Hope
«
Quando ha deciso di diventare una maestra? » domandò Henry Mills.
Suonava come una domanda innocente, ma
Mary Margaret poteva vederla come l’esame che era in realtà. La guardava
attentamente in viso, studiando la sua espressione e cercando qualcosa che lei
sarebbe stata felicissima di dargli, se solo avesse saputo di cosa si trattava.
I due erano alla finestra dell’aula,
a guardare gli uccellini appena nati azzuffarsi per un verme mentre la madre
volava via per cercare altro cibo.
Mary Margaret sorrise al bambino che era
venuto a trovarla tutte le mattine prima delle lezioni fin da quando aveva
cinque anni. Gli insegnanti non avrebbero dovuto avere dei favoriti, ma lei ce
l’aveva. Henry era speciale, in un modo che non avrebbe saputo davvero
definire.
« Beh, io... Uhm. Non lo so,
Henry. A volte queste cose succedono e basta... Oh, il piccolino ha preso il
verme » esclamò con un sorriso.
La delusione che gli attraversò
il viso le fece capire che ancora una volta non aveva superato quella prova,
qualunque fosse. Se solo avesse potuto capire cosa voleva da lei...
Il sospiro profondo del ragazzino la
indusse ad abbassare lo sguardo su di lui, preoccupata.
« Cosa c’è che non
va, Henry? Va... tutto bene a casa? » gli chiese esitante.
Per un attimo Henry guardò fuori
dalla finestra senza vedere nulla.
« Beh, non mi ha picchiato di
nuovo, se è questo che vuole sapere. Ma ancora non mi dice niente. Ogni
volta che le faccio domande sulla città mi dice: ‘Risparmiale per
il dottor Hopper’. »
Mary Margaret increspò le labbra,
incerta su cosa rispondere. Henry le aveva parlato molto di quanto fosse ‘strana’
Storybrooke. Le aveva detto che si sentiva come
intrappolato in un mondo in cui tutti erano sempre gli stessi, tranne lui. Che ogni
anno lui cresceva, mentre gli altri in città restavano esattamente alla
stessa età...
All’inizio aveva pensato che
avesse solo una fervida immaginazione, ma col passare del tempo le sembrava
sempre più triste e isolato. In nessun modo avrebbe potuto parlarne con
il sindaco, così Mary Margaret era andata dal dottor Hopper.
Le era sempre piaciuto Archie Hopper, ed era stata felice di sapere che stava
cercando di aiutare Henry.
« Beh, per questioni legali non posso dirle molto, signorina Blanchard. Ma sono preoccupato per lui. Abbiamo iniziato le
nostre sedute da quattro anni e le cose sembrano progressivamente peggiorare...
»
Henry sospirò e distolse lo
sguardo dalla finestra.
« E non importa quanto ci provi,
non riesco a incontrare il signor Gold da solo. Lei
mi sorveglia come un falco ogni volta che c’è lui nei paraggi. Sa
sempre quando cerco di andare nel suo negozio e trova sempre un modo per fermarmi!
» brontolò, avviandosi pesantemente al suo posto in fondo alla
classe.
« E perché vuoi parlare con
il signor Gold? » gli chiese lei arricciando il
naso.
C’era qualcosa di sconcertante e
crudele nel proprietario del negozio dei pegni. Per quale motivo qualcuno
dovesse volontariamente andare a cercarlo, era al di là della sua
comprensione.
« Gliel’ho detto. Ricorda il
giorno che ci siamo conosciuti? Il signor Gold mi ha
detto che sono stato adottato! »
Mary Margaret annuì e
iniziò a sistemare i libri di esercizi sui banchi.
« Già, è vero. Credo
che abbia sbagliato nel dirtelo, Henry. Tua madre l’avrebbe fatto non
appena avesse pensato che tu fossi pronto per saperlo. Inoltre, non è
che sia un segreto. Tutti in città lo sapevano già » gli
spiegò, passandogli il suo eserciziario.
Lui lo prese con un sospiro.
« Lo so, ma il signor Gold mi ha detto che mia madre ha chiesto a lui di
procurarle un bambino. Se voglio trovare la mia vera mamma, è da lui che
devo cominciare. »
« Oh, Henry. Non sono sicura che
sia una buona idea. »
Ma la campanella suonò e la
classe si riempì presto del chiasso dei bambini che mettevano via
merende e cappotti e andavano al posto chiacchierando.
Mary Margaret continuò a
osservare Henry mentre il ragazzino teneva lo sguardo basso sul suo libro,
ignorando la confusione attorno a sé.
Gli altri studenti gli diedero solo un’occhiata
e si sedettero ai loro posti. Persino in mezzo a una classe indaffarata, Henry
non le era mai sembrato così solo. Il suo dolore le faceva male, in un
modo che suggeriva che il legame tra loro era ormai al di là di un
semplice rapporto insegnante-allievo, e all’improvviso Mary Margaret
desiderò di essere stata lei ad adottare Henry. Anche se ciò
avesse significato stringere un accordo con il signor Gold.
Quel giorno, dopo la scuola, Mary
Margaret si ritrovò a vagare per la città. Non aveva davvero
pensato a dove stesse andando prima di vedere il negozio dei pegni.
Rivolgersi al dottor Hopper non era
stato di alcun aiuto, e non aveva proprio il coraggio di affrontare Regina Mills. Ad ogni modo andare dalla madre di Henry non avrebbe
fatto che peggiorare la situazione.
Il signor Gold
non le piaceva, non piaceva a nessuno. Anche se in effetti non riusciva a farsene
una buona ragione. Non c’era nulla che avesse fatto specificamente a lei,
ma, ogni volta che lo incontrava, qualcosa le faceva venir voglia di scappare.
Mary Margaret si fermò giusto
fuori dal negozio e dovette sopprimere quell’impulso per continuare a
camminare. Era per Henry. Poteva essere abbastanza coraggiosa da fare questo
per lui.
Il campanello trillò quando lei
spinse la porta, e un piacevole odore di tempi passati assalì i suoi
sensi. Scorse con gli occhi gli insoliti oggetti allineati sugli scaffali e
disposti nelle vetrine. Un raggio di sole del tardo pomeriggio scintillava su
una delle molte miniature di cristallo che formavano una bellissima scultura di
pendenti. Il prisma di luce l’abbagliò e con gli occhi della mente
poté vedere un lettino sul quale un giorno i pendenti potevano essere
stati appesi. Intagliato in legno di ciliegio e ricoperto di decorazioni
elaborate: un lettino perfetto per una principessa bambina...
« Vuole che lo tiri giù,
per guardarlo più da vicino? »
La voce la fece sussultare, scrollandola
da un sogno a occhi aperti.
« Oh, no, grazie » disse,
con voce un po’ tremante.
Il negoziante le rivolse un sorriso che,
sebbene probabilmente volesse essere rassicurante, non fece che turbarla
più di quanto già non fosse.
« Beh, allora qualcos’altro.
Uno specchio, forse? » Le indicò un bellissimo, antico specchio circolare
d’argento appeso al muro alla sua destra.
Lei gli diede un rapido sguardo, ma
scosse la testa.
« Non è intenzionata a
comprare? C’è qualcosa che le piacerebbe vendere? »
Di nuovo, Mary Margaret scosse la testa,
incapace di parlare. Perché quell’uomo era così
intimidatorio?
« No? Mm... Non è qui per
comprare, non è qui per vendere... Non mi deve alcun affitto. C’è
un altro tipo di accordo che intende fare con me? »
Non riuscì a nascondere un
brivido alla parola ‘accordo’, anche se non capiva perché dovesse
turbarla così tanto.
Il sorriso di lui si allargò e
gli occhi parvero scintillare di luce interna. Era come se sapesse per quale
motivo era venuta, per quale motivo si sentiva così a disagio in sua
presenza...
« No. Non per me, comunque »
la voce non le tremò affatto. Tenne Henry ben fermo nella propria mente.
« Sono qui per via di Henry. »
« Il figlio del sindaco? »
chiese lui, ma non c’era curiosità nel suo sguardo o nel suo tono.
Si guardò le mani, posate su una
teca di vetro.
« Cos’ho a che vedere, io,
con Henry Mills? »
Mary Margaret si prese un momento per riordinare
i pensieri, e il signor Gold attese pazientemente che
riprendesse.
« È stato lei a presentarmi
a Henry. Da quel giorno lui è diventato molto speciale per me. E io...
io credo che abbia bisogno di aiuto, ma non so come aiutarlo. »
« E perché venire da me?
Perché non rivolgersi alla madre del ragazzo? » chiese,
guardandosi ancora le mani.
Era una domanda ragionevole, una per la
quale lei non aveva una buona risposta.
« Non credo che servirebbe »
cercò di spiegare.
L’uomo alzò lo sguardo e
inclinò il capo da un lato.
« E di preciso, come pensa che io possa
aiutarlo? »
Sospirò, frustrata.
« Non lo so. Henry dice che lei ha
accennato al fatto che Regina l’ha incaricata di trovarlo. È un
ragazzo speciale, ed è così solo. Vuole trovare la sua madre naturale
e crede di dover cominciare da lei. »
Era calmo; il suo volto non tradiva
nulla.
« E lei crede che trovare sua
madre gli farebbe bene? »
« Sì. No... Non lo so.
Quello che so è che lui crede
di sì. E penso che l’idea che sua madre è là fuori
da qualche parte... sia la sola cosa che gli impedisca di impazzire. Ho paura
per lui » sbottò, e poi voltò in fretta il viso per
asciugarsi una lacrima.
Il signor Gold
rimase in silenzio per molto tempo. Alla fine annuì.
« Aspetti qui un momento, cara. »
Si voltò e zoppicò verso
un corridoio affacciato sul retro del negozio, appoggiandosi pesantemente al
suo bastone.
Mary Margaret si asciugò di nuovo
gli occhi e si rese conto in ritardo di una cosa accaduta quando si era intravista
nello specchio indicatole poco prima dal signor Gold.
Per un secondo aveva creduto di vedere se stessa con lunghi, vaporosi riccioli
neri punteggiati di fiorellini bianchi. Si stropicciò gli occhi e si
guardò di nuovo nello specchio. No, i soliti vecchi capelli. Doveva
averlo immaginato.
« Ha cambiato idea sullo specchio?
»
La voce era irrisoria, e quando
incontrò il suo sguardo lei sentì che sapeva esattamente
ciò che aveva visto. O creduto di vedere...
« Che cos’è? »
domandò, la sua attenzione catturata ora dal vecchio librone che l’uomo
aveva tirato sul banco.
« Un regalo per Henry » le
rispose, voltandolo così che potesse guardarlo meglio.
Mary passò la mano sulla
copertina di morbida pelle, e cautamente sfogliò le pagine. Era un libro
di fiabe, meravigliosamente illustrato da quelli che sembravano disegni fatti a
mano.
« È molto bello, signor Gold. Ma non vedo come un libro di vecchie storie possa
aiutare Henry » disse, richiudendolo e alzando lo sguardo verso il
negoziante, perplessa.
« Oh, ma queste non sono solo storie,
signorina Blanchard. Sono favole. Favole speciali,
che gli daranno ciò di cui ha più bisogno in questo momento »
spiegò.
« E cioè? »
« La speranza. »
La mattina seguente, al suo arrivo, il
libro era posato sul banco di Henry.
Lui lo fissò per un attimo e poi
la guardò confuso.
« Mi sta dando dei compiti? »
le chiese con una trepidazione che la fece ridere.
« No, è un regalo. Qualcosa
che ti aiuterà a sentirti meglio » cercò di spiegargli, ma
persino alle sue orecchie suonava debole.
« Uhm, okay. Grazie...? »
Lei rise di nuovo e gli diede una pacca
sulla spalla.
« Sono favole, Henry. Storie a
lieto fine. Ho pensato che forse avrebbero potuto distrarti per un po’.
Darti un po’ di speranza e aiutarti a trovare il tuo lieto fine. »
Fu la prima volta in cui Henry l’abbracciò.
E non era un semplice, dovuto abbraccio di ringraziamento. Si strinse a lei,
affondandole il viso nello stomaco e stringendola forte.
Era un abbraccio di ringraziamento ‘perché
ti prendi cura di me, perché riconosci il mio dolore, perché
capisci, perché non mi allontani’.
« Grazie per il libro »
bisbigliò, guardando in su con gli occhi lucidi.
« Prego. »
Note di traduzione
Tradurre questa storia è stato un epic
win xD RicksIlsa
ha le mie stesse idee su quali possano essere le origini del libro di Henry –
ma vi assicuro che non c’è plagio, né influenza, da nessuna
delle due parti. Io ho pubblicato la mia ‘Es
War Einmal’ ben prima che lei pubblicasse ‘Hope’, ma non gliene ho mai parlato, ed è
anche da escludersi che sia passata dal mio profilo qui su EFP per
destreggiarsi con l’italiano. Le nostre teorie comuni sono una purissima
coincidenza. Non datele addosso.
(Anche perché, diciamocelo, la sua Mary Margaret è
diecimila volte meglio della mia <3)
Con questa shot si chiude il suo ciclo
di storie pre-pilot, ma l’autrice afferma di
avere altre idee in cantiere. So, see you soon.
Aya Lawliet ~