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Autore: Perusgree    02/02/2012    1 recensioni
Girare un video con le biciclette non era poi una grande idea con quell’inverno polare. Però l’idea gli era venuta come un lampo, e se non l’avesse messa in pratica sarebbe imploso. O sarebbe esploso Shannon, a seconda.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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.7.




 Un odore sintetico gli accarezzò le narici. Dapprima credette di star sognando, ma poi si rese conto che questo era troppo reale per non esistere. Troppo… puzzolente. Colin aprì piano gli occhi, dischiudendoli sul soffitto bianco sopra di sé. Li fece guizzare da un lato all’altro di quella stanza azzurrina, posandoli sulle tende, sulla televisione poggiata su un basso comodino, sull’armadio semichiuso. “D-dove sono?” balbettò cercando di tirarsi a sedere.
“Sei nel mio albergo, tesoro. Oh, non muoverti che mi rovini il lavoro” rispose una voce allegra. Colin si voltò e trovò Jared, i capelli scompigliati e gli occhi azzurri che lo fissavano sorridenti. Teneva ferma una sua mano sul ginocchio. “Dormito bene?” chiese ancora Jared, tornando a guardare concentrato la sua mano.
“S-sì..” sbadigliò “M-ma che stai facendo con la mia mano?”
Jared ridacchiò e non rispose, continuando ad intingere un pennellino in una boccetta. Quella puzza sintetica continuava a permeare la stanza. Colin si sedette impacciato, mentre Jared gli spalmava una sostanza densa su un’unghia. “Oddio, Jared, ma che stai facendo?!” strillò Colin non appena si rese conto che il suo pollice era stato tinto di nero. Jared scoppiò a ridere ed abbandonò la presa, mentre Colin si portava il dito agli occhi e lo scrutava con orrore: “Mi.. mi hai messo lo smalto..”
Jared continuava a ridere come un bambino, rotolandosi tra le lenzuola. Colin lo guardò accigliato: “Perché l’hai fatto? Io non sopporto lo smalto e.. oh, senti che puzza, Dio mio!”
Jared si asciugò le lacrime che gli inumidivano gli occhi “Così” singhiozzò frenando gli ultimi singulti del riso “Così ti ricorderai per sempre questa notte!”
Colin tornò a guardarsi l’unghia marchiata “Ma perché lo smalto? Avresti potuto imbrattarmi il braccio con quei simboli strani che usi..”
“Si chiamano Glyphics.”
“O scrivermi il tuo nome sul collo..”
“Se vuoi lo faccio!” esclamò Jared fiondandosi su di lui e abbracciandolo.
“No! Ma perché lo smalto?” sospirò Colin affranto cedendo agli abbracci dell’americano, che continuava a ridere: “Andiamo, non comportarti come un matusa. Lo smalto sugli uomini va di moda, ormai!”
Colin sorrise e lo abbracciò a sua volta, mentre Jared gli piantava un lieve bacio sul naso “Ma così tutti capiranno, insomma…”
“E che capiscano! Tanto non potranno fare nulla” disse Jared alzandosi dal letto e stirando le braccia come un micio. Colin rimase a guardarlo con un sorriso dipinto sul volto, mentre ripercorreva quanto riusciva a ricordare della notte appena trascorsa. Era stato con Jared. Era stato con Jared! Si tirò un lieve pizzicotto sul polso, sperando che tutto quello che stava vivendo non fosse un sogno. Fu compiaciuto di sentire dolore.
“Vado a farmi la doccia” sentenziò all’improvviso Jared “ Vuoi venite con me?”
Colin scosse velocemente il capo e lo guardò: “Con te nella doccia?” Jared annuì, continuando a fissarlo con un’espressione allegra “E ci entriamo?” Jared scoppiò a ridere, piegandosi su se stesso. Colin inarcò un sopracciglio e gettò le gambe fuori dal letto, poggiando i piedi sulla morbida moquette. “Dio, Cole” esclamò Jared “e ti preoccupi di questo? Più stretti siamo, meglio è, non credi?” e con balzo fuggì dal cuscino assassino che Colin gli aveva lanciato.
L’irlandese si alzò e seguì Jared verso il piccolo bagno lucido. Il cantante si era già infilato nella cabina della doccia e stava facendo scorrere l’acqua. Colin aprì l’anta, e stava per dire qualcosa quando un improvviso schizzo gelido gli raggiunse il volto, facendogli serrare istintivamente gli occhi. La risata cristallina di Jared risuonò per l’ennesima volta mentre lo tirava per un braccio invitandolo ad entrare.  Colin rabbrividì contro il corpo bagnato dell’altro “Jared, potresti mettere l’acqua calda? Finiremo per morire assiderati” borbottò scostandosi dal getto. Jared lo tirò di nuovo accanto a sé, imprigionandolo tra le braccia: “L’acqua fredda tonifica i muscoli, lo sapevi?” Colin borbottò contro la sua spalla che non gliene importava proprio nulla di far tonificare i muscoli, solo di non dover tremare sotto la doccia. Jared gli accarezzò la schiena, stringendolo più forte. Colin ricambiò l’abbraccio e non protestò più per quella tortura da campo di concentramento cui era costretto: il suo corpo stava già abituandosi al freddo.
Jared cominciò a canticchiare qualcosa, allontanando delicatamente Colin ed afferrando il bagnoschiuma ed una spugna verde.
“Hai intenzione di insaponarti davanti a me?” chiese Colin osservandolo con gli occhi sbarrati e la gola improvvisamente secca.
Jared scosse il capo, muovendo a destra e a sinistra il dito indice: “No, ho intenzione di insaponare te” la bocca di Colin si spalancò automaticamente “Forza, girati di spalle”
Colin indugiò un attimo e poi, balbettando un assenso, si girò facendo attenzione a non scivolare sulle piastrelle. Avvertì d’un tratto il contatto ruvido della spugna che gli strigliava le spalle, percorrendole in orizzontale, e poi passava alla schiena, che si arcuava involontariamente ad ogni spugnatura. Dietro di lui Jared sghignazzava: si stava divertendo come un matto, quel pervertito! Continuò ad insaponarlo a lungo, fino a quando Colin non protestò dicendo che la schiuma gli era arrivata in bocca. Jared rise ed azionò nuovamente il getto di acqua gelida, che venne accolto con un urlo dall’irlandese: “Dio mio, Jared!” esclamò voltandosi verso di lui, i capelli appiccicati alla fronte e la punta del naso gocciolante. Jared sgusciò fuori dalla cabina e recuperò un asciugamano bianco come una nuvola e glielo gettò contro, mentre anch’egli usciva dalla doccia tremando come una foglia.
“Tu sei pazzo” sussurrò Colin stringendosi addosso l’asciugamano e frizionandosi le braccia.
Jared rise, avvolgendosi a sua volta in un accappatoio: “Ammetti che non hai mai fatto una doccia più bella di questa, andiamo” Colin arrossì lievemente, scuotendo la testa e alzando lo sguardo sull’americano.
“Ehm…Jar?”
“Dimmi”
Colin ridacchiò passandosi una mano sul volto e sussurrando: “Ecco, vedi, i-io non ho…be’, non ho b-bia-bianch..”
Jared lo zittì improvvisamente con un bacio veloce sulle labbra, che fece restare Colin con gli occhi spalancati dalla sorpresa. “Tranquillo” disse poi, accarezzando le ciglia umide del ragazzo “ti do qualcosa di mio, sperando che ti vada” ed afferrò un asciugacapelli dal cassetto, facendo scivolar via l’asciugamano dalle spalle.

“Cole, ci vuole ancora molto con quei capelli?” gridò Jared per sovrastare il rumore del phon che veniva dal bagno.
“Fammi asciugare le punte, almeno!” ebbe come risposta. Sorrise e strinse di più i lacci delle scarpe: “Muoviti: siamo in ritardo ed oggi dobbiamo girare la scena del cavallo.”
Colin fece capolino nella stanza con i capelli ancora leggermente umidi ed un paio di boxer di Jared a coprirgli il bacino: “Cavallo?” domandò scettico.
Jared annuì, alzandosi dal letto e passandosi una mano tra i capelli: “Non ti hanno detto che ci sarebbe stato un cavallo?”
Colin scosse il capo, infilando velocemente i jeans e un maglioncino arancione: “Cosa c’entra un cavallo con una corsa di biciclette?”
Jared scrollò le spalle e si allontanò verso l’altra ala della stanza senza rispondere. Colin sospirò e continuò a vestirsi di corsa, scuotendosi di tanto in tanto i capelli per farli asciugare. Non voleva immaginare a cosa sarebbe successo quando li avrebbero visti arrivare sul set insieme. Per un qualche motivo sapeva che qualcuno del gruppo dei ragazzi si sarebbe fatto avanti per chiedergli i dettagli. Al solo pensiero sentiva l’ansia stritolargli il cuore ed i polmoni. Indossò le scarpe infilandoci dentro i lacci senza curarsi di allacciarli come sua madre gli aveva pazientemente insegnato quattordici anni prima, quando era un moccioso di otto anni. Si alzò a sua volta dal letto e si stava apprestando a raggiungere Jared nell’altra ala della camera, quando questo sbucò da dietro la parete con un aggeggio nero in mano.
“Di’ cheese!” esclamò, facendogli esplodere il flash negli occhi.
Colin sobbalzò, portandosi le mani sul volto e girandosi di spalle: “Jared!” mugugnò contro i palmi. L’altro rise, avvicinandosi e cingendogli la vita: “E’ solo una macchina fotografica.” Sussurrò.
Colin scoprì il volto e si liberò dalle braccia dell’altro: “Ma a me non piace essere fotografato”
Jared lo guardò: “Ma davvero?” Colin annuì “Allora…” Jared alzò nuovamente la macchina fotografica “Cheese!” e scattò. Colin chiuse gli occhi e girò il capo, sbuffando irritato. Jared gli si portò accanto e lo abbracciò: “Okay, la smetto”
Colin sorrise e schiuse gli occhi: “Faresti meglio, altrimenti fuggo e non mi rivedrai più”
“Oh-oh! La devo prendere come una minaccia?” disse Jared allontanandosi.
Colin ridacchiò: “Non eravamo in ritardo?”
“In effetti sì” rispose l’americano “Ma il cavallo non arriverà volando sul set. E comunque oggi non ci sono nemmeno i ragazzi, quindi non avrebbe senso arrivare puntualissimi.”
Colin annuì e fece per dirigersi verso l’appendiabiti per recuperare il cappotto, ma Jared lo fermò afferrandogli la mano: “Possiamo farci una foto!”
“Eh?” esclamò l’irlandese strabuzzando gli occhi.
“Una foto!” ripeté Jared “Io e te. Andiamo, una soltanto..”
“No” rispose Colin secco, divincolandosi. Ma Jared lo trattenne, stringendogli il polso: “E dai…”
Colin sbuffò, ma non rispose. Jared continuò a guardarlo con un’espressione di supplica canzonatoria, sorridendo sotto i baffi. Sapeva benissimo che quel ragazzo avrebbe ceduto, voleva però vedere in che modo.
Alla fine, come previsto, Colin scosse la testa sorridendo timidamente: “E va bene! Ma solo una: se verrà sfocata non credere che cederò a farmene scattare un’altra!”
Jared rise e lo baciò sulla fronte, dirigendosi poi verso il comò e posizionandoci sopra la macchina fotografica. Azionò l’autoscatto e tornò con un balzo accanto a Colin, cingendogli velocemente le spalle con un braccio e fissando con un sorriso smagliante l’obiettivo. Il flash illuminò violentemente le loro iridi, e la macchina emise un bip breve, a segnale della foto scattata. Jared  la recuperò e visualizzò l’immagine. Colin gli si affiancò, sbirciando curioso oltre la sua spalla. Erano ripresi fino a metà busto. La mano di Jared che stringeva la spalla sinistra di Colin; gli occhi talmente azzurri da sembrare finti; il volto così gioioso da sembrare quello di un bambino nel giorno del suo compleanno. Attorno al suo collo era  annodata la sciarpa che gli aveva regalato la sera prima.
Jared esaminò la figura di Colin che svettava sullo schermo. Il golfino arancione, il cui scollo lasciava intravedere le clavicole; il collo sottile, il volto di profilo, gli occhi attratti da qualcosa che sembrava più interessante dell’obiettivo. Il movimento della sua testa aveva fatto sollevare leggermente uno sbuffo di capelli biondicci, che gli accarezzavano gentilmente le guance.
“Sei venuto bene!” esclamò infine Colin, voltandosi verso Jared, che continuava a fissare con la fronte corrugata la foto. Notando la sua espressione concentrata, Colin chiese se ci fosse qualcosa che non andava.
Jared scosse la testa, aprendo le labbra in un sorriso leggero: “Perché hai distolto lo sguardo dall’obbiettivo?” domandò.
Colin scrollò le spalle ricambiando il sorriso ed allontanandosi verso l’appendiabiti. Recuperò il cappotto e lo indossò con un movimento fluido, tirando la zip fin sotto il collo. Jared continuò ad osservarlo, aspettando la risposta alla sua domanda, anche dopo aver spento la fotocamera ed averla riposta nella custodia.
“Non so perché ho distolto gli occhi, Jared” rispose infine Colin, accomodandosi una sciarpa attorno al collo.
L’americano annuì velocemente, mentre infilava a sua volta il giaccone: “Ora sì che siamo in ritardo” rise poi, sbirciando l’orologio digitale sul comò. Colin ridacchiò a sua volta e si avvicinò alla porta, aprendola: “Ho paura di quello che potrà accadere…” e il suo sguardo cadde sull’unghia marchiata.
Jared gli posò un lieve bacio sulle labbra: “Non succederà nulla, sta tranquillo” sussurrò poi sul suo collo, stringendogli la mano con affetto. Colin annuì ed uscì dalla stanza, trascinandosi dietro Jared come un’appendice di sé stesso.

Sul set li stavano aspettando. Il cavallo non era ancora arrivato, in quanto il camioncino bestiame che lo trasportava si era trovato imbottigliato nel traffico autostradale post-natalizio. In compenso, Shannon descriveva un cerchio perfetto con i suoi passi, camminando come una tigre in gabbia. Emma lo guardava preoccupata, temendo che si sarebbe scagliato contro Jared con una furia fratricida,  e Tomo utilizzava le sue scarse facoltà di convinzione continuando a ripetere “andiamo”, “sono solo amici”, “che vuoi che sia..” con voce sempre più sottile. Ma Shannon sapeva che suo fratello, con quel biondino idiota, non aveva passato la notte a contare le stelle e a far girare i pollici. Era pronto a dare via le gambe, tanto era convinto di ciò che era accaduto. Non che lo disgustasse, per l’amor del cielo! Da quando quel marmocchio era stato sputato fuori dalla pancia di sua madre, aveva imparato a mostrarsi impassibile di fronte alla sua pazzia. No, non era disgustato. Aveva passato solo la notte con un uomo.. Jared aveva passato la notte con uomo. Anzi, nemmeno con un uomo: meglio sarebbe stato dire con una specie di gallina umanizzata. Jared ed una gallina umanizzata. Cazzo sì che era disgustato! Shannon scosse la testa, cercando di allontanare quei pensieri inutili e cercando di concentrarsi su un metodo doloroso e lungo per uccidere il fratello. Un metodo che fosse molto doloroso e molto, molto lungo. Sentì la voce di Tomo, divenuta quasi un bisbiglio, invitarlo a smettere di portare avanti quella scenetta. Il batterista non lo ascoltò, e diede un’occhiata all’orologio: erano in ritardo! Non voleva nemmeno provare ad immaginare cosa stessero facendo in quel momento. Dio mio…
Il cigolio della catena di una bicicletta si fece spazio nel timpano di Shannon, che drizzò immediatamente il capo esaminando il paesaggio attorno a lui come un predatore. Rimase deluso quando concepì che era soltanto il ragazzo chiamato per la parte del Banksy. Quest’ultimo smontò dalla bici e si avvicinò al ristretto gruppo di persone che componevano la troupe per quel giorno.
“Be’?” esclamò il ragazzo “Siamo così pochi?”
Tomo sorrise a quell’affermazione, senza però degnare l’altro di una risposta; Shannon continuò imperturbabile la sua marcia circolare, con l’apparente intento di scavare una trincea nell’asfalto ghiacciato. L’unica ad avere pietà di quel giovanotto buttato giù dal letto alle dieci e trenta del mattino fu Emma: “Aspettiamo Jared” disse, fissando il ragazzo con uno sguardo che lei credeva essere eloquente. Il giovane la fissò per qualche istante, poi alzò le sopracciglia e annuì, emettendo un verso d’assenso a mostrare che aveva capito ogni cosa, mente in realtà non aveva capito nulla. Emma sorrise compiaciuta delle sue tecniche intelligibili e tornò a fissare il tenace Shannon che continuava intrepido nella sua impresa.
L’orologio al polso di Tomo segnò le dieci e trentuno, orario che il chitarrista annunciò a voce alta come un oratore, facendo trasalire Emma, Shannon, Bart- che stava fagocitando dei biscotti dietro il camper, nascosto da tutti- e Josh, il ragazzo-Banksy.
Improvvisamente, esattamente alle dieci, trentadue minuti e quarantanove secondi, Shannon si fermò, scrutando l’orizzonte nebbioso con gli occhi a mezz’asta. Tomo trasalì e rovesciò metà del suo sesto caffè sulla neve rendendosi conto di quel miracolo. Emma seguì cautamente lo sguardo del batterista, e distinse due figure arrancare con modesta velocità lungo la strada. Uno dei due rideva con la risata di Jared.
Dopo un po’- alle dieci, trentatré minuti e ventisei secondi- Jared e Colin fecero il loro ingresso sul set, entrambi con il naso paonazzo per il freddo e gli occhi lucidi.
A differenza delle aspettative di Shannon, che immaginava di vederli avanzare abbracciati, intenti a baciarsi o a compiere qualsiasi altro gesto inconsulto, i due non si tenevano nemmeno per mano, le loro braccia non si sfioravano e tra i loro corpi intercorreva uno spazio di un metro e sette centimetri, occhio e croce.
Jared guardò sorridendo il gruppo di persone presenti e fece un cenno di saluto a Josh. Non si sorprese del fatto che il cavallo non fosse ancora arrivato, ma ci pensò Emma ad informarlo sulle cause: “Ha chiamato Kim, e ha detto che si trova ferma in un ingorgo” disse “Cercherà di cavarsene fuori quanto prima, ma tutto dipende dalle auto.”
Jared annuì, seguendo con la coda dell’occhio Colin che scompariva velocemente dietro il camper alla ricerca di Bart: “Be’” cominciò cercando di eludere lo sguardo di fuoco che il fratello gli aveva poggiato addosso “Non essendoci il… il cavallo.. Potremmo approfittare della presenza di Josh e girare la scena di Banksy, no?” concluse guardandosi attorno alla ricerca di appoggio. Tomo fece spallucce, continuando a girare tra le mani il bicchierino di caffè ormai vuoto. Emma annuì impaziente. Shannon continuò a fissarlo senza muovere nemmeno le palpebre. Josh dimostrò il suo entusiasmo con lo sfregarsi delle sue mani inguantate. Jared sorrise, cercando di essere abbastanza convincente, e diede ordine ad una ragazza infagottata come un’inuit di preparare la sceneggiatura. Questa grugnì qualcosa e si precipitò verso un tecnico che grugnì a sua volta e scomparì anch’egli alla ricerca di Bart.
Jared fece per voltarsi, ma incappò accidentalmente nello sguardo del fratello, che sembrava avere tutta l’aria di volerlo incenerire. Un brivido gli corse lungo la schiena, come quando erano bambini, gli rivolse un sorriso stentato e si diresse di corsa verso Emma, per la prima volta interessato ai suoi appunti e  ai suoi rimproveri.

“Banksy, quarta, ciack, azione!” urlò Jared battendo il ciack facendo attenzione a non tranciarsi una falange.
Shannon approfittò di quel momento per avvicinarsi ad Emma e tirarla in disparte.
“Em, ho bisogno del tuo aiuto” sussurrò come un cospiratore.
Emma lo guardò con un sopracciglio inarcato, pinzando una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro: “Eh?”
“Devi aiutarmi a convincere Jared a lasciare Colin” continuò abbassando ancor di più la voce e facendo guizzare gli occhi a destra e a sinistra, accertandosi che non ci fosse nessuno nei paraggi.
Emma lo fissò sorpresa: “Lasciare Colin?” esclamò come se Shannon le avesse appena rivelato che la terra è piatta e la luna è fatta di formaggio stagionato “Ma non sono fidanzati, Shan!”
Il batterista alzò gli occhi al cielo e si fece più vicino alla donna: “Lo vuoi capire che hanno passato una notte intera insieme?” biascicò cercando di reprimere le bestemmie che questa frase gli suscitava.
Emma scoppiò a ridere, portandosi una mano alla bocca e piegandosi leggermente sulle ginocchia. Shannon  le lanciò un’occhiataccia e sbuffò: “Ma perché ridi? Non c’è nulla da ridere!”
Emma si ricompose, asciugandosi velocemente gli occhi con l’indice e trattenendo un sospiro che l’avrebbe fatta ricominciare a sghignazzare: “Shan, anch’io passavo delle sere con le mie amiche, questo non vuol dire che, insomma…hai capito, no?”
“Dio, Emma!” sbottò Shannon alzando la voce “E secondo te quei due sono stati a contare le pecore per tutta la notte?”
“Avranno dormito…” cominciò Emma, ma venne immediatamente interrotta.
“Dormito?! Secondo te quei due hanno dormito? Si vede che non conosci mio fratello..”
Emma lo guardò sorpresa, piegando da un lato la testa: “Perché, scusa, Jared è…?”
“No!” rispose il batterista disperato “Non lo era, almeno. Ma…Emma, hanno passato la notte insieme!”
“Be’” balbettò la donna scuotendo piano la testa e cercando di formulare un pensiero razionale e che non facesse esplodere definitivamente Shannon, che sembrava già una molla in tensione “Be’.. Ma-magari sono solo amici! Magari non sono nemmeno andati in hotel e si saranno fatti un giro in qualche pub!”
Shannon la guardò, cercando di non far trasparire l’irritazione: “In un pub. Jared  in un pub. Ti rendi conto di quello che stai dicendo, vero?”
Emma si strinse nelle spalle: “Il fatto che sia vegano, astemio, non fumatore non lo costringe a vivere in una campana di vetro, Shan!”
“Emma, mi ha costretto a dare un passaggio a quel biondino nella mia auto. Ed ero con loro quando gli ha proposto di salire da lui. Ho visto tutto, fino a quando non sono spariti nella camera di mio fratello” disse Shannon tutto d’un fiato in un sussurro.
“Cazz…Cioè, è un bel problema.”
Shannon la guardò con sguardo omicida.
“Okay, hanno passato la notte insieme; okay, ho capito cosa tu credi abbiano fatto. Ma perché dovremmo farli ‘lasciare’?”
Shannon si rese conto di non poterle dire di essere geloso di suo fratello e di non volere che nessuno lo avesse per sé, tantomeno quel ragazzino biondo e mezzo scemo. Doveva trovare una motivazione che spingesse Emma ad appoggiarlo nella sua causa. E questa poteva essere solo una: “Non ti rendi conto di ciò che potrebbe accadere se si venisse a conoscenza di quanto accaduto?” sussurrò.
Emma lo fissò incuriosita, spingendolo a continuare. “I tabloid impazzirebbero. Ad ogni angolo ci sarebbe un paparazzo. Programmi come Buongiorno America! scandalizzerebbero il nostro povero popolo con le loro assurde enfatizzazioni. Non avremmo più pace! E se la questione giunge alle orecchie della EMI, perdiamo anche la casa discografica! Oppure ce la teniamo ugualmente, tanto a loro non credo importi più di tanto. Ma, insomma, hai capito cosa intendo, no?”
Emma aveva preso a torturarsi una ciocca di capelli biondi, arricciandoli con le dita, e a mordersi il labbro inferiore. In effetti Shannon aveva ragione: cosa sarebbe successo se la storia fosse uscita dal loro circolo? Si sarebbe diffusa a macchia d’olio sulle pagine dei giornali scandalistici. Già poteva vederne i titoli giganteschi, le foto sfocate che svettavano in copertina. Le testimonianze di perfetti sconosciuti che si dicevano amici dell’amico di quell’altro amico che era amico di qualche altro loro amico. Un brivido le corse lungo la schiena quando volse il suo pensiero alla casa discografica. Come l’avrebbe presa? Certi scandali di solito facevano piacere alle grandi ditte, perché così riuscivano ad incrementare le vendite. Ma se non l’avessero pensata allo stesso modo? Guardò Shannon, che aveva gli occhi pieni di una supplica feroce: Aiutami.
Emma l’avrebbe aiutato. Non solo per il bene della band, ma anche per il bene di Jared, che non sopportava essere perseguitato dai giornalisti e vedere il suo nome scritto a lettere cubitali nelle vetrine delle edicole. E l’avrebbe fatto anche per il bene di quel ragazzo, che a sua volta sarebbe diventato vittima dei microfoni e dei registratori portatili e della classica frase: “Cosa può dirci su..?” e “E’ vero che…?”
L’avrebbe fatto, ma come sarebbe stato inteso quel loro aiuto? Jared sarebbe montato su tutte le furie, se avesse scoperto che lei ed il fratello complottavano contro l’amicizia sua e del giovane tecnico. Shannon continuava a fissarla, mentre lei soppesava tutti i se ed i ma della situazione. Alla fine, convincendosi che agiva a fin di bene esordì con un “E va bene, facciamolo.”
Per poco Shannon non spiccò un balzo per la felicità, ma si limitò ad un sospiro di sollievo.
“Quale sarebbe il piano?” domandò Emma, continuando a mordersi il labbro.
“Dunque” cominciò Shannon “Io cerco di convincere il biondino, e tu cerchi di convincere Jared.”
“Io devo cercare di convincere Jared?!” esclamò la donna, basita.
Shannon annuì: “Se ci provassi io, finirei con urlargli quante più parolacce conosco. Non credo sarebbe un buon modo per agire.”
Emma annuì, accettando di parlare con il cantante:  “Ma io cosa dovrei dirgli?”
“Che ne so!?” il batterista scrollò il capo “Tu sei brava con le parole. Cerca di prendere il discorso alla lunga… Magari comincia parlandogli del tempo e poi arriva al nocciolo. Di solito nei telefilm fanno così.”
Emma rise, immaginando Shannon davanti ad una soap opera spagnola con una scatola di cioccolatini accanto ed il pacco di fazzoletti in grembo. “E tu cosa farai con Colin?” domandò poi.
Shannon sospirò profondamente: “Cercherò di…essere diplomatico. E che Dio mi sostenga, porca puttana!” esclamò allontanandosi da Emma con una pacca sulla spalla. La donna continuò a sorridere stancamente mentre lo osservava scomparire alla ricerca del tecnico. Si riscosse giusto in tempo per vedere da lontano Jared che batteva il cinque a Josh, segno che avevano terminato le riprese.
Colin stava aggiornando l’inventario dell’attrezzatura presente nel camper quando sentì la voce di Shannon fuori dalla porta. Interruppe il suo scribacchiare contorto ed alzò leggermente il capo, guardandosi attorno con i sensi all’erta. Per un po’ non sentì più nessun rumore, a parte il sottofondo di voci concitate tipico di quel set. Tornò a scrivere mordicchiando il tappo della penna. Enumerava sottovoce ogni oggetto, tenendone il conto sulle dita della mano sinistra. Non aveva capito quale fosse il fine di questo compito: probabilmente Bart non aveva trovato nulla di meglio da fargli fare per tenerlo occupato. Ora che ci pensava, gli altri tecnici gironzolavano infagottati nei giacconi, le mani in tasca, fermandosi di tanto in tanto a chiedere se fosse arrivato il cavallo. Almeno poteva dirsi fortunato di essere al caldo.
Stava spuntando la casella delle lampadine, quando la porta si spalancò con violenza. Colin sobbalzò, e la penna scivolò sul foglio disegnando uno sgorbio informe che congiungeva cinque caselle in un sol tratto. Si voltò irritato verso la porta, pronto ad esplodere in un turpiloquio contro chiunque fosse entrato in quel modo barbaro, ma appena concepì chi fosse il reo di quella miserabile azione le parole gli morirono in bocca: contro la luce grigia del sole invernale si stagliava la sagoma di Shannon, in tutto simile ad un pastore  tedesco rabbioso. Colin notò che stava sbuffando.
Shannon restò fermo sulla soglia per una frazione di secondo, il tempo necessario ad accertarsi che il biondino fosse davvero lì e ad imporsi di non balzargli addosso pronto a sbranarlo. Tirò un breve respiro e si raddrizzò in tutta la sua altezza, chiudendo piano la porta con il tacco della scarpa.
“Colin” disse con voce piatta, a mo’ di saluto.
“Ehy, Shannon..” gracchiò Colin massaggiandosi istintivamente la gola e deglutendo.
Il batterista si fece avanti, guardandosi intorno con fare interessato: “Er..Ca-arino qui” esclamò alzando l’indice e facendolo girare attorno ad indicare il luogo.
Colin sorrise, cercando di apparire il più rilassato possibile: “E’ sempre lo stesso camper..”
“Sì, ma oggi c’è qualcosa che…E’ più carino” concluse Shannon con un tono di voce che non ammetteva repliche. Intanto, passo dopo passo, si accorse di essere giunto davanti al ragazzo, talmente vicino che poteva quasi udire l’assenza di battito del suo cuore. Si compiacque di avere un aspetto così temibile.
“Bene, Colin” riprese dopo una breve pausa “come ti trovi qui?”
Colin lo guardò stupito, ma rispose velocemente: “Be-bene, insomma. Si… lavora, ecco..”
Shannon annuì: “Sai che tra poco avremo finito, vero? Forse ci riusciamo anche prima di Capodanno”
“A-ah. Be’, mi fa piacere” rispose Colin passandosi una mano tra i capelli. Quando la riportò in basso, Shannon notò l’unghia del pollice laccata di nero. Contro la sua volontà (probabilmente un lapsus freudiano, chissà) assunse un’espressione disgustata, che Colin notò immediatamente: “C-cosa c’è?” domandò sulla difensiva.
Shannon scosse la testa, cercando di eludere la domanda, ma capì che prima fosse arrivato al nocciolo della questione, meglio sarebbe stato. Mandò a farsi benedire tutte le sue diplomatiche intenzioni ed additò accusatore la mano sinistra del ragazzo: “Quella cosa” disse riferendosi all’unghia “te l’ha fatta mio fratello, vero?”
Colin sentì il respiro bloccarsi ed il volto farsi esangue e ghiacciato. Poi bollente e poi di nuovo ghiacciato.
Come diamine era riuscito a… Nascose il pollice nel pugno, serrando i denti e volgendo altrove lo sguardo. Shannon restò con il dito puntato, poi sospirò ed abbassò la mano: “Non cercare di difenderlo. Ho abbastanza cervello da immaginare ciò che avete fatto”
“Non abbiamo fatto niente!” sbottò Colin punto sul vivo, le guance di nuovo imporporate.
“Andiamo, Farrell!” ribatté Shannon facendo un passo indietro “Cosa avreste fatto se non…Oh, Cristo! Ma perché? Perché devono succedere tutte a me!? E tu” tornò a puntare il dito contro il petto di Colin “Tu non potevi restartene a casa tua, invece di partecipare a questo dannato video?”
“Che cosa?” adesso il volto di Colin era paonazzo “Questo è il mio lavoro!”
“Non è il tuo lavoro farti scopare da mio fratello!” urlò Shannon senza rendersi davvero conto di quanto diceva. La situazione gli era davvero sfuggita di mano.
Colin si ritrasse,  come se avesse ricevuto un pugno. Continuò a fissare gli occhi infuocati di Shannon, ma non riuscì a trattenere a lungo quello sguardo. Finì col chinare il capo verso le sue scarpe, cominciando a torturarsi le mani. I capelli gli ricaddero davanti al viso, nascondendo le sue espressioni. L’unghia nera continuava a restare imprigionata nel pugno.
Shannon si rese conto dell’errore tattico e cercò di rimediare come poteva: sospirò, si passò una mano sul volto, si schiarì quattro volte la voce, mosse qualche passo a destra e a sinistra e poi si ripiantò davanti al ragazzo, che perseverava nel suo studiare le scarpe.
“Senti” borbottò a con le labbra dischiuse a mezzo “s… scusa, okay? E’ che sono sconvolto, cerca di capirmi. Io mio fratello l’ho visto crescere. L’ho visto fare i primi passi, l’ho visto imparare a parlare, l’ho visto prendere in mano la chitarra, l’ho visto imparare a scrivere, l’ho visto fumarsi una canna- perché sì: che tu lo creda o no, Jared a quindici anni ha fumato la sua prima ed ultima canna, quindi non immaginartelo troppo santerellino- … Ed ora scopro che è andato a letto con… con un uomo!”
Colin serrò più forte i pugni.
“Oh, non credere che io abbia qualcosa contro i.. insomma, contro di voi. E’ solo che sono sconvolto. Anche se non sembra, voglio bene a Jared. E’ pur sempre mio fratello” Shannon s’interruppe, rendendosi conto di aver parlato più del necessario. Si morse la lingua, punendosi di essersi lasciato trasportare in quel modo melenso dai sentimenti.
Colin attese qualche istante, ragionando su quanto l’uomo gli aveva detto, e poi tirò un poco su la testa, scrutando di sottecchi Shannon, che aveva preso a far schioccare le falangi delle dita. Avrebbe voluto poter affermare il contrario, avrebbe voluto poter dire che da quel momento l’avrebbe odiato per quanto gli aveva detto, ma sapeva che avrebbe mentito. Colin lo capiva. Lo capiva benissimo, altrimenti anche lui avrebbe avuto il coraggio di dire com’era ai suoi genitori. Lo capiva. Punto.
“Cosa-cosa vuoi che faccia?” sussurrò, quasi sperando che l’altro non lo sentisse. Ma Shannon stava giusto aspettando questa domanda per porre termine alla sua orazione e fuggire da quello stanzino asfissiante. Guardò fisso Colin e si schiarì per l’ennesima volta la voce: “Smettete di vedervi”
Colin avvertì lo stomaco contorcersi ed ostruirgli la gola: “M-ma se siamo stati insieme solo ieri!” balbettò con il respiro mozzato.
“Ieri è stato un tempo sufficiente. Colin, ti prego, tu non ti rendi conto di cosa potrebbe succedere se qualcuno venisse a scoprire questa cosa. Sareste assediati dai giornalisti, trovereste il vostro volto dappertutto! Jared ci è già passato, ma tu…! Non sopravvivresti un giorno assediato da quelle sanguisughe mediatiche”
Colin soffiò come un gatto, distendendo lentamente le dita atrofizzate: “A te interessa maggiormente questo della felicità di tuo fratello?”
“Cristo!” esclamò Shannon alzando le braccia al soffitto “Lo sapevo che sarebbe finita in questo modo!” stava per ricaricare con le sue gentili offese, ma riuscì a contenersi contando fino a dieci. “Credi che a me non interessi la felicità di mio fratello?” riprese, gli occhi chiusi per non dover guardare quella faccia da schiaffi “Ebbene, sappi che proprio in virtù della sua felicità ti sto implorando di lasciar perdere. La tua è sicuramente un’infatuazione: non ci si può innamorare perdutamente in poco meno di due mesi, andiamo!” s’interruppe e prese un profondo respiro. Colin continuava a tacere, guardandolo fisso: “Credi che a me farebbe piacere vedere Jared assediato dai media?” riprese “No, certo che no! Quindi non fare il moralista, perché non ti viene affatto bene, Farrell. Ti sto chiedendo di pensare a lui. Se davvero lo… lo ami, fallo per lui. Fregatene di me, di Tomo, di chiunque tu voglia. Fallo per lui. E lui odia esser tartassato dai media” terminò con un grugnito. Si sentì stranamente sollevato, come se avesse appena asportato un immenso macigno dal centro del petto. Aveva cercato di essere il più convincente possibile. Adesso tutto dipendeva da quella gallina idiota che credeva di aver incontrato l’amore della propria vita.
Colin rilassò i muscoli delle braccia, tenuti in tensione durante tutto il discorso di Shannon. Rilassò il collo e rilassò la fronte, che aveva cominciato a fargli male a furia di restare corrugata. Le tempie gli pulsavano ed avvertiva un indistinto formicolio alle mani. In testa turbinavano le parole dette dal fratello di Jared. Si avviluppavano tra loro, in spirali sempre più confuse, scontravano contro le pareti della scatola cranica, si aggrappavano ai neuroni, formavano un’unica risposta a tutto: vaffanculo.
Vaffanculo, vaffanculo,  vaffanculo.
Colin la ripeté mentalmente mentre sorpassava Shannon, dirigendosi verso la porta. Continuò a cantilenarla come una litania infantile mentre uno sbuffo d’aria fredda gli feriva le guance. Continuò ad assaporarla quando, con uno scatto secco della maniglia, si chiudeva alle spalle l’urlo di Shannon che gli ordinava di tornare indietro.


“Non è possibile che siate ancora lì!” urlò Jared nel cellulare. Una vocetta concitata gli rispose che erano quasi vicini all’entrata della città, che se avesse pazientato per qualche minuto sarebbero arrivati senza incidenti. Jared sbuffò come una ciminiera, borbottando maldicenze su Kim, il camioncino, il cavallo, il traffico e anche sul caffè bollente che gli aveva ustionato la lingua pochi minuti prima. Dall’altro capo del telefono, Kim continuava a scusarsi fino a quando, con una serie di ciao concitati, mise giù senza nemmeno dare al cantate l’opportunità di urlarle di fare presto. Jared restò a fissare il cellulare, ascoltando il triste segnale acustico, per qualche secondo. Poi lo infilò in tasca e cominciò a camminare avanti e indietro, le mani dietro la schiena, sciorinando tutte la maledizioni che gli passavano per la testa. Mancava la parte del cavallo, e poi avrebbero finito tutto. Tutto quanto.
Ma il cavallo non arrivava.
“Maledizione!” esclamò fermandosi di botto e puntando le mani sui fianchi, guardando la strada e aspettando che si materializzasse il furgoncino di Kim. Era talmente preso da quel paesaggio asfaltato e sporco di neve che quasi non si accorse che qualcuno era sopraggiunto alle sue spalle.
“Jared…?
Il cantante si voltò, temendo di trovarsi di fronte a Colin. Tirò un sospiro misto di delusione e sollievo quando vide che si trattava di Emma: “Ehy, Em.” salutò, tornando a fissare testardo la strada.
Emma gli si portò accanto, scrutando anche lei la via con fare interessato. Aspettava che Jared le chiedesse come mai fosse venuta a cercarlo, in modo da poter girare intorno alla questione per un po’ come le aveva suggerito Shannon. Ma, per la prima volta da quando lo conosceva, Jared restava muto come un pesce, così rigido nella sua posizione da sembrare una statua di cera. Emma si schiarì poco la voce, timidamente, sperando di richiamare la sua attenzione, ma quello non mosse nemmeno gli occhi. Emma si schiarì la voce più forte: niente. Tossì: ancora nulla. Batté piano i piedi sull’asfalto: nemmeno la contrazione di un dito. Batté le mani guantate l’una contro l’altra: il nulla più totale.
Alla fine, esasperata, tirò un sospiro irritato: “Jared” chiamò.
“Mh?” rispose questo continuando a perseverare nella sua statuaria immobilità.
“Jared, devo parlarti”
“Sto aspettando Kim” disse Jared socchiudendo gli occhi.
“Puoi aspettarla anche camminando, altrimenti congelerai” ribatté Emma afferrandolo per un braccio e tirandolo con forza, smuovendolo dalla sua postazione di guardia. Jared protestò debolmente, mugugnando di lasciarlo in pace, che gli faceva male la lingua e che l’avrebbe licenziata in tronco se non gli avesse mollato il braccio. Emma annuì ad ogni affermazione, come faceva ormai da tempo immemorabile. Lo trascinò al centro del set, dove liberò il braccio dalla sua presa e gli ordinò di seguirla ovunque fosse andata. Jared annuì contrariato e cominciò a camminare insieme con lei. “Cosa devi dirmi?” chiese dopo qualche passo.
Emma mosse un po’ qua e là gli occhi, cercando uno spunto per cominciare bene quel discorso. Poi esordì con: “Fa freddo, non è vero?”
Jared la guardò stranito, come se accanto avesse un alieno rincitrullito: “Cioè, tu mi hai chiamato per dirmi che fa freddo?” esclamò con una puntina di stizza.
Emma si rese conto di essere partita con il piede sbagliato: era complicato discutere con un Jared nervoso: “Ovvio che no!” rispose con una risatina decisamente troppo acuta.
“E allora cosa?”
“Be’, dunque” cominciò tentennando “Sì, ecco.. vo-volevo parlarti di.. di quel.. di Farrell” sussurrò diventando paonazza.
L’espressione di Jared divenne improvvisamente curiosa: “Sei venuta a parlarmi di Colin?”
Emma annuì, cercando di creare nella mente un sermone abbastanza lungo e abbastanza ben formulato che avrebbe fatto capitolare Jared nel minor tempo possibile.
“Ti piace Colin Farrell!” eslcamò d’un tratto Jared scoppiando a ridere.
Emma dimenticò in un millisecondo metà orazione, sentendo la lingua annodarsi e gli occhi assumere la forma di un cerchio. Riuscì solo a scuotere la  testa dicendo: “Ma ti è dato di volta il cervello?!”
Jared continuò a sghignazzare senza ritegno, fintantoché la donna riallacciava faticosamente i lembi del suo bel discorsetto, cercando di recuperare quanto più possibile. Dopo una pausa delle risate di Jared, cinque schiarimenti di voce, settantasette passi e mezzo ed una soffiata di naso, Emma incominciò con voce pacata: “Ho saputo che questa notte hai dormito con lui..”
“Te l’ha detto Shannon, vero?” la interruppe subito il cantante. Emma lo fissò stupita, rischiando di perdere nuovamente il filo del discorso. Annuì piano e ricominciò velocemente: “Sì, me l’ha detto lui. Comunque, a me non importa nulla di ciò che è successo tra voi, davvero. Stavo solo pensando che, magari, tu dovresti pensare al bene del gruppo e soprattutto al tuo bene.”
“Eh?”
“Mi spiego meglio: capisci che se la storia dovesse arrivare all’orecchio di qualche giornalista alla ricerca di scandali, questa vostra relazione sarebbe su tutti i giornali…”
“Relazione?! Emma, ma che vai blaterando?”
“..Sarebbe su tutti i giornali e comincerebbero a proliferare richieste di interviste, paparazzi…”
“Emma, aspetta…”
“…Cartelloni pubblicitari con la notizia stampata sopra…”
“Emma…”
“Fotografie…”
“Emma!” strillò Jared cercando di sovrastare la lista che la donna stava accuratamente descrivendo. Emma sospirò rassegnata, ficcando le mani in tasca con violenza e distogliendo lo sguardo, arrabbiata per aver ormai totalmente dimenticato ciò che voleva dire ed il motivo per cui si trovava lì, di fianco a Jared.
“Em, chi ti ha detto che abbiamo una relazione io e Colin?” chiese Jared cercando di mantenere la calma e di non far trasparire l’agitazione.
“B-be’.. avete dormito insieme e Shannon pensa che..”
“Shannon pensa che..?”
“Oh, insomma!” sbottò la donna esasperata “Cosa dovrebbe pensare, Jared? Tu e quell’altro avete passato un’intera notte nella stessa stanza d’albergo, e secondo tuo fratello è impossibile che siate stati tutto il tempo a giocare a carte o a fare non so cos’altro di innocente. Per lui vi siete abbandonati alla lussuria, compiendo terribili peccati eccetera eccetera. Insomma, mi hai capito” concluse spingendo più a fondo le mani nelle tasche.
Jared la fissò basito per qualche minuto, ragionando su quelle parole. Una cappa di silenzio imbarazzato cadde sui due, fino a quando la voce del cantante non si fece di nuovo sentire, leggermente arrocchita: “Shannon ha detto davvero questo?”
“Con parole leggermente differenti, ma il succo del discorso è più o meno quello, sì” rispose Emma.
Jared la fissò intensamente: “E tu sei venuta a dirmelo per quale motivo?”
Emma cominciò a balbettare a mezze labbra, con una vocina talmente flebile che Jared riuscì solo ad intendere una parola: Shannon.
“Shannon ti ha detto di venire?”
Emma annuì, chiedendo perdono al batterista per il suo grande piano andato in fumo.
“E perché?”
Emma ricominciò a balbettare. Stavolta Jared intese tre parole: tu; Farrell; insieme.
“Crede che stiamo insieme?” domandò allibito.
Emma scosse la testa: “Non vuole che voi stiate insieme” precisò.
“Oh” Jared smise di parlare, tornando nuovamente a ragionare, per quanto glielo permetteva il battito pesante ed incessante del cuore. Suo fratello sospettava. Suo fratello aveva capito. Suo fratello non voleva.
Dov’era suo fratello?
Si voltò verso Emma, a cui il freddo aveva arrossato la punta del naso: “Em, dov’è Shannon?
Emma si morse il labbro così forte da sbiancarlo. Aspettò un po’, poi disse in un bisbiglio: “E’ andato da Colin”

La receptionist lo fissava burbera da dietro gli occhiali con la montatura spessa.
“E dunque se.. se io dovessi passare la notte fuori ma non lasciassi la camera, dovrei comunque pagare la notte che non trascorro qui?” Colin stringeva spasmodicamente nella mano destra una piccola sacca con il necessario per la sera e la mattina dopo: lo spazzolino, un cambio di biancheria, dei vestiti e un libro.
La donna dietro il bancone continuò a scrutarlo mordicchiando piano una penna: “Signore, finché lei non lascerà la stanza la dovrà pagare”
“Ma se non ci passo la notte che senso ha?” esclamò quello, lanciando occhiate preoccupate verso la porta girevole e scorgendo di sfuggita Jared che si stringeva nel cappotto.
La donna scosse il capo come se stesse parlando con un bambino privo di ragione e sbuffò: “Senta, se vuole passare la serata a sballarsi con la sua ragazza, per me non ci sono problemi: deve solo rendermi le chiavi della camera e può andarsene in un altro albergo. Ma se ha intenzione di continuare a mantenere la sua stanza, devo includere nel totale anche questa sua notte ‘all’addiaccio ’”
Colin grugnì qualcosa di incomprensibile e disse che manteneva la stanza. Poi si precipitò a rotta di collo fuori dall’edificio, raggiungendo Jared che tremava come una foglia in balìa di un vento polare che si era alzato all’improvviso: “Finalmente!” esclamò quest’ultimo “Temevo che non avresti finito più!”
Colin si scusò con un sorriso  e cominciò a camminare a passo spedito, seguito da Jared che aveva tirato su il colletto del giaccone: “Giuro sulla mia chitarra che non toccherò più in vita mia una carota!” esclamò il cantante chinando la testa per non far volare via il cappello.
Colin scoppiò a ridere, buttando la testa all’indietro e serrando le braccia attorno allo stomaco. Non si sorprendeva affatto dell’affermazione del compagno, visto come quel dannato cavallo si era dimostrato intrattabile. Pericle- questo il nome del cavallo- era arrivato sul set scalciando e sbuffando, nervoso per il viaggio scomodo. Kim aveva subito provveduto a dargli da bere e ad offrirgli una mela, sperando di farlo calmare, ma quella bestia pazza non ne aveva voluto sapere. Jared aveva avuto il suo bel daffare, rischiando anche di vedere l’intera strumentazione distrutta sotto quei temibili zoccoli. L’intenzione era quella di filmare la corsa del quadrupede, e per farlo serviva appunto che quest’ultimo corresse. E per farlo correre un giovane coraggioso doveva continuamente picchiare su quel candido deretano con il palmo aperto della mano. Il cavallo, però, partiva subito al galoppo, travolgendo tecnici e cameramen con una furia omicida. E se qualcuno lo fermava, scalciava come un ossesso.
Alla fine a Jared era venuta l’idea delle carote. Aveva spedito Bart al supermercato più vicino, con l’ordine di comprare quanti più chili di quelle radici potesse trovate. L’uomo era tornato dalla missione con una busta piena di carote, che Jared cominciò a sventolare sotto gli occhi del cavallo. Questo, come ipnotizzato, seguiva la carota dappertutto pur di mangiarsela. Jared, allora, si era posizionato accanto alla telecamera- la carota ben esposta- ed aveva dato ordine che il cavallo fosse spinto a correre. Magia delle magie, arrivato all’agognata carota, la bestia si era fermata e tutta contenta si era pappata l’ortaggio.
Avevano dovuto ripetere la scena per venti volte, ed ogni volta con una manciata di carote diverse, fino a quando Jared non si era detto soddisfatto del risultato. Le ultime carote rimaste nella busta furono regalate a Pericle, ricondotto nel camioncino tutto contento del suo tesoro arancione.
I due camminavano in silenzio nel vento, ognuno perso nei propri pensieri: Colin pensava a ciò che gli aveva detto Shannon, e si chiedeva se sarebbe stata una buona cosa mettere Jared al corrente dell’accaduto. Jared, invece, pensava a ciò che gli aveva detto Emma, cercando un modo abbastanza indolore per dire al fratello di tenersi lontano da Colin. Gli sembrava strano che l’irlandese non gli avesse ancora parlato di nulla.
Arrivarono in pochi minuti all’hotel di Jared, e tirarono entrambi un sospiro di piacere quando entrarono nella hall bollente grazie ai termosifoni a pieno regime. Salirono al quarto piano senza che nessuno li fermasse e Jared inserì la tessera magnetica nella fessura apposita. La porta si aprì con uno scatto.
Colin notò immediatamente i cuscini del divano sprimacciati, i CD ordinatamente impilati sul comò, un lungo vaso con dentro qualche fiorellino di stoffa e un lieve profumo di detersivo: era passata la cameriera. Jared gettò scompostamente il giaccone sul divano, stirandosi la schiena e facendo scricchiolare le ossa della spina dorsale. Colin poggiò delicatamente il giubbotto sull’attaccapanni, continuando a reggere in mano la sacca.
Jared terminò il suo stretching felino e si fiondò con un sorriso su Colin, baciandogli le labbra. Il ragazzo sorrise a quel contatto che aveva desiderato per tutta la giornata, e per un po’ quanto successo con Shannon abbandonò la sua mente. L’americano si staccò ansimante, gli occhi sorridenti ma arrossati per la stanchezza.
“Che ore sono?” domandò.
Colin sbirciò il suo orologio da polso: “Le nove e trenta” rispose.
Jared annuì, continuando a guardarlo: “Hai fame?”
Colin scosse la testa: “No, tu?”
“Sono talmente stanco che mi addormenterei sul piatto” rise Jared abbracciandolo. “Vieni” aggiunse poi “ andiamo di là” e scomparve saltellando verso la camera da letto.
Colin sorrise e lo seguì, cominciando già a togliersi il maglione. Il contatto dell’aria con la pelle nuda lo fece rabbrividire piacevolmente. Arrivò sulla soglia della porta, e si sorprese nel vedere Jared seduto sul letto che faceva zapping tra i canali del piccolo televisore.
“C-cosa fai?” domandò Colin stringendo le braccia attorno al maglioncino.
Jared gli sorrise continuando a scorrere velocemente i canali: “Ti dispiace se stasera guardiamo un film? Sono davvero stanco” e detto questo lasciò cadere il telecomando sul letto, il televisore sintonizzato su un film d’azione sconosciuto.
“O-okay, certo” balbettò Colin “Co-come vuoi, non preoccuparti”
Jared lo ringraziò con un sorrisetto e cominciò a spogliarsi. Rimasto in biancheria, tirò indietro le coperte e si infilò nel letto. “Dai, vieni” disse rivolto a Colin. Questo annuì imbarazzato e si sfilò velocemente i jeans, avvicinandosi poi al cantante e poggiando la testa sul suo petto.
Il film era cominciato già da un pezzo, ma sembrava appassionare Jared. Colin lo trovava noioso, e continuava a tirarsi piccoli pizzicotti per non cadere addormentato. L’americano gli passava distrattamente una mano tra i capelli.
Le immagini continuavano a scorrere sullo schermo senza nessun filo logico, agli occhi dell’irlandese, che improvvisamente sentì la sua voce domandare: “Jared, quando hai capito che.. ti piacevano i ragazzi, ecco?”
Jared piegò la testa verso gli occhi di Colin, sobbalzando leggermente a quella domanda inaspettata a cui non sapeva come rispondere. Fissò per un po’ le iridi scure del ragazzo e poi chiese a sua volta: “Tu quando l’hai capito?”
Colin si strinse nelle spalle, sorridendo piano: “Quando cominciò ad interessarmi maggiormente il professore di fisica della lezione”
Jared scoppiò a ridere: “Oh-oh! Cotta liceale!” lo prese in giro.
Colin rise a sua volta: “In un certo senso. Ma ho cercato di non darlo mai a vedere”
“La tua famiglia, quindi, non lo sa?” lo interrogò Jared, dimentico del film.
Colin scosse la testa: “Se lo venisse a sapere, mio padre non esiterebbe a ficcarmi una pistola in bocca”
“E’ così crudele?”
“No, anzi” rispose Colin “E’ gentilissimo. Solo che… solo che non sopporta i ‘deviati’, per dirla con le sue parole”
Jared annuì, tornando a guardare il film. Ma la sua attenzione venne nuovamente distolta da una domanda di Colin: “Nemmeno tuo fratello sa che sei…”
“No, non lo sa” rispose Jared accarezzandogli uno zigomo. “So che è venuto a parlarti, oggi” continuò.
Colin sgranò gli occhi e si tirò a sedere: “Come fai a…?”
“Me l’ha detto Emma”
“Emma?”
Jared annuì, tenendo gli occhi bassi: “E’ venuta a parlare con me.. delle stesse cose di cui ti ha parlato Shannon”
Colin era scioccato. Rimase immobile, gli occhi fissi su Jared e le mani che gli tremavano senza controllo. “Tu-tu credi che dovremmo dar loro ascolto?” balbettò.
Jared scrollò le spalle: “Hanno ragione…” Colin sentì il respiro morirgli in gola “..Ma ciò non vuol dire che hanno il diritto di separarci. Emma la pensa come me, è stata solo costretta da Shannon. Credo dovrò parlargli e… Oh, smetti di avere quell’espressione terrorizzata, vien qua!” e lo fece di nuovo appoggiare al suo petto. Colin si mordeva il labbro e sentiva il volto ghiacciato, esattamente come quando gli aveva parlato Shannon. Jared lo abbracciò, mentre sullo schermo scorrevano veloci i titoli di coda, accompagnati da una melodia acuta. Colin  restò accoccolato tra le braccia dell’americano, fissando senza vederlo il televisore, fino a quando le palpebre si abbassarono e la mente volò verso altre terre.









 
Angolodichiarimenti (alias GNAO7)

 Bună seara, doamnelor şi domnilor!
Siamo a sette, signori, SETTE CAPITOLI! Mai raggiunto un traguardo così *si commuove*
Questo capitolo è assurdo (più dei precedenti sei, esatto) e ve ne siete sicuramente rese conto da sole. Ma io lo ribadisco: questo capitolo è assurdo.
Prima di tutto: non sono riuscita a pubblicarlo prima perché ho attraversato una fase di pseudo-depressione adolescenziale, che mi ha costretto a gettarmi a capofitto nei Placebo e a crogiolarmi nelle mie pene. Quindi, in quelle condizioni pietose, non sono riuscita a scrivere nemmeno una riga decente. Poi ho avuto la brillante idea di leggere il Simposio di Platone (pure love), e quindi ho dovuto trattenermi dal desiderio di inserire frasette pseudo-filosofiche sull'amore qua e là. (Avverto che ci sono riuscita). Poi ieri ho avuto la brillantissima idea di andarmi a vedere Donnie Darko, l'unico film che davvero può essere annoverato tra i miei preferiti. E dunque ho passato mezza giornata a riflettere sul possibile significato della pellicola. In conclusione, ho scritto questo capitolo in qualcosa come..due settimane.
Ora, dopo questa interessantissima introduzione su come ho allegramente passato gennaio, cominciamo a smistare dubbi, disgusti eccetera:
- Ho inserito l'avvertimento OOC per Shannon. Mi rendo conto che mi odierete come la tubercolosi per come l'ho caratterizzato, ma sappiate che non ho voluto farne un omofobo (è solo sconvolto, LOL). Ho cercato di pensare nel modo tipico con cui penserebbero, per esempio, i miei genitori in una situazione simile. Comunque, le critiche sul suo comportamento sono ovviamente ben accette :)
- La foto che fanno Colin e Jared. TENETELA SEMPRE A MENTE, perché tornerà nel corso della storia. Non so se siete riuscite ad immaginarla come l'immagino io. Se sapessi disegnare inserirei qui lo schizzo, ma purtroppo la mia facoltà artistica si riduce allo stick-man T.T
- Lo smalto nero. Tenete a mente anche quello, mi raccomando ;) E sì, secondo me Colin odia lo smalto. ù.ù
- Il ragazzo-Banksy. Non so se sia nato prima il capolavoro di Banksy o la scena del video; ho cercato di documentarmi, ma non ho trovato nulla di dettagliato. Se ho sbagliato, concedetemelo come licenza letteraria.
Okay, bene.  Credo di aver detto più o meno tutto. Se avete altre domande, scrivetemi e fatemi sapere i vostri pareri: per me è importante e mi tirate su di morale (perché siete pucce <3)
A se vedea tine!

  
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