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Autore: contessa barthory    31/01/2012    1 recensioni
"Vi è mai capitato di sentirvi come se stesse cadendo in un burrone di cui non vedete la fine, senza avere nulla a cui aggrapparvi, senza sapere quando arriverà la fine?
Oppure vi siete mai sentiti intrappolati in voi stessi?
Avete mai scoperto che l'unica cosa veramnete importante per voi, nel groviglio di sentimenti e pensieri, va contro tutti i vostri valori?"
E se Howl, anche dopo aver riacquistato l'animo, si sentisse come se una parte di lui si fosse persa?
E se nemmeno Sophie riuscisse a ritrovarla?
Se ci fosse bisogno di qualcun'altro per far sistemare tuuo come le linee del destino hanno deciso?
E' la mia prima ff, quindi recensite, per favore, e ditemi tutto ciò che non va, così potrò migliorare.
Grazie a tutti.
contessa barthory
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Howl, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, eccomi ancora qui … dunque, in questo capitolo c’è la voglia di andare avanti e la positività che non c’erano negli altri due, ma che dovevano comunque arrivare. In ogni caso scusate per il ritardo, ma al computer sono una schiappa, ci metto un sacco di tempo a postare i capitoli e pochissimo a scriverli. Ora vi lascio alla lettura, ciao!! XD
 
Firenze, tre anni dopo

Camminavo come al solito per le strade lastricate di Firenze, pensando al compito di fisica del giorno prima, implorando non so chi affinché  fosse andato bene. Io adoravo la fisica, ma non per questo magicamente diventava facile ai miei occhi. Al suono della campanella entrai in classe, salutando i miei amici. La prima ora era italiano, e,in accordo con la professoressa, il lunedì avevamo un ora di studio delle divinità antiche, soprattutto quelle greche. Io adoravo davvero le divinità greche, le storie e i miti che le riguardavano, tutti gli avvenimenti di intrighi, vendette, scontri combattuti con i poteri più disparati, umani che vincevano usando l’astuzia o l’inganno. Mi facevano desiderare di essere una delle divinità, un Apollo al femminile, o Atena, o Poseidone donna. Era tutto così magico e fantastico. Ho sempre adorato la magia e ho sempre fantasticato sulla sua esistenza. In fondo, se l’uomo è riuscito ad immaginarselo, da qualcosa dovrà pur essere partito, no? Magari … Continuai a fantasticare fino alla fine delle lezioni, non prestando il minimo interesse per i professori. La mia vita era difficile, a volte malinconica e triste, ma la cosa positiva di aver perso tanto era che poi riesci ad apprezzare ciò che non hai ancora perso, anche se spesso apprezzi ciò che gli altri hanno e che tu non hai. Ma l’invidia o il desiderio di tornare indietro non fanno bene a nessuno, quindi è meglio concentrarsi su come prendersi la rivincita da soli, senza aspettare nella “Provvidenza Divina”. Chi fa da sé, fa per tre. E comunque noi siamo gli artefici del nostro destino, un po’ come Efesto, dio del fuoco e fabbro degli dei. Lui, lo storpio, creava oggetti di una bellezza indescrivibile. Da tutto può nascere tutto. Dal dolore la gioia e dalla morte la vita. Niente è scritto e niente può essere previsto.  In ogni caso continuai a sognare il mio principe azzurro, con i capelli neri e gli occhi verde acqua finché non arrivai a casa da mia nonna, che spense le mie fantasie, ormai volate oltre le nuvole, con uno: “Svelta, Arianna, il pranzo è pronto!”
 
 
[pov Howl]


Dopo la mia chiacchierata con Sophie mi addormentai e fui svegliato nel cuore della notte da un terribile incubo. Vagavo per dei sentieri di montagna, scuri e impervi, e sapevo di dover raggiungere la cima, anche se non sapevo il perché. Camminavo sempre più lentamente, l’aria si faceva più rarefatta, il respiro era affannoso e stavo quasi per fermarmi, quando vidi Sophie sulla cima, che mi sorrideva e mi invitava a salire. Questo mi diede energia e continuai a salire, ma, ad un metro da lei, il suo viso si fece scuro e cominciò a piangere. Si spacco la terra tra me e lei e tanti demoni uguali a me prima che Sophie mi salvasse, si avventarono sul mio corpo, cercando di farmi cadere nella voragine appena creata. Io cercavo di chiedere scusa a Sophie, di parlarle, ma lei piangeva e c’era una voce, molto somigliante a quella di Madame Sullivan, ma un po’ distorta, che diceva:
“Tu non meriti il perdono, non meriti la magia, non meriti la vita! Ti ucciderò per ciò che le hai fatto!”.
E mi svegliai urlando proprio mentre i demoni alati mi gettavano con violenza nel vuoto. Sophie entrò di corsa in camera mia, ancora con la camicia da notte, spaventata dal mio urlo. Si avvicinò, e io riuscii a notare, malgrado la luce fioca della candela, che aveva gli occhi gonfi e le guance bagnate di lacrime. La feci sedere accanto a me e la abbracciai, permettendole di inzuppare di acqua salata le coperte e la mia camicia. Dopo che ebbe finito di sfogarsi le parlai, cercando di essere più dolce possibile:
“ Sophie, ascolta, io non so perché al mio nuovo cuore manca un pezzo, non so perché i sentimenti che mi aspettavo di provare non ci sono e non so perché io mi senta così strano, come se avessi un vuoto; ma so che, nonostante non ti ami, io mi sia affezionato molto a te, ti voglio bene, farei di tutto per vederti sorridere un’altra volta e so che ti sono debitore. Non sono le emozioni che credevo avrei provato, ma sono molto più forti di qualunque cosa il mio cuore abbia sopportato fino ad adesso. Spero che non soffrirai per me, perché fidati se ti dico che non ne vale la pena, ma spero che resterai con me, se puoi, perché qui tutti hanno bisogno di te. Ma soprattutto io ne ho bisogno. Sei tu che mi hai salvato e che mi hai fatto provare per la prima volta un amore così forte come quello tra fratelli di sangue. Ti auguro il meglio e so che un giorno incontrerai una persona migliore di me e soprattutto che ti ami come meriti. Ti prego, non mi odiare, Sophie!”                                                                                           
Lei mi guardò con altre lacrime che spuntavano agli angoli degli occhi e disse:
“Oh, Howl!”                                                                                     
Si rituffò tra le mie braccia e ricominciò a piangere. Quando ebbe finito, alzò la testa e mi fece il sorriso più bello che io avessi mai visto, a cui non potei non rispondere con un altro sorriso altrettanto luminoso.
“Ora che si fa? Vuoi restare qui o vuoi trasferirti? Posso portarti ovunque tu voglia” le dissi con affetto. Lei ci pensò un po’ e poi mi rispose, con una scintilla di eccitazione e incertezza allo stesso tempo:
“Non sono mai stata in Italia …”                                                                    
“E Italia sia!!” le risposi con un sorriso, subito imitato dal suo. Ora che avevo ottenuto il suo perdono, potevo ricominciare questa nuova vita piena di cose da scoprire, di emozioni nuove da controllare e da far esplodere. Ora potevo anche cercare quella parte che mi mancava, quel pezzo di cuore perso chissà dove, ma che ero fermamente intenzionato a ritrovare.
 
  
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