La
pioggia cade senza ritegno come le mie lacrime. Non so quando ho iniziato a
piangere, forse quando mi sono affacciata alla finestra e ho visto che pioveva,
forse quando ho sentito un’altra presenza anche se stavo sola in casa. È difficile
convivere con il terrore, il terrore che ricapiti di nuovo.
Mi
sento debole, i pensieri si rincorrono senza fermarsi e immagini dolorose
attraversano la mia memoria. Sembra passato un secondo da quando mi ero
ritrovata in quella strada buia, isolata, spaventosa. Stavo tornando a casa da
sola, ma come ero solita fare ho preso le strade più isolate per poter correre
e saltare nelle pozzanghere bagnandomi tutta. Mi ricordo ancora quell’uomo
viscido spuntato dal nulla, vestito di stracci… non l’avevo notato immerso come
era tra i rifiuti, probabilmente in cerca di cibo, ma per dir la verità lo
avevo notato ma come la solita bimba di dieci anni non ci avevo badato,
continuavo a cimentarmi nel mio stupido gioco e a bagnarmi sempre di più ad
ogni salto. Si era avvicinato silenziosamente, oppure erano le mie risate allegre
ad aver cancellato il rumore dei suoi passi dietro di me. Solo ora pensandoci
capisco che era zoppo, solo ora capisco che se avessi fatto un po’ di
attenzione sarei tornata a casa sorridendo come sempre. Ma invece ero stupida, incosciente,
immatura… pensavo solo a giocare, ma come posso accusami in fondo avevo solo
dieci anni. Ma questo non ha fermato quell’uomo, lo sguardo innocente che
vedeva nei miei occhi non avevano frenato i suoi istinti. Inizialmente non
riuscivo a ricordarmi cosa fosse successo, il mio subconscio negava tutto, ma
col tempo i ricordi si sono fatti più vivi. In questo momento, anche se sono
sicura in casa mia, sento le sue mani ruvide e fredde sul mio corpicino , le
sue labbra sul mio corpo. Non capivo cosa stava succedendo, come potevo? Sentii
solo un dolore lancinante all’inguine, come se fossi caduta dalla bicicletta e
mi fossi sbucciata il ginocchio. Ma il dolore non finii dopo un poco ma
continuava mentre cercavo di proteggermi chiudendo le gambe, ma lui era più
forte, si impadroniva del mio corpo come se fossi una bambola. Allora chiusi
gli occhi e piansi, non sapevo cosa fare, volevo urlare ma non riuscivo ad
aprir bocca. Ero un giocatolo, un semplice giocattolo nelle mani di quell’uomo
crudele. Non riesco a ricordare il viso di quell’uomo, è oscurato come se la
mia mente avesse cancellato di lui solo quello.
Quando
tutto finii rimasi in quella strada a piangere, il vestitino sporco di fango e
sangue, le mutandine stracciate a terra, le calze sfilacciate. Fu così che mi
trovarono, tremante su una strada sperduta. In seguito i miei genitori hanno
fatto di tutto per farmi superare il trauma, ma niente può far dimenticare una
cosa del genere. Ancora oggi quando cammino per strada sento ancora il suo
sguardo addosso mentre si approfittava della mia estrema fragilità, quando un
uomo mi tocca anche per sbaglio inizio a tremare dalla paura senza un preciso
motivo.
E
ora, ora che sono sola in casa e nessuno mi può far del male, mi raggomitolo
nel plaid caldo vicino alla finestra, osservando il cielo che piange per me.