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Autore: lastessazoediieri    28/01/2012    1 recensioni
Heyla!:) La storia parla di un figlio di Hermes che un giorno scopre di avere poteri sovrannaturali. L'ho fatta partire in medias res, da quando Peter, il figlio di Hermes, arriva al camp e gli viene assegnata la stanza, quindi non c'è la cerimonia di riconoscimento... Non sapevo come farlo senza copiare Rick Riordan... Perfavore recensite anche se solo con ''Bello'', "Continua ma... (aggiungete voi)" ''Brutto'', ''Terribilmente schifoso'' !! Grazie mille!! :)
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Alia per poco non mi saltò addosso quando uscii dalla foresta dopo aver lasciato il drago. 

 

- Sei stata fantastica! - mi disse, spaccandomi i timpani con la sua voce acuta. 

 

- Alia, non ho fatto niente! - dissi sopraffatta sia da Alia che dal sollievo del pericolo, ormai passato. 

 

- Oh no! Tu hai addomesticato un drago! - disse tutta sorridente mentre mi metteva in mano una spada dorata tutta decorata con fiori e piccoli colibrì - Tieni questa è il premio per il tuo coraggio. Era mia ma adesso te la regalo - disse con un sorrise dolce. 

 

La guardai stupita - No.. Alia io non posso accettare - 

 

- Tienila - disse sorridendo ancora - Ne avrai bisogno... Con me è totalmente sprecata quella spada... Tu la userai - 

 

Era davvero una bella spada. - Beh allora grazie, Alia - dissi ricambiando il sorriso. 

 

Mentre tornavamo al villaggio Alia mi parlò di tutti i problemi che c'erano al villaggio e di come non sapesse tirarsene fuori. Io la ascoltai ma l'unica cosa che riuscivo a pensare era Peter. 

Non l'avevo neanche visto quel giorno. 

Chissà dov'era... 

 

Il mio cuore fu trafitto da una lama ghiacciata quando mi venne in mente la figura di Jeevika. 

Ah, perché non l'avevo lasciato venire con me? Forse non si sarebbe arrabbiato e non sarebbe andato per le sue. 

Dentro di mi maledicevo per tutta la mia caparbietà. 

 

Alia invece continuava a parlare dell'isola e dei suoi problemi. 

 

Quando arrivammo al villaggio le dissi che ero stanca e dovevo riposarmi e lei mi salutò dicendo che se mi fosse servito il suo aiuto era sulla Collina del Vento, a est dell'Isola.  

 

Salii il più in fretta possibile. Volevo vedere se Peter era veramente uscito per andare da Jeevika

Ma quando entrai in camera trovai compagnia. 

 

Peter era seduto davanti allo schermo accesso del computer e mangiava la sua colazione: una ciambella alla marmellata. 

 

Quando mi vide mi sorrise. - Ti è piafuta la mia fambella? - mi chiese con mezza ciambella in bocca e tutta la marmellata sulla guancia. 

 

Non appena vidi Peter la mia malinconia andò a farsi fottere lasciando posto ad una tenerezza infinita e il mio broncio si trasformò in un sorriso. 

 

- Perché era tua? - gli dissi divertita. 

 

- Sì ma tu te la se mangiata tutta mentre andavo a prendere il latte - disse con finta indignazione. 

 

- Scusa Peter - dissi e mi andai a sedere sull'amaka con un grandissimo sospiro di sollievo.  

 

- Fa niente... Ma la prossima volta me la vai a prendere tu le ciambelle... Oggi sono quasi stato ucciso due volte da ragazzine imbestialite e una Lena con il suo pugnale. - disse mentre sorseggiava il suo latte. 

 

- Che fai oggi? - mi chiese dopo una decina di minuti mentre ancora guardava lo schermo del computer. 

 

Non mi aspettavo una domanda e quindi gli chiesi un sinceramente sorpreso - Perché? - 

 

- Uhm... Niente volevo solo sapere che facevi e se potevo sottrarmi alla mia prigione - rispose lui. 

 

- Oggi mi riposo... Sai domani parto e non voglio essere del tutto addormentata... - 

 

- Ah già... - disse lui rabbuiandosi - Ho visto che stavi cercando dei mezzi... Con cosa viaggerai? - mi chiese. 

 

Volevo mentirgli e dirgli che sarei partita con qualcosa di non pericoloso ma tutta la verità uscì dalla mia bocca prima che potessi pensare di dire aereo - Drago - dissi guadagnandomi uno sguardo pieno di dubbio e preoccupazione da parte di Peter. 

 

- Drago? - ripeté meravigliato e preoccupato insieme. 

 

- Sì Alia mi ha trovato un drago per il viaggio - dissi sempre più nervosa a causa di quello sguardo indagatore - Ma non ti preoccupare l'ho già addomesticato e ades... -

 

- Tu hai già fatto cosa? - chiese ancora più preoccupato. 

 

D'un tratto mi sentii piccola e indifesa - Ho addomesticato il drago e adesso sono al sicuro e posso andarci sopra e viaggiare e non mi ucciderà, ti giuro! - dissi tutto d'un fiato, con voce simile a quella di un'anguilla che stava per morire strozzata. 

 

Peter mi guardò ancora per una decina di secondi poi il suo viso sembrò lisciarsi e i suoi occhi azzurri si trasformarono da mare in tempesta a lago di montagna. 

 

- Melissa.. Lo so che ti dà fastidio quando mi preoccupo per te ma la prossima volta che stai per commettere suicidio perfavore ammoniscimi - disse con estrema calma. 

 

- Scusa - mi sentivo in colpa come una bambina che ha rubato dei biscotti dalla dispensa del padre. 

 

Spuntò un debole sorriso sul suo viso, poi si girò e continuò a guardare lo schermo. 

 

- Se vuoi oggi possiamo andare alle cascate... - proposi io timidamente, volendo già uccidermi per quello che avevo detto: odiavo l'acqua! Cosa mi era saltato in mente? 

 

- Ci sono delle cacciatrici impazzite che potrebbero saltarmi addosso e uccidermi? - 

 

- No. E' lontano dal villaggio - risposi. 

 

- Allora va bene - disse e sorrise nella mia direzione sciogliendo ogni muscolo nel mio corpo. 

 

Stette ancora dieci minuti a smanettare con lo schermo poi si alzò e prese dalla borsa il suo costume e andò a cambiarsi in bagno.

 

Andai a cambiarmi anch'io rimettendomi quegli orrendi pantaloncini corti che mi aveva dato Tety. Nella mia nuova valigia c'erano pantaloncini di quel genere in serie. Ce n'era uno strappato, l'atro blu scuro, uno marrone, uno denim... Tutta la collezione di "Vai in giro in mutande anche tu!". E niente pantaloni che superavano il ginocchio. Benissimo. 

 

Quando Peter uscì ci incamminammo silenziosi verso l'ascensore e non trovammo, per fortuna, alcuna cacciatrice impazzita. 

Purtroppo la nostra fortuna durò poco perché non appena scendemmo chi trovammo? 

Meraviglia delle meraviglie Jeevika! Sprizzavo di gioia da ogni poro. 

 

Non appena ci vide ci venne incontro saltellando come una carpetta di Heidy. 

 

- Ciao Peter. Ciao Melissa. - disse con una contentezza che scatenò in me la Melissa-Terminator che veniva come accessorio con un padre come Ares. 

 

- Ciao Jeevika - dissi io sperando che il mio alito la putrefasse seduta stante.

Si limitò a fare un gesto con la mano. 

 

- Cosa fate? - chiese lei in direzione di Peter. 

 

Stavo per urlarle in faccia che non erano affari suoi quando quell'imbecille di Peter le disse - Ma niente andiamo alle cascate. Vuoi venire? - 

 

E lei con uno strano scintillio negli occhi rispose - Certo! - 

 

In quel momento maledissi mentalmente Peter con atrocità impossibile. 

Poi mi accorsi di quello che stavo facendo. Stavo facendo una scenata d gelosia mentale contro Jeevika e Peter. 

Mi schiaffeggiai più volte la faccia con la mano per cercare di tornare il più normale possibile, con il solo risultato di sembrare completamente stupida sia davanti a Jeevika che aveva ancora quel suo sorriso merdoso sul viso sia Peter che mi fissava completamente stupito e impaurito dal mio gesto. 

 

- Zanzara! - dissi. Che idiota.

 

Jeevika mi guardò stranita poi disse - Beh io vado a cambiarmi. Mi aspettate giù? - chiese. 

 

"NOOO!" 

 

- Va bene - disse Peter cordialmente. 

 

Mentre scendevamo le scale Peter stette muto come un pesce poi quando fummo sull'ultimo scalino si fermò e mi chiese - Melissa perché ti sei schiaffeggiata la faccia? - 

 

- Una zanzara mi aveva punto - dissi. 

 

- Su tutt'e due le guance? - 

 

- Sì era velocissima! - disse imbarazzata - Correva da una guancia all'altra a pungermi le guance - 

 

- Ah - disse lui sconcertato. Sembrava volesse aggiungere altro ma non disse niente e sorrise. 

 

- Perché sorridi? - gli chiesi. 

 

- No, niente - disse lui. 

 

- No. Perché sorridevi? - gli chiesi più insistente. 

 

Aprì la bocca per dire qualcosa ma non fece in tempo dire una parola che Jeevika comparse dalle scale e lo prese sottobraccio urlando - Andiamo! - tutta contenta. 

 

- Sì andiamo - disse Peter con entusiasmo quasi falso. 

 

Per tutto il tragitto fino alle cascate io rimasi dietro a Peter e Jeevika, odiando anche solo l'aria che respirava. 

 

- Sei stupida - sentii ad un certo punto una voce femminile nella mia testa. 

 

Rimasi un po' sorpresa ma non diedi molto peso né alle parole né al fatto di sentire voci nella mia mente. 

 

Poi dopo dieci secondi la sentii un'altra volta - Lui non è innamorato di quella! - disse tutta irosa la voce - E si vede lontano un miglio! E poi sarebbe tutta colpa tua che non fai niente per conquistarlo! - aggiunse. 

 

Mentre ascoltavo la voce mi ero fermata nel mezzo del bosco e Peter si era girato a guardarmi.

 

- Ecco adesso non dirgli che stai male solo perché senti delle voci. Riprendi a camminare e stai zitta. - e ripresi a camminare come spinta da qualcuno.

 

Peter smise di guardarmi e si girò in avanti dove Jeevika raccoglieva mirtilli selvatici e fragoline di bosco avvelenate che mi avrebbe dato dopo da mangiare.

 

Quando arrivammo alle cascate ero già stanca di essere lì. Si prospettava una giornata di merda. 

 

Ogni volta che guardavo Luke e Jeevika mi veniva un conato di vomito qui di per sottrarmi a quella vista decisi di andare a fare una passeggiata sul bordo. Da sola. Non me ne fregava niente.

 

Mi tolsi la maglietta e rimasi orripilata. 

 

Cosa era successo al mio costume? E perché ora ne avevo uno blu scuro a dir poco scollato? E perché si era trasformato in un due pezzi e non un costume intero? 

 

Era strettissimo e avevano un'orrendissimo scollo a "V"

Rimasi ancor più orripilata quando mi accorsi di non aver messo nella borsa i miei pantaloncini per l'acqua. 

 

- Meglio di prima, eh? - mi disse la voce e io senza re vermene conto iniziai ad insultarla a voce alta. Per fortuna Luke e Jeevika non mi stavano ascoltando.

 

Certo che non era meglio di prima! Che schifo! 

 

Decisi di spostarmi dove né Jeevika né Luke mi avrebbero vista. 

Ero stata così attenta a non farmi vedere che non feci caso alle rocce melmose su cui stavo per andare e così in men che non si dica mi trovai a terra e scivolai in acqua come una grosso sacco di patate. 

 

L'acqua era fredda e mi congelai, rimasi immobile nell'acqua. 

Mentre pensavo alla mia imminente morte e a tutto il resto una mano mi prese per il braccio e mi salvò. 

 

- Ti senti bene? Hai fatto un bel volo. - 

 

Quella voce non era quella di Peter. Chi era? 

 

Mi girai a guardare in faccia il mio "salvatore". Achille. 

 

Con i suoi capelli mori e il suo sorriso raggiante mi teneva con il braccio alla vita. E, non so perché, ero delusa di vederlo. 

 

- Achille. Ciao. - dissi mogia. - Grazie per avermi presa... Non ce l'avrei mai fatta…  - 

 

- Di niente...Passavo di qui e ti ho vista cadere... E mi sono ricordato che hai paura dell'acqua - disse con finta modestia, che mi fece venire voglia di vomitargli in faccia. 

 

Mi tenne così per almeno dieci minuti, facendomi sentire abbastanza male e in imbarazzo e arrivai a pensare che sarebbe stato meglio cadere in acqua e affogare. 

Povero Achille! 

 

- Guarda che puoi anche lasciarmi, eh? - dissi io al culmine della sopportabilità di quella situazione imbarazzante. 

 

- Ma se ti lasciassi potrei fare questo? - disse e mi mise una mano dietro l'orecchio e mi guardò intensamente negli occhi. Si avvicinò lentamente. 

 

Ero immobilizzata in quella stretta mortale e sono sicura che sulla mia faccia ci fosse un'espressione misto schifo e conato di vomito in arrivo. 

 

- Melissa? - una voce a me familiare fermò quella insulsa e imbarazzante manovra del divino Achille. 

 

La cosa che mi preoccupava era la voce. Peter. 

Peter aveva visto Achille quasi baciarmi. 

In quel momento mi sentivo la creatura più orrenda e cattiva del mondo. Ma io cosa avrei potuto fare? 

 

 

**************

 

 

POV Peter. 

 

Più li guardavo più pensavo che un pezzo del mio cervello fosse stato asportato dagli alieni: cosa stava facendo quel bellimbusto pompato? 

 

D'improvviso sentii la rabbia montarmi nelle vene e di nuovo un sentimento strano mi prese lo stomaco. 

 

Lui mi guardava come se aspettasse che me ne andassi di corsa e lei invece evitava di guardare nella mia direzione. 

 

- Bhe? Te ne vai o hai intenzione di stare qui a lungo? - chiese il ragazzo, sfacciatamente. 

 

- Lascia Melissa e poi ne parliamo - dissi io, trovando non so dove il coraggio. 

 

Lui mi guardò di sbieco poi assunse una faccia felina - Sai chi sono io? - chiese infine.

 

- No e tu non sai chi sono io - risposi io. 

 

Melissa si girò a guardarmi da dietro la spalla con gli occhi spalancati e un'espressione che diceva << Ma sei completamente impazzito?! >>. 

 

Lentamente, le sue braccia lasciarono Melissa. 

La sua mano passò dai capelli di Melissa al suo fianco dove c'era una spada dorata. 

 

- Io - cominciò - Sono il divino Achille. - disse e mi guardò con aria feroce - Tu, misero semideo, hai osato insultarmi e per questo sei biasimevole di morte - disse. - Ti sfido a duello, per questo -

 

In quel momento mi tornarono alla mente le parole di mia madre la sera del ricevimento del suo ufficio "Non insultare nessuno… potrebbe essere il figlio del mio capo". Avrei dovuto starmene zitto. 

 

- Dimmi dove e quando. - risposi io senza pensare.

 

A quel punto vidi Melissa spalancare gli occhi e trattenere il fiato. " Tu sei completamente impazzito!" disse la sua voce nella mia testa. 

 

Achille mi guardò con un sorriso che non prometteva nulla di buono - La spiaggia delle ninfe tra tre giorni - decretò, serio - Fatti preparare una tomba - e con questo si girò di nuovo verso Melissa e accarezzò il suo viso e se ne andò, facendosi strada nella foresta con la sua spada dorata. 

 

Io, Melissa e Jeevika restammo per cinque minuti immobili. 

 

Melissa alzò gli occhi per incontrare i miei. Aveva un'espressione che rappresentava un misto fra ira e imminente pianto e i suoi occhi erano già lucidi. - Ti sei completamente scemo! Quello è Achille! Achille! Capisci? Sai chi è Achille? - sbottò dopo una lunga attesa. 

 

Io non dissi niente. 

 

- Adesso stai zitto, eh? - disse lei - Prima non ti passava per l'anticamera del cervello di stare zitto per non peggiorare la tua situazione. - mentre mi diceva questo, si avvicinò a me - Devi capire che a volte l'orgoglio lo devi tenere dentro -

 

Prese la borsa che conteneva tutte le sue cose e se ne andò tutta impettita nella direzione da cui eravamo venuti. 

 

Jeevika, che stava dietro di me, disse - Quant'è bambina quella ragazza. Non ti preoccupare: ti aiuto io Pete -

 

Le parole di Jeevika mi diedero fastidio. Come si permetteva di insultarla quando neanche la conosceva? Poi mi resi conto che l'aveva fatto tutto il tempo che ero stata con lei. 

 

Mi girai verso di lei - Senti Jeevika - dissi - so che potrebbe sembrarti strano ma io a quella "bambina", di cui parli tanto male, tengo più di quanto tenga alla mia stessa vita. E non è una bambina: si è arrabbiata giustamente con me per una mia cazzata. E non ho bisogno del tuo aiuto, grazie mille. - dissi e me ne andai anch'io nella stessa direzione di Melissa, lasciando Jeevika sola. 

 

 

 

 

 

**************** 

 

 

 

 

 

Quando entrai nella stanza di Alia, Melissa stava mettendo a posto le sue cose e vicino alla sua amaka c'era un borsone marrone pieno di roba da viaggio. 

 

- Cosa fai? - le chiesi. 

 

- Mi preparo, domani parto. Da sola. - disse secca. 

 

- Che viaggio hai intenzione di fare? - 

 

Mi guardò con due occhi di ghiaccio - Non pensare di seguirmi, Peter. - e, dicendo questo, si avvicinò pericolosamente a me per ficcarmi un dito sul petto - Hai già causato troppi problemi. Pensa a tornare al camp sano e salvo. E ti consiglio di andartene prima del duello se non vuoi morire - mi disse, sempre fissandomi negli occhi. 

 

Volevo dire qualcosa per scusarmi ma il suo sguardo mi aveva congelato sul posto e sentivo ancora nello stomaco il sentimento che avevo sentito nel bosco. 

Non sapevo come descriverlo ma ero quasi sicuro che fosse gelosia. Ero una persona abbastanza calma e riflessiva, non me la prendevo tanto ed ero stato geloso soltanto altre due volte in vita mia: quando mia madre aveva dato i biscotti al cioccolato al nipote del vicino di casa e quando i miei compagni di classe avevano presentato i loro papà alla classe. Io ero stato l'unico a non presentare nessuno, perché mia madre quella settimana era a New York ed ero rimasto solo con nonna Olga. 

Fatto sta che quando avevo visto Melissa nelle braccia di quello, ero stato pervaso dalla voglia di saltargli addosso e strappargli le braccia. Avventato, lo so, ma era stata la prima cosa che mi era saltata in mente. 

 

Mentre facevo questa riflessione dagli occhi di Melissa erano cominciate a scendere lacrime. 

 

- Cos'hai? - le chiesi preoccupato, sentendomi inutile. 

 

- Niente - rispose lei freddamente. 

 

La guardai, cercando di decifrare quegli occhi di ghiaccio - Sei sicura che non vuoi che venga con te? - 

 

- No - disse - Non voglio che tu venga. E' pericoloso e secondo il mio sogno moriresti. Non vedo perché dovresti venire con me. E poi ce la faccio da sola, non ho bisogno della guardia del corpo - aggiunse alla fine. Si allontanò da me per poi strappare dal muro due delle trappole appese. 

 

- Sei sicura? - chiesi - Perché prima al lago sei caduta nel lago e se non ti avesse salvata quello probabilmente non saresti uscita - 

 

Melissa si girò come scottata da qualcosa. - Io me la sarei cavata benissimo! - ringhiò minacciosa. 

 

- Ah sì? Perché mi pare di ricordare che tu non ami tanto l'acqua - 

 

Lei non disse niente e si limitò a guardarmi con un'espressione triste e irosa insieme. - Senti scusami - le dissi - Sono una palla. Ma sono così perché ci tengo a te… So che non è uno dei tuoi momenti migliori e voglio solo aiutarti. Immagina se durante un combattimento ti distrai per solo un momento. Potrebbe costarti la vita. O se qualcuno ti buttasse in mare… Non voglio immaginare chi ti tirerà fuori! Perché non ci sarà sempre un Achille che viene a salvarti la pelle - le dissi nel tono più sincero che riuscii a trovare - Voglio solo proteggerti. Dammi tempo fino a quando non arriva questo fatidico Principe dei Venti e poi ti lascio in pace. E se vuoi mi trasferisco pure dal camp: non ti sarò più di intralcio - 

 

Melissa si portò una mano alla fronte. - Peter lo sai che tu hai la capacità di strappare i nervi dalla mente di una persona? Sei insopportabile al punto che a volte vorrei strapparmi le orecchie per non sentirti parlare - e si girò a guardarmi - Domani partiamo all'alba. Quindi prepara la tua roba e non lasciare niente - disse - Vado ad avvisare Alia - 

 

Le sorrisi - Grazie - 

 

Lei si limitò a guardarmi e annuì lievemente. Dopodiché uscì e corse giù dalle scale. 

 

 

 

 

 

 

 

************** 

 

La sera Alia aveva organizzato una specie di cena di addio ma alla fine dovette annullare tutto perché Lena aveva rischiato di spaccare tutto a causa della furia scatenata dalla proposta.

Per questo Alia venne da noi con una montagna di cibo, munizioni e strani fogli. 

 

Entrò in camera quasi cadendo sotto il peso delle cose che aveva in mano. - Ragazzi! Ho notizie nuove per voi - disse appena riuscì a mettere tutto sul tavolo. 

 

Io e Melissa le andammo incontro e la guardammo entrambi interrogativi. 

 

Lei accese la mappa sul tavolo e puntò il dito sull'Isola delle Cacciatrici. - Noi siamo qui - disse poi spostò il dito verso la meta verso cui eravamo diretti io e Melissa - Non ve l'ho detto prima perché non ero sicura, credevo fosse solo una confidenza o qualcosa del genere, ma guardate qui - mentre diceva questo ingrandì dove aveva puntato. A differenza di tutto il resto della mappa in quella zona c'erano una miriade di puntini rossi - Quelli sono mostri… Non ho mai visto tante creature raggrupparsi prima d'ora e sono preoccupata. - ci guardò con occhi preoccupati. 

 

- E…? C'è qualcos'altro? - chiese Melissa evidentemente preoccupata. 

 

Alia parve pensarci un po' - Non so come dirvelo ma credo che quelle creature siano lì per un motivo… - ci guardò - Secondo me vi stanno aspettando - disse in tono greve. Cominciò a tirare fuori fogli dalle scatole e li mise in ordine sul tavolo. 

 

- Cosa sono? - chiesi. 

 

- È la nostra storia. La storia di tutte le cose che somigliano a quello che ho potuto verificare in questi giorni dall'antichità a oggi. Non lo dico perché voglio preoccuparvi per qualcosa che magari non è neanche vero ma ho un brutto presentimento - abbassò gli occhi sui fogli e cominciò a leggerli come se volesse trovare qualche altro indizio. 

 

Melissa si avvicinò alla finestrata e si mise a guardare il bosco dall'alto. Mi diressi anch'io lì. 

 

Credevo che non mi avrebbe parlato ma non appena le fui abbastanza vicino da sentire la sua voce sussurrata mi disse - Sai, ho sempre immaginato di fare la parte dell'eroina in un'avventura come questa - si fermò a sospirare - E mi sono sempre immaginata a sconfiggere mostri con il solo aiuto della mia spada ma adesso che è tutto davanti ai miei occhi mi sento come se non fossi pronta. Se ci sono davvero così tanti mostri in Alaska non oso pensare come farò da sola a sconfiggerli tutti - si girò a guardarmi - Capisci? - 

 

La guardai per una attimo - Ci sono io con te e poi tra poco dovrebbe arrivare il tuo principe… E poi sei una dea! - le dissi. Non sapevo che dirle. Ero un essere inutile e senza midollo, in battaglia non l'avrei aiutata più di tanto, sarei stato sostituito da un fatidico principe e poi, quando eventualmente avremmo trovato Electra, sarei morto. Non ero nella migliore condizione per dare consigli ad animo aperto. In quel momento sarei voluto scappare a rifugiarmi sotto ila terra, in una gabbia che mi impediva di fare stupidate.  

 

- Grazie Pete - disse lei ricominciando a guardare fuori dalla finestra. 

 

Io mi sedetti nella poltrona vicino alla finestrata. 

 

Mentre guardavo la foresta e sentivo Alia che spostava i fogli sul tavolo, mi assopii e caddi in un lungo sonno. 

 

Non sognavo spesso ma quando mi capitava avevo sogni strani e senza un apparente significato. 

 

Sognai di essere in una radura di notte e avevo addosso l'armatura che avevo visto nel bazar del leone in cui ero stato prima. 

Intorno a me c'era un 'orda di mostri che parlottavano tra loro mentre riempivano le loro bocche di cibo. Sembravano non potermi né vedere né sentire quindi mi avvicinai a loro. 

Dietro a uno dei tavoli c'erano accatastate varie gabbie in cui stavano persone e animali. 

 

Il più grande e strano di tutti che aveva anche in testa una sorta di cappello - Grollub mostrami la gabbia della figlia di Ares - 

 

Il mostro di nome Grollub si alzò e prese la sua clava e si diresse verso le gabbie. 

 

Li seguii e mi fermai vicino a loro davanti ad una gabbia al cui interno vi era una ragazza dai capelli biondi e occhi color del cielo. Più la guardavo più vedevo nel suo viso moltissime somiglianze con Melissa, solo che quella che vedevo era più grande ed era difficile vederla bene per il buio. 

 

Non appena le si avvicinarono i mostri tirò fuori il suo pugnale. Non disse niente ma il suo sguardo parlava di suo e non stava dicendo niente di troppo simpatico. 

 

Il mostro più grande si avvicinò a lei con il viso - Oh Electra, come sei importante per noi - disse poggiando una mano sulla gabbia - Sai che ti vorrei lasciare ma tu attiri colui di cui la Madre vuole la vita. Appena viene qui giuro che lo prenderò e ti lascerò andare - disse. 

 

Electra non ci pensò due minuti e si fiondò sulla mano del mostro per ferirla con il pugnale. Il capo urlò lanciandomi le orecchie.

Il mostro di nome Grollub iniziò ad aprire la gabbia ma il suo capo lo interruppe - Non ti azzardare ad aprire la porta a questa selvaggia. potrebbe scappare - la sua voce rombò in tutta la radura. - Vieni a medicarmi la mano invece - disse più calmo. 

 

- Sì capo Tumsum - disse Grollub richiudendo il lucchetto per poi seguire il suo capo. 

 

La scena cambiò e mi trovai nel salotto di casa mia ma a differenza di come l'avevo lasciata una settimana prima tutte i mobili erano stati rovesciati a terra e mia madre era legata ad una poltrona immersa in un profondo sonno. Cercai di andarla a slegare ma una voce profonda mi fermò. 

 

"Questa non è una tua invenzione, Peter Brown, tu stai vedendo esattamente quello che sta accadendo a casa tua…" disse la voce sonnolenta "Se tu non ti consegnerai direttamente a noi, a me, tua madre non avrà un bell'avvenire, anzi non avrà proprio un avvenire… Ti consiglio di consegnarti

 

L'immagine cambiò di nuovo e mi trovai in un campo punteggiato da fiori bianchi e lilla. 

 

Ero disteso sul prato ed ero felice. 

 

Vicino a me c'era Melissa che dormiva pacifica accoccolata tra il mio braccio e il mio petto. 

 

Mi pervase una grande tenerezza e fui sul punto di accarezzarle i capelli quando una voce, melodiosa, diversa di quella del sogno prima mi disse - Tu questo lo vuoi, no? E' bello, vero? Stare qui per sempre. Peter non ti conviene andare avanti, fermati. Salva anche lei e avrete un futuro insieme. Giovani per sempre

 

Quella cosa mi colpì. Io avevo paura di crescere. Da quando ero piccolo non potevo sopportare l'idea di crescere e invecchiare. Era uno dei miei incubi ricorrenti, svegliarmi un giorno ed essere vecchio e grigio con dei fastidiosi nipoti che mi giravano intorno. 

Per questo mi sentii spinto a non andare più avanti e a portare via Melissa con me in quel posto ameno. Ma mia madre era in trappola e dovevo affare qualcosa. 

 

D'un tratto i contorni delle fronde e dei fiori cominciarono ad offuscarsi e mi trovai in faccia Melissa che dolcemente sussurrava - Svegliati, Pete, dobbiamo partire - 

 

Mi resi conto che ero sveglio quindi mi alzai. 

Il cielo fuori era ancora buio ma Mel era sveglissima. Era tutta indaffarata a controllare un'ultima volta la sua valigia.

 

- Sei vuoi fatti una doccia - mi disse - Non so quanto tempo ci metteremo ad arrivare al prossimo rifugio - aggiunse. 

 

La ringraziai e mi infilai nel bagno. 

 

 

*********** 

 

 

Peter durante il sonno aveva detto "Salvare Melissa" e la cosa mi aveva preoccupata. 

 

Peter probabilmente stava facendo uno dei sogni premonitori. Noi semidei li abbiamo abbastanza spesso. Io a volte vedo una giovane donna che mi illustra le cose che devo fare. 

 

Il fatto che lui volesse salvarmi significava che c'era pericolo e fui grata di aver concesso a Peter di venire con me. 

 

Era nuovo, poteva sembrare debole ma quando combatteva sembrava un dio. Non un normale figlio di Ares, era di più. 

I suoi occhi si illuminavano di uno strano luccichio e sembrava fosse rinvigorito nonostante fosse colpito. La forza gli scorreva dentro. 

Per questo, quando ero stata incaricata di giudicare le sue abilità, l'avevo fatto passare: non tanto perché avesse mostrato buone abilità, ma perché aveva un talento naturale. E perché mi aveva spinto l'istinto. 

 

Poi si erano aggiunti gli altri. 

Mi andava bene. Anzi, più eravamo, meglio era ma significava dividere quell'impresa con troppe persone a cui non importava niente. Sapevo che si erano aggiunti tutti per la gloria: se noi semidei andiamo in missione e torniamo vittoriosi siamo direttamente degli eroi. Ed è per questo che venivano, non perché mossi da compassione o sentimento. 

 

Peter invece doveva venire. 

Non sapevo perché ma dovevo portarlo con me. Era un tassello fondamentale. 

 

Ancora non capivo perché. 

 

Mentre riflettevo, Peter era uscito dal bagno e ancora gocciolante si diresse verso la sua amaka a prendere i suoi vestiti. 

 

Mi girai per dirgli di caricarsi di vestiti pesanti ma finii per dimenticarmi come si facesse e mi ritrovai ad osservare la figura scolpita di Peter. 

Avevo già visto ragazzi a petto nudo, come le volte che facevano nuoto e io e Tasha andavamo a spiarli dalla collina, ma Peter... Era qualcos'altro. Sembrava uno di quei senior del camp che si aggiravano di tanto in tanto, dopo le loro missioni segrete, che facevano invidia a tutti e tutte desideravano. 

 

Alle cascate non l'avevo guardato avevo solo incrociato sue o tre volte il suo sguardo ma non l'avevo osservato. 

 

Adesso me lo trovavo davanti agli occhi a non più di tre metri, chino sulla sua valigia, con un sottile asciugamano come indumento. 

I miei battiti cardiaci aumentarono e la mia faccia bollì. 

Quando si girò ero in stato di narcolessia e non riuscivo né a dire qualcosa di sensato né a distogliere lo sguardo. 

 

Potevo solo sperare che la mia bocca non fosse spalancata e che non stessi sbavando sui miei vestiti. 

 

- Che c'è? - chiese Peter accortosi del mio sguardo. 

 

Volevo rispondere. Con tutte le forze cercavo di cavare fuori qualche sillaba ma niente. Ero completamente in trance. 

 

Sentii la mai coscienza dire "Sai, fai abbastanza schifo. Non riesci neanche a contenere la diga degli ormoni che rimani a fissare sto qua come un ebete. Dai su, reagisci! Dì qualcosa! Stai facendo la figura della ninfomane!" 

 

- Ba... - un minuto buono di sforzi e questo era il risultato. "Ba". 

 

- Eh? - disse Peter frastornato. 

 

- ... Peter? - grandi progressi. 

 

- Sì sono io - rispose lui, adesso era preoccupato. 

 

- Mi prendi un bicchiere d'acqua? - addirittura una domanda! 

 

- Sì, Mel. Che hai? Ti senti male? - chiese lui mentre si dirigeva verso la dispensa a prendere il bicchiere. 

 

- Ho un leggero malditesta - la palla più grande che mi potesse venire alla mente ma almeno era credibile. 

 

Mi portò il bicchiere e si sedette accanto a me e mi mise una mano sulla guancia - Sei rossa e calda - constatò - Sei sicura di voler partire proprio adesso? - chiese preoccupato. 

 

- Sì, non ti preoccupare, Pete - dissi - Sto bene. E' solo che non sono abituata a svegliarmi così presto -

 

Mi guardò - Guarda che se vuoi partiamo più tardi, non c'è nessuna fretta - 

 

- No, Pete. Prima partiamo, meglio è - dissi io. 

 

Annuì e si alzò. Mi porse la mano e mi tirò su, per poi tirarmi tra le braccia per poggiarmi delicatamente sul divano morbido che dava sulla finestrata. 

 

Forse per il sonno, forse per gli ormoni non capii quello che stava succedendo. 

Appena mi aveva preso fra le braccia ero ricaduta in trance.

Riuscivo solo a pensare a quanto fosse morbida e profumata la sua pelle. Il calore che emanava era come quello delle coperte calde d'inverno e emanava un profumo inebriante. Quando mi poggiò sul divano sentii immediatamente freddo. 

 

Per fortuna non riuscivo a parlare perché probabilmente avrei dato fiato a troppe cose che preferivo fossero serrate chiuse dentro al più profondo scrigno del mio cuore. 

 

- Riposati ancora per un po', Mel - disse con voce soffice - Io devo fare una cosa - disse. 

 

Volevo sapere cosa sarebbe andato a fare ma non riuscii a spiccicare parola e così mi limitai a mugugnare un consenso. 

 

Lui sorrise e si richiuse in bagno. 

 

   
 
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