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Autore: Il_Genio_del_Male    30/01/2012    15 recensioni
John non si sente troppo bene, e la colpa è di Sherlock.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Mpreg
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- Questa storia fa parte della serie ''We're not a couple'. 'Yes you are'.'
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NOTE: Ecco la seconda ed ultima parte!

Il seguito, lo ammetto, non avevo affatto pensato di scriverlo; non immaginavo che la storia avrebbe ricevuto una così calorosa accoglienza (sento di amare sempre di più questo fandom)… Figuratevi la mia sorpresa, quindi, quando Grinpow e Angelica Barbanera hanno insistito perché raccontassi il “dopo”, con i Mitici Due alle prese col pupo. L’idea mi stuzzicava, e ho ceduto volentieri alla loro richiesta (motivo per cui, ragazze, il capitolo è dedicato anche a voi). Questo è il risultato: spero di non aver prodotto una completa schifezza.

Buona lettura!

 

 

 

 

 

221B di Baker Street, alcuni mesi dopo.

 

Notte fonda.

Sherlock Holmes, il grande detective, spalanca gli occhi di colpo. La sua mano scivola lungo l’interno dell’avambraccio sinistro, a sfiorare i soliti tre cerotti alla nicotina. Batte le palpebre un paio di volte. “John” chiama l’uomo addormentato accanto a sé.

“….”

“John”.

“….”

“John, svegliati” si gira sul fianco, puntellando il materasso con il gomito. Lo afferra per una spalla e lo scrolla senza troppa delicatezza.

“Mmmhh” mugugna l’altro, decidendosi finalmente a dare un segno di vita. “Sherlock?”

“Affermativo, dottore” si lascia sfuggire un sorriso inaspettatamente dolce che John, a causa del buio, non nota.

“Perché -yawn- mi hai svegliato?” domanda, stiracchiandosi. “Hai avuto un’altra delle tue geniali intuizioni notturne? Sei riuscito a risolvere il caso Morgan?”

“Tsk, ho mandato un sms a Lestrade almeno sei ore fa dicendogli di mettere sotto torchio il cognato della vittima. E’ un osso duro ma confesserà, non ho dubbi. No, ti ho svegliato perché sono le due di venerdì mattina”.

“Oh, Sherlock. Apprezzo davvero molto che tu mi faccia da radiosveglia personale, ma non ho bisogno anche del segnale orario. Ti ricordo che ho un ambulatorio da aprire tra poche ore e dei pazienti da ricevere, io”.

“John John John” Holmes scuote la testa con commiserazione. “Possibile che i tuoi neuroni non riescano a formare una sinapsi degna di questo nome? E sì che è semplice: sono le due e cinquanta secondi di venerdì mattina e Boswell si sveglierà tra un minuto e dieci secondi”.

“Puoi ripetere, scusa?” aggrotta la fronte John. Allunga una mano verso il comodino alla sua sinistra, cercando a tentoni l’interruttore dell’abat-jour. Persino alla fioca luce della lampadina gli occhi di Sherlock appaiono trasparenti come cristallo.

“Ho detto che sono-”

“No, non quello. Come fai ad essere sicuro che Boswell si sveglierà tra poco?”

“Che domande: l’ho monitorato, è ovvio!”

“Cielo, dimmi che stai scherzando” mormora poco convinto, prevedendo la risposta.

“Perché dovrei, scusa? E’ vero” replica il detective, genuinamente perplesso. “Nostro figlio ha un bioritmo alquanto interessante, sai. Nei giorni dispari si sveglia alle due e due minuti in punto -tra meno di trenta secondi, quindi- mentre nei giorni pari posticipa il risveglio di un’ora e diciotto minuti. Affascinante, non trovi? E’ preciso come un orologio a cucù. Chiaramente ha preso da me” conclude il suo ragionamento, visibilmente orgoglioso.

“Il Signore ce ne scampi e liberi” biascica John, esterrefatto.

Un pianto sommesso ma ben udibile li distoglie dalle loro considerazioni.

“Che ti dicevo? Quel bambino è incredibilmente metodico”.

“Non dire assurdità e vallo a prendere, io penso a scaldare il biberon” lo interrompe il dottore, soffocando uno sbadiglio e infilandosi la vestaglia, diretto in cucina.

 

 

Decidere il nome da dare al bambino era stato un mezzo incubo. John, ancora prima di venire a conoscenza del sesso, a scanso di equivoci aveva dichiarato che non avrebbe mai accettato di chiamare la propria figlia Irene, come Sherlock aveva incautamente suggerito. Il detective, dal canto suo, dopo che l’ecografia aveva rivelato che sarebbero diventati genitori di un maschietto, aveva bocciato categoricamente Hamish con la scusa che “è decisamente obsoleto, John, e poi è già il tuo secondo nome”.

Alla fine, non si sa come, era saltato fuori Boswell (dall’omonimo James, biografo di Samuel Johnson) ed era piaciuto ad entrambi. John, però, restava dell’idea che Hamish fosse un gran bel nome, checché ne dicesse quel nicotinomane del suo compagno.

 

 

“Ed eccoci qui, Bos. Vuoi andare in braccio alla mamma?”

Sherlock fa capolino dal salotto, un fagottino di tre mesi ancora caldo di sonno stretto al petto e infilato in una deliziosa tutina blu mare con tanti piccoli bulldog stampati sopra.

“Ma certo che vuole il papà. Controlla che il latte sia sufficientemente caldo, piuttosto, e cerca di non ustionarti come al solito, per favore” ribatte John, allontanandosi dal fornello e avvolgendo suo figlio in un morbido abbraccio.

Il bambino -uno Sherlock in miniatura, addirittura gli stessi identici zigomi- lo guarda quasi con serietà, tutto intento a succhiarsi il pollice e a gorgogliare tra sé e sé. E’ così piccolo, così perfetto. E sono stati loro due a generarlo.

“Pappa in arrivo!” lo avverte la voce bassa e modulata che John ha imparato ad amare nel corso dei tre anni (di già?) trascorsi a Baker Street.

“Grazie” si volta verso il compagno, accettando il biberon. Lo porge a Boswell, che attacca a poppare voracemente e con piena soddisfazione.

Passano così diversi minuti, con il dottore che culla premurosamente il frugoletto e Sherlock che li osserva rapito, come se non credesse ai suoi occhi. Uno dei suoi rari sorrisi esitanti gli curva all’insù gli angoli della bocca. “John, stavo pensando una cosa”.

“Dimmi”.

“Visto e considerato che l’esperimento sembra riuscito, Boswell cresce bene e noi ce la stiamo cavando meglio di quanto mi aspettassi… Perché non ci riproviamo? Mi piacerebbe avere un mini John in giro per casa e Mrs Hudon lo adorerebbe, ne sono certo” propone, serissimo.

L’altro sussulta un poco, preso alla sprovvista. Un secondo figlio? Magari un altro maschio, da chiamare Hamish?

“Oh, Sherlock…” bisbiglia intenerito.

“Significa che accetti?”

“Certo che sì” si blocca. Un’idea improvvisa lo fa scoppiare a ridere. “Però stavolta tocca a te!”

 

 

 

 

Ehm. E’ una stupidata, come avete potuto constatare. D’altronde, visto il modo in cui era cominciata, c’era da aspettarselo. Un premio speciale a chi indovina tutti i riferimenti all’opera letteraria e ai due film diretti da Guy Ritchie!

Questa, se vi interessa, è la mia pagina autore su Facebook, per seguire in diretta i miei scleri (http://www.facebook.com/pages/Il-Genio-del-Male-EFP/152349598213950).

Grazie a chi è arrivato fin qui. Un bacio e a risentirci!

   
 
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