A quel punto mi girai e quello che mi trovai davanti non era ciò che fino a quel momento avevo immaginato.
Guardai i suoi occhi verde chiaro, timidi, limpidi e sinceri.
Di colpo il cielo, l’oceano e gli alberi liberarono tutta l’aria che sembrava avessero trattenuto per un giorno intero.
Tornai a respirare come se fossi tornato a vivere. Respiro.
Lunghe e intense folate di vento si susseguirono le une dopo le altre, sollevando polveroni di sabbia e allungando ancora di più le fiamme del falò verso l’alto.
Ed io… non riuscivo a staccare gli occhi da lei. Continuavo a fissarla inerme, per attimi interminabili.
Non potevo niente contro quella forza inspiegabile che io stesso avevo già provato sulla mia pelle. Non uno: un milione. Non di corda, ma d’acciaio. Un milione di cavi d’acciaio che mi legavano a una cosa sola; al centro esatto dell’universo.