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Autore: Agapanto Blu    01/02/2012    2 recensioni
Una donna, ormai a metà della sua vita, si ritrova a pensare in un vecchio bar. Sta aspettando un uomo, il suo uomo, ma non sa se tornerà anche questa volta.
Una vita spesa ad aspettare qualcuno, con anche il cuore di perdonarlo...
...
Questa storia non è mia ma di una mia cara amica che spesso mi sta vicina nei momenti più "ansiosi".
Ispirato dal quadro "Caffé Greco", di Renato Guttuso.
Original story by Bibi!
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ATTESA


Come al solito mi trovo in un angolo, da sola, ad aspettarlo.
Mi ostino a credere che mi ami, che ci tenga a me e che, anche se mi tradisce e se mi da per scontata, un giorno cambierà ma non è così, ormai ho superato i quaranta e anche lui lo ha fatto da un pezzo.
A questo punto non si può fare nulla e io ho sprecato la mia vita per aspettare quell’essere.
Il modo in cui sto pensando, ora, potrebbe dare l’impressione che io abbia imparato la lezione ma non è così, non la imparerò mai.
Appena si presenterà, con quel suo sguardo malizioso e quei suoi capelli indomabili, e mi dirà “Scusa” con quel suo tono gelido, io ci ricascherò.
Odio questo posto, piace a lui anche se non ne so il perché e, sinceramente, non lo voglio nemmeno sapere.
 
L’atmosfera è gelida e tetra, le persone hanno un’aria altezzosa e triste allo stesso tempo.
Forse anche io appaio così ai loro occhi e forse è per questo che detesto questo caffé: perché è come se fosse lo specchio della mia anima.
Anche se lo odio immensamente, proprio come odio lui, non riesco a immaginare cosa farei ogni Venerdì pomeriggio se non dovessi venire qui ad aspettarlo.
Il locale ha uno stile retrò, tavolini rotondi, poltroncine, quadri di paesaggi e un lampadario che pare un ragno; potrei descriverlo con una sola parola: vecchio; proprio come lo sono io.
 
Appena lui arriverà, comunque, -se arriverà- faremo ciò che facciamo sempre il Venerdì: dopo esserci fatti portare un boccale di birra, andremo al centro commerciale a comprare roba che sicuramente non useremo mai ma che colma il vuoto che ha lasciato l’amore e poi diritti a casa, senza pronunciare una parola…
Anzi, qualcosina sì: parliamo un po’, in fondo.
Parliamo del cibo, ad esempio mi chiede cosa c’è per cena oppure se ci prendiamo una pizza, ma non va oltre e io, ormai, ho perso ogni voglia di lottare, non ho più la forza di andare avanti ma per qualche strano motivo a me sconosciuto non riesco a chiudere questa storia morbosa che si è creata tra noi.
Anzi, il motivo lo so: perché sono follemente innamorata di lui, così innamorata da farmi del male.
 
Le altre persone in sala le conosco, vengono sempre qui, quasi come se qualcuno avesse deciso di metterci tutti insieme il più lontani possibile dal resto dell’umanità che, invece, continua a sognare, sperare e lottare.
Dico così perché qua hanno tutti un’aria triste, non esiste rumore, tutti stanno in silenzio a pensare e torturarsi proprio come sto facendo io ora.
Abbiamo tutti storie diverse ma una sola cosa ci accomuna: la rassegnazione; prima qui eravamo di più, ora molti sono scomparsi, avevano deciso di farla finita, avevano capito che la loro era una messa in scena e non una vita.
Ma questo l’ho capito anch’io però non ho il coraggio di mettere la parola fine alla mia esistenza, ci penseranno la natura o Dio, perché ogni persona e cosa ha il proprio destino ed io non ho intenzione di intralciarlo.
 
Ormai sono le sei e mezza e io so che non arriverà più, tra noi c’è una sorta di regolamento non scritto e quando sono passate le sei significa che ha trovato di meglio da fare e che non verrà.
Non mi resta che tornare a casa, nella nostra casa, ad aspettarlo in piedi finché non si deciderà a tornare…
Sempre se ne ha l’intenzione. 
  
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