Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |      
Autore: nuvolenere_dna    30/01/2012    12 recensioni
Ambientata durante la saga di Majin Bu.
[ - Inferno. - aveva decretato Re Enma con aria sicura, stringendo fra le grandi mani il fascicolo contenente la sua vita e le sue innumerevoli malefatte, immaginando che la rabbia avrebbe immediatamente colmato e annerito quello sguardo già sufficientemente scuro, ma inaspettatamente il Principe aveva riso. ]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buonasera a tutti. Vi presento questa mia nuova fiction a capitoli, ambientata durante la saga di Majin Bu. Inizialmente doveva essere una one-shot, ma poi mi sono accorta che se l’avessi scritta tutta insieme per la lunghezza della trama e per il mio essere esageratamente prolissa sarebbe stata troppo lunga da scrivere e da leggere, cioè un mattone incredibile. Il punto della storia è questo: Vegeta si è sacrificato per proteggere la sua famiglia, una volta morto è stato condannato all’Inferno da Re Enma e si appresta ad affrontare i propri fantasmi e i propri sensi di colpa ancora da scontare e poi, come tutti sappiamo dall’anime, viene rilasciato e può tornare a casa da Bulma e Trunks.
[Il genere angst si riferisce infatti solo ai capitoli dedicati alla permanenza di Vegeta all’Inferno. ]
Probabilmente questa idea è già stata scritta e riscritta un megabilione di volte ma io non sono proprio riuscita a trattenermi (oltretutto non aggiornando la mia fiction che attende furiosamente di essere aggiornata ancora in corso “La Profondità Del Buio”, leggetela se ne avete voglia^^).
Spero che vi piaccia la trama e di essere rimasta IC.
Aspetto tantissime recensioni =)
Mi farebbero tanto piacere e mi aiuterebbero a migliorare (sono alle prime armi).

 
Fuori Dalla Notte


# cap. 1: nothingness
 
Vegeta si era presentato al cospetto di Re Enma con aria sicura e baldanzosa, incrociando le braccia e reclinando il capo da una parte, mentre i suoi stivaletti bianchi ancora lisi dalla battaglia si confondevano con il candore delle nuvole, pavimento del palazzo di smistamento delle anime.
Nemmeno uno sguardo timoroso o anche lontanamente curioso era comparso sul suo viso dai lineamenti schivi e alteri, nemmeno una parola o un cenno di saluto erano sfuggiti da quelle labbra strette, ma solo un’occhiata di superiorità mista a disprezzo aveva vagato sui volti dei presenti che lo fissavano con aria preoccupata e a tratti spaventata.
- Inferno. - aveva decretato Re Enma con aria sicura, stringendo fra le grandi mani il fascicolo contenente la sua vita e le sue innumerevoli malefatte, immaginando che la rabbia avrebbe immediatamente colmato e annerito quello sguardo già sufficientemente scuro, ma inaspettatamente il Principe aveva riso.
Vegeta aveva sogghignato fra sé e sé, completamente indifferente e per nulla impaurito dalla prospettiva che gli era stata proposta: quale tortura poteva spaventare il Principe dei Saiyan? Certamente nessuna.
Non temeva il dolore fisico. Avrebbe sopportato stoicamente, come sempre: nel corso della sua vita era stato sottoposto ad ogni genere di sofferenza ed era ormai avvezzo ad ogni genere di mancanza e privazione, essendo riuscito addirittura ad abituarsi alla sensazione di quel liquido viscoso e rossastro che gli copriva le membra, si spargeva fra i capelli folti e corvini e talvolta gli colava negli occhi; senza nemmeno sforzarsi troppo poteva facilmente risentire il sangue caldo risalirgli la gola e in un rigurgito purpureo spandersi sul suo petto e penetrare nella terra chiara e sabbiosa.
Quel particolare odore acre e metallico era in grado di risvegliare le sue regali narici come nient’altro, era quello che decretava la vittoria o la sconfitta, se altrui innalzando la propria soddisfazione alle stelle, se proprio strappando il proprio orgoglio in dolorose pieghe.

Vegeta non capiva perché i presenti lo fissassero con quell’aria preoccupata e allibita, avrebbe forse dovuto mettersi a piangere e implorare di essere mandato in Paradiso per il suo estremo gesto di sacrificio? Persino lui era ormai pronto a riconoscere che la sua vita era stata un mero susseguirsi di omicidi e azioni malvagie, e certamente non si sarebbe abbassato ad implorare perdono a nessuno per ciò che la sua natura selvaggia e la crudele educazione ricevuta lo avevano portato a fare.
E, negli spigoli più profondi della sua essenza ferina, era terribilmente orgoglioso e fiero della sua vita passata da guerriero valoroso e temibile. Nessuno avrebbe potuto costringerlo a rinnegare del tutto ciò che era stato, ciò che si agitava ancora, nonostante tutto, indomito e furioso nelle sue vene.
 
- Solo la gente come Kakaroth va in Paradiso, non certamente il Principe dei Saiyan. -
 
Aveva pensato con una punta di insoddisfazione e sottile astio, mentre oltrepassava con noncuranza Re Enma guardando dritto di fronte a sé. Re Enma osservò attentamente il passo regale e deciso del Saiyan e non poté impedirsi di chiedersi come era riuscito un uomo così arrogante e presuntuoso a cambiare al punto di sacrificarsi per la sua famiglia, per una famiglia che oltretutto non aveva nemmeno desiderato e cercato. E ora era lì, di fronte alla porta dell’Inferno, ancora una volta ghignante e sprezzante del pericolo. Nemmeno Freezer aveva osato ridere di fronte al varco infernale, le sue labbra scure e violacee avevano impercettibilmente tremato e i suoi occhi piccoli e rossi avevano indugiato un attimo in più del necessario prima di andarsene definitivamente, arreso alla condanna.
In quei pochi passi che lo separavano dalla soglia, l’uomo ripensò ai motivi che lo avevano spinto a quel gesto estremo e disperato e sorprendentemente non si ritrovò affatto pentito per l’atto compiuto.
 
- Bulma. Trunks. -
 
Il pensare ai loro visi delicati, ai loro occhi azzurri come il cielo, alle loro mani che lo sfioravano con dolcezza, lo scosse per un attimo e lo indusse a ripetere nei propri pensieri quei nomi familiari e, in un modo evidente a lui solo, amati. In quel momento gli apparve chiaro come il sole: anche se non era riuscito nel suo intento, era valsa la pena anche solo tentare di proteggerli, perché loro erano stati la sua ancora di salvezza, la sua unica occasione per smettere quella vita di violenza e di odio, dimostrando di essere una persona e non un freddo automa comandato dall’istinto di ferire e uccidere. 
E mentre valicava quella porta scura e fredda, un pensiero lo ferì profondamente.
 
- Li rivedrò mai? -
 
Si chiese, e immediatamente si vergognò di quel pensiero, sentendosi tremendamente patetico e sentimentale. Cercò di allontanarlo da sé, e mentre tentava di distrarsi dal loro ricordo accadde qualcosa di inspiegabile e misterioso. Vegeta capì subito di essersi sbagliato, di avere per l’ennesima volta peccato di presunzione.
 
Dov’è il mio corpo?
 
Fu il suo primo incredulo pensiero, quando si ritrovò nel buio, dissolto in uno spettro dai colori vitrei.
Le sue abituali e bellissime sembianze erano letteralmente scomparse, lasciando il posto ad un essere simile ad un fragile soffio di vento. Non aveva più bocca per urlare, umiliare, insultare; né mani per stringere, ferire, uccidere; nemmeno un corpo per muoversi, correre, scappare.
Gli era stato strappata  l’unica parte di se stesso che avesse mai considerato come esistente, che aveva allenato fino allo stremo per renderlo una perfetta macchina da combattimento, per diventare il più forte e temuto dei guerrieri, per vedere dipinto negli occhi degli avversari un terrore profondo e irrazionale dovuto all’avvicinarsi della morte. Lo aveva venerato, mugugnando di piacere e soddisfazione quando vedeva i propri muscoli irrobustirsi e il proprio fisico diventare più forte e robusto.
Spesso  si era ritrovato a percorrere con uno sguardo mal celatamente orgoglioso le proprie cicatrici, segno tangibile di chi combatte, di chi sopravvive, di chi vince.
Perché Vegeta lo aveva imparato a proprie spese fin dall’infanzia: fare del proprio meglio e accontentarsi di ciò che si ha non contava nulla in una vita come la sua, nella quale l’unico obiettivo era rimanere in vita a qualsiasi costo, e l’unico mezzo per riuscirci era combattere e uccidere, non avendo pietà per niente e per nessuno, riducendo la propria anima ad una fornace illimitata di odio e indifferenza.
Ma ora non aveva più il suo corpo, ciò che lo rappresentava, l’unica parte di sé che aveva accettato.
Era rimasta l’unica parte di lui trascurata e spesso rinnegata, la sua anima.
 
Vegeta era stato certo di non aver mai provato sentimenti fuori dalla rabbia e dalla frustrazione e dal desiderio di vendetta fino alla morte di quel ragazzo del futuro che dichiarava di essere suo figlio.
Per un solo, breve attimo, aveva sentito qualcosa muoversi dentro di lui, ma anche in quell’occasione non aveva dimostrato altro che ira omicida e vendicativa.
Poi, lentamente, era riuscito a legarsi a Bulma e a Trunks, comprendendo per la prima volta il concetto di amore, di calore umano, ma comunque per lui era rimasto un tabù l’ammettere l’esistenza di queste persone che lo chiamavano tesoro e papà.
Talvolta se ne vergognava, rimpiangendo la propria vita trascorsa da guerriero fiero ed orgoglioso, e non poteva trattenersi dal guardare fuori dai vetri della Capsule Corporation, immaginando di salire su una navicella alla volta dello spazio e trattenendo le membra frementi di combattere. Si sentiva mancare il fiato, mentre camminava nel giardino cosparso di astronavi e il vento fresco gli scompigliava i capelli scuri, e si chiedeva se davvero sarebbe stato in grado di farlo, di abbandonare tutto, di lasciare quella donna che lo amava e quel bambino il cui sguardo brillava di ammirazione alla sua presenza.
E così, ogni volta, si costringeva a ritornare indietro, sentendo i passi farsi pesanti e titubanti, reprimendo con una smorfia in volto la sua natura ferina e spietata.
Dentro di sé ne era stato perfettamente convinto: se anche la malvagità radicata dentro di lui fosse riuscita a convincerlo a riprendere in mano la sua vecchia vita, sarebbe ritornato alla Capsule Corporation entro breve tempo. Eppure, nonostante tutto questo, aveva sbagliato un’altra volta, cedendo alle tentazioni perpetrate dalle tenebre crudeli e disumane della sua anima, vendendosi. Al pensiero di quella M che gli aveva marchiato il volto Vegeta provava un’infamante vergogna, un vivido e bruciante senso di colpa, e non appena sentì il proprio corpo avvolto da una luce calda e dorata disintegrarsi in un rombo assordante aveva finalmente compreso che qualcosa dentro di lui era davvero cambiato.
 
Inspiegabilmente, immaginari aghi di ghiaccio cominciarono a trafiggerlo uno dopo l’altro, penetrando dentro la sua anima con una lentezza esasperante, provocandogli un dolore lancinante e facendolo sentire come paralizzato. Un freddo pulsante e tagliente, interno, psicologico, lo avvolse in un continuo crescendo, mentre un senso di solitudine e di abbandono gli ammorbava la mente. L’ira e la tristezza si fecero spazio nella sua coscienza debilitata e straziata da quella sofferenza intestina , portandolo sull’orlo di un crollo psichico.
Devo rimanere calmo e cercare di trovare un modo per liberarmi da tutto questo, continuava a ripetersi nei rari momenti di lucidità, tentando di placare il dolore. Il non poter sfogare i propri sentimenti ed essere costretto al silenzio e all’immobilità lo faceva lentamente impazzire, lasciandolo nella più completa frustrazione e disperazione per una quantità di tempo indefinibile, nella quale perse poco a poco sensibilità alla propria esistenza.
 
Ma, all’improvviso, un flash luminoso squarciò l’apatico corso dei suoi pensieri. Qualcosa di bianco si era impossessato della sua mente, ridotta alla stregua di uno squallido teatrino.
Bianco, lucido, viscido, violaceo.
Un moto di terrore lo scosse, risvegliandolo per un attimo dal dolore che lo stava lentamente torturando. Se fosse stato in possesso del suo corpo, avrebbe tremato dal nervosismo e avrebbe stretto i pugni nei guanti candidi fino a rompere la loro resistente stoffa: nonostante in quel momento Vegeta sarebbe stato in grado di uccidere Freezer con una semplicità disarmante avendo oltrepassato di molto il livello del Super Saiyan, il vederlo impresso nei propri pensieri ed essere obbligato a guardarlo senza poterlo eliminare lo riempiva letteralmente di orrore e disgusto. Il corpo liscio e candido, la testa arrotondata, gli occhi purpurei e allungati, le fattezze piccole e delicate, le labbra scure strette in un ghigno di compiacimento, Freezer rideva apertamente di lui, facendo schioccare la coda serpentina su un immaginario pavimento e producendo quel rumore familiare che era solito fargli venire i brividi sulla schiena.
Lo sguardo freddo e derisorio di Freezer lo perforava, ricordandogli l’infamante sconfitta subita su Namecc e la sua intera vita passata a servirlo come uno schiavo, forzato a piegarsi di fronte a lui in ipocriti inchini che ogni volta gli facevano salire la bile in gola, costringendolo a reprimere i conati di vomito.
Freezer camminava lentamente verso di lui, godendosi la reazione di sgomento che ogni suo robotico passo produceva nel Principe, senza riuscire a trattenere le risate. Il tiranno era così vicino che Vegeta poteva scorgere le pagliuzze nerastre che costellavano i suoi occhi rossi e notare i suoi muscoli compatti e sviluppati tendere fino allo spasimo quella pelle chiara e coriacea.
L’angoscia dentro il Saiyan aumentava esponenzialmente, mentre notava con disappunto che le labbra del tiranno si aprivano, schiudendo quella voce dolce e suadente, diventata nel corso degli anni per lui irritante come uno stridio metallico.
 
- Guardami, Saiyan. -
 
Vegeta non capiva il senso delle parole di Freezer, perché non avrebbe potuto distogliere la propria attenzione da quella presenza demoniaca in nessun modo e nemmeno allontanarsi da lui. Si limitò a osservare Freezer diventare sempre più impaziente e incrociare le braccia al petto, mentre la sua espressione diventava seria e costernata. Ancora una volta Vegeta si arrabbiò con se stesso per non essere in grado di andarsene dalla presenza di quell’essere odioso che lo trafiggeva con lo sguardo provocandogli ancora più dolore del ghiaccio che lo avvolgeva.
 
- Guardami, Saiyan. Tu sei come me. -
 
Una rabbia feroce e irrazionale invase il Principe, come osava quella schifosa lucertola paragonarlo ad un essere che aveva distrutto il suo pianeta, sterminato la sua razza, ucciso suo padre, riducendolo in schiavitù e beffandosi della sua ignoranza? Se solo avesse potuto, avrebbe spezzato volentieri quelle membra candide, frutto della sua colpevole immaginazione. Ma ancora una volta, impotente, non poté sopraffare quella voce calma e sottile.
 
- Guardami, Saiyan. Tu sei come me.  I tuoi occhi sono colmi d’odio e le tue mani assetate di sangue. Anche tu godi nel vedere la sofferenza, la disperazione, il terrore. Anche tu ridi del panico e dell’angoscia che provochi nei tuoi avversari. Ti sei beato del sangue altrui che ti impregnava i guanti e i vestiti, hai amato quell’odore, sentendoti potente e invincibile, hai provato un appagamento intimo e travolgente nel gustare la vittoria, nell’uccidere. Per tutta la tua vita hai ucciso per puro piacere personale, perché hai sempre bramato quella sensazione di potere: strappare la vita, ascoltare l’ultimo impercettibile respiro, imprimere in occhi morenti e socchiusi la tua immagine ridente e vittoriosa. Le tue mani hanno tremato di piacere e soddisfazione nel dare il colpo di grazia al nemico, non è forse così, Saiyan? Hai sempre goduto fisicamente e psicologicamente nell’uccidere, esattamente come me. Per questo, in fondo, siamo uguali. -
 
Un terribile silenzio seguì quelle parole, rotto soltanto dal continuo e ritmico schioccare a terra della coda di Freezer, le cui labbra scure si incurvarono in un largo e enigmatico sorriso.

- Io non sono come te. -

Pensò in un moto d’orgoglio, rifiutando di accostare la propria persona a quell’essere immondo che aveva odiato fin dall’infanzia. Voleva urlarglielo, desiderava con tutte le sue forze vedere il suo viso bianco e robotico contrarsi in una smorfia di disappunto, ma i suoi pensieri non sembravano raggiungerlo, rimanendo refoli di vento di nessuna consistenza. Freezer muoveva nervosamente le dita dei piedi, impaziente di avere una risposta e conscio del silenzio rabbioso e indignato del Principe: conosceva perfettamente Vegeta, non essendo altro che la proiezione del suo senso di colpa e della sua coscienza macchiata dal sangue. Freezer sgranò gli occhi colore del carminio, che si ingrandirono arrotondandosi e diventando neri come l’abisso.
Le tenebre, l’oscurità, e il nulla danzavano in quello sguardo penetrante carico di astio e di malizia.
Il più completo disgusto riempì l’anima del Principe, perché lui conosceva quello sguardo più che bene, era il proprio. Si rivide con un vago senso di malessere scrutare il mondo con quell’espressione tagliente e intensa, profonda e malvagia, così simile a quella del tiranno.
Vegeta si rifiutava razionalmente di ammettere una sua, seppur minima, somiglianza come Freezer, anche se la sua coscienza rassegnata e per la maggior parte ripulita dalla cattiveria sapeva perfettamente che lungo tutto il corso della sua vita non aveva fatto altro che farsi dominare dalla malvagità e dalla rabbia, imitando inconsapevolmente il sadismo e la crudeltà di quell’essere che fin da bambino aveva osservato combattere, uccidere e intimare ordini con quella voce severa e soave.
 
Non poteva più negarlo: aveva provato una sorta di piacere perverso e libidinoso ogni volta che aveva ucciso qualcuno, e a volte si ritrovava a rimpiangere quella dissoluta sensazione con tutte le proprie forze.
Dentro di sé sapeva perfettamente di essere parso agli occhi del mondo come uno dei più feroci e disumani  scagnozzi di Freezer, pervaso dalla stessa sua sete di sangue e conquista, immune ai sentimenti umani.
E così era stato.
Freezer rideva sguaiatamente, mentre Vegeta tentava disperatamente di ammettere a se stesso che per buona parte della sua vita non era stato altro che una copia di quell’essere spietato e brutale. Ma il Principe capì che cos’era stato a renderlo diverso nel profondo da Freezer, che cos’era a tracciare un abisso invalicabile fra i due: il suo aver imparato, anche se stentatamente e in modo per nulla perfetto, ad amare. Questo pensiero lo inorgoglì nel profondo e per un attimo gli aghi di ghiaccio smisero di penetrare dentro di lui donandogli qualche istante di sollievo. Si concentrò negli occhi ridenti e nuovamente rossi del tiranno.
 
- Io sono diverso da te perché ho imparato a provare dei sentimenti. -
 
L’irruenza e l’impeto con i quali Vegeta ordinò nella sua coscienza queste parole ebbero l’effetto di un fiume in piena, che oltrepassò gli argini della sua mente labile per raggiungere finalmente Freezer e infrangersi contro le sue membra esili, che tremarono visibilmente, colpite dalla forza di quell’affermazione.
Una ferita si aprì lentamente su quel petto bianco e coriaceo, provocando un gemito di sorpresa e di fastidio nel tiranno, che lo guardò con occhi sgranati e stupiti. Quello sfregio rossastro si diramò in un’infinità di tagli che lacerarono quel corpo perfetto che, cadendo a terra, cominciò a contorcersi per il dolore straziante.
 
- Mi.. mi.. hai tradito, Saiyan. -
 
Mormorò il tiranno con un’espressione allucinata e sconvolta, la coda sinuosa e inerte ormai abbandonata e immobile fra le gambe. Le urla di Freezer diminuirono poco a poco di intensità, insieme alla consistenza e al colore del suo corpo: le sue membra divennero incolori e lo sguardo temibile ridotto ad un pallido specchio rosato. Svanì nel nulla, riportando le tenebre e il silenzio nella mente del Principe.
 
*
 
  
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: nuvolenere_dna