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Autore: TrollFace    28/01/2012    2 recensioni
Salve a tutti, siamo Kappinias e Ari_92 :D
In un momento di sclero totale abbiamo iniziato a scrivere questa long a quattro mani e ora, con questo account che dice tutto, abbiamo avuto il coraggio di pubblicare questa cosa...
E se Kurt e Blaine vivessero entrambi a New York ma non si fossero mai incontrati?
Uno scontro accidentale a Central Park potrebbe cambiare le loro vite, ma sanno davvero tutto l'uno dell'altro?
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"Gli dico il mio nome, e lo invito a prendere un caffè.
Prima che possa fermarlo mi dice come si chiama: Kurt.
Non voglio saperlo. Non voglio dare un nome ai ragazzi con cui vado a letto: in un certo senso sarebbe come se mi rimanessero addosso, e io non li voglio ricordare."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera a tutti :D
Scusate per il ritardo ragazzi/e, ma tra fine di quadrimestri e inizi di pentamestri vari (non chiedete -.-") non siamo riuscite ad aggioranare prima :S
Oggi però ci siamo ritrovate per guardare il film del concerto (isefngioalwfi XDD) quindi eccoci a pubblicare u_u Alle recensioni dello scorso capitolo risponderemo a breve ;) Chiediamo venia ç___ç 















Nel caso ci sia bisogno di precisarlo, non ho dormito un accidente neanche stanotte.
 
Stamattina ero talmente stanco che Jessica era preoccupata per me, così mi ha chiesto se volevo che rimanesse a farmi compagnia.
Neanche a dirlo ho rifiutato, e per farle capire che non c’era davvero ragione di allarmarsi sono uscito e sono venuto qui in facoltà.
 
Quando mi sono trasferito a New York i miei genitori hanno insistito perché mi iscrivessi all’università, anche se sia io che loro sappiamo benissimo che non mi servirà a niente: l’unica cosa che devo fare è aspettare che mio padre sia abbastanza vecchio da andare in pensione, ereditare la sua azienda milionaria e camparci senza muovere un dito per tutto il resto della mia vita. Come ho sempre fatto, d’altronde.
 
Eppure si sono impuntati, così ho deciso di accontentarli e iscrivermi comunque.
Tanto non ci vengo quasi mai.
 
È già un po’ che bighellono avanti e indietro vicino ad alcune aule, ma a quanto pare tutte le lezioni sono già cominciate.
Un momento: c’è una massa piuttosto consistente di studenti diretti tutti nello stesso posto. Vorrà dire che parteciperò a questo corso, qualunque cosa sia.
Ho solo bisogno di distrarmi un po’ da Jessica.. e anche da Kurt, mio malgrado.
 
Cazzo, non ho ancora dimenticato il suo nome.
 
Sbuffo mentre mi accomodo in uno dei posti centrali, infastidito dalle occhiate raggianti che mi sta indirizzando il professore.
Amico di mio padre, tipico. Tutti gli insegnanti di questa scuola sanno che il figlio di Anderson è iscritto qui, e tutti si sentono onorati se mi disturbo a presentarmi a una loro lezione. Che schifo.
Alzo gli occhi al cielo, assicurandomi che quel tizio veda bene la mia espressione scocciata, e infatti si rabbuia subito.
“Scusa? Che corso è questo?” Chiedo svogliatamente alla biondina che ha appena occupato il posto accanto a me, la quale mi osserva turbata, spingendosi gli occhiali sul naso.
“..Cosa?”
“Ti ho chiesto a che corso siamo.” Rispondo, forse un po’ rude. Lei arrossisce e abbassa gli occhi, piuttosto imbarazzata.
“Le arti Greche viste con gli occhi dei filosofi moderni..” Borbotta estraendo una quantità non indifferente di volumi dalla borsa, per poi appoggiarli sul tavolo.
“Dici seriamente?” Lei mi guarda sempre peggio, probabilmente le sto mettendo paura.
“Oddio che schifo..” È ufficiale: questa ragazza mi odia.
 
Finalmente il professore inizia a parlare, e come immaginavo la biondina lo segue con espressione estasiata. Meglio così: io potrò dedicarmi ai disegnini senza senso con cui riempio il mio block notes ogni volta che vengo in facoltà.
 
Saranno dieci minuti buoni che quel tizio borbotta assurdità, con una voce che assomiglia pericolosamente a una cantilena, e sto davvero per mettermi a dormire quando qualcosa attrae la mia attenzione.
 
Qualcuno sta aprendo la porta dell’aula, con il chiaro intento di fare meno rumore possibile.
 
Oh mio Dio.
 
È lei! È la morettina di quella foto, quella che abbracciava il ragazzo altissimo! Sì, la foto che ho visto a casa di… Oh merda.
 
Prima che le mie sinapsi siano in grado di mettere insieme qualunque pensiero razionale che comandi ai miei muscoli di muoversi, facendomi ad esempio nascondere sotto al banco, è già troppo tardi.
 
Perché lui è lì.
 
Kurt scivola in classe e lascia vagare gli occhi per la stanza, chiaramente alla ricerca di un posto libero per lui e la ragazza.
Il prof lancia loro un’occhiata stizzita, riprendendo a parlare come se nulla fosse.
 
Non sarebbe dovuto succedere. Io non sarei dovuto venire a questo stupido corso inutile, e tantomeno dovrei essere in grado di riconoscere quel ragazzo. E invece sono qui, come un idiota, mentre mi maledico perché ho la netta sensazione che il mio cuore batta troppo in fretta per uno che è seduto a fare niente da mezz’ora.
 
Kurt – devo dimenticare questo dannato nome – continua a guardarsi intorno.
Fa che non mi veda fa che non mi veda fa che non mi veda…
 
Mi ha visto. Vaffanculo.
 
Proseguono verso il fondo dell’aula, e noto con la coda dell’occhio che non è sicuro che sia io. Oddio, è fin troppo ovvio questo tizio: sembra avere un punto di domanda in testa.
 
 
Sono cinque minuti che mi fissa. No, non lo sto guardando, ma lo so comunque.
Mi sento i suoi occhi puntati addosso da quando è entrato qui dentro, e comincio a essere seriamente agitato.
E se mi rincorresse dopo la lezione? Cosa gli direi?
Merda.. Mi gratto la testa con il cappuccio della penna: di solito mi aiuta a riflettere.
Non in questo caso evidentemente, dato che commetto la più incommensurabile cazzata della mia esistenza: mi giro.
 
Ebbene sì: sono idiota fino a questo punto. Mi volto appena e non so nemmeno il perché, dato che so benissimo che mi guarda da quando ha messo piede in questa dannatissima aula. Posso vedere il punto di domanda sospeso sulla sua testa raddrizzarsi fino a diventare esclamativo.
Mi volto di scatto. Cosa mi è saltato in mente? Come si può essere tanto idioti?!
 
Poi succede l’incredibile.
“E’ lui, è Blaine, proprio davanti a noi!!”
 
No. Non può essere vero. Dai, non può averlo detto seriamente ad alta voce.
 
Oddio. Non so se sia peggio che l’abbia urlato davvero o che sia io a immaginarmelo.
La faccia traboccante d’odio del professore mi fa capire che è tutto vero, purtroppo.
 
“Desidera accomodarsi fuori dall’aula? Io sto cercando di fare lezione. Blaine la può seguire, se lo desidera.”
Me lo sto immaginando, vero? Non c’è davvero il classico rumore di una sedia trascinata sul pavimento, e nemmeno quello dei passi che mi si avvicinano. No, assolutamente no.
“Allora, Blaine, vieni con me?” Dice fissando il prof con aria di sfida, e questo assume la classica aria da ‘ma-che-cazzo-ho-combinato’ quando mi vede alzarmi dal mio posto, trascinandomi dietro la tracolla.
Già, è così che si chiama il figlio di Anderson, e lei l’ha appena cacciato fuori dalla porta.
Questo tizio si starà insultando selvaggiamente.
 
Un momento, perché sto seguendo Kurt nel corridoio? Oh no. Questo significa decisamente che i miei buoni propositi di dimenticarlo stanno andando vergognosamente in fumo.
 
 
 
“Così non ti sei fatto più sentire..” Mormora una volta fuori dalla classe, senza riuscire a sostenere il mio sguardo. Sorrido. Non posso farci niente, non è colpa mia se è così schifosamente adorabile.
 
“No.” Gli rispondo semplicemente, e lui sembra davvero offeso della risposta. Incrocia le braccia sul petto.
“Tu.. Nemmeno provi a discolparti?!” È bellissimo. Ecco perché non riesco a pensare ad altro. Non è colpa mia se ha dei lineamenti così delicati, la pelle così chiare e delle labbra che.. Oh cazzo.
 
Mi guardo attorno velocemente, guadagnandomi un’espressione perplessa del ragazzo.
Adocchio un’aula vuota e gliela indico.
“Che corso fanno lì?”
“..Scusami, ma non sei anche tu iscritto a questa università?”
Sbuffo.
“Me lo dici o no che corso ci fanno?” Lui mi fissa stranito, ma alla fine risponde.
“Arti drammatiche..” Arrossisce appena.
“..Ma le lezioni iniziano tra un po’. Un bel po’.”
 
                                                                          
 
                                                                      ***
 
 
Ho fatto un disastro. Un completo, enorme, gigantesco disastro.
Non solo ho fatto sesso due volte con lo stesso ragazzo - ragazzo di cui peraltro conosco il nome, la faccia e anche la posizione di praticamente ogni fottutissimo neo -  ma l’ho fatto anche in una maledettissima aula deserta, e non per ingannare il tempo o stare lontano da casa, ma perché lo volevo davvero.
 
Ma la cosa peggiore non è questa. No, perché c’è di peggio: mentre eravamo avvinghiati su un tavolo, qualche minuto fa, con il fiato corto e le mani che si muovevano da tutte le parti, mi è scappato detto, per la seconda volta.
 
Sì, ho detto il suo nome, esattamente com’era successo la settimana scorsa.
Mi odio. Perché non potevo semplicemente tenere la bocca chiusa, o meglio, impegnarla in attività che non comprendessero il parlare?
 
Eppure, se possibile, c’è ancora di peggio.
 
 
 
“..Ci rivedremo?” Mi chiede tenendo gli occhi bassi, mentre si riabbottona la camicetta.
“Sì, ci rivedremo presto.” Gli rispondo, prima di fare in tempo a bloccare la lingua.
Lui punta i suoi occhi nei miei e sorride timidamente: mi crede.
 
È solo che voglio stare ancora un po’ con lui, un’ultima volta, poi giuro che mi disintossico da questo Kurt e non ci penso più.
 
 
Forse se continuo a ripetermelo finirò per crederci.
 
   
 
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