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Autore: PattyOnTheRollercoaster    29/01/2012    1 recensioni
Tess alzò lo sguardo e deglutì, mordicchiandosi un labbro, le mani giunte in grembo. «Devo dirti una cosa.»
«Sei sposata.»
«No.»
«Sei malata.»
«No.»
«Sei un uomo!»
«No!»
[...]Tess abbassò la voce e sussurrò: «Ho una figlia».
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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IV
Capitolo IV
Nuove prospettive





   Io e Nandy stavamo sedute nel parco e sorseggiavamo granite rosse che ci facevano venire la lingua dello stesso colore. Lei si stava completamente rilassando, invece io dovevo ancora fare quel maledetto tema su Shakespeare. E quel pomeriggio sarei andata a casa di Ben. Sapevo che doveva fare un servizio fotografico o simili nel mattino, e così ci eravamo messi d’accordo perché mi venisse a prendere in questo parco. Io ne avevo approfittato per fare un giro con Nandika nel frattempo.
   «Fa vedere», disse ad un tratto. Tirai fuori la lingua più che potevo. «Bella. La mia?» Tirò fuori la lingua.
   «Uguale», dissi.
   «Mel…», Nandy sembrava incerta, «Seymour mi ha detto una cosa su Malachi.» La guardai interrogativa.
   Avevo raccontato tutto a lei della nostra uscita, e del fatto che ci eravamo ufficialmente messi insieme. E sì, anche di aver fumato una canna. All’inizio non era molto entusiasta, diceva che mandano in pappa il cervello, ma io le avevo promesso che non lo avrei più fatto perché tanto non avevo sentito niente ed era inutile fumare, spendere soldi e tutte quelle cose lì legate alla marijuana quando non t’interessa nemmeno un po’ alla fine.
   «Cosa?», domandai.
   «Ha detto che a volte Malachi fuma anche a scuola. Con certi ragazzi più avanti. Malcom, Tracey, quelli di terza e poi boh, non lo so.» Corrugò le sopracciglia in un modo che mi fece capire che era preoccupata. Io rimasi in silenzio, un po’ perché non volevo ammettere questo difetto nel mio nuovissimo ragazzo, un po’ perché ero rimasta stupita anch’io. Nandy continuò: «Voi avete un bel rapporto, e adesso sei anche la sua ragazza, forse dovresti dirgli qualcosa».
  Deglutii a vuoto. Bevvi un sorso di granita e me la feci scivolare sulla lingua. «Sì buona idea», dissi annuendo. «Come vanno i preparativi del matrimonio?»
   «Oh si sposano a Luglio. Ci sono un sacco di cose da fare, ospitiamo anche mia zia e i miei cugini. Papà sta avvisando tutti i parenti e vorrebbe una festa tradizionale. Sta facendo le cose in grande, ha già prenotato un posto dove si terrà la festa.»
   «E tua sorella?», domandai. «E se lei volesse cose semplici?»
   Nandy scrollò le spalle. «A lei non dispiace un bella cerimonia, sta solo lottando con papà per non fare la cosa troppo vistosa.»
  «E se tu ti sposi? Come lo vuoi il tuo matrimonio?» Gliel’avevo chiesto per curiosità, ma in realtà c’era anche un discorso ideologico dietro: il libero arbitrio. Io e Nandy ne parlavamo un sacco, la sua famiglia tentava di radicare nei figli molta della loro cultura, e c’erano delle cose che semplicemente mi sembravano assurde.
   «Boh, ho ancora un bel po’ di tempo per pensarci», rise Nandy.
   Sorrisi anch’io ma insistetti: «E se ti promettono in sposa a qualcuno?».
   «Non esagerare adesso», mi riprese lei, «Mia sorella ha trovato lei il suo fidanzato.»
   «Come si chiama?»
   «Vikas.»
   Alzai le sopracciglia. «E’ indiano.»
   «Sì», disse Nandy come se fosse ovvio.
   «E se t’innamorassi di un ragazzo inglese cosa direbbero i tuoi?»
   Di nuovo Nandika si strinse nelle spalle. «Non lo so. Forse li convincerei a lasciarmelo sposare.»
   «Hmmm.» Non dissi nulla e bevvi la mia granita.
   «A che ora viene a prenderti Ben?»
   «Prima di pranzo.» Guardai l’ora. «Dovrebbe arrivare fra poco in realtà.»
   «Hai parlato con lui?»
   «Seh.»
   «E che è successo?» Nandy si alzò e gettò la sua granita ormai vuota nel primo cestino. Tornò indietro, le porsi anche la mia, lei alzò gli occhi al cielo ma gettò anche quella. «Potevi anche avvisarmi prima.»
   «Scusa… Comunque, niente, ha detto che vuole bene a Tess, e secondo me stanno bene assieme. Credo.»
  Nandy ricominciò con il suo discorso maledettamente vero: «Lo sapevo che era perfetto! Lo sapevo che non ti piaceva per quello!».
   «Io non sono gelosa di Tess», ripetei per l’ennesima volta.
   «Sì, ci credo; ma forse è una cosa inconscia, che ne sai? E poi è normale, scusa, mica c’è qualcosa di male ad assicurarsi che uno stronzo qualunque non si metta con tua mamma.» Annuii, convinta.
   Dopo qualche minuto vidi la figura di Ben arrivare lungo il sentiero. Ci scorse e gli andammo incontro. Sempre sorridente, sempre perfetto quel maledetto! Mai una volta che si arrabbiasse, che sembrasse annoiato! Ma che prendeva, eccitanti?! «Ciao Mel, ciao Nandika.»
   «Okay, allora vado a casa», disse Nan salutando, «Mi raccomando uno studio approfondito che una volta fatta questa hai l’estate libera.»
   «D’accordo», borbottai. Nandy sorrise, salutò e ci separammo.
  «Hai mangiato?», domandò Ben camminando in mezzo al sentiero di terra. «L’altro giorno sono venuti a trovarmi i miei e mi hanno portato un sacco di cose da mangiare.»
   «Ah sì? Lo sai che non so niente della tua famiglia?»
   «I miei sono psicolabili.» Lo guardai in silenzio senza credere ad una parola. «Cioè… mio padre insegna psicologia all’università, mia madre è psicoterapeuta… Sono favolosi, cercano sempre di psicanalizzarmi.»
   «Un bella famiglia di pazzi», lo interruppi sorridendo.
   «Ah grazie mille. E tu? So che hai uno zio.»
   «Oh sì, mio zio Tom. E’ il fratello maggiore di Tess, abita a Dublino. Con tutta la sua famiglia. E di solito andiamo a trovarlo per le feste. Ho quindi una zia acquisita e ben due cugini più grandi, è una cosa molto ingiusta.»
   Ben sorrise e domandò: «Perché?». Nel frattempo eravamo arrivati alla macchina e aprii le portiere.
   «Non è bello essere sempre la più piccola della famiglia. Non c’è nessuno sotto di me, capito? Tu hai fratelli?»
   «Sì, uno più piccolo. Jack.»
   «Io come sai ho una tartaruga ed è come se fosse mio fratello. E mi devo accontentare di quello, immagino. Solo su di lei posso far valere la mia autorità di sorella maggiore.»
  Una volta in macchina rimpiombammo nel silenzio. Non so se mi piaceva quella conversazione sulla famiglia, io non volevo parlare della mia famiglia. Ovviamente il talento di Ben nell’essere tanto inadeguato si fece sentire ancora una volta, e non lasciò cadere l’argomento finché non fummo a casa. Odioso.
   «Wo!», esclamai quando entrai nel salotto. «Ma quante stanze ha questa roba? Sei sicuro che è solo tua?» La casa era enorme, non avevo mai visto una casa tanto grande. Per fortuna non era super moderna con i mobili monocolore in stile minimal white. Anzi era piuttosto rustica e accogliente, le stanze erano grandi e ariose.
   «Facciamo così: scaldo l’arrosto di ieri e ci guardiamo il film.»
   «Dov’è il film?», domandai abbandonando la borsa e guardandomi attorno.
  «Sul ripiano vicino alla tv!», disse Ben dalla cucina. «Vuoi una coca? Ah no, aspetta… questo è vino.» Mi addentrai in cucina e osservai Ben che si dava da fare con l’arrosto solo da scaldare.
   «Dovresti proprio imparare a cucinare. Hai trent’anni, cacchio!»
   «Io so cucinare. Pochi semplici piatti, ma li so cucinare bene.»
  Sbuffai e andai a mettere il film nel dvd. Ben fece girare la tv in modo che fosse più comodo vederla dal tavolo in salotto, poi guardammo tutto il film con l’arrosto e poi dei biscotti buonissimi che aveva fatto sua madre. Me ne mangiai almeno una decina e alla fine mi stava venendo sonno da quanto avevo mangiato. Come i bambini appena nati che dopo la poppata devono fare il ruttino e dormire. Io saltavo la parte del ruttino, ormai ero grande per quello, ma solo per quello intendiamoci. Quando sparecchiammo aiutai Ben a lavare i piatti e dopo, con sforzo sovrumano, mi misi sul tavolo con libri e quaderni. Il più felice lì sembrava proprio Benjamin.
   «Si può sapere che hai da ridere?», domandai indispettita.
   «E’ che sono anni che non faccio una cosa del genere.»
   «Studiare? E ti lamenti? Non appena finisco la scuola non toccherò mai più un libro in vita mia.»
   «Mai dire mai», canticchiò lui con il sorriso sulla bocca prendendo un foglio e una biro. «Nemmeno a me piaceva particolarmente la scuola, però sono contento di essere andato a Kingston. Cominciamo: facciamo una lista delle cose principali del libro e del film, troviamo similitudini e differenze e poi fai il tuo tema.»
  Così passò il resto del pomeriggio. Non sapevo bene se mi sentivo più annoiata dal compito o più indispettita del fatto che Benjamin fosse comunque un bravo insegnante. O per lo meno riuscisse a tenere la mia mente abbastanza sveglia. Aveva una gran parlantina e non mi distrassi nemmeno un attimo. Forse questo suo pregio derivava dallo spettacolo. Immagino che si debba saper parlare correttamente e in modo non troppo prolisso in tv. Comunque sia, il mio tema fu un vero successo.

   La scuola era finita. Provavo un piacere quasi fisico.
  Avevo invitato a casa per cena Malachi, Nandy e Seymour, avremmo mangiato pizza, bevuto coca cola e magari saremmo anche scesi per strada a provare quel trucco delle caramelle infilate nella coca che la facevano esplodere. Da quando l’avevo visto fare in tv impazzivo dalla voglia di provare. Alla fine finimmo fino all’ultima goccia di coca cola, quindi ci fu mancanza di materia prima per il mio esperimento. Peccato…
  Dopo esserci guardati un film e aver goduto dell’imitazione di Seymour della prof di ginnastica, il cellulare di Nandy squillò. Era suo padre, ovviamente. Anche se abitavamo abbastanza vicini voleva che non si avventurasse per la bellezza di mezzo isolato da sola in un’ora troppo tarda, così aveva il coprifuoco di mezzanotte, e lui veniva a prenderla all’angolo della strada. «Tranquillo papà, sto tornando», disse Nandy mentre metteva la borsa in spalla. «Sì, aspettami pure lì.» Mise giù e ci salutò: «Devo andare, ci vediamo eh».
  «Aspetta Nan, vengo con te.» Seymour indossò la felpa e disse: «Non lasciarmi solo con questi due, chi sa cosa potrebbero fare! Potrei avere dei traumi, non voglio che mi si blocchi la crescita».
   Nandy rise sguaiatamente, invece Malachi gli diede un calcio nelle chiappe non troppo forte. «E statti zitto!», commentò.
  I due uscirono e io e Malachi restammo soli. La faccenda sembrava seria… Non che io e Malachi non fossimo mai rimasti soli prima di allora, ma questa volta eravamo soli dentro una casa, assieme ad un comodissimo divano e ad un ancor più comodo letto. Era quasi noioso da quanto era scontato. Mi pareva che dovesse all’improvviso scattare un segnale, che dovessimo fare qualcosa di passionale e molto, molto imbarazzante. Non avevo ancora nemmeno pensato a questo genere di cose, e sperai che in fondo nemmeno Malachi lo avesse fatto. Purtroppo i ragazzi sono una specie quanto mai inutile e incomprensibile, così non mi arrischiai a chiederglielo e dissi invece: «Mi aiuti a mettere un po’ a posto?».
  Malachi si alzò dal divano. «Sì», disse venendo in mio aiuto. Sparecchiammo in fretta e poi Malachi fece un sorriso furbo risedendosi sul divano, come quando aveva appena mentito a un prof. Si frugò in tasca e ne trasse una canna. «Ti va?»
   Esitai. «Sì.»
  La prima volta che avevamo fumato ero solo curiosa. Mi ero sentita uguale prima e mi ero divertita, e non vedevo perché no per due motivi principali: il primo era abbastanza stupido, ossia per fare qualcosa assieme a Malachi; il secondo era perché se la prima volta non avevo sentito nulla, che male faceva rifarlo? Non avevo idea di aver fumato nel modo sbagliato e di non aver aspirato proprio un bel nulla, in fondo non lo avevo mai fatto.
   La seconda volta lo feci nel modo giusto.
   Dopo quasi un’ora di risate e discorsi filosofici campati per aria e discorsi stupidi con una logica schiacciante il campanello suonò. Malachi corse ad aprire la finestre e fece partire la ventola sul soffitto, io andai a rispondere sapendo benissimo chi fosse. «Siamo noi tesoro!» Tess e Ben. Io e Malachi ficcammo in bocca due gomme da masticare alla fragola e sedemmo sul divano, facendo finta di aver avuto la tv accesa praticamente da sempre.
  Quando Tess entrò riconobbe Malachi da una volta in cui l’aveva visto a scuola. «Oh ciao ragazzi. Come va? Passato bene la serata?»
  «Tutto bene, grazie. Avete mancato Nandy e Seymour per un soffio», disse Malachi sorridendo a mia madre. Io sorridevo falsamente e li osservavo. Mamma sembrava tranquilla, cominciò a parlare del ristorante dov’erano stati e di come il cameriere le aveva portato il piatto sbagliato. Malachi se la lavorava per bene e la ascoltava come se tutto ciò che dicesse fosse di fondamentale importanza. Per fortuna gli effetti della canna stavano passando e per lo meno non scoppiammo a ridere da soli, piuttosto avevamo una grande parlantina, ma nulla di più.
  Smisi di curarmi di mamma quando vidi che era impegnata in un fitto discorso con Malachi riguardo alla carne (ben cotta o al sangue? E’ incredibile quel che poteva inventarsi quel ragazzo solo per parlare), mi volsi verso Ben, se non altro per salutarlo dato che ancora non gli avevo detto nemmeno ‘ciao’. Quando lo vidi ingoiai tutte le parole che stavo per dirgli. Rimasi ammutolita di fronte alla sua espressione, era freddo come il ghiaccio e guardava Malachi con occhi piedi di disprezzo. «Ciao?», domandai esitante. «Che ti è successo? Anche tu hai chiesto le vongole e ti hanno portato i calamari? Ci sono cose peggiori nella vita. Coraggio, beviamoci su!», quest’ultima l’avevo presa da Jack Sparrow, l’avevo detto tirando una pacca sulla spalla di Ben, ma lui non pareva aver compreso l’umorismo. Mi osservò serio e non disse una parola, invece andò da Tess e rimase ad ascoltare i discorsi fra lei e Malachi in silenzio.
   Mi sentii quasi tagliata fuori e mi arrabbiai moltissimo. Quell’uomo dalla dubbia capigliatura mi aveva già privato di gran parte del – poco – tempo che potevo passare con mia madre, e adesso non mi lasciava neanche parlare con il mio ragazzo? Per fortuna dopo appena pochi minuti Malachi si alzò e annunciò a tutti: «Be’ io devo andare. Ci vediamo eh. Ciao Tess», salutò mia madre con una stretta di mano, «Benjamin, ci vediamo», e strinse anche quella di Ben.
  «Ti accompagno giù», dissi velocemente seguendo Malachi fuori dalla porta e nel corridoio. Quando fummo fuori dall’edificio, sicuri che non ci avrebbero sentiti, domandai: «Secondo te se ne sono accorti?».
   «Nah», disse lui ghignando. «E’ simpatica tua mamma.»
   «Grazie. Hai visto quanto parla? Non si riesce a fermarla quando comincia.»
   «E’ giovane. Quanti anni ha?»
   «Trenta.»
   «Wow, magari avessi anch’io genitori così.» Rimase un attimo in silenzio. «Ti va di venire a conoscere i miei un giorno?»
   Sorrisi, felice che me lo avesse chiesto. La cosa in quel modo sembrava ancora più ufficiale. «Sì, perché no?»
  «Allora glielo dico domani, poi ti avviso.» Malachi quando sorrideva aveva un viso meraviglioso. «Posso chiederti una cosa?» Rimasi in silenzio. «Ma quello lì è il ragazzo di tua madre?»
   Sbuffai sonoramente. «Sì.»
   Malachi scoppiò a ridere e domandò: «E perché fai pfff?».
  «Oddio ti giuro che non lo sopporto. Cioè… Nandy dice perché so che a Tess piace e forse è vero. Ma t’immagini a vivere con quello? Potrei macchiarmi di omicidio.»
   «Perché? Che ha che non va? A me non sembra male. Cioè non ha detto una parola, quindi veramente non lo so.»
   «A me sta bene che stia con Tess, ma sembra quasi- è come se voglia… intromettersi anche nella mia vita. Cioè io sto bene come sto, non mi serve un papà o simili, sono stata così bene senza per tutti questi anni! Però adesso che c’è lui… mi chiede le cose, vuole sapere di me, e io non ho voglia di dirglielo. Proprio, come se fossi stanca. Non mi voglio sforzare di parlare con lui.»
   Malachi annuii piano, guardandomi negli occhi. «Sì… ho capito cosa intendi.» Rimase un attimo in silenzio e mi parve che celasse qualcosa sotto gli occhi scuri. «Un giorno forse ti starà simpatico. Scommetto che se piace a tua mamma allora non può essere tanto una cattiva persona, no?»
  «Immagino di no», sospirai. «E’ solo che non voglio conoscerlo, adesso. E lui non vuole conoscere me.» Rimasi in silenzio, riflettendo su quel che avevo appena detto.
   «E’ solo un periodo brutto, quando lo conoscerai meglio vedrai, no?» Sorrisi debolmente. «Ci sentiamo okay?» Malachi mi diede un bacio e ci separammo.
   Quando tornai di sopra Tess e Ben stavano ancora seduti attorno al tavolo, e mamma si era messa il pigiama. Volevo correre in camera mia e non parlare con nessuno di loro, magari se fossi stata abbastanza veloce ce l’avrei fatta. La dura realtà era che per andare in camera dovevo passare davanti alla cucina. E infatti…
   «Mel!»
   Cacchio. «Sì?» Andai in cucina e rimasi sulla porta. «Chi era quello?»
   Sgranai gli occhi. « Ci hai parlato per quasi mezz’ora e non sai nemmeno chi sia?»
  «Malachi, lo so. Siete fidanzati?», domandò Tess con un sorrisino. Non potei fare a meno di sorridere anch’io e Tess iniziò a saltellare. «Ah! Ti giuro che l’avevo capito subito! E’ uno di quei presentimenti da mamma. Da quanto state assieme?»
  «Non tanto», dissi ritornando seria e rimando sul vago. Benjamin non diceva nulla, ma vederlo così mi faceva sentire strana, a disagio. Sembrava che ce l’avesse con me. Ma c’erano ben due cose che non mi andavano giù: primo, che cos’avevo fatto di male?, secondo, che cosa importava a lui? «Vabbè io vado a dormire ma’. Notte. Ciao Ben.»
   «Ciao», biascicò lui senza guardarmi.

   Se con l’inizio delle vacanze speravo di non dovermi più sorbire Tess e Benjamin per casa che amoreggiavano, mi sbagliavo di grosso. Ben era molto spesso a casa da noi, più raramente mamma era da lui. Ma non potevano vedersi in giro altrove? Purtroppo per me anche le mie uscite erano state limitate perché, come previsto, a Tess era venuto in mente di farmi fare ogni giorno almeno tre ore di compiti delle vacanze. Io ci provavo, davvero, ma il più delle volte dopo la prima mezz’ora mi ritrovavo a scarabocchiare sul libro frasi di canzoni sconosciute ai più. Ovviamente mamma doveva porre un rimedio a questo, così mi consigliò di fare i compiti di scienze, chimica e matematica assieme a Nandy, e quelli di inglese e arte assieme a Benjamin. «Per rinsaldare il vostro legame, tesoro. Mi piacerebbe che lo conoscessi meglio, e anche a lui piacerebbe conoscere te.» Sì, come un agnello vorrebbe conoscere le fauci di un leone. Non ho certe manie suicide. Purtroppo era un vero dispiacere per me dire di no a Tess, chiedeva le cose in maniera tanto gentile che non ci si poteva rifiutare! Io e lei avevamo un rapporto che non era quello solito che vedevo fra i miei amici e loro genitori: gli altri padri e le madri dicevano ai figli di fare le cose, Tess invece me lo proponeva. Ne parlavamo. E’ qualcosa di sottile ma fa una grande differenza. E così mi ritrovavo incastrata con Benjamin ben due volta alla settimana. Mi chiedevo se a lui non desse fastidio. Non aveva di meglio da fare piuttosto che badare a me? Decisi che glielo avrei chiesto, e così feci.
   «Ben posso chiederti una cosa?», esordii appena dopo aver finito di scrivere un tema.
   «Non te lo correggerò mai. Lo posso leggere e dirti se va bene o è da rifare, ma non esageriamo.»
   «Ma perché no?», domandai cocciuta. Era lì per aiutarmi e non lo faceva nemmeno fino in fondo.
   «Perché altrimenti sarebbe ingiusto nei confronti degli altri, no?»
   Mi riscossi. «Sì be’, comunque non volevo chiederti questo.» Lui alzò gli occhi dalla sua posta e mi osservò. «Perché mi aiuti con i compiti?»
   «Perché tu non li faresti mai da sola.» Accennò un sorriso e fece per tornare a leggere.
   «Ah, ah, grazie. No, volevo dire… non hai nient’altro di meglio di fare?»
   Parve pensarci qualche secondo, alla fine rispose: «Be’ immagino di sì, ma tua madre me lo ha chiesto per favore e a me non costa nulla».
   In realtà ero un tantino delusa da quella risposta.
   «Melany.» Ben mi chiamò e io alzai lo sguardo. «Ti piace quel ragazzo? Quel… Malachi?»
  Inarcai un sopracciglio. «No, lo odio. Stiamo assieme per scommessa.» Ben alzò le sopracciglia e io roteai gli occhi al soffitto, esasperata. Non si poteva fare nemmeno una battuta, però! «Sì, certo che mi piace. Altrimenti che ci sto a fare con lui?»
   «Sei andata a cena dai suoi genitori l’altro giorno, no? Com’è andata?»
  «Bene, grazie.» In realtà era stato più formale di quanto avessi mai desiderato, ma per lo meno era stato breve: i suoi genitori erano molto impegnati con i loro lavori, sempre. Dalla mattina alla sera. Suo padre era il capo di una ditta che produceva non so cosa per le auto, sua madre invece era a capo di una catena di ristoranti per famiglie. Avevano un sacco di soldi.
   Ben abbandonò il libro che aveva in mano e si sporse in avanti. «Senti, ne ho già parlato con tua madre e lei ha detto di sì. E se io ti facessi una proposta…»
   «Volete sposarvi?», lo interruppi, orripilata.
   «No.»
   «Volete un bambino?»
   «No.»
   «Vuoi mandarmi in collegio?»
  «No, lasciami finire!», esclamò Ben, però sorrideva quindi suppongo si stesse divertendo alle mie ipotesi idiote. «Fra un mese parto per New York, lo sai no?» Annuii. «Mi chiedevo se volessi venire anche tu. Con qualcun altro. Insomma io me ne starò la maggior parte del tempo a fare riprese o cose del genere, non posso stare con te, allora tua madre ha pensato che potevi portare… che ne so, Nandy, o qualche altra tua amica.» Era surreale. Ben voleva che passassimo del tempo assieme, voleva farmi un favore. «Allora?»
   «E le spese?», domandai solo.
  «Be’ sì, ci ho pensato ma, sai, la stanza dell’hotel io ce l’ho pagata. Di solito sono camere molto grandi, ci sono anche dei divani dove si può dormire, e comunque far aggiungere un letto non farà male a nessuno. Non ci vorranno troppi soldi per l’aggiunta di un letto, l’ho già detto a Tess. Praticamente sarà solo il viaggio e quello che spenderai là. Prendi in considerazione però che i pasti sono pagati.»
   «E il tuo lavoro?»
   «Non preoccuparti, ho già sistemato tutto io.»
   «E…», mi morsi un labbro, incapace di trovare un altro difetto in quello che era il piano magnificamente studiato di Ben.
   «Allora?», ripeté lui, «Credevo ti avrebbe fatto piacere.»
   «Sì! Sì, sì», dissi subito. In pochi istanti mi si allargò un sorriso sulla faccia. Afferrai le mie cose e le misi nella borsa velocemente. «Devo andare subito ad avvisare Nandy! Dobbiamo decidere un sacco di cose.» Misi la borsa in spalla e mi avviai alla porta, prima di andarmene mi rivolsi a Benjamin e sorrisi: «Grazie». Non attesi la sua risposta e corsi giù in strada fino alla fermata dell’autobus. Quando stavo a pochi metri dallo stop lo vidi girare all’angolo e corsi più veloce. Riuscii a salire per un soffio. Quando fui su guardai verso il palazzo dove abitava Ben. C’erano troppe finestre per poter capire quale fosse la sua.
   Quando arrivai a casa di Nandika suonai impazientemente fino a che sua mamma non mi aprì la porta. «Oh ciao Melany, entra.»
   «Ciao Charu, c’è Nandy?»
   «Sì, è di sopra.» Mi fiondai su per le scale facendo i gradini due a due. La voce della mamma di Nandy mi seguì: «Vi porto qualcosa da mangiare d’accordo?!».
   «Grazie mille!» E dopodiché entrai nella stanza senza nemmeno bussare. «Nandy! Nandy ho una notizia bellissima!»
  Nandika, che stava di fronte allo specchio con addosso drappi di tela colorata che sembrava le fossero caduti addosso senza un ordine preciso, si spaventò tanto che fece un salto alto un metro. «Oddio Mel! Ma sei pazza?!»
   «Scusa, scusa! E’ che ho una notizia bellissima: tu sei formalmente invitata a venire a New York con me e Benjamin.»
   Nandy strabuzzò gli occhi. «Quando?»
   «A Luglio. Alla fine, il matrimonio sarà già finito. Hai detto che si sposa presto tua sorella.»
   «Il 9 Luglio.»
   «Ah! Perfetto! Noi dovremmo partire per il 13 e rimanere lì fino alla fine del mese.»
   «Ma… come, perché?»
   «Ben ha un film a New York, fa più la comparsa che altro, per questo sta là poco. Ha detto che posso andare con lui, e che posso portare qualcuno.»
   Il sorriso di Nandy cominciò ad allargarsi piano sul suo viso, poi ci abbracciammo e ci lanciammo in una folle danza che nemmeno gli aborigeni avrebbero mai fatto. «Mel! Andiamo a New York! Dobbiamo organizzare il nostro itinerario, che cosa vogliamo vedere? Facciamo una lista delle cose da vedere, così quando saremo lì non ci dimenticheremo più.»
   «D’accordo, okay.» Tolsi le scarpe e le gettai in un angolo. «Cosa diranno i tuoi? Non sarai dai tuoi parenti.»
  «Ah, dì a Benjamin e tua madre di prepararsi, di sicuro papà vorrà organizzarmi tutto il viaggio e conoscere lui», disse Nan sorridendo, «Comunque, insomma, è un personaggio famoso, lo sappiamo che è affidabile. E poi tua mamma lo conosce, e tu lo conosci. E io conosco te, quindi… non possono non fidarsi di lui, ecco.» Nandy si chinò a prendere dei fogli e il pc portatile, e un lembo di quella stoffa colorata cadde a terra.
   «Che è quella cosa?»
   «Cosa?»
   «Il vestito.»
  «E’ per la cerimonia, è un vestito tipico indiano, si chiama sari. Non l’hai mai visto?» Scossi la testa. «Non è male, solo un po’ difficile da incastrare.»
   «Sembra una tenda», commentai.
   Nandy sedette al mio fianco. «Scema», mi rimproverò.
   Passammo tutta la giornata a programmare il nostro itinerario, e Nandy disse che quella sera a cena avrebbe parlato con suo padre del viaggio e di Ben.




















Arieccome!
Allora, vorrei precisare un paio di cose, anche se magari non interessano a nessuno xD
La scena delle granite viene dal film "Juno". Se siete curiosi di vederlo (magari perché non avete nulla da fare, non che io m'illuda che la mia fanfiction sia così interessante da far venire voglia di vedere un film che cito) buon per voi, è molto bello.
Seconda cosa, il discorso sulle culture che fa Melany. Non so, non ha né capo né coda, non verrà ripreso mai più, e non è importante in questa storia, ma pensavo fosse interessante metterlo, perché se hai amici che hanno un modo di vivere e di pensarla così radicalmente diverso da te non puoi fare a meno di pensarci, no? A me è capitato di fare discorsi senza fine riguardo alla cultura assieme ai miei amici, e ovviamente non siamo arrivati a nessuna verità universale! xD Io però penso sempre che se le cose le faccio io allora non posso certo essere l'unica, per cui le metto nelle fanfiction, ed ecco spiegato il perché di quella parentesi.
Poi, sempre riguardo Melany, in questi capitoli potrebbe apparire antipaticissima: dice cose senza senso, sembra che neghi l'evidenza e ci si metta d'impegno a trovare il pelo nell'uovo, ma io credo che, essendo lei nel pieno dell'adolescenza, ci stia bene un comportamente del genere, per cui è assolutamente voluto. Non è una cattiva ragazza, cerca solo disperatamente di sembrarlo. Volevo dire questo per difendere il mio personaggio, perché mi rendo conto che a volte è insopportabile! Ma se non vi piace, tranquilli, cambierà.
Be', a parte questo, all'argomento droghe arriveremo più avanti, e vi prometto che tenterò di non scrivere al riguardo un papiro simile.
Spero che il capitolo sia piaciuto, ciao a tutti e buona Domenica!
Patrizia
   
 
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