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Autore: Martyx1988    30/01/2012    7 recensioni
Secondo capitolo delle avventure di Ayame, reincarnazione di Afrodite, e delle sue Sacerdotesse. Sconfitto Efesto, la pace sembra tornata sulla Terra, finchè un nuovo nemico non si presenta, costringendo la dea ad una fuga al Grande Tempio. Sarà l'occasione per tre ragazze di conoscersi meglio e di conoscere nuovi amici e le loro storie...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Gemini Kanon, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La Dea dell'Amore'
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Babylon
(seguito di "A Divine Love")

13- Petali di ricordi

Rimase seduta sul quel marciapiede tutta la notte, sorda al dolore che la posizione rannicchiata in cui si era messa aveva provocato a schiena, glutei e gambe. Non erano nulla in confronto a quello provato in fondo al cuore nel vedere le condizioni in cui quel negozio – il suo negozio – era ridotto. Per colpa sua. Era riuscita a distruggere il sogno di suo padre per un'ambizione personale, perché qualcuno le aveva promesso che sarebbe stata speciale. Solo che lei era già speciale e suo padre glielo aveva dimostrato ogni giorno, durante quei sei brevi anni che avevano passato insieme, prima che il Santuario la inghiottisse e la rendesse così diversa da quello che era.

La sua decisione di partire, che sembrava così giusta allora, alla fine aveva distrutto tutto e tutti, suo padre per primo. Era mancato che Psiche aveva otto anni, ma lei l'aveva scoperto a tredici e per i successivi sei non si era più azzardata ad avvicinarsi a quel posto, a quella strada che aveva rappresentato l'unico universo in cui orbitare durante tutta la sua infanzia. Né si era recata al cimitero, per la vergogna di dover chiedere al custode dove fosse la tomba di quel padre che aveva lasciato morire in solitudine.

E in solitudine era morto anche il loro piccolo negozio, un pezzo di vetro e una scritta vandalica alla volta. Tre travi di legno erano la sua lapide, un insulto ad ignoti il suo epitaffio.

Le lacrime, quelle lacrime che per tanti anni non aveva voluto versare, erano finite da un bel pezzo, ma non si erano portate dietro il dolore che le aveva fatte sgorgare. Esso era sempre lì, radicato al centro del suo petto, a fianco dei mille altri che quel ritorno ad Atene aveva fatto ricrescere, ricordandole che ci sono sentimenti che nemmeno la lontananza può eradicare.

Si decise ad alzarsi quando un vecchio ubriacone, forse reduce dalla festa, tentò un approccio poco galante con lei. Troppo in preda dei ricordi per reagire a suo modo, Psiche si scansò dallo scocciatore e lo lasciò a biascicare parole impastate appoggiato ad un lampione per non franare a terra.

Tutto il suo corpo protestò per quel cambio di posizione, ma la Sacerdotessa ci fece poco caso e proseguì imperterrita, intenzionata a tornare al Santuario. Al primo svincolo, però, dovette fermarsi. Sull'ingresso del portone del palazzo all'angolo Milo stava dormendo, con la testa appoggiata al muro dei citofoni ed il resto del corpo in una posizione tutt'altro che comoda.

Miriadi di pensieri le invasero la testa, sovrapponendosi a quelli che già vi ronzavano dentro. Il dolore provato sino a poco prima si confuse con mille altre sensazioni indecifrabili, lo stomaco si contorse in uno strano sussulto ed un brivido le percorse la schiena fino al capo, trasformandosi sulle sue labbra carnose in un sorrise intenerito che Psiche si affrettò a nascondere con la mano.

Si avvicinò cauta al ragazzo, cercando di dissimulare il piacere che il vederlo lì, in attesa di lei, le aveva provocato. Non poteva farci niente, era e sarebbe sempre stata orgogliosa.

Si accovacciò davanti a lui e sentì che russava leggermente, alternando anche qualche borbottio incomprensibile. Gli scosse piano la spalla per svegliarlo. Il Cavaliere impiegò qualche attimo a metterla a fuoco e ad orientarsi. Si passò poi una mano sul volto stanco, sentendo distintamente i segni che le imperfezioni del muro avevano lasciato sulla sua pelle, quindi si stiracchiò, rompendo il silenzio del primo mattino con gli inquietanti rumori delle sue ossa che tornavano al loro posto.

Mi devi un mal di schiena” borbottò mentre si massaggiava il collo.

Perchè sei rimasto?” gli domandò Psiche, andandosi a sedere accanto a lui.

Chiamiamola cavalleria, ti va? Sono un Cavaliere, dopotutto” rispose Milo, sbrigativo. “E, comunque, mi devi anche un altro appuntamento. Me lo sono guadagnato, non credi?”

Prima di quest'uscita infelice, adesso non più” ribattè lei, fedele al suo orgoglio, quindi si rimise in piedi. Colta da un capogiro, forse dovuto alla brusca alzata e alla stanchezza che cominciava a farsi sentire e non aiutata dai tacchi vertiginosi dei suoi sandali, rischiò di perdere l'equilibrio. Milo l'afferrò al volo prima che ciò accadesse e, anticipando le sue proteste, se la caricò in braccio.

Prima ricomincio a guadagnare punti, prima usciamo insieme, no?” disse, per dare una spiegazione a Psiche, che lo stava guardando contrariata. Tuttavia era troppo stanca e le sue gambe troppo felici di non dover camminare fino all'Acropoli perché lei protestasse.

Se ti aggrappassi, gentilmente, al mio collo, la mia schiena ne sarebbe grata. Ti ricordo che ho dormito quasi cinque ore appoggiato ad un muro”

Visibilmente scocciata, la Sacerdotessa eseguì. Milo se la sistemò meglio tra le braccia e si incamminò verso il Santuario. Il passo lento e cadenzato ed il movimento cullante delle braccia del Cavaliere fecero presto cadere Psiche in un sonno profondo. Prima che i sogni prendessero il sopravvento, le sembrò di sentire il tocco leggero di un bacio tra i capelli.

Non era riuscito a resistere, Milo. Quando l'aveva vista così vulnerabile e totalmente alla sua mercé, la tentazione di darle quel lieve bacio era stata troppo forte. Non sapeva nemmeno se sperare che se ne fosse accorta o no. Da un lato voleva che capisse che le era vicino, in quel momento difficile per lei, dall'altro aveva paura di essersi esposto troppo e di aver aumentato la pendenza di quel sentiero in salita che portava al cuore di Psiche. Tuttavia la Sacerdotessa non reagì, probabilmente già in viaggio nelle terre di Morfeo.

Lungo il tragitto verso il Santuario, Milo si concesse, qualche volta, di contemplare il viso di Psiche per qualche istante, in modo da potersi ricordare quanto bella fosse quando era rilassata e lontana da ogni preoccupazione. Arrivarono, comunque, davanti al negozio di fiori troppo presto. Il proprietario, ancora mezzo insonnolito, stava aiutando alcuni trasportatori a scaricare la nuova merce e gli fece intendere, con un vago cenno, che poteva passare.

Il Cavaliere si godette ancora qualche momento di intimità con Psiche mentre attraversava Rodorio, quindi si accinse a risalire le Dodici Case. Sulla soglia della Seconda, Aldebaran lo fermò.

Bentornati, finalmente! È tutta la notte che vi aspetto” lo accolse il Toro, un po' più burbero del solito.

Sei rimasto sveglio ad aspettare noi? Perché? Non sei mica nostro padre!” fu la risposta irritata di Milo, dovuta più che altro alla stanchezza.

No, sono quello che ti ha evitato di diventare il puntaspilli personale di Aphrodite” precisò l'omone. “Quando non vi ha visti tornare, è sceso a chiedere notizie promettendoti le peggiori torture nel caso avessi fatto qualcosa di male a Psiche. Allora gli ho detto che lei era tornata per i fatti suoi e si era fermata a dormire da me perché era troppo stanca e leggermente brilla per salire fino alla Dodicesima. Quindi, adesso, dalla a me e fila alla tua Casa, prima che Aphrodite scenda a controllare”

Oh, beh... in questo caso, d'accordo” accettò Milo e, seppur un pochino riluttante, passò Psiche ad Aldebaran. Nel passaggio, la sua mano indugiò qualche istante sulla nuca della Sacerdotessa e qualcosa della sua espressione parve divertire il grosso Cavaliere, che si lasciò sfuggire una breve risatina.

Che c'è?” domandò subito Milo.

C'è che ne hai di cose da farti perdonare da questa fanciulla, caro Scorpion”

Il ragazzo si accigliò, ma non riuscì a chiedere delucidazioni ad Aldebaran, perché questi gli diede le spalle e scomparve nei suoi alloggi privati.


Quando Psiche si svegliò, la prima cosa che percepì fu un intenso dolore alla schiena, che subito ricordò essere dovuto alle lunghe ore che aveva passato seduta sul marciapiede a contemplare il negozio in rovina di suo padre. Cercò di eliminare quella triste immagine da davanti ai suoi occhi e allargò le braccia per stirarsi, urtando involontariamente un oggetto sul tavolino lì vicino, che cadde e si frantumò in mille pezzi. La Sacerdotessa si sporse subito per valutare l'entità del danno che aveva causato. La statuina del Cristo Redentor era priva di testa, braccia e gambe, queste ultime rimaste attaccate al piedistallo di plastica del souvenir.

Psiche si morse il labbro inferiore maledicendosi per la sua poca grazia. Quello era il souvenir preferito di Aldebaran, poco mancava che ci andasse anche a dormire assieme, e lei l'aveva appena ridotto ad un ammasso di macerie in miniatura.

Temo che la Super Colla non funzionerà, questa volta”

Il vocione del Toro raggiunse le orecchie di Psiche amplificato di mille volte. La Sacerdotessa si voltò lentamente verso di lui, mostrandogli uno sguardo dispiaciuto e supplice. Non era la prima volta che gli mandava in frantumi qualche suppellettile proveniente dai suoi molteplici viaggi. Quando era bambina, al Santuario, la Casa del Toro era il suo rifugio, il suo luogo di pace lontano dalla violenza che permeava il Grande Tempio e a cui, a quel tempo, non era ancora abituata. Tante, troppe volte Psiche si era seduta sui gradini della Seconda, a piangere sommessamente dietro la maschera di metallo, in attesa che arrivasse il suo grande amico – grande in ogni senso – a dirle qualcosa di gentile o di spiritoso che la rasserenasse e le desse la forza di andare avanti con l'addestramento. E anche se Aldebaran era stanco e spossato per la pesante giornata, non aveva mai mancato di consolare il suo funghetto, come l'aveva soprannominata il giorno che Aphrodite l'aveva portata al Santuario. I primi anni, poi, le aveva anche concesso di giocare coi suoi molteplici souvenir, alcuni dei quali avevano poi fatto una brutta fine. Ma il Cristo Redentor no. Quello era intoccabile.

Scusa, Al, non pensavo... non credevo di... come ci sono finita qui?” domandò alla fine la ragazza, dopo aver realizzato completamente di non essere nella sua stanza alla Dodicesima.

Aldebaran andò a recuperare la statuina con sguardo afflitto e ne ripose i pezzi sul tavolino con eccessiva cura, quindi rispose alla Sacerdotessa.

Ti ho prelevata dalle braccia di Milo, tra le quali sembravi molto a tuo agio, lasciatelo dire, per salvare lui dalla Royal Demon Rose del tuo apprensivo maestro. Aphrodite si è preoccupato quando non vi ha visti rientrare con gli altri e ha promesso a Milo ogni male possibile se ti avesse fatto qualcosa, tuttavia, per quanto se li possa meritare, ho pensato non fosse dovere di Aphrodite fargliele pagare tutte. Sei d'accordo?”

Io non spreco le mie rose con quell'insetto” sbottò Psiche, mettendosi a sedere sul divano e incrociando braccia e gambe.

No, infatti, ma sembri dormire bene tra le sue zampe da aracnide” la provocò Aldebaran, ghignando.

Non gli ho chiesto io di portarmi in braccio fino al Santuario, chiaro? Mi ha presa di peso”

E non ti è dispiaciuto”

Certo che mi è... cioè... insomma... no, in effetti no” ammise alla fine Psiche, dopo aver visto ogni suo tentativo di obiezione andare in fumo di fronte all'espressione scettica del Toro. “Ma questo non vuol dire niente” precisò poi, puntando il dito contro di lui.

Proprio non riesci ad ammettere che sia cambiato, vero?”

Perchè non lo è!” rispose la Sacerdotessa esasperata. “È il solito furbo sbruffone cascamorto che manda sguardi seducenti ad ogni essere femminile che si trovi a tiro. Ma io non cascherò nella sua trappola come tutte le altre. Non di nuovo”

Se lo dici tu” Aldebaran si alzò dalla poltrona e prese i resti del suo souvenir tra le mani.

Tu non mi credi, vero?” lo accusò Psiche, alzandosi dal divano e seguendolo lungo la lenta marcia funebre verso il cestino della spazzatura.

Aldebaran pigiò il pedale per sollevare il coperchio e, dopo un addolorato sospiro, lasciò cadere i cocci nella pattumiera, quindi lasciò rapidamente il pedale e si voltò verso Psiche, rimasta in attesa alle sue spalle.

Io credo solo che a chiunque vada data una seconda opportunità. Le persone cambiano, Psiche. La vita le cambia. Il Milo che conoscevi quando sei andata via da qui non è lo stesso di oggi, credimi. Io l'ho visto crescere, l'ho visto soffrire, tanto. Tu l'hai conosciuto ragazzo e l'hai rincontrato uomo. Ed è l'uomo, adesso, che ti sta chiedendo una possibilità”

La Sacerdotessa rimuginò qualche secondo sulle parole di Aldebaran. Non poteva dargli torto, effettivamente anche lei si era accorta della maturazione cui Milo era andato incontro. Tuttavia non riusciva a dimenticare la cocente delusione che le aveva involontariamente dato anni prima e questo la portava inevitabilmente a non fidarsi di lui, dei suoi gesti premurosi, delle sue parole piene di significati nascosti.

Io... non ci riesco, Al, mi dispiace” ammise alla fine delle sue elucubrazioni.

Ascolta, funghetto, non ti sto mica dicendo di gettarti tra le sue braccia appena uscita da questo tempio” le spiegò il Toro, paziente, poggiandole le manone sulle spalle. “Ti sto solo suggerendo di provare a conoscerlo per come è adesso”

Psiche sospirò e rifletté ancora qualche secondo sulle parole dell'amico, su Milo, su di lei, quindi tornò a guardare Aldebaran.

Hai detto che ha sofferto tanto...” ricordò la Sacerdotessa. Il Cavaliere annuì. “È stato per Camus, vero?” domandò lei, anche se conosceva già la risposta. Lei stessa l'aveva visto piangere sulla tomba dell'amico, quando aveva fatto ritorno al Santuario per poggiare una rosa sulla tomba del suo maestro, dopo la battaglia alle Dodici Case in cui i due Cavalieri avevano perso la vita la prima volta.

Anche per gli altri, ma sì, soprattutto per Camus” confermò Aldebaran. “Perché me lo chiedi?”

Così...” rispose vaga Psiche, troppo concentrata a ricordare ogni dettaglio di quel pomeriggio grigio che aveva fatto da sfondo al suo incontro con Milo al cimitero dei Cavalieri. Per tutti quegli anni aveva solo associato al nome di Milo il volto di un playboy in erba con una scia di cuori spezzati dietro, dimenticandosi totalmente dell'espressione contratta e del volto rigato dalle lacrime del giovane uomo divenuto consapevole degli orrori della guerra. Probabilmente era stato da quel pomeriggio che Milo aveva iniziato a maturare, e lei aveva avuto l'inconsapevole fortuna di assistere a quel momento.

Adesso è meglio che vada” Psiche scostò le mani di Aldebaran dalle sue spalle e gliele strinse con affetto. “Grazie di tutto, Al”

Il Cavaliere le sorrise e ricambiò la stretta. Quando Psiche ebbe raggiunto la soglia della Seconda Casa, la richiamò.

Ehi, funghetto! Guarda che mi devi un souvenir, non dimenticarlo!”


Psiche risalì la scalinata lentamente, con la mente immersa in mille pensieri intrecciati tra loro in una trama confusa e senza senso. Pensava a Milo, a Georgia, a suo padre, alla loro bottega, e di nuovo a Milo. Milo che piangeva sulla tomba di Camus, lei che soffocava una lacrima su quella di Aphrodite, esattamente come le era stato insegnato nel corso dei lunghi anni di addestramento e che, in quell'ultimo periodo, pareva aver disimparato. Il destino non era mai stato troppo clemente con lei, ma in quegli ultimi giorni sembrava essersi letteralmente accanito. Uno dietro l'altro, i ricordi che era, con grande fatica, riuscita a lasciarsi alle spalle erano ritornati con una prepotenza inaudita a cui sapeva di non poter resistere a lungo. Se l'incontro con Milo se l'era, in qualche modo, cercato decidendo di accompagnare Ayame al Santuario, quello con Georgia e con quella sua parte di passato era stato completamente involontario e, per questo, ancora più scioccante. La cosa peggiore era che Milo aveva assistito a tutto quanto, al suo crollo, alla sua fuga, e non ne aveva fatto parola. Non che le importasse il suo parere, ma si aspettava che uno come lui approfittasse della situazione per volgerla a suo vantaggio. Invece così non era stato. Che non gliene importasse? Che stesse programmando qualche tiro mancino? Ma poi perché a lei doveva importare qualcosa di quello che pensava Milo? Non meritava tutta quell'importanza che gli stava inconsciamente dando, non aveva mai meritato nulla da lei, nemmeno le lacrime che per lui si era ritrovata a piangere, giorni prima.

A dimostrazione che il destino ce l'aveva veramente con lei, Psiche si trovò, alla fine delle sue elucubrazioni, davanti alla Casa dello Scorpione Celeste, ed era necessario che la attraversasse, per poter raggiungere la Dodicesima e concedersi un po' di – forse – tranquillo riposo.

Quando mosse i primi passi dentro la Sala dei Combattimenti, i suoi tacchi sul marmo produssero un rimbombo che le parve assordante. Rimase qualche secondo in attesa sulla soglia, pronta a fare dietrofront al primo segnale che le avesse fatto anche solo sospettare l'arrivo di Milo, ma nulla si mosse.

Milo?” chiamò a voce più bassa possibile, per nulla intenzionata a farsi sentire. Come previsto e sperato, non arrivò nessuna risposta e Psiche proseguì verso l'uscita in punta di piedi. Una volta fuori dall'Ottava, tirò un sospiro di sollievo e proseguì la sua salita.

Anche la Casa dei Pesci sembrava deserta. Psiche si addentrò tra gli alloggi privati per cercare il suo maestro e avvertirlo che era tornata, ma quando bussò alla sua stanza, nessuno rispose. La Sacerdotessa si arrischiò ad abbassare la maniglia della porta, che si aprì docile sotto i suoi occhi.

La stanza di Aphrodite era molto semplice ma denotava al contempo una cura maniacale del dettaglio e dell'ordine. L'arredamento consisteva in un letto a due piazze affiancato da un basso comodino, una scrivania posta sotto la finestra che dava sul giardino di rose dietro la casa, un ampio armadio con tre ante a specchio ed un paio di mensole. Colori e materiali erano stati scelti secondi il gusto personale e raffinato del Cavaliere e, nell'insieme, sembrava una stanza da catalogo immobiliare, con tanto di cuscini e tappeti abbinati alla tappezzeria.

Probabilmente fu per tutti questi motivi che Psiche non poté non notare il foglio di carta lasciato sulla scrivania. Era strano, infatti, che Aphrodite lasciasse fuori un documento, qualsiasi fosse la sua importanza. In cuor suo sapeva che, da brava allieva, avrebbe dovuto lasciare tutto com'era ed uscire dalla stanza, ma quel foglio lasciato lì era troppo fuori posto per non suscitare la sua curiosità. Lo prese in mano e pensò che era sbagliato. Lesse le poche righe con cui era stata vergata la carta e non poté fare a meno di credere di essere lei, quella sbagliata, perché poteva essere solo quello il motivo per cui il destino si stava accanendo in quel modo contro di lei.


Cara Psiche,


sentiamo tanto la tua mancanza qui nel quartiere. Spero vivamente che i tuoi studi nella nuova scuola procedano bene, ma ancora di più spero che tu possa trovare un po' di tempo per tornare qui da noi.

Ti scrivo questa lettera perché non sappiamo in che altro modo contattarti per darti questa brutta notizia. Kostas, il tuo caro papà, è mancato stamattina, e l'ultima parola che ha pronunciato prima di andarsene è stato il tuo nome, Psiche.

Tra due giorni celebreremo il suo funerale, spero che i tuoi insegnanti possano concederti di presenziare. Nel frattempo, ti mandiamo il nostro più sincero appoggio e le nostre più vive condoglianze. Sai che siamo sempre a tua disposizione per qualsiasi cosa.

Georgia insiste perché ti mandi i suoi saluti, a cui aggiungo i nostri e quelli di tutti i vicini.

Un abbraccio,


Eirene


Il foglio le cadde dalle mani, insieme a due lacrime amare, nella testa solo un doloroso vuoto attraversato di tanto in tanto da qualche pensiero irrazionale. Psiche iniziò a tremare e a respirare affannosamente, mentre in mezzo a quel vuoto e a quei pensieri si facevano strada, come una lama attraverso la carne, le parole scritte dalla mamma di Georgia.

Psiche, cosa ci fai qui?” domandò Aphrodite, comparso sulla soglia della stanza e già visibilmente teso, gli occhi chiari che settavano dal profilo semi-nascosto dell'allieva alla lettera a terra.

La ragazza volse lentamente il capo verso di lui e un pensiero nitido le si formò in testa.

Tu lo sapevi” disse con un fil di voce. “E non me lo hai mai detto”

Psiche, mi dispiace...”

Mi hai lasciato credere che fosse ancora vivo per tutto l'addestramento” continuò lei imperterrita. “Hai lasciato che scoprissi che era morto da un qualunque sconosciuto passante, quando invece era stata la madre della mia migliore amica la prima a dirmelo. Mi hai impedito di partecipare al suo funerale, di vederlo un'ultima volta”

Ad ogni parola, la voce di Psiche salì di un tono e i suoi occhi si velarono di una lacrima in più.

Sono le regole, lo sai” obiettò sicuro Aphrodite.

Me ne frego delle regole! Era mio padre!” esplose la Sacerdotessa.

E con questo? Solo perché sei te pensavi di avere diritto a qualcosa di più degli altri? Nessuno di noi che sia entrato qui dentro con ancora un genitore sa che fine abbia fatto sua madre o suo padre”

Ma quando sono andata via potevi dirmelo, vero? Non ero più un guerriero di Atena, appartenevo ad Afrodite. Le regole del Santuario non valevano più per me. Invece non me lo hai detto. Perché?”

Non lo so!”

Mi hai rovinato la vita! Non sarei mai dovuta venire con te, non avrei mai dovuto abbandonare mio padre e il mio roseto. È tutto in rovina, tutta la mia vita è in rovina, ed è solo colpa tua!”

In quel momento Psiche non riusciva a capire se le parole pesanti che aveva appena rivolto al suo maestro fossero veritiere o solo frutto della sua frustrazione arrivata al culmine. La sua mente era in una tale confusione che elaborare anche un solo semplice pensiero razionale sembrava un'impresa titanica. Non fu tuttavia necessario, perché Aphrodite rimase in silenzio dopo il suo ultimo sfogo, attonito, e si mosse solo quel tanto che bastava per farla uscire dalla stanza. La Sacerdotessa corse in camera sua, dove si abbandonò sul letto in preda ad un pianto isterico, l'ennesimo dal suo disastroso ritorno al Santuario. Doveva esserci un senso a tutto quello che le stava succedendo, a Milo, ad Aphrodite, a Georgia, a suo padre. Doveva esserci un motivo per cui le stava accadendo tutto questo e tutto insieme. In quel momento, però, non era in grado di trovarlo.


Aphrodite riuscì difficilmente ad attutire il colpo che le parole di Psiche gli avevano dato. Sapeva, infatti, in cuor suo, che non erano altro che la verità. Negli anni di addestramento della Sacerdotessa, si era spesso chiesto se avesse fatto bene a portarla via dal suo piccolo paradiso per iniziarla al sanguinoso inferno che era in Grande Tempio. Ma più l'aveva vista crescere e apprendere sotto la sua guida, più si era convinto che sì, era stata la cosa giusta. Quando era arrivata la lettera che comunicava la morte del padre di Psiche, il primo timore di Aphrodite fu che Psiche se ne sarebbe andata per sempre dal Santuario e da lui. Istintivamente aveva nascosto la lettera e aveva taciuto la cosa a chiunque, tenendosi la bambina accanto.

A distanza di anni, e dopo due decessi, analizzando tutta la vicenda Aphrodite si rese conto che aveva fatto tutto quanto per puro egoismo. Era sempre stato abbastanza solo al Santuario, ad eccezione dell'amicizia di Deathmask, se così si poteva definire quello strano rapporto che avevano e che l'aveva portato a commettere azioni di cui non andava fiero. Psiche, invece, era la creatura più simile a lui che avesse mai incontrato e, nella sua mente, era fisiologico che dovessero stare insieme. Per questo aveva tenuto il più possibile Psiche vicino a sé, per questo l'aveva addestrata ad essere il meno emotiva possibile, per questo le aveva impedito quasi ogni contatto con gli altri abitanti del Grande Tempio. E tutto ciò, alla fine, aveva avuto come unico risultato quello di perdere la sua unica allieva e di lasciarlo più solo di prima.

Quella nuova vita, però, gli aveva anche dato l'occasione per riscattarsi dei molti errori commessi, tra cui quelli che riguardavano Psiche.

Raccolse la lettera da terra e discese la scalinata fino all'Ottava Casa. Senza chiedere il permesso entrò negli alloggi privati di Milo e andò a bussare alla porta della sua stanza.

Chiunque tu sia e qualunque cosa tu voglia, torna tra almeno cinque ore” bofonchiò lo Scorpione dall'altra parte.

Sono Aphrodite, devo parlarti” si annunciò il Cavaliere.

Aphrodite, se vuoi parlarmi, torna tra almeno cinque ore” ripeté l'altro.

Riguarda Psiche”

Non so cosa ti abbia detto lei, ma ti giuro sul mio onore di Cavaliere che non è colpa mia” spergiurò Milo, un po' meno addormentato di prima.

Non sono qui per questo. Avanti, apri” insistette Aphrodite.

Finalmente Milo andò ad aprire l'uscio. Aveva la faccia assonnata, i capelli scompigliati e sembrava proprio che si fosse cacciato a dormire con addosso gli abiti indossati per la festa. Dopo un portentoso sbadiglio, si rivolse al visitatore.

Che è successo?”

Devo chiederti un grosso favore. Una cosa che solo tu puoi fare” iniziò Pisces.

Allora c'è bisogno di un caffè. Se vuoi precedermi in cucina” Milo fece cenno con la mano alla stanza di fronte, quindi si incamminò dietro ad Aphrodite strascicando i piedi e si diresse subito alla caraffa di caffè vicino al forno a microonde. Offrì una tazza di caffè al suo ospite, ma questo rifiutò. Dopo essersene versata una dose abbondante, si sedette di fronte all'altro Cavaliere e si mise in ascolto.

Sentiamo, cosa dovrei fare? Sempre che la tua cara allieva me lo permetta”

Aphrodite si passò una mano tra i voluminosi capelli chiari e sospirò, quindi passò la lettera che aveva in mano a Milo. Questi iniziò a leggerla distrattamente, ma scorrendo le parole si fece sempre più interessato.

Chi è Eirene?” domandò alla fine, sempre con gli occhi sulla lettera.

Non ne ho idea, la mamma di quella Georgia penso”

Sì, certo! È la lettera di cui mi ha parlato Georgia” rammentò Milo, illuminandosi. Pian piano la consapevolezza si fece strada nella sua mente e lo sguardo passò dal foglio che aveva in mano all'uomo di fronte a lui.

Glielo hai tenuto nascosto”

Ad Aphrodite sembrò quasi che Milo avesse usato lo stesso tono con cui Psiche gli si era rivolta una volta entrato nella stanza. Non poté fare altro che annuire mestamente.

Quando l'ha trovata?” domandò lo Scorpione.

Dieci minuti fa, secondo più, secondo meno”. Aphrodite iniziò a raccontare dell'acceso litigio che c'era stato tra lui e la sua ex allieva e delle accuse che Psiche gli aveva rivolto. Era la prima volta che si apriva con Milo, non avevano mai avuto molto da spartire e spesso, quando erano ancora ragazzine, era stato vittima degli scherzi e delle battute dello Scorpione. In quel momento, però, era l'unico in grado di capirlo e di aiutarlo.

Sarà stata semplicemente stanca. Ieri sera non è stata una serata tranquilla, abbiamo incontrato Georgia... sì, proprio quella della lettera” Milo sollevò il foglio di carta “E tutto l'insieme l'ha fatta sbottare un po' troppo”

Ma ha ragione, Milo! Io le ho rovinato la vita, le ho tolto tutto, l'ho tolta da tutto... solo per farla stare con me, per farla diventare come me” spiegò Aphrodite con enfasi. “Le ho solo fatto del male”

Beh, io non so molto del vostro rapporto, sinceramente” confessò Milo. “Ma sono quasi sicuro che Psiche ti sia affezionata e ti rispetti come sempre e che questo sia solo un momento, sai, tipo crisi adolescenziale”

Aphrodite si lasciò scappare un mezzo sorriso.

Ma, di preciso, cosa volevi da me?” si sentì domandare subito dopo. “Non credo solo qualche parola di conforto”

No, hai ragione” Aphrodite tornò serio e puntò i suoi occhi cerulei su quelli altrettanto azzurri di Milo. “Ho bisogno che tu le ridia ciò che io le ho tolto. Sei l'unico in grado di farlo”

Può... darsi, ma non capisco cosa effettivamente tu voglia da me” ammise lo Scorpione, sulla difensiva.

Tu tieni a Psiche, vero?” domandò Pisces.

Sì, certo che tengo a lei”

Allora saprai trovare il modo giusto perché torni ad essere la bambina che era, prima che le portassi via tutto”

Ma... Aphrodite!” protestò Milo, nella speranza che bastasse a fermare l'altro Cavaliere, che nel frattempo si era alzato e si era incamminato verso l'uscita dei suoi alloggi.

Non provò comunque a fermarlo, sapeva che era tutto inutile. Finì in un sorso la tazza di caffè e iniziò a giocherellarci mentre rifletteva sugli ultimi avvenimenti e, soprattutto, sull'accorata richiesta del compagno d'armi che non sapeva minimamente come soddisfare. Un dettaglio, infatti, sembrava essere sfuggito all'avvenente Cavaliere dei Pesci: Psiche non sembrava minimamente interessata ad avere a che fare con lui. Il tam tam di pensieri e riflessioni si fece via via più frenetico, finché, improvvisamente, arrivò. L'idea più assurda e perfetta che gli fosse mai venuta in mente.

Buon pomeriggio! L'aggiornamento si è fatto attendere per via del delirante periodo d'esami, ma sono comunque riusciva a ricavarmi un po' di tempo per buttare giù questo capitolo. Come avrete notato, è totalmente incentrato su Psiche, in quanto, per proseguire con la parte di storia che riguarda lei, ho dovuto rivangare alcune parti fondamentali del suo passato come Sacerdotessa e della sua storia familiare. Dal prossimo capitolo, comunque, torneranno tutti gli altri personaggi e le tre storie torneranno - credo - a svilupparsi in parallelo. Un grazie, come sempre alla mia beta Panenutella, ma anche a tutte le ragazze del gruppo su facebook, che non si risparmiano mai dal darmi consigli e pareri :) spero che gradiate questo capitolo.

Buona lettura e a presto!

   
 
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