Fanfic su attori > Robert Pattinson
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Autore: Giulls    29/01/2012    4 recensioni
Michelle Waldorf è all'apparenza una ragazza normale: ha 18 anni, vive con la madre a Los Angeles, sta per diplomarsi ed è il capitano della squadra di pallavolo della scuola. Eppure la sua vita viene presto sconvolta da due avvenimenti: il fantasma del suo passato e lui, il suo nuovo vicino di casa. Robert Pattinson.
< Ti va di ricominciare? > propose porgendomi la mano, < ciao, mi chiamo Robert Pattinson >
< Piacere, Michelle Waldorf >
< Waldorf? > ripeté sgranando gli occhi, < come Blair Waldorf in Gossip Girl? Cavolo, puoi farmi un autografo? Non capita tutti i giorni di conoscere una ragazza che faccia di cognome Waldorf >
< Va bene, ma tu devi promettermi di mordermi sul collo > risposi a tono e entrambi incominciammo a ridere.
[...]
< Io avrei ancora un paio di scatoloni da sistemare… okay, più di un paio e avrei bisogno di qualche buon'anima che mi dia una mano. Ti andrebbe? >
< Certo, perché no? > risposi alzandomi in piedi, < ma mi offri la colazione >
< Va bene, > asserì, posando una banconota da dieci dollari sul tavolo, < andiamo? >
< Andiamo > dissi mente prendevo la mia borsa e uscii dal bar insieme a Robert. Chissà, questo potrebbe essere l'inizio di una nuova amicizia.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lo ammetto, è stato difficile scrivere questo capitolo, ma ne sono soddisfatta.
Mi spiace dirvi che in questo e nei prossimi capitoli ci saranno un bel po' di problemi per Michelle…ma, hey, io sono per i lieto fine :)
Spero vi piaccia, anche se non è il classico capitolo.

Giulls
P.S. Niente forconi, prego :P

 

Complicazioni

< Non c'è niente di più buono di un cappuccino preso allo Starbucks di New York con la mia migliore amica > dissi sorridendo, mentre prendevo la suddetta migliore amica a braccetto.
< Concordo! Sono così contenta che tu sia venuta qui, era da tanto che non stavamo un po' insieme >
< È vero >
< Robert come sta? >
< Sta bene. Ci siamo sentiti ieri sera. Era stato invitato ad una festa con gli altri ragazzi del cast, ma non era sicuro di andare >
< Perché è diventato così pantofolaio? >
< Perché era stanco morto >
< Uomini…hanno una soglia di sopportazione del dolore pari a zero > ribatté e dopo esserci guardate negli occhi scoppiammo a ridere < oh, entriamo qui dentro! > esclamò, trascinandomi in un negozio di abiti prema-man e per neonati.
< Devi comprare un vestitino per il figlio di qualche tua amica? >
< Sì, per il tuo >
Le presi un polso.
< Jenny > la chiamai e mi guardò con faccia sorpresa < sono sono nemmeno di tre mesi, come faccio secondo te a comprare già qualcosa? >
< Per te compriamo qualcosa che tu possa mettere più avanti, per la tua prole nella pancia possiamo comprare qualcosa di neutro, poi più avanti sbizzarrirci. L'hai detto a Robert? >
< Ancora no >
< E cosa aspetti? >
< Eh, certo! Lo chiamo e gli dico che sono incinta per telefono? No, nel modo più categorico. Preferisco dirglielo in faccia. Tra tre settimane tornerà dalle Maldive ed io avrò l'occasione di dirglielo >
< I tuoi genitori lo sanno? >
< Ancora no. Tu, Walter, Kelly e Jeremy siete gli unici a saperlo. Voglio aspettare che lo sappia Robert prima di loro >
< Mi sembra giusto >
< Quindi possiamo andarcene? >
< Assolutamente no. Ora dobbiamo comprare qualcosa per te e per il tuo futuro marmocchio >
< Non chiamarlo marmocchio! > esclamai, portandomi le mani sulla pancia < piccolino o piccolina, magari anche piccolini. Non date retta a quello che dice zia Jenny, non capisce niente da quando ha iniziato a non dormire più alla notte a causa di John >
< Voglio vedere poi quando tu partorirai >
La guardai con finta aria di superiorità.
< Partorirò un angelo >
< Venuto dall'inferno > ribatté la mia amica, ridendo.
< Posso fare qualcosa per voi? > domandò la commessa avvicinandosi.
< Certo! > esclamò Jenny e le raccontò cosa stavamo cercando, o meglio cosa stava cercando di farmi comprare.
Trascorsi le due ore successive a provare dei vestiti che mi erano semplicemente enormi e a guardare bavaglini, body e tutine che potessero andare bene sia ad un maschio che ad una femmina.
< Jenny, ora possiamo andarcene? >
< Devi andare in bagno, vero? >
< Sì > mentii: avrei detto qualunque cosa pur di uscire da lì dentro.
Pagammo e poi uscimmo dal negozio, entrando in un bar e mi incamminai verso il bagno, lavandomi solo le mani. Inviai un messaggio a Kelly, aggiornandola sulla mia disperazione da shopping pre-maman e poi uscii.
< Ora dove andiamo? >
< A fare shopping in un negozio dove possa comprare dei vestiti che posso ancora mettere, okay? >
Rise.
< Certo! >
Mi trascinò dentro non so quanti negozi, ma ci divertimmo come non mai. Verso le undici e mezza eravamo sui marciapiedi della quinta strada, cariche di sportine.
< Ho fame. Ci fermiamo a mangiare qualcosa? >
< Benissimo > rispose sorridendo < andiamo in quel ristorante lì, okay? >
< Sì >
In quel momento mi squillò il cellulare.
< Pronto? >
< Ciao, Mitchie >
< Buon quasi pomeriggio. È quasi l'una qui, lo sai? > dissi ridendo, ma in risposta ricevetti un piccolo borbottio < Come è andata la festa? >
< Non lo so, non sono andato. Come ho toccato il letto sono crollato. Franz ci sta uccidendo. Mi sta uccidendo >
< Chissà cosa dovrai fare di così stressante per essere sempre così stanco! >
< Quanta confusione! Ma dove sei? >
< Ho abbandonato la caotica Yale per un fine settimana di riposo con la mia migliore amica a New York. Stiamo facendo shopping >
< Come stanno tutti? E quella peste di John? È cresciuto molto? >
< Te la passo, così mentre tu parli con Jenny, io compro questa bellissima borsa da mare che ho davanti agli occhi > dissi mentre guardavo una borsa bianca di tela, poi allontanai il telefono dall'orecchio e lo passai a Jenny < è per te >
L'afferrai per un braccio e la trascinai con me dentro il negozio.
< Robert! Ciao! Come stai?…Dici sul serio?…Sì, stiamo tutti bene. John è una peste, ti giuro che ogni tanto vorrei sopprimerlo! Ma poi quando vedo quei suoi occhioni verdi, gli perdono tutto…No, è che sono troppo buona…No, ora la porto a mangiare. Ma certo, che discorsi sono?!?! È ovvio che le farò mangiare solo cibi sani!…Va bene, te lo prometto. Sì, niente schifezze… >
Scoppiai a ridere.
< Di pure a Robert che so io cosa mangiare, non ho bisogno della tata >
< Hai sentito?…Okay >. Riprendemmo a camminare, mentre mi divertivo ad ascoltare Jenny e Robert battibeccare. Non vidi Jenny fermarsi davanti ad una vetrina, così proseguii il mio cammino, fino ad attraversare un semaforo. Non appena mi voltai, però, vidi che la mia amica era rimasta indietro, così feci una corsa per raggiungerla, visto che il semaforo per i pedoni era ancora verde. All'improvviso, però, accadde l'impensabile: ero sulle strisce pedonali, quando sentii un'auto inchiodare. Venni immediatamente sballottata in aria, sbattei contro qualcosa di freddo e poi caddi sulla strada. Sentivo un qualcosa di caldo colare dalla mia testa e attorno a me sentivo voci soffuse: c'era chi diceva di chiamare un'ambulanza, chi imprecava contro qualcuno.
< Michelle! > sentii esclamare da Jenny, poi il buio mi avvolse.

 

Avevo la gola secca e faticavo a respirare. C'era qualcosa infilato nelle mie narici, una specie di tubo, così come nel mio braccio. Sentivo addirittura qualcosa di freddo dentro la mia pelle.
Provai ad aprire gli occhi, ma la luce accecante me li fece richiudere immediatamente, così mugugnai sperando che qualcuno potesse sentirmi, ma così non fu.
< Jenny… > sussurrai flebile.
Mi feci forza e aprii gli occhi, sbattendo le palpebre più volte. Mi guardai attorno: ero su un letto di un'ospedale, vedevo accanto a me un monitor che misurava il battito del mio cuore. Oltre al mio battito, nient altro. Ero circondata da una tenda color verde acqua.
Alzai la testa e vidi che avevo un braccio fasciato. Perché non riuscivo a ricordare per quale motivo mi trovavo lì? Più tentavo di concentrarmi, più mi aumentava il mal di testa.
Avevo paura ed ero lì da sola. Ma pochi attimi dopo, la tenda si aprì.
< Michelle! > esclamò Jenny singhiozzando.
< Perché sono qui? Cosa è successo? > domandai ritraendo la mano dalle sue.
< Non…non ricordi niente? > domandò e feci di no con la testa < Eravamo sulla quinta strada e un'auto ti ha investita. Io ero al telefono con Robert e non sono riuscita a dirti di fermarti >
Sgranai gli occhi, spaventata.
< Robert? >
< Sì, Robert. Il tuo ragazzo > continuò e la guardai, stranita < tu…ti ricordi di lui, vero? >
< Jenny, non ho perso la memoria > sbottai < voglio dire…Robert sa cosa mi è successo? >
< Certamente. Credo che tra un'ora sia qui >
< Per quanto sono rimasta incosciente? >
< Quasi dieci ore >
< Dieci ore? > dissi con voce strozzata.
< Sì >
Voltai la testa verso destra, in direzione del monitor: il mio battito era regolare, segnava settantasei pulsazioni al minuto, per cui mi ero stabilizzata, nonostante tutto, ma perché non stavano monitorando il battito del feto? Già a poche settimane si poteva sentire, quindi perché non si erano premuniti di monitorarlo? L'avevo studiato il semestre scorso.
Settantasei pulsazioni, solo le mie pulsazioni erano presenti.
Guardai Jenny, che non la smetteva di piangere e di guardarmi. Mi toccai la pancia e mi parve di sentirla vuota.
Dov'era finita la mia pelle leggermente tirata?
< Jenny, il mio bambino? >
Jenny singhiozzò una seconda volta e mi afferrò la mano che tenevo sul mio grembo.
< M-Mich-elle… >
In quel preciso momento un dottore, che avrà avuto più o meno una quarantina d'anni, aprì la tenda e si avvicinò al monitor con una cartelletta.
< Dottore? Perché sul monitor è riportato solo il mio battito? Perché non state riprendendo anche quello del mio bambino? >
Il dottore posò la mia cartelletta sul tavolino accanto al mio letto e mi guardò.
< Signorina Waldorf, mi dispiace doverglielo dire, ma a causa dell'incidente lei ha subito un aborto spontaneo > rispose guardandomi addolorato ed io iniziai a tremare < la prego, signorina, non si agiti. Deve stare calma >
< Un coglione mi ha investita e ho perso il bambino. Il mio bambino! > urlai con quanto fiato avevo in corpo < Come diavolo fa a dirmi di stare calma?!? >
< Signorina Waldorf, non si agiti > ripeté il medico, ma non gli diedi retta.
< Michelle, ti scongiuro, fa' come ti dice > mi disse Jenny cercando di tenermi per mano, ma non ascoltai nemmeno lei.
Ero agitata, avevo una gran voglia di alzarmi dal lettino, uscire dall'ospedale, tornare sul luogo dell'incidente e strangolare con le mie stesse mani quell'essere vile che aveva ucciso il mio bambino. Mio e di Robert. Tentai di mettermi a sedere, ma sia il dottore che Jenny mi bloccarono e così iniziai a scalciare e a dimenarmi.
< No, no, no! Lasciatemi! > urlai a pieni polmoni.
< Infermiera! > esclamò il medico e pochi attimi dopo apparve un'infermiera con una siringa in mano.
< No! Lasciatemi! > continuai ad urlare e a dimenarmi.
Vidi Walter correre verso di noi e mi si illuminarono gli occhi. Ero certa che stesse venendo per liberarmi, lui era mio amico e mi avrebbe aiutato. Lo guardai speranzosa, ma mi sentii morire quando mi bloccò per le spalle, invece che allontanare il dottore e la sua fidanzata da me.
< Guadalupe, iniettale il calmante > disse il medico alla ragazza che teneva la siringa.
< No, no! No, vi prego! Lasciatemi > urlai, ma ero completamente immobilizzata da tutte quelle braccia < No! > continuai gemendo di dolore quando l'infermiera mi iniettò il sedativo nelle vene.

 

***

< Durante il colpo la signorina Waldorf ha battuto la testa, ma dalle analisi non abbiamo riscontrato alcuna emorragia celebrale. Ha un braccio rotto, ma niente di serio. Purtroppo a causa del colpo ha subito un aborto spontaneo e lo shock è stato tale da obbligarci a sedarla > disse il dottore a qualcuno che mi stava accarezzando con insistenza la mano e la fronte.
< È un problema se resto qui con lei fintanto che non si sveglia? > chiese la voce che riconobbi appartenere a Robert.
< Assolutamente no. Per qualunque cosa non esiti a chiamarmi >
Sentii scorrere i ganci delle tendine sul tubo per due volte e dei passi farsi sempre più lontani.
< Oh, Mitchie > sussurrò Robert tirando su col naso e mi baciò la guancia.
Aprii gli occhi e lo guardai: aveva smesso da poco di piangere, il naso era rosso, gli occhi pure ed erano anche lucidi.
< Io…aspettavo un bambino. Un bambino nostro > gli dissi mentre la mia vista si offuscava per via delle lacrime < volevo dirtelo non appena saresti tornato dalle Maldive. Lo so che è presto, tu hai il tuo lavoro ed io ho l'università, ma ero così felice. Sapere che avevo un qualcosa di nostro dentro la mia pancia mi riempiva il cuore di gioia, ma ora…ora non c'è più >
< Tu non hai idea di quanto mi sia spaventato quando ho sentito Jenny urlare il tuo nome. Grazie al cielo il dottore ha detto che non hai subito alcuna emorragia celebrale. Hai il braccio rotto > disse indicandomi il braccio fasciato < ma nulla di serio. Credo tu debba tenere il gesso solo per un mese >
Lo guardai furibonda e con odio, possibile che non mi avesse capito?
Strinsi i pugni, le lacrime mi offuscarono gli occhi e sentii il cuore iniziare a battere a mille.
< Come diavolo fai pensare alla mia salute, quando io ti ho appena detto che ho perso nostro figlio?!?! > urlai.
< Mitchie, calmati >
< No, non dirmi anche tu di calmarmi! Io gli volevo bene, anzi no, io lo amavo, cazzo! Ed ora? Ora non esiste più nessun bambino, è solo un ricordo. Come credi che mi senta? >
< Michelle, ci riproveremo >
< Tu non capisci > ribattei fredda e voltai la testa per non guardarlo in faccia < era una cosa minuscola, ma era parte di me > dissi mentre mi toccavo il ventre con il braccio ingessato e nel movimento gemetti dal dolore.
Ma non mi importava. Ormai avevo perso ciò che amavo più di me stessa, per quello che mi importava potevo anche finire sotto un tir.
< Lo so, Michelle. Credimi, non hai idea di quanto stia male anche io > rispose prendendo il mio volto tra le sue mani per cercare un contatto visivo.
< Ma ti prego, come diavolo fai a dire che anche tu ci stai male? Tu nemmeno ne eri al corrente >
Non volevo comportarmi così, ma qualcosa dentro di me mi impediva di essere gentile, voleva che soffrisse tanto quanto stavo soffrendo io.
< Hai ragione, ma sono felice che tu stia bene. Tra i due sono contento che sia tu a star bene >
< Come diavolo fai a dire questo? >
< Perché se ti fosse successo qualcosa…non solo avrei perso mio figlio, ma avrei perso anche la donna che amo >
Inspirai ed espirai profondamente e questa volta furono lacrime di disperazione quelle a bagnarmi le guance.
< Robert, mi sento malissimo > gli dissi mentre allungavo il braccio buono in direzione del suo viso < e se per qualche motivo non potessi più avere figli? >
< Non preoccuparti, se lo desideri faremo tutti i test necessari. Ma ora rilassati. Ti prego, non agitarti più del dovuto >
< Tu da quanto sei qui? >
< Da un paio d'ore. A proposito, complimenti > disse sorridendo.
< Per cosa? >
< Ci sono volute quattro persone per immobilizzarti. Sei forte, ragazza >
Risi e mi sistemai meglio sul cuscino.
< Resti qui con me? >
< Resterò incollato a questa sedia fino a che lo vorrai > sussurrò mentre mi accarezzava una guancia < ho provato a chiamare tua madre, ma non mi ha risposto >
< Sei matto?!? > esclamai tentando di mettermi a sedere, ma gemetti dal dolore < non provarci nemmeno >
< Perché mai? È tua madre >
< Non voglio che lei lo sappia. Non voglio che lei sappia più niente di me >
< Non essere ridicola. Se dovesse succederle qualcosa, tu non vorresti saperlo? >
< Scusi il disturbo, signorina Waldorf, ma devo farle altre analisi > disse il medico raggiungendoci.
< Ma non aveva già detto che era tutto a posto? > domandò Robert visibilmente preoccupato.
< Sì, ma è meglio fare degli accertamenti. Mi vuole seguire, signorina Waldorf? >
Annuii e Robert mi aiutò a scendere dal letto, poi il medico mi tolse l'ago dal braccio, il tubo da sotto il naso e mi fece sedere su una sedia a rotelle, dopodiché mi portò nel suo studio.
< Ora le farò qualche domanda e lei dovrà rispondermi. D'accordo? >
< Sì, dottore >
< Perfetto. Come si chiama? >
< Michelle Waldorf >
< Il suo nome per intero? >
< Michelle Christina Waldorf >
< Quanti anni ha? >
< Venti, ventuno tra qualche settimana. Il 13 di aprile >
< Come si chiamano i suoi genitori? >
< Bianca e George Waldorf. La prego, eviti di chiedermi i loro secondi nomi perché non li so >
< Okay…che numero è il P greco? > domandò ridendo.
< 3,141592654 >
< Sei una delle poche persone che risponde correttamente a questa domanda, è sorprendente >
< Dottore? >
< Sì? >
< Quante probabilità ci sono che io possa avere ancora dei figli? >
< Direi che non corre il rischio di essere diventata sterile >
< Ma non ne è sicuro. È possibile fare delle analisi? >
< Vado ad informare il ginecologo di turno allora. La faccio tornare dal suo fidanzato e non appena il dottor Brannon sarà disponibile la verremo a prendere > disse e lo ringraziai, lui aprì la porta e ci trovammo davanti ad essa Robert talmente preoccupato che stava camminando ripetutamente avanti e indietro < questo sì che è tempismo! > osservò sorridente il dottore < torno il prima possibile, signorina Waldorf >
< Grazie > risposi sorridendo e guardai Robert, che mi guardò senza capire < ho chiesto se è possibile fare un test per verificare che non sia diventata sterile dopo l'incidente >
< Posso accompagnarti fino alla porta? Se non vuoi non entro, ma mi piacerebbe essere vicino a te >
Sorrisi e gli accarezzai una guancia, ma poco dopo venimmo interrotti dall'arrivo dei dottori Pierson, quello che mi aveva assistito prima, e Brannon, il ginecologo. Quest'ultimo avrà avuto sì e no una trentina d'anni ed era un uomo splendido.
< Salve, signorina Waldorf > disse sorridendomi < allora, è pronta per il test? >
< S-sì, dottore > risposi balbettando, leggermente ammaliata dalla sua bellezza.
Il dottor Brannon guardò Robert e lo invitò a seguirlo fino al suo studio.
< Per cortesia, attendete qui un attimo > ci disse poco prima di entrare nello studio < devo finire di preparare gli strumenti >
< Certo > rispose Robert sedendosi sulla sedia difronte alla mia sedia a rotelle.
< Rob? > lo chiamai guardandolo con dolcezza.
< Sì, Mitchie? >
< Allora mi aspetti fuori >
< Ho cambiato idea, io entro >
< Ma… >
< Non mi importa se è un dottore, io sono estremamente possessivo e da sola con lui non ti lascio > rispose e mi imbronciai < e voglio starti vicino >
< Bugiardo, tu vuoi solo controllare che tenga le sue mani al proprio posto >
< Quello era scontato >
< Prego, accomodatevi > ci interruppe il dottore e Robert mi guidò dentro la stanza < resta anche lei, signor Pattinson? >
< No, lui ora mi aspetta fuori >
< Non se ne parla > ribatté < io resto >
Il dottore ci guardò sorridendo e mi fece un'approfondita ecografia.
< Stia tranquilla, signorina Waldorf, non è sterile >
< Quando potremo tornare a casa? > domandò Robert mentre io non la finivo più di sorridere.
< Non prima di altre dodici ore. Vogliamo controllare la signorina >
< Certo > dissi e mi spinsi con la sedia a rotelle.
< Lascia, faccio io >
< Non ce n'è bisogno >
< No, signorina Waldorf, è meglio che lo faccia lui. Meno si affatica, meglio è >
< Ma certo, trattatemi da invalida > sbottai e controvoglia mi feci portare verso la mia stanza.
Robert mi aiutò a distendermi, ma improvvisamente tutte quelle premure stavano iniziando a darmi sui nervi.
< Michelle? > mi chiamò Jenny scostando la tenda.
< Jenny > sussurrai, sorridendole.
< I controlli sono andati bene? >
< Sì, certo >
< Grazie al cielo. Dio, non hai idea di quanto mi senta in colpa >
< Tu? E perché? >
< Se ti avessi vista e ti avessi detto di restare con me, tutto questo non sarebbe successo >
< Jenny, smettila, non è colpa tua. Okay? >
La mia amica mi guardò e tirò su col naso, poi si abbassò per potermi abbracciare. Walter ci raggiunse pochi attimi dopo, chiese come stessi e infine ci lasciarono soli.
< Vuoi dormire un po'? > domandò Robert con la sua solita premura.
< No, ho dormito tutt'oggi. Ma tu fino a quanto resti qui? >
< Per tutto il tempo che vorrai >
< Devi tornare a girare il tuo film >
< Ma… >
< Più resti qui, più a lungo dovrai prolungarti là >
< Ti prometto che tornerò presto a casa da te, ma voglio essere sicuro che tu ora stia bene >
< Come ho già detto prima, non sono invalida, Robert. Posso spostare quella fottuta sedia a rotelle quando voglio >
< Hai un braccio rotto >
< Ne ho due di braccia > risposi con tono di sfida e lo vidi abbassare lo sguardo, sconfitto. Mi sentii improvvisamente in colpa. < Come sono andate le riprese di ieri? > chiesi cambiando discorso.
< Bene >
< C'è stata qualche scena succulenta? > domandai puntellando l'indice sul suo braccio e lui rise.
< La scena del vestito rosso > *
< Non conosco il libro >
< Te l'ho detto, devi assolutamente leggerlo. È davvero avvincente. E comunque è la scena di sesso >
< Immagino quanto tu ti sia divertito >
< Sei gelosa per caso? >
< No, perché so che stai recitando. Perché…reciti, vero? >
< Ovviamente >
< Bene. Ma sappi che col pensiero io sono sempre accanto a te e ti guarderò con la faccia corrucciata quando farai qualcosa di sbagliato. Anzi, sarebbe meglio che tu avessi una mia fotografia >
< Okay > disse ridendo e avvicinò la sua fronte alla mia < sei da sposare, lo sai? >
< Mmm…non tentarmi > ribattei avvicinando le mie labbra alle sue e lo baciai, poi appoggiai la testa sul cuscino, presi la sua mano e l'appoggiai sulla guancia < grazie >
< Per cosa? >
< Per essere qui. E per sopportare questi miei cambiamenti d'umore >
< Non devi nemmeno dirlo, chiaro? > replicò sorridendo.
< Sei un angelo >
< Non vale, mi sono convinto da solo per un mese di essere un mostro per entrare nel vivo del mio personaggio e ora mi vieni a dire che sono un angelo? >
Risi e chiusi gli occhi, ma ogni volta che mi addormentavo sognavo di avere tra le braccia una bellissima bambina con i capelli castani e gli occhi azzurri. Bellissima, perfetta. Che non poteva essere mia. Aprii gli occhi, stanca, dovevo smetterla di fare questi sogni.
< Sei sveglia? >
Alzai la testa e vidi Robert appoggiato al mio ventre.
< Non riesco a dormire. Cosa fai? >
< Dormivo >
< E quando tu dormi mi accarezzi la pancia? >
< Touche. Stavo pensando >
< A cosa? >
< Non te lo dico, perché poi ti rattristi e ti metti a piangere ed io non voglio che tu sia più triste del necessario >
< Non lo farò, promesso >
Robert sospirò e mi strinse le mani.
< Stavo pensando a quanto saresti stata bella con il pancione >
Sorrisi e lo guardai con dolcezza.
< Non ti saresti stancato a vedermi grassa come una balena? >
< No > rispose mimando il gesto con la testa.
< Sai, sarebbe piaciuto anche a me >
< Nessuno ci vieta di riprovarci > disse e annuii poco convinta < ci riproveremo, te lo prometto >
< Credevo fossi troppo giovane per avere figli >
< Non avevo ancora trovato la ragazza giusta con la quale mettere su famiglia >
< Stai parlando di me? >
< No, stavo parlando dell'infermiera che è venuta prima a cambiarti la flebo. Cavolo, ma hai visto che schianto che è? > disse ridacchiando e gli diedi uno schiaffo sulla spalla < Mi hai fatto male! >
< Così impari a fare il provolone con le altre > gli dissi e quando appoggiò la testa sul mio ventre gli accarezzai i capelli < Robert? > lo chiamai dopo qualche minuto di silenzio.
< Uhm? >
< Ti rendi conto che avevamo concepito il bambino in un bagno dell'aeroporto, vero? >
Robert rise e mi accarezzò la guancia.
< Gli attimi più belli prima della partenza >
< No, sii serio. Al prossimo non voglio pensare di dovergli dire “lo sai che la tua mamma e il tuo papà ti hanno concepito in un bagno dell'aeroporto di New York?” >
< Niente più sesso in un bagno dell'aeroporto, te lo prometto. E a tal proposito…Michelle, ma tu non prendi la pillola? >
Annuii.
< Sì che la prendo, ma ripensandoci quella volta…io stavo assumendo l'antibiotico, che annulla gli effetti della pillola >
Mi sorrise e mi baciò la fronte.
Trascorremmo gran parte della notte a battibeccare per ogni minima cosa, ma solo in quel momento mi sentii bene. Riuscivo a parlare del bambino che avevo perso con Robert senza scoppiare a piangere, mi veniva il nervoso solo quando ricordavo quell'autista.
Come sempre, era riuscito a farmi stare meglio.

 

* La scena sopracitata presente nel libro Wide Sargasso Sea è quella in cui Antoinette, la protagonista femminile, indossa il vestito rosso per sedurre Rochester (lo stesso di Jane Eyre)

   
 
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