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Autore: funke    31/01/2012    0 recensioni
Quel lunedì pioveva forte, le strade della città si erano allagate di un denso miscuglio di terra e acqua che si riversava nelle piazze. Camminare era quasi impossibile, le carrozze nel loro passaggio affogavano nelle grandi pozze restando incagliate come navi fra gli scogli. Il nero cielo appesantiva l’aria carica d’elettricità, non un ombrello s’incamminava per quei vicoli angusti; gli abitanti o i visitatori se ne stavano rintanati nei propri alloggi aspettando la fine della tempesta e il nascere del sole.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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profumo d'assenzio

Profumo d’assenzio

Quel lunedì pioveva forte, le strade della città si erano allagate di un denso miscuglio di terra e acqua che si riversava nelle piazze. Camminare era quasi impossibile, le carrozze nel loro passaggio affogavano nelle grandi pozze restando incagliate come navi fra gli scogli. Il nero cielo appesantiva l’aria carica d’elettricità, non un ombrello s’incamminava per quei vicoli angusti; gli abitanti o i visitatori se ne stavano rintanati nei propri alloggi aspettando la fine della tempesta e il nascere del sole. Una speranza vana. Erano ormai giorni che quel tempaccio imperversava su Parigi, tutta quell’acqua stava lavando via il sangue e il male e le lacrime che avevano insudiciato il territorio francese. La Rivoluzione[1] aveva comportato gravi perdite, tanti i morti per dei valori irraggiungibili, per vacue speranze, per finte promesse che poi si persero come fumo nell’aria. In lontananza nereggiava imponente un faggio, la cui chioma era smossa dal soffiare del vento, gli uccelli e alcuni animaletti avevano trovato riparo presso di lui, anche per loro le difficoltà della vita gli imponevano di star fermi in quegli attimi angosciosi. Incurante delle sgradevoli condizioni climatiche si aggirava per i boulevard un giovane avvolto in un mantello logoro e inzuppato d’acqua. Da dietro i vetri delle abitazioni, i cittadini lo osservavano basiti, increduli di tanta stoltezza. Non pareva spaesato, anzi, sapeva, dove andare, uno straniero o forse un viaggiatore che molto spesso si era trovato a passeggiare per i viottoli della capitale. Svoltò due volte a sinistra e si diresse, in seguito, dritto verso un caffè, uno dei pochi aperti in quel dì di marzo. Era il Café de la Nouvelle Athènes[2]dove si riunivano tutti gli artisti dell’epoca. Il giovane entrò spavaldo e sedette a un tavolo in disparte, lontano dal chiacchiericcio dei pittori che stavano discutendo di colori, politica e quant’altro.  Sciolse il legaccio che teneva il mantello saldo sulle spalle e ripose quest’ultimo sulla sedia di fianco, svelando la pelle pallida e candida. I lineamenti tradivano la sua giovane età, poteva avere sì e no diciotto anni, diversamente da coloro che popolavano il caffè: erano per lo più tutti nel pieno della mezza età, anno più, anno meno. Lo straniero spiccava con i suoi ricci in mezzo a quelle teste calve o coperte da parrucche sintetiche fin troppo evidenti e le ragazze sedute ai divanetti lo fissavano insistentemente; alcune, le più audaci, gli si avvicinavano cercando di agguantarlo con i loro modi affabili, ma lui sembrava non notarle nemmeno; ogni tanto, poi, alzava lo sguardo e loro si aprivano in smaglianti sorrisi che ben presto scemavano nella sua indifferenza. Se ne stette per qualche ora seduto a quel tavolo, con sguardo attonito intento a vaneggiare in una lingua sconosciuta a molti in quella sala. Quelle pozze azzurre ch’erano i suoi occhi, parevano impregnate d’una strana malinconia, spenta, priva d’ogni moto del cuore. In silenzio con fare svilito riempiva di continuo il bicchiere d’un liquido argenteo che tutto d’un sorso versava in gola, che ardeva di lacrime e fiamme. Profumava d’anice, quella bevanda, aveva la fresca essenza della natura, un misto di erbe e fiori, che ripuliva l’aria appesantita da quel carico di alcol che aleggiava nella saletta. Uno; due; tre bicchieri. All’ennesimo sorso, il ragazzo, pareva aver perso quel poco di lucidità che gli era rimasto. Fu allora che la tristezza, che aveva largamente cercato di reprimere, affiorò in tutta la sua impetuosità. Amare lacrime cominciarono a sgorgare da quelle dighe ormai divelte, il viso deturpato in una smorfia di dolore lasciava trasparire la sua debolezza in quel mondo così distante da lui, dai suoi desideri, dai suoi sogni. Si alzò barcollando, con una mano scostò la sedia e con l’altra reggeva una bottiglia nera come la pece. Inciampando nei propri passi raggiunse a stenti il bancone del bar, puzzava tremendamente, aveva lo sguardo perso nel vuoto, l’aria di uno che ormai con la testa non ci stava più. Chi lo sa, probabilmente non era più conscio di ciò che gli accadeva intorno. Ogni cosa la vedeva girare e girare vorticosamente senza mai fermarsi, tale e quale ad una bussola impazzita; era inquietante ma al tempo stesso lo faceva ridere stupidamente. La guerra lo aveva distrutto, aveva logorato il suo animo, la sua gioventù; il fragore dei cannoni rimbombante nelle orecchie, le grida dei bambini strappati dalle loro madri, lo sbattere incessante degli zoccoli dei cavalli, in quel momento li aveva completamente scordati. Si lasciò avvolgere da quella strana sensazione di benessere. La puzza di polvere da sparo era andata via, un sapore zuccherino prese i suoi sensi e lui si perse per sempre in quel profumo, il profumo d’assenzio.

 

 

NOTE DELL’AUTORE:
[1]Si riferisce alla Rivoluzione Francese del 1848 in cui le forze politiche eterogenee che avevano abbattuto la monarchia si scontrano sul campo delle riforme sociali: il governo conservatore uscito dalle elezioni del 23 aprile non intende soddisfare le richieste degli operai parigini, che insorgono il 23 giugno, ma la loro rivoluzione è repressa nel sangue dal generale Cavaignac. Il governo, confermando la sua natura anti-operaia, abolisce i laboratori nazionali, innalza l'orario di lavoro e vieta il diritto di sciopero e di associazione.

[2] Nouvelle Athènes è il nome di un caffè a Place Pigalle, famoso ritrovo degli impressionisti come Manet, Degas, Van Gogh ecc. Con lo stesso nome è indicato anche un intero quartiere di Parigi di fine '800. Il locale fu scelto soprattutto da Marcellin Desboutins e aveva il vantaggio rispetto al Café Guerbois di possedere una terrazza coperta che si affacciava sulla piazza, consentendo la visione dei passanti. Ogni lunedì infatti presso la piazza gli artisti sceglievano i loro modelli che si ritrovavano in quel luogo. All'interno del caffè fu dipinto il quadro di Degas L'assenzio. Nel corso degli anni il caffè cambio nome più volte: negli anni '40, divenuto un locale di spogliarelliste, venne chiamato Sphynx e si caratterizzò per essere divenuto il luogo di incontro dei militari nazisti prima e statunitensi poi. Più recentemente, tra gli anni ottanta e gli anni novanta, fu chiamato New Moon. Il caffè fu chiuso nel 2004 ed il palazzo dove risiedeva completamente modificato.


   
 
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