NOTE: Ecco la
seconda ed ultima parte!
Il seguito, lo
ammetto, non avevo affatto pensato di scriverlo; non
immaginavo che la storia avrebbe ricevuto una così calorosa
accoglienza (sento
di amare sempre di più questo fandom)… Figuratevi
la mia sorpresa, quindi,
quando Grinpow e Angelica
Barbanera hanno insistito
perché raccontassi il “dopo”, con i
Mitici Due alle prese col pupo. L’idea mi
stuzzicava, e ho ceduto volentieri alla loro richiesta (motivo per cui,
ragazze, il capitolo è dedicato anche a voi). Questo
è il risultato: spero di
non aver prodotto una completa schifezza.
Buona lettura!
221B di Baker
Street, alcuni mesi dopo.
Notte fonda.
Sherlock Holmes,
il grande detective, spalanca gli occhi di colpo. La
sua mano scivola lungo l’interno dell’avambraccio
sinistro, a sfiorare i soliti
tre cerotti alla nicotina. Batte le palpebre un paio di volte.
“John” chiama
l’uomo addormentato accanto a sé.
“….”
“John”.
“….”
“John,
svegliati” si gira sul fianco, puntellando il materasso con
il
gomito. Lo afferra per una spalla e lo scrolla senza troppa
delicatezza.
“Mmmhh”
mugugna l’altro, decidendosi finalmente a dare un segno di
vita. “Sherlock?”
“Affermativo,
dottore” si lascia sfuggire un sorriso inaspettatamente
dolce che John, a causa del buio, non nota.
“Perché
-yawn- mi hai svegliato?” domanda, stiracchiandosi.
“Hai avuto
un’altra delle tue geniali intuizioni notturne? Sei riuscito
a risolvere il
caso Morgan?”
“Tsk,
ho mandato un sms a Lestrade almeno sei ore fa dicendogli di
mettere sotto torchio il cognato della vittima. E’ un osso
duro ma confesserà,
non ho dubbi. No, ti ho svegliato perché sono le due di
venerdì mattina”.
“Oh,
Sherlock. Apprezzo davvero molto che tu mi faccia da radiosveglia
personale, ma non ho bisogno anche del segnale orario. Ti ricordo che
ho un
ambulatorio da aprire tra poche ore e dei pazienti da ricevere,
io”.
“John
John John” Holmes scuote la testa con commiserazione.
“Possibile
che i tuoi neuroni non riescano a formare una sinapsi degna di questo
nome? E
sì che è semplice: sono le due e cinquanta
secondi di venerdì mattina e Boswell
si sveglierà tra un minuto e dieci secondi”.
“Puoi
ripetere, scusa?” aggrotta la fronte John. Allunga una mano
verso il comodino alla sua sinistra, cercando a tentoni
l’interruttore
dell’abat-jour. Persino alla fioca luce della lampadina gli
occhi di Sherlock
appaiono trasparenti come cristallo.
“Ho
detto che sono-”
“No,
non quello. Come fai ad essere sicuro che Boswell si
sveglierà
tra poco?”
“Che
domande: l’ho monitorato, è ovvio!”
“Cielo,
dimmi che stai scherzando” mormora poco convinto, prevedendo
la
risposta.
“Perché
dovrei, scusa? E’ vero” replica il detective,
genuinamente
perplesso. “Nostro figlio ha un bioritmo alquanto
interessante, sai. Nei giorni
dispari si sveglia alle due e due minuti in punto -tra meno di trenta
secondi,
quindi- mentre nei giorni pari posticipa il risveglio di
un’ora e diciotto
minuti. Affascinante, non trovi? E’ preciso come un orologio
a cucù.
Chiaramente ha preso da me” conclude il suo ragionamento,
visibilmente
orgoglioso.
“Il
Signore ce ne scampi e liberi” biascica John, esterrefatto.
Un pianto
sommesso ma ben udibile li distoglie dalle loro
considerazioni.
“Che
ti dicevo? Quel bambino è incredibilmente
metodico”.
“Non
dire assurdità e vallo a prendere, io penso a scaldare il
biberon” lo interrompe il dottore, soffocando uno sbadiglio e
infilandosi la
vestaglia, diretto in cucina.
Decidere il nome
da dare al bambino era stato un mezzo incubo. John, ancora
prima di venire a conoscenza del sesso, a scanso di equivoci aveva
dichiarato
che non avrebbe mai accettato di
chiamare la propria figlia Irene, come Sherlock aveva incautamente
suggerito.
Il detective, dal canto suo, dopo che l’ecografia aveva
rivelato che sarebbero
diventati genitori di un maschietto, aveva bocciato categoricamente
Hamish con
la scusa che “è decisamente obsoleto, John, e poi
è già il tuo secondo nome”.
Alla fine, non
si sa come, era saltato fuori Boswell (dall’omonimo
James, biografo di Samuel Johnson) ed era piaciuto ad entrambi. John,
però,
restava dell’idea che Hamish fosse un gran bel nome,
checché ne dicesse quel
nicotinomane del suo compagno.
“Ed
eccoci qui, Bos. Vuoi andare in braccio alla mamma?”
Sherlock fa
capolino dal salotto, un fagottino di tre mesi ancora
caldo di sonno stretto al petto e infilato in una deliziosa tutina blu
mare con
tanti piccoli bulldog stampati sopra.
“Ma
certo che vuole il papà.
Controlla che il latte sia sufficientemente caldo, piuttosto, e cerca
di non
ustionarti come al solito, per favore” ribatte John,
allontanandosi dal
fornello e avvolgendo suo figlio in un morbido abbraccio.
Il bambino -uno
Sherlock in miniatura, addirittura gli stessi identici
zigomi- lo guarda quasi con serietà, tutto intento a
succhiarsi il pollice e a
gorgogliare tra sé e sé. E’
così piccolo, così perfetto. E sono stati loro
due
a generarlo.
“Pappa
in arrivo!” lo avverte la voce bassa e modulata che John ha
imparato ad amare nel corso dei tre anni (di già?)
trascorsi a Baker Street.
“Grazie”
si volta verso il compagno, accettando il biberon. Lo porge a
Boswell, che attacca a poppare voracemente e con piena soddisfazione.
Passano
così diversi minuti, con il dottore che culla premurosamente
il frugoletto e Sherlock che li osserva rapito, come se non credesse ai
suoi
occhi. Uno dei suoi rari sorrisi esitanti gli curva
all’insù gli angoli della
bocca. “John, stavo pensando una cosa”.
“Dimmi”.
“Visto
e considerato che l’esperimento sembra riuscito, Boswell
cresce
bene e noi ce la stiamo cavando meglio di quanto mi
aspettassi… Perché non ci
riproviamo? Mi piacerebbe avere un mini John in giro per casa e Mrs
Hudon lo adorerebbe,
ne sono certo” propone, serissimo.
L’altro
sussulta un poco, preso alla sprovvista. Un
secondo figlio? Magari un altro maschio, da chiamare Hamish?
“Oh,
Sherlock…” bisbiglia intenerito.
“Significa
che accetti?”
“Certo
che sì” si blocca. Un’idea improvvisa lo
fa scoppiare a ridere.
“Però stavolta tocca a te!”
Ehm.
E’ una stupidata, come avete potuto constatare.
D’altronde, visto
il modo in cui era cominciata, c’era da aspettarselo. Un
premio speciale a chi
indovina tutti i riferimenti all’opera letteraria e ai due
film diretti da Guy Ritchie!
Questa, se vi
interessa, è la mia pagina autore su Facebook, per seguire
in diretta i miei scleri (http://www.facebook.com/pages/Il-Genio-del-Male-EFP/152349598213950).
Grazie a chi
è arrivato fin qui. Un bacio e a risentirci!