Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: nerDyWolf    30/01/2012    1 recensioni
Soggiogata da una sfera perlata, evanescente e luminosa...
Sono un lupo, cosa volete che faccia se non obbedire alla mia bianca Signora?
Lasciate che il mio canto riempia la notte di New Orleans, squarciandone il silenzio.
Non potete impedirmelo, è la mia natura.
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

*angolino dell'autrice*  Allora, questa è un'altra fanfiction che è stata scritta per un altro contest di scrittura a cui poi sono arrivata terza. L'ho scritta per conto di Other World e mi sono offerta volotanriamente per farlo dato che il tema mi era piaciuto particolarmente: la luna piena.
Aggiungo ancora un paio di cose in modo tale da delucidare ogni dubbio, altrimenti chiedete pure ^^
Per scrivere questa prima one-shot mi sono ispirata al gdr di Other World, dove Antinea (la protagonista) è la mia pg a tutti gli effetti e dove i fatti raccontati si rfanno a quello che è il suo background, solo più ampliato e prendendo spunto anche dalle ruolate fino ad ora fatte.
Raquel e Kyle invece sono altri due personaggi presi gentilmente in prestito da altri due partecipanti al gioco di ruolo giusto per scrivere la storia.
Ringrazio poi Raq per avermi sopportata e sostenuta nella revisione.
Buona lettura a tutti ^^

ps= spero di poter scrivere altri spezzoni sempre facendo riferimento al gdr e di non abbandonare il progetto che è ancora in cantiere. Ho intenzione di farne una piccola raccolta di episodi incentrati sempre sulla protagonista e spero di riuscirci.

Moonlight Shadow

Soggiogata da una sfera perlata, evanescente e luminosa...

Sono un lupo, cosa volete che faccia se non obbedire alla mia bianca Signora?

Lasciate che il mio canto riempia la notte di New Orleans, squarciandone il silenzio.

Non potete impedirmelo, è la mia natura.


Quel pomeriggio pioveva e a lei piaceva tanto la pioggia autunnale. Adorava l’umidità che si percepiva nell’aria e moriva di piacere soltanto al sentire il rumore dell’acqua che scrosciava lungo le vetrate di Starbucks, in Magazine Street, a qualche isolato dalla sua nuova casa, lì, a New Orleans.

Era seduta a uno dei tavolini proprio attaccati alle vetrate. Guardava fuori distrattamente, non vedendo in realtà granchè dato che l’acqua, che scorreva lungo le vetrate, distorceva la strada fuori, i passanti, le auto e qualsiasi cosa ci fosse al di là di quello strato trasparente che la teneva al caldo e all’asciutto. Sorseggiava una delle fantastiche miscele di Starbucks e, con lo sguardo fisso ai finestroni, vagava tra i suoi ricordi degli ultimi dieci anni e al fatto di aver finalmente un tetto tutto suo sopra la testa.

Una casa che aveva cercato e trovato fortuitamente dopo tre anni che viveva in una delle suite dell’hotel più prestigioso della città della Louisiana, il Monteleone. E il ringraziamento andava tutto alla sua amica umana, Raquel, una ragazza dai lunghi capelli mori e gli occchi scuri, la voglia di vivere e un carattere forte.

Sì, perché Antinea di umano aveva soltanto l’aspetto. Una pelle liscia e sempre leggermente abbronzata, una figura esile, due occhi da cerbiatta color cioccolato, una bocca invitante e spesso tinta di rosso e una chioma lunga, mossa e folta della medesima tonalità delle sue iridi.

Antinea Mendez, di origini per metà ispaniche e per metà greche, era più animale, più istintiva e più pericolosa di quanto il suo bel viso e il suo bel fisico lasciassero intendere.

Antinea Mendez era una licantropa e New Orleans, città famosa per le sue stranezze e per le credenze che sia fulcro pulsante di creature esoteriche e paranormali, l’aveva attirata a sé come una calamita fa con un pezzo di ferro e non l’aveva più lasciata.

Antinea era nata a Còrdoba e venticinque anni fa nemmeno i suoi genitori pensavano che fosse diversa a tal punto. Avevano preferito omettere le strane storie che si tramandavano nella famiglia da generazioni, ignari che la loro bambina, al compimento del suo quindicesimo anno d’età, avrebbe manifestato i geni animali del lupo sopito in lei.

Erano stati attimi di panico per la ragazzina e di orrore e sgomento per i genitori che avevano sempre creduto che quelle storie fossero frutto di una fervida immaginazione. Si erano sbagliati tutti quanti.

Antinea aveva dovuto imparare a gestire la sua nuova forza, a controllare la rabbia e gli scatti d’ira improvvisi, innescati anche con una banalissima battuta di spirito che poteva ferire nell’orgoglio la ragazzina. Aveva dovuto imparare a sopportare il dolore della trasformazione, dello scricchiolio innaturale delle sue ossa che si rompono e ricompongono durante le notti di plenilunio, scoprendo che sì, era vincolata alla luna quando era al culmine del suo splendore, ma che poteva gestire la trasformazione anche quando non c’era la luna piena, in qualsiasi parte del giorno. Aveva preferito però evitare la cosa in ogni modo, limitandosi alla trasformazione obbligatoria durante le notti di luna piena.

Era già abbastanza difficile così. Era fin troppo straziante sapere di essere diversa dagli altri suoi coetanei, a tal punto da non poter condividere questo peso e segreto con nessuno all’infuori dei suoi genitori. Un padre e una madre che, fra le altre cose, non erano in grado di alleviarle la cosa in alcun modo, anzi, rischiavano la vita standole accanto comunque e in ogni caso.

A diciannove anni si era innamorata di un umano, Raùl, un coetaneo dai capelli scuri e gli occhi verdi che si era invaghito di lei e l’aveva corteggiata serratamente e senza tregua per un paio di mesi, finchè la ragazza aveva ceduto e aveva preso a frequentarlo regolarmente, conoscendolo a fondo.

La situazione si era protratta per un anno circa quando, finiti gli studi al liceo, Antinea aveva preso la difficile decisione di lasciare la Spagna e con essa anche Raùl. La scintilla si era accesa e spenta in fretta tra loro, lasciando tra la terra bruciata un forte sentimento d’amicizia reciproco.

L’umano non aveva mai scoperto la vera natura di Antinea e lei aveva deciso di partire per girare il mondo non soltanto perché era il suo desiderio, ma anche per non ferire lui in alcun modo. Stare con lei era pericoloso.

Uno dei suoi viaggi l’aveva portata tra i nativi americani, dove, in una notte di luna piena, era stata costretta a rifugiarsi tra la natura selvaggia e mutare le sue sembianze nell’animale totemico che la popolazione indigena venerava al pari di una divinità. Il capo indiano, alla vista del grosso lupo dal pelo corvino e gli occhi d’agata, si era prostrato per adorarlo e Antinea non aveva trovato la forza per fuggire ed era rimasta fino all’alba, quando era tornata umana.

Il capo tribù era incredulo, poiché vi riconobbe la stessa ragazza che era in visita da loro da qualche giorno. L’uomo mantenne il segreto della ragazza, più per paura di incorrere nell’ira divina del lupo, e poco prima della partenza della giovane le fece dono di un lungo orecchino che aveva come pendente una piccola e bianca zanna.

E fu dopo quel viaggio che arrivò finalmente a New Orleans, trovando fortuitamente un posto come barista del Carousel Bar del Monteleone e qualche soldo extra prestando le sue doti canore e suonando la chitarra folk. Erano passati ormai tre anni da quando era arrivata in quella città, un tempo colonia francese, e per nulla al mondo sarebbe voluta tornare in Spagna o trasferirsi altrove.

Lì ormai aveva una casa, un cane, un lavoro, qualche amico umano e non, e ormai la solitudine se ne stava andando man mano.

Era talmente assortra tra i suoi pensieri che nemmeno si era accorta che aveva smesso di piovere. Finì in fretta il suo cappuccino, ormai quasi freddo, e buttò l’occhio fuori, verso il cielo che si intravedeva a pezzi tra gli edifici e le villette di Magazine Street. Era plumbeo e non si vedeva un solo strato di azzurro, ma lei sapeva che, dietro quella spessa coltre di nubi minacciose di altra pioggia, si nascondeva il globo bianco che, quella stessa notte, l’avrebbe costretta a trasformarsi.

“Ci mancava soltanto il plenilunio, come se non avessi gà abbastanza problemi” pensò tra sé la lupa.

Ancora fuggiva la verità a Raquel, l’amica umana, e tutto per non spaventarla e allontanarla da sé. Stessa cosa faceva nei confronti di Kyle, migliore amico d’infanzia di Raquel e ormai diventato anche suo. Nonostante Kyle, ragazzo alto, occhi chiari, dai capelli lunghi, mossi e di un castano tendente al biondo, continuasse a ribadirle di non credere a lupi mannari e vampiri, Antinea era sicura al cento per cento che fosse a conoscenza di tutta la verità. Perché lo sapesse quello era sempre stato un mistero per lei e non intendeva indagare oltre, tentando quindi di frenare la sua curiosità per non cacciarsi nei pasticci e cercare di vivere mescolandosi ai comuni esseri umani.

Mentire a due persone alle quali voleva bene, la faceva soffrire parecchio e più di una volta era stata tentata di dire tutta la verità a entrambi, per liberarsi del pesante fardello che si portava sulle spalle.

“Non posso. Non capirebbero e perderei anche loro. Chi mai vorrebbe per amica un mostro? Una creatura per metà umana e per metà bestia? È pericoloso stare accanto a loro anche soltanto così e continuare a raccontare bugie su bugie.” continuava ripetersi per non cedere alla forte tentazione di sputare letteralmente fuori tutto quanto. Afferrò la sua borsa e uscì da Starbucks per dirigersi verso casa giacché già si era attardata. Aveva giusto il tempo per farsi una doccia, cenare velocemente e con qualcosa di leggero e infilarsi dentro ad una tuta. Perché tutto questo? Doveva correre alla palude prima dello scoccare del dodicesimo rintocco della Cattedrale di St. Louis, udibile da ogni parte della città. A quel punto la luna avrebbe richiamato a sé la sua figlia della notte e costretta a trasformarsi.

Un paio d’ore dopo, infatti, Antinea usciva con una tuta grigio scuro, fingendo di andare a fare jogging. Una scusa che funzionava benissimo ogni volta e che non destava alcun sospetto, nonostante quella sera ancora piovigginasse.

La palude verso la costa del Mississippi era un luogo a tratti inospitale e a tratti addirittura visitato dai turisti per la bellezza della natura incontaminata. Antinea era solerte scegliere le zone meno battute, ma che non fossero troppo pericolose anche per lei.

“Ma chi vuoi che ci sia di notte, Antinea?” chiese a se stessa, mentre camminava a passo svelto e cominciava a inoltrarsi tra la vegetazione, stando attenta a qualche rovo che ogni tanto le si impigliava nei capelli e ad alcuni arbusti abbattuti a terra nei quali sarebbe potuta inciampare.

Raggiunto uno spiazzo vicino alla riva del fiume che quella sera era in piena si fermò per controllare che attorno non ci fosse nessuno che potesse vederla. Non un’anima.

Antinea volse lo sguardo al cielo, cercando il suo punto di riferimento e una volta avvistato si acquattò per iniziare la sua mutazione. Lo scricchiolio delle ossa si fece man mano più udibile e il dolore straziante, che aveva per forza di cose dovuto imparare a gestire, le fece scappare qualche gemito infastidito e sofferente. I vestiti in poco tempo scomparvero, sostituiti da una folta e lucente pelliccia nera come la pece e sbucò dal nulla anche la coda. Al posto degli arti stavano prendendo forma quattro zampe forti e dagli artigli pericolosi che lentamente affondavano nel terreno morbido e umido della palude. Il bel viso della ragazza ispanica si era allungato in quello del lupo in lei e gli occhi marroni si erano schiariti divenendo d’ambra. Quando sentì che anche le ultime ossa si erano ricomposte com’era giusto che fosse cominciò a muovere qualche passo per abituarsi.

Si sentiva più forte, più istintiva, più aggressiva e più animale del solito. I sensi si erano acuiti. Percepiva ogni più piccolo e flebile rumore e le lunghe orecchie scattavano nella direzione di provenienza del suono come per accertarsi che fosse tutto apposto.

Vedeva nell’oscurità praticamente come se tutto fosse illuminato a giorno, come se i suoi occhi fossero stati creati per vedere nel buio più totale e assoluto, senza sforzo alcuno.

Erano passati dieci anni da quando aveva scoperto di essere una licantropa, ma a ogni trasformazione era come se fosse ancora la prima. Ci voleva qualche minuto per abituarsi al cambiamento. L’unico handicap, se così si poteva definire, era che la ragione era per la maggior parte offuscata dalla sua parte istintiva e lupina. Le veniva difficile controllarsi e quello che le passava per la testa il più delle volte lo metteva anche in pratica.

I suoi occhi dorati catturarono l’immagine di una lepre che sbucava di tanto in tanto. La voglia di accucciarsi in posizione di caccia era tanta e l’acquolina in bocca stava divenendo persistente e impossibile da ignorare o respingere.

Antinea si era abbassata, strisciando pancia a terra e tenendosi bassa per non farsi notare dalla sua preda. Fu un attimo solo, un balzo e piombò direttamente sulla malcapitata, affondando le pericolosissime zanne nel tenero animale.

I suoi denti strapparono e lacerarono la carne morbida e gustosa del piccolo animale, saziando la fame del lupo in lei. A fine pasto si leccò via il sangue rimasto su zampe e muso e si mise seduta, alzando lo sguardo, ancora una volta, alla sua bianca Signora.

Lei adorava definirla così, poiché riusciva sempre a piegare Antinea al suo volere, a comdando, una volta ogni mese. Diresse il muso appuntito allungato verso il cielo e cominciò a ululare.

Ululati lunghi per cantare la candida luna, per esprimere la sua condizione di metà umana e metà animale, carica di dolore e sofferenza, ma che non avrebbe mai voluto cambiare. Lei era così per natura, ci era nata e aveva imparato a conviverci con il lupo in cui si trasfomava.

Gli occhi gialli erano nascosti dalle palpebre. Era concentrata in quello che stava facendo e sapeva che il suo richiamo si sarebbe potuto avvertire anche a chilometri di distanza dal punto in cui lei si trovava. Ma la cosa non le importava e non la turbava minimamente.

Continuò instancabilmente così, fino al sorgere del sole, intervallandosi con qualche corsa per sgranchire le zampe e un piccolo riposo di tanto in tanto.

Quando la luna scomparve a causa dei primi raggi del sole, il lupo dal manto color petrolio aveva invertito il processo di trasformazione tornando a essere la solita ragazza di bell’aspetto che era per la maggior parte del tempo.

Antinea si sistemò i capelli raccogliendoli in una coda alta e cominciò a percorrere il sentiero a ritroso per uscire dalla palude. Con la luce dell’alba era più facile evitare le zone melmose e i rami bassi degli arbusti che avrebbero potuto ferirla. Una volta sbucata sulla strada, riprese a correre come se nulla fosse, sorridendo tra sé, perché ancora una volta era riuscita a non farsi scoprire e a passare la notte del plenilunio in santa pace.

Si diresse verso casa. Aveva bisogno di una doccia veloce e di cambiarsi.

Un’altra giornata la aspettava e cominciava con il turno lavorativo al Carousel Bar, circondata da persone normali che mai avrebbero sospettato cosa lei fosse in realtà: una creatura della notte, una creatura che viveva alla luce lunare e che era l’ombra nera di quella sfera opalescente che comunemente è definita Luna.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: nerDyWolf