazione alla teatralità (hai indagato e hai scoperto che un fratello della bisnonna materna di Astoria era una specie di attore un po’ psicopatico) volteggiava per le scale canticchiando, con una rosa rossa all’occhiello, coinvolgendo sua madre in improvvisati valzer, componendo per giunta bruttissime poesie che declamava a gran voce proprio mentre ti godevi la tua ora di tranquillità a base di brandy e Gazzetta del Profeta. Quando è tornato a scuola hai tirato un sospiro di sollievo e Astoria ha affrontato una specie di depressione da separazione filiale, dato che ormai il tenero e adorato cucciolo non perdeva più tempo a scriverle lettere lunghe come romanzi.
Credevi che peggio di così non sarebbe potuta andare e hai dovuto ricrederti. Dopo i M.A.G.O si sono lasciati per quasi quattro mesi, Rose era in crisi esistenziale e aveva servito l’occasione perfetta a Scorpius per dare ampio sfogo alla sua vena melodrammatica e recitare la parte del bohemienne depresso e martoriato da una fiamma d’amore inestinguibile. Vestiva solo e unicamente di nero, fumava la pipa come un cospiratore, di giorno girovagava perso per casa, studiando debolmente per diventare magiavvocato, di notte sospirava alla luna e scriveva sonetti, lettere deliranti e ballate malinconiche a colei che m’ha rubato il cor. Tu pensavi che se Lucius l’avesse visto ti avrebbe torturato a sangue per aver generato un Malfoy con l’animo da artista incompreso.
In quel momento ti rendesti conto con disperazione che avresti accettato volentieri una Weasley (e il rosso per consuocero…buon Merlino, nemmeno nei tuoi incubi più atroci) nella tua famiglia, pur di non dover avere in giro per casa quel vampiro vittimista che compariva alle spalle di soppiatto sospirando come un condannato a morte.
Poi è stato il periodo di transizione di Scorpius che voleva andare a conoscere gli stregoni del Sahara. Tu e Astoria ancora vi sganasciate dal ridere nel rievocarlo vestito da beduino.
Insomma, hanno avuto i loro alti e bassi, tira e molla agli inizi, litigi furiosi, lettere magiche che esplodevano in cuoricini, schiantesimi lanciati come caramelle e paroline dolci sussurrate continuamente, ma sono ancora insieme.
Rientrando a casa udisti subito un vociare sommesso dal salotto.
Ti affacciasti. C’era Scorpius seduto in poltrona, di fronte al fuoco, e Rose seduta su di lui che lo abbracciava dolcemente. Non ti videro, ti davano le spalle.
Stavi per tornare indietro e lasciarli soli quando una frase colta per caso ti fece bloccare sull’uscio.
Ma perché ti comporti così, Scorpius? Perché sfidi sempre tuo padre? Sei maleducato, a volte… eppure lui non ti dice mai niente, non ti nega niente... perché ce l’hai con lui?
Tuo figlio tacque per lunghi istanti. Poi artigliò con rabbia il bracciolo di chintz.
Non lo so perché. O meglio, lo so, ma non sarebbero fatti miei. Eppure non riesco a non essere arrabbiato.
Che vuoi dire?
Lui… - si era bloccato. – Lui… non ha mai guardato mia madre. Come io guardo te. O come tuo padre guarda la tua. Capisci che voglio dire? La vedo, la differenza. La sento. L’ho sempre percepita.
  Non ti seguo. Stai dicendo che non la ama?
Le vuole bene, sicuramente, la rispetta. Ma… non l’ha mai amata.
Ma cosa dici… perché lo pensi? È sempre gentile, educato, premuroso…
Non è questo. È che… oh, Rose, non capisci. Non capisco nemmeno io. Però questa cosa mi ha sempre dato fastidio… non è lei che guarda così.
Si era sollevato dallo schienale, con un’espressione dura sul viso.
Stai zitto, stupido, stai zitto avevi pensato disperatamente. Ma figurarsi se doveva privarsi del piacere della battuta ad effetto.
È la tua, che guarda così. Mio padre è innamorato di tua madre. Da sempre.
Rose l’aveva fissato sconvolta. Poi era scoppiata a ridere.
Sei pazzo! Ma cosa vai farneticando!
Non ti sei mai chiesta perché non si è mai opposto alla nostra storia? Tuo padre all’inizio ci ha provato, a metterci i bastoni tra le ruote, ma lui mai! Eppure erano nemici fin da bambini, ha sempre disprezzato i Weasley, tu sei Mezzosangue e lo sappiamo come la pensa… non ti sei mai stupita di questo? Non ci ha mai detto niente, mai!
Che vuol dire, è un uomo adulto, è cambiato… non crede più a quelle idiozie… e poi vuole solo la felicità di suo figlio!
No. Vuole solo stare accanto a Hermione, e quale migliore occasione? È un egoista… sempre concentrato su se stesso, su quello che vuole, non si è mai preoccupato di nient’altro che se stesso… rinchiuso nei suoi ricordi adolescenziali… mia madre mi ha cresciuto da sola, Rose! Lui sempre in soffitta… a parlare di andare in Australia, prima di morire… anzi, di “tornare”… dov’è che erano i tuoi nonni durante la guerra? – aveva chiesto sicuro di sé.
Che cosa vuoi dire? – aveva replicato lei, ferita. – Che sono stati insieme? Che anche mia madre lo ama?
Sicuramente sono stati insieme, Rose. Magari quando erano ragazzi… magari proprio alla nostra età… e lui non l’hai mai dimenticata. Credo proprio che trovi… giusta… la nostra storia. Come il riscatto del suo errore. Ma questo non toglie che lui non ha mai amato mia madre. L’ho amata io per tutti e due. È un egoista – aveva ribadito, stringendo forte il pugno.
Sei pazzo!
È vero. È la verità. Fidati, non mi sbaglio.
Non mi piace questo discorso – aveva mormorato lei, alzandosi e inginocchiandosi di fronte al fuoco. – Mia madre ama papà – aveva affermato, più a se stessa che a lui.
Scorpius capì di aver esagerato; si era alzato e si era inginocchiato accanto a lei, cingendole la vita e affondando il viso nei suoi capelli.
Certo che sì, amore. Non sto dicendo questo. Dico solo che sono stati insieme e poi tua madre è andata avanti, si è rifatta una vita. Lui no. Se avesse potuto ci avrebbe abbandonato, cosa gliene importava, a lui, di me e mamma?
Non fare la vittima – aveva replicato brusca lei. – Adesso torno a casa, ci vediamo domani.
Rose… aspetta…
Lei era già andata via. Scorpius si era seduto di nuovo in poltrona, a fissare perso le fiamme.
In quel momento lo odiasti per aver tirato fuori quel discorso. Lo odiasti, perché era solo un moccioso viziato, che credeva di essere il detentore della verità universale, di sapere tutto della vita, quando invece non sapeva niente, niente di quello che avevi vissuto e credeva di poterti giudicare con tanta leggerezza.
Lo odiasti per averti capito da subito, fin da bambino ti aveva letto nel cuore.
E perché non potevi negare che le sue parole erano la pura, sacrosanta verità.   
 
***


Sei anche diventato nonno.
Quando Rose stava partorendo eravate tutti all’ospedale. Tu passeggiavi nervoso su e giù per il corridoio ed un unico pensiero ti tormentava, rimbombando nella tua testa in una cantilena ininterrotta.
Ti prego fa che non le somigli ti prego fa che non le somigli ti prego fa che non le somigli….
Non solo non sei stato ascoltato (e quando mai), ma addirittura è esattamente come hai sempre immaginato una figlia tua e di Hermione.
I tuoi occhi, precisi, uguali, identici ai tuoi.
I suoi capelli, una massa arruffata di ricci crespi.
La tua arroganza.
La sua intelligenza.
La tua classe.
Il suo orgoglio.
Adori tua nipote, ma ti mette addosso ogni volta una strana inquietudine: si sospetta possieda un dono di veggenza e comunicazione con mondi paralleli (cosa che la nonna materna nega categoricamente, definendola semplicemente “una bambina dalla spiccata sensibilità”) e di sicuro ha uno sguardo trapassante che ti spoglia e sembra leggerti nel cervello passato presente e futuro. Fa impressione quando ti si siede di fronte, seria e muta, ti fissa senza proferire parola e ti sembra di avere al posto della testa un comodino di cui lei apre con somma tranquillità i cassetti e di cui esplora il contenuto senza vergogna.
Una volta di queste, dopo lunga, tacita e attenta analisi, ti disse:  Nonno, credo che tu dovevi essere il mio papà.
Tu ci restasti così di stucco che rimanesti muto e a digiuno per tutto il giorno.
Perché è quello che hai sempre pensato anche tu. Ma in fondo non te ne stupisci più di tanto.
Si chiama l’eterno ritorno, giusto? Le vostre anime erano fatte per appartenersi. I pezzi di voi, delle vostre anime, presenti in Rose e Scorpius si sono ricongiunti.
Non importa quante generazioni passeranno, ciò che si appartiene si ritrova sempre.
Tu e Weasley siete buoni consuoceri, anche se fate a gara su tutto, specie per conquistarvi l’affetto della bambina: tu vinci in termini di regali costosi e soddisfazione di qualsiasi capriccio (la farai diventare una snob, ti dice), lui la coinvolge in ogni genere di avventure e scoperte della natura (la farai diventare una selvaggia, dici tu). Hermione e Astoria si adorano, hanno scoperto di avere in comune la sconfinata passione per le biblioteche e quando spariscono insieme nella sala lettura non ne riemergono per almeno quattro ore. L’unico terreno di scontro serrato è la questione degli elfi domestici, che Astoria tratta con gentilezza ma che non libererebbe mai nemmeno sotto tortura.
Ogni tanto tu ed Hermione passate un po’ di tempo da soli. Prendete un thè accanto al camino, vi raccontate piccoli dettagli, bisticciate su chi porterà al parco la bambina la prossima domenica.
Poi tu le prendi la mano e restate a guardare le fiamme danzare.
E in fondo sei felice anche così.
  
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