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Autore: hikarufly    01/02/2012    3 recensioni
Post "The Reichenbach Falls", Sherlock Holmes è scomparso e il dottor John Watson ha dovuto voltare pagina... eppure ci sono ancora misteri da risolvere e un nuovo capitolo della propria storia da affrontare: un incontro casuale diventa uno dei momenti più importanti della sua vita.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Distesi su un tappeto persiano, una sigaretta e un cuscino ciascuno, Mary Morstan e Sherlock Holmes erano immersi in una specie di nebbiolina di fumo, il braccio destro di lei era accanto a quello sinistro di lui, sistemati in modo che si potessero guardare in viso senza girare il collo.

«Mi hai trascinato fino a qui, con un biglietto aereo last minute solo per portarti le tue sigarette preferite?» domandò lei, divertita, con un bel sorriso dolce stampato in volto. Sherlock ridacchiava a sua volta.

«Almeno tu mi fai fumare» ribatté lui «e non continui a dirmi quanto mi faccia male o quanto non dovrei farlo» aggiunse, tirando una boccata profonda dalla sigaretta lunga e sottile. Mary gli lanciò uno sguardo di commiserazione e un sospiro.

«Non ti ho sgridato solo perché John mi ha chiamato prima che potessi farlo» precisò, imitandolo e riempiendo l'ambiente di un'altra nuvoletta di fumo. A quelle parole lui tornò serio e la osservò come se si fosse offeso.

«Sei stata abbastanza brava a fargli credere che sei dovuta scappare per conto del giornale in qualche paese in guerra dimenticato da tutto il resto della stampa» disse, ironico, per poi scurire e abbassare la sua voce, dopo qualche istante di silenzio.

«Sai cosa voglio chiederti»

Lei distolse lo sguardo.

«È solo, è triste ed è frustrato. Il suo cuore e la sua vita sono a pezzi. Ma lo sai già questo, o sbaglio?» domandò, con una nota di astio che lui non le aveva mai sentito.

«Ti avevo solo chiesto di assicurarti che lui, Mrs Hudson e Lestrade non fossero stati aggrediti. Non di... sedurlo» ribatté Sherlock, scocciato, esitando sull'ultima parola e pronunciandola con particolare disgusto.

«Se non ti conoscessi, direi che sei geloso» disse Mary, altrettanto astiosa, ma lui non si irritò oltre. Quelle insinuazioni non lo toccavano quanto facevano con John.

«Non era comunque mia intenzione “sedurlo”» iniziò a spiegare lei, ancora arrabbiata «non poteva certo ignorare il tuo cappotto, e quindi mi ha notata subito. A proposito, l'ho messo nell'armadio, prima. Non ho potuto controllare quello che stava succedendo, è stato... improvviso» concluse, sorridendo al pensiero «spero solo che gli stia facendo bene quanto a me...»

Sherlock non sembrò sentirla, o forse la sentì ma non reagì e, finita la sua sigaretta, si alzò e raggiunse un divanetto: la stanza di quell'albergo aveva due vani, e un reverendo senza moglie non era appropriato. Imbracciò il violino e lo iniziò ad accordare. Lei si tirò su a sedere, appoggiando la sigaretta ormai finita nel posacenere.

«Hai davvero delle telecamere installate al 221b?» domandò poi, arrossendo. Sherlock non si scompose.

«Mycroft le ha messe. È lui che controlla tutto» rispose, come se niente fosse.

«Vuoi dire che tuo fratello potrebbe aver seguito la...» iniziò, distogliendo lo sguardo e arrossendo talmente tanto da doversi coprire il volto per la vergogna.

«Oh, non preoccuparti. Sa come si fa, non credo abbia bisogno che glielo mostriate voi due. Mi ha solo fatto sapere quando potevo contattarti» aggiunse Sherlock, tirando fuori il telefono e iniziando a cercare alcune informazioni utili. Qualche altro secondo e Mary si voltò di nuovo verso di lui, cercando di non pensare a Mycroft Holmes, visto un paio di volte di sfuggita, che osservava qualche filmato imbarazzante.

«Quindi?» disse, timidamente «Perché sono qui stavolta?»

Sherlock mise su un sorrisetto maligno senza distogliere gli occhi dallo schermo.

«Cammei vaticani!» esclamò, mentre sul viso di lei si stendeva un'espressione incredula e l'adrenalina di una nuova avventura le incendiava gli occhi.

 

Qualche giorno dopo, Mary tornò a Londra. John Watson l'aveva chiamata appena si era svegliato, solo, terrorizzato e depresso nella sua stanza del 221b di Baker Street. Dove poteva essere finita? Non l'aveva sognata, o almeno sperava di no. La sua voce dolce e gentile al telefono l'aveva calmato subito, credendo senza remore alla sua storia, chiedendole solo di tornare appena possibile. John, in quei giorni così lunghi di separazione, aveva cercato di capire qual era il suo pseudonimo come giornalista, però poi si era detto che non voleva rovinare tutto. Non avrebbe fatto indagini, avrebbe preso tutto come sarebbe venuto, anche se una parte di lui gli chiedeva di investigare. Erano stati giorni interminabili, senza di lei, ed era persino un po' spaventato per questo: che tipo di potere aveva ormai quella donna su di lui, dopo averla vista tre volte? Non aveva mai avuto esperienze simili, non un sentimento così improvviso e viscerale. Neanche la fiducia e l'affetto che aveva provato per Sherlock erano stati così.

Mary arrivò trafelata dal gate, e riprese la valigia, guardandosi intorno in cerca di John: non l'aveva cercata, e lei gli aveva detto di non muoversi e che si sarebbero rincontrati di fronte a casa sua. La sua totale fiducia la rendeva ancora più nervosa e la faceva sentire ancora più colpevole. Prese un autobus e da Victoria Station raggiunse Baker Street in metro. Le ci vollero pochi minuti per superare lo Speedy ed arrivare davanti casa, a Melcombe Street. John era lì fuori, le mani nelle tasche e con l'espressione di chi voleva prendere dei fiori ma non aveva saputo da dove cominciare. Lei arrivò a pochi metri da casa e quando lo vide, il suo sorriso praticamente esplose. Allungò il passo e quando lo raggiunse, lasciò da parte il trolley che si trascinava dall'aeroporto e lo abbracciò di slancio, rannicchiandosi nell'incavo della sua spalla. Cosa sarebbe successo, quando avrebbe scoperto tutto?

   
 
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