Storie originali > Thriller
Segui la storia  |       
Autore: lispeth_    30/01/2012    4 recensioni
Guardava quegli occhi neri come la pece percorrere tutta la stanza. La stava cercando, sentiva il suo respiro ansioso di poterla toccare un'altra volta. Roxanne voleva urlare, ma facendo così avrebbe rivelato il suo nascondiglio all'assassino. La sua risata le fece gelare il sangue. "Ti troverò Roxanne Holmes, non puoi scappare" ringhiarono le sue labbra. Non era umano, era un mostro. E andava fermato, prima che fosse troppo tardi.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

I’m falling apart, I’m barely breathing
In your name I find meaning
I’m barely holdin’ on to you

Tre settimane di inferno.
Un giorno per rimediare a tutto.
Era esattamente  il ventisei novembre quando Sawyer Levine riaprì gli occhi completamente solo nella stanza. Era come risvegliarsi da un lungo sonno e non ricordarsi nemmeno a che ora si era andati a letto. Poco tempo dopo era arrivata Sarah con un sorriso sulle labbra e poi arrivò anche Roxanne con un permesso per uscire prima da scuola. Improvvisamente tutte le persone a cui teneva erano attorno a lui. Tutte tranne per un poliziotto premuto contro il muro opposto. Lo fissava come se stesse aspettando il momento più indicato per fargli delle domande per un evento che nemmeno si ricordava.
“Come ti senti?” gli chiese Roxanne preoccupata prendedogli delicatamente la sua mano.
“Un po’ intontino e dolorante ma sicuramente sopportabile, sono stato peggio. Sono felice che tu sia qui”
“Anche io, ma sono più felice che tu ti sia svegliato. Mi hai fatto stare in pena per tre settimane tonto e mi hai fatto andare male il compito di spagnolo” disse con un sorriso divertito. Era bello vederla sorridere in quel modo, non aveva idea di quante ne aveva passate in quelle tre settimane ma ora lui era con lei e non l’avrebbe fatta mai più preoccupare in quel modo.
“Sei la più brava della classe in spagnolo sicuramente saprai come recuperare”
“Oh finalmente qualcuno che me lo dice, mi sei mancato tantissimo Saw”
“Ti sono mancato solo per questo?” disse con uno dei suoi soliti sorrisetti di lato capace di far impazzire perfino un uomo etero. Roxanne però sapeva che quel sorriso era riservato solamente a lei e questo la faceva sentire la donna più importante al mondo.
“Lo sai che mi sei mancato per tutto, e non ho intenzione di dirtelo altrimenti alimenterei il tuo ego contenuto, non vorrai diventare come tuo fratello?”
“Non diventerò mai come lui” le strinse la mano  dimenticando per un attimo tutto quello che faceva da cornice a quella stanza. Aveva voglia di rimanere così per sempre nonostante non fosse possibile. Infatti quel momento venne immediatamente interrotto dal poliziotto alle spalle dei capelli rossicci della sua ragazza. Il suo aspetto era serio forse per colpa della barba tagliata alla perfezione nei minimi dettagli. Tamburellava nervosamente una penna su un block notes dalla copertina nera e sospirava in continuazione.
“Sawyer Levine? Volevo farle qualche domanda sull’accaduto. Non ci vorrà molto, le prometto che dopo la polizia la lascerà in pace almeno per qualche settimana” era un poliziotto giovane, la pistola che teneva sulla cintura era troppo lucida per essere stata usata almeno una volta.
“Le spiegherò tutto in poche parole agente. Mi ricordo solamente di essere passato puramente per caso al parco della città e poi di essermi svegliato steso a terra dietro a un cespuglio. Tutto quello che c’è nel mezzo: buio totale. Non ho la minima idea di quello che sia successo, nel caso che qualcuno mi avesse colpito alla testa non me ne ricordo nemmeno il viso. Non mi ricordo nemmeno di essere stato colpito!” Sawyer sembrava essere leggermente stressato della presenza dell’agente Hammond. Il suo cognome brillava su una targhetta color oro posizionata perfettamente sulla sua camicia color cachi. Dimostrava ventotto anni, non di più e non di meno, sicuramente era la sua età reale. Non aveva la fede al dito e il suo occhio sinistro sembrava essere più grande di quello destro. Roxanne scosse la testa perché stava analizzando troppo l’agente anziché interessarsi al suo ragazzo.
“Ok nel caso si ricorda di qualche altro dettaglio passi pure nel mio ufficio” appoggiò un bigliettino color panna sul comodino accanto al letto di Sawyer e se ne andò immediatamente salutando solamente con un cenno della testa.
“Simpatico”
“Stava facendo solamente il suo lavoro…è un peccato che io non ricorda assolutamente niente di quello che è successo”
“Non devi sforzarti a farlo sei già abbastanza rincoglionito di tuo”
“E’ bastata una settimana per farti diventare ironica?”
“E’ bastata una settimana per farmi totalmente impazzire senza di te”
“Alla settimana di mia assenza possiamo rimediare appena uscirò da questo ospedale puzzolente”


La monotona routine poggiava ancora pesantemente sulla vita di Roxanne. Sawyer era tornato ma tutto sembrava essere differente. Era teso per qualsiasi rumore  e non riusciva a dormire. Lo sentiva muoversi da un lato all’altro durante la notte. Si sentiva totalmente inutile nella sua situazione. Cosa poteva far per farlo stare meglio? Non riusciva nemmeno a capire di che cosa avesse realmente bisogno. Ogni volta che tentava di parlare con lui la respingeva in maniera violenta quasi come se improvvisamente fossero diventati estranei.
Dov’era finito il Sawyer che voleva rimediare al tempo perso? Dov’erano finiti i suoi sorrisi?
Roxanne si accorse troppo tardi che l’ospedale non gli aveva portato lo stesso ragazzo, quello non era affatto il ragazzo del quale era innamorata. Quel cuore non doveva affatto battere dalla paura.  Ma nonostante tutto lei sperava ancora. Era sicura che tutto sarebbe tornato alla normalità, c’era bisogno solo un po’ di tempo perché tutto si stabilizzasse.
Quella mattina era andata a scuola a piedi rifiutando il passaggio d’obbligo di Sawyer che sembrava preferisse rimanere nel suo letto a dormire. L’aria era pungente e sbatteva contro le sue guance. Se c’era una cosa che detestava era camminare da sola. Aveva sempre la sensazione di essere osservata da qualcuno nel suo cammino . Quel silenzio stradale poi le stava dando troppo la possibilità di pensare, pensare troppo la faceva star male anche perché i suoi pensieri non appartenevano certo a una giovane donna della sua età.
Un’ombra sembrava seguirla e riusciva a percepire un respiro pesante alle sue spalle. Il suo cuore cominciò a battere immediatamente ma non tardò a voltarsi immediatamente indietro. Nessuno produceva quel suono eppure lei era sicurissima che qualcuno la stava seguendo. Accelerò il passo, mancava poco per arrivare alla strada principale.
Battito per battito, le sue scarpe ticchettavano sull’asfalto in modo frenetico.
Quel respiro profondo tornò alle sue spalle come un’oscura presenza.
Improvvisamente Roxanne si fermò di colpò.
“Dai vieni fuori, non mi piace essere inseguita dalle ombre” disse voltandomi indietro e parlando con il vento gelido. Una figura incappucciata comparve da dietro l’angolo. Si muoveva lentamente eppure era scossa da leggeri spasmi. Stava ridendo, il suo inseguitore stava ridendo alle sue spalle. Sapeva che era un maschio dal modo in cui era vestito. Felpa grigia di una squadra inglese, jeans strappati nei punti strategici e delle converse tirate a lucido color nero.
“E’ così divertente per te a quanto vedo, ma sai non ho intenzione di essere presa in giro da nessuno” stranamente tutta la paura precedente era scomparsa.
Il cappuccio grigio mostrò quel volto che disturbava i suoi sogni. Si trovò nuovamente faccia a faccia con Adrian Kain.
“Credi davvero che ti stia seguendo?”
“Così sembrava”
“Andiamo alla stessa scuola, è probabile che prendiamo la stessa strada per arrivarci, non ci hai mai pensato?”
“Questo non cambia il fatto che ti sei messo a correre anche tu”
“Volevo solamente avvertirti di stare tranquilla non sono certo un maniaco” disse in sua difesa. E Dio se aveva ragione, gli avrebbe dato ragione anche se le avesse detto che stava rincorrendo una farfalla. Ma quel sorriso, cavolo se quel sorriso era in grado di farti perdere il lume della ragione. Roxanne scosse lievemente la testa per mantenere la concetrazione sul presente. Una volta con i piedi a terra ancorati all’asfalto fece una strana smorfia che doveva sembrare dispiaciuta ma nello stesso momento disgustata.
“Sei nervosa per qualcosa?” le chiese improvvisamente cercando di puntare i suoi occhi notte nei suoi. Lei tentava invano di sfuggirgli ma improvvisamente fu catturata dalle sue funi.
“Si ma certamente non ne parlo con te, in fondo non ti conosco nemmeno” incrociò le braccia al petto in segno di difesa ma sapeva per certo che era una barriera troppo sottile in contrasto con quell’anima che non aveva ancora un colore.
“Bè potresti conoscermi meglio mentre camminiamo verso scuola o hai ancora paura che possa farti qualcosa?”
Roxanne si mise a camminare senza nemmeno rispondergli ma non aveva però negato che non volesse parlarne con qualcuno. Adrian la seguì senza nemmeno esitare e in pochi secondi si posizionò al suo fianco con le mani in tasca e il cappuccio nuovamente tirato sopra ai suoi capelli biondi. Non parlarono per tanto tempo, entrambi fissarono un punto davanti a sè e continuarono a procedere nella loro direzione. Mancava ancora molto per arrivare a scuola e Roxanne non faceva altro che rimproverare sè stessa per non aver accettato il passaggio di Sawyer per raggiungerla. In quel momento sarebbe già stata tra quelle quattro mura e non sarebbe stata costretta a parlare con un ragazzo che non aveva ancora del tutto decifrato. In fondo che cosa sapeva di lui? Sapeva solo il suo nome, cognome e da dove veniva. Per il resto era buio, un completo buio di mistero che avrebbe spinto alla curiosità chiunque.
“Se vuoi comincio io. Allora mi chiamo Adrian Kain, sono della vergine, vengo dal Texas e mi sono appena trasferito nonostante non avessi alcuna voglia di cambiare nuovamente aria...ma sono stato costretto dal nuovo lavoro di mio padre e mia sorella sembra essere felice di vivere qui”
“Hai una sorella?”
“Si più piccola, si chiama Annaleigh,è l’unica donna di casa e nonostante abbia solo dodici anni si fa sentire anche troppo”
Per un secondo Adrian sembrò essere un ragazzo come tutti gli altri. Con una vita normale e che non aveva assolutamente niente di pericoloso. Improvvisamente la sua anima si era colorata di un azzuro intenso che rispecchiava la serenità del cielo di quella mattina.
“Anche io ho un fratello più piccolo, si chiama Noah”
“So anche che tua madre è morta...e mi dispiace ma penso di capirti perchè anche io l’ho persa quando avevo dieci anni”
“Come diavolo fai a saperlo?”
“Cheryl parla troppo ricordi? E non fa altro che parlare di te...è come dire ossessionata da te”
“Dovrebbe darsi una calmata quella ragazza”
“E’ quello che penso anche io... ma mi dà l’idea che lei rimarrà per sempre così, sembra una di quelle ragazze fatte a stampino come le barbie e che oltre a tagliarle i capelli non puoi fare altro per cambiare il loro aspetto sia esterno che interno”
Eppure Cheryl una volta era diversa. Era la migliore amica di Roxanne e parlavano di qualsiasi cosa come se fossero realmente sorelle. Qualcosa aveva cambiato la loro amicizia e lentamente Cheryl aveva preso una strada tutta per sè. Il problema aveva un nome: Sawyer. Quel ragazzo del quale Cheryl era cotta ma che non la degnava di uno sguardo, e dal momento in cui lui aveva dimostrato interesse per Roxanne tutto era finito.
In poco tempo era anche arrivato l’odio, quello che ti faceva ardere dentro fino a bruciarti completamente. E quando tutto era ormai ridotto a cenere veniva sostituito dalla freddezza dell’indifferenza. Una volta voleva bene a Cheryl, in quel momento avrebbe preferito vederla sotto a un treno in corsa. Non sarebbe stata una fine adatta a tutte quelle cattiverie che nell’ultimo periodo erano uscite dalla sua bocca nei confronti di Roxanne.
“Il tuo nome è molto orecchiabile”
“Mia madre era fissata con Mouline Rouge quando sono nata”
“Ecco dove ho già sentito quel nome....Rooooxanne” si mise a canticchiare quella canzone che la madre di Roxanne cantava in continuazione mentre preparava la cucina. Era sempre perennemente sporca di farina e si metteva a ballare da sola con il frullino in mano. Lo faceva oscillare a tempo di una musica solamente nella sua testa e finiva sempre per bruciare qualcosa. Adrian sicuramente era più intonato di sua madre  anche se non conosceva tutte le parole della canzone.  Era buffo pensare che quel ragazzo non fosse così perfetto come invece dimostrava il suo aspetto, la cosa appariva buffa ai suoi occhi e si mise a ridacchiare leggermente vergognandosi spudoratamente della sua risata. Coprì la bocca con la mano sperando di attenuare il suono prodotto dalla sua ridarella.
“Non nascondere la tua risata è adorabile”
Quel piccolo complimento fece comparire del rossore sulle guance di Roxanne, prontamente nascoste dall’enorme sciarpa di lana fatta da sua nonna.
“E questo doveva essere una sorta di complimento?”
“Bè forse. Non sono uno che fa molti complimenti alle persone, tendo a dire la verità”.  Era strano come le sue labbra si muovessero così armonicamente. Perfino la sua voce sembrava essere troppo perfetta. Una sinfonia di toni uniti perfettamente  tra loro. Poteva sicuramente diventare la sua canzone preferita. Al solo pensiero Roxanne iniziò a scuotere la testa per smetterla di pensare a una cosa del genere. Adrian Kain era fuori dalla sua portata perché lei stava con Sawyer, il suo ragazzo perfetto. Adrian lo sarebbe stato per qualcun’altra che non sarebbe stata lei.
“Non sembri una persona che tiene molto a dire la verità, hai mentito a Cheryl o no?”
“Ma lei non è una persona che conta?”
“A quindi io sarei una persona che conta?”
Non ricevette mai risposta a quella sua domanda. Non appena l’edificio scolastico si presentò davanti ai loro occhi la figura di Adrian scomparve così come era apparsa, quasi come se non ci fosse mai stato nessuno al fianco di Roxanne.
Si sentiva terribilmente scossa. Non sapere quella risposta le premeva in continuazione contro il cuore con profondi tonfi da toglierle il fiato. Si lasciò scoraggiare e riprese a camminare tirando un lungo respiro per farsi coraggio. Raggiunga l’aula di inglese trovò la tristezza del banco vuoto al suo fianco: Renee quel giorno non sarebbe venuta perché aveva preso l’influenza. Nel momento in cui però si era rassegnata a rimanere da sola qualcuno occupò il posto al suo fianco e riuscì a capirlo dal profumo di Dolce&Gabbana che produceva quella persona: Adrian.
“Io penso che ti sottovaluti, vali molto di più di quello che credi e il tuo ragazzo dovrebbe fartelo capire” rimase leggermente sotto shock nel sentire quelle semplice parole. Da quando Adrian pensava a quello? E poi come faceva a sapere che lei era una persona che contava quando non la conosceva nemmeno?
“Ti sbagli e comunque non parlare male di Sawyer”
“Ah è così che si chiama allora…almeno saprò a chi ruberò la ragazza” Roxanne si voltò verso di lui rimanendo per poi secondi agganciata al suo sguardo. Credeva di aver cambiato idea sul suo conto, e invece con quelle poche parole Adrian si era dimostrato proprio quel ragazzo che aveva osservato i primi giorni di scuola.
Rimasero in silenzio per tutta la lezione.
Gomito contro gomito.
Era strano come i loro respiri fossero così sincronizzati. A Roxanne faceva venir rabbia avere qualcosa in comune con quel bastardo.
Aveva deciso: odiava Adrian Kain e non avrebbe mai cambiato idea.
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Thriller / Vai alla pagina dell'autore: lispeth_