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Autore: Arashinoharuka    02/02/2012    2 recensioni
TEMPORANEAMENTE INTERROTTA
Un quattordicenne che sembra il protagonista di un manga di Shonen Jump. Il fratello maggiore, che ricorda vagamente l'occhialuta versione giapponese de Il Corvo. Un amico in comune, appena uscito da Final Fantasy targato 2024. Tokyo fuma, piange, si lamenta, si ribella; leccandosi le ferite del terzo conflitto mondiale da cui è uscita nuovamente perdente.
Il futuro, come il cielo, è grigio e puzza di fumo.
Ma da qualche parte, forse, i ciliegi sono ancora pronti a fiorire.
{Storia nata per essere un fumetto. Autrice senza senso, come la storia. Aggiornamenti incerti. Rating arancio per violenza e/o linguaggio colorito. PLEASE ENJOY}
Genere: Azione, Dark, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Qualcuno, per favore, mi faccia essere d'aiuto. Qualcuno, per favore, mi capisca.
{Monochrome Ruler - Vanan'ice}


**

Distretto sud, zona periferica industriale

Il sistema del robot andò immediatamente in cortocircuito, e l'essere crollò a terra con un clangore di ferraglia ormai inutilizzabile. Nei secondi che seguirono, l'unico suono udibile fu il ronzìo delle componenti elettriche dell'androide che liberavano energia, finché un singhiozzo strozzato non uscì dalla gola del ragazzo che aveva di fronte questo macabro spettacolo.

Nella penombra fumosa della notte giapponese, un giovane uomo vestito di pelle nera stava in piedi con la pistola ancora puntata verso il pericolo che aveva appena eliminato, l'indice ancora premuto sul grilletto e una vaga aura di fumo di sigaretta davanti al viso.

Isamu gli si avvinghiò addosso singhiozzando prima ancora che questi potesse mettere via l'arma.

“Ha-Ha-Hayato-nii-san*!”

La sua voce suonava come quella di un bambino, o di una ragazza. Il giovane uomo appoggiò distrattamente la mano libera sui capelli castano-arancio del fratello e reinfoderò la pistola, sbuffando fumo e gettando il mozzicone finito.

“Isamu.” Pausa. Nessuna reazione.

“Isamu, calmati.” Sob, sob.

“Calmati. Quante volte te lo devo dire.” Le sue mani grandi e abituate a reggere armi mortali scostarono gentilmente il ragazzo, che alzò verso di lui gli occhi ancora pieni di lacrime. Gli occhi verde chiaro erano l'unica cosa che i due fratelli avevano in comune, e nonostante questa somiglianza, quelli del maggiore erano freddi e distaccati: si fissavano in quelli del fratello con rimprovero, mai affetto, né un cenno d'approvazione.

Hayato chiuse frettolosamente la giacca di Isamu, borbottando qualcosa riguardo alla temperatura, e gli alzò il cappuccio circondato da un misero pelame sintetico. Poi sospirò di nuovo, e, accendendosi un'altra sigaretta, aggiunse: “E smettila di comportarti come un bambino.”

Isamu deglutì a fatica. Mentre il fratello già si voltava, incapace di trattenere una conversazione per troppo a lungo, raccolse tutto il coraggio rimasto che aveva e protestò debolmente: “E tu, perché non la smetti di trattarmi come se per te fossi un peso?”.

Con uno svolazzare di ciocche nere e lembi del suo cappotto di pelle, Hayato si voltò nuovamente. “Se tu la smettessi di fare stronzate, io la smetterei di trattarti come se fossi un peso, non credi?”, rispose con veemenza, stritolando la sigaretta tra i denti.

“I—io?!”, gli fece eco Isamu, sentendosi punto sul vivo, le lacrime improvvisamente dimenticate. Sapeva, in realtà, che separarsi dal fratello e finire per farsi quasi ammazzare poteva essere ampiamente etichettato come 'stronzata'. “Sto solamente cercando di scendere a patti con il tuo modo di vivere assurdo, che cazzo!”

“Il mio modo di vivere assurdo? Isamu, non so se te ne sei reso conto, ma siamo dei bersagli per quei mostri! Quelle..cose..fatte di metallo, che vengono trattate come esseri umani più di noi, che siamo solo carne da macello! La società ci ha esclusi, ci ha rigettati, come se fossimo dei virus in una ferita! Se il governo fosse migliore, se il mondo fosse migliore, sai che non farei tutto quello che faccio ora”, ribatté il maggiore.

Aveva appena toccato il tasto più delicato e lo sapeva. La situazione socio-politica giapponese del dopoguerra era qualcosa riguardo cui litigava spesso con Isamu. Per lui, fare parte di quel gruppo di criminali che venivano chiamati i Reietti aveva un significato radicato profondamente nel suo animo: la violenza psicologica, le scelte politiche obbligate, la dignità di essere umano ridotta al minimo, l'ignoranza lasciata dilagare come un nettare prezioso, la non liberà di espressione, stampa, parola, perfino pensiero erano i dogmi fondamentali del governo che Hayato opponeva con tutte le sue forze.

Per il minore, fare parte dei Reietti significava principalmente evitare la morte. Era soltanto egoista come qualsiasi ragazzo della sua età.

“Riporti sempre indietro quell'argomento!”, osservò infatti Isamu, sempre più infastidito. “Perché invece non provi a metterti nei miei panni? Perché non provi a carpirmi? Ti rifiuti di dare a me la libertà che tu pretendi dal governo!”

Hayato si accorse di aver abbassato le prorpie difese troppo tardi: le parole lo colpirono, penetrando lentamente. Ci mise qualche secondo ad assorbirle completamente, a rielaborarle, e ad annaspare per una risposta abbastanza pungente. Non la trovò.

La sua mano volò alla grossa cintura a cui teneva appesi proiettili e la fondina della pistola più maneggevole che aveva.

“Oh.”

Sfilò quest'ultima lentamente, inserì il primo colpo in canna e mise la sicura.

“Quindi tu pensi davvero che riusciresti a sopravvivere..”

Allungò l'arma verso il fratello, tenendola al contrario e sfoderando lo sguardo più penetrante che gli riuscì di trovare.

“..Anche se fossi da solo.”

**

Laboratori centrali di Shinjuku**, sezione α

“Pain-chan***?”

La voce dell'uomo in camice bianco rieccheggiò inutilmente nella stanza vuota.

“Pain-chan!”

Non ci sono, non ci sono, non sono qui, non fatemi fare quelle cose brutte di nuovo, io non ci sono, non sono qui..

Una ciocca di capelli grigio-blu ricadde sul viso della ragazzina mentre questa faceva di tutto per stringersi il più possibile nell'angusto spazio sotto la mensola che le faceva da comodino. Il suo viso era quello di una bambina che fa i capricci perché vuole vedere la televisione, imbronciato e corrucciato.

Cercami da un'altra parte, non ci sono, non sono qui, voglio esser da un'altra parte..

“Pain-chan, avanti, vieni fuori. Ti si sente fare il broncio fin da qui.”

La ragazzina, per tutta risposta, tirò indietro i piedi che di certo il ricercatore aveva visto spuntare anche dall'altra parte della stanza.

“Pain-chan..”

Alcuni passi. Ormai non aveva molte possibilità. E le era improvvisamente venuto sonno di nuovo. “..n voglio.”

L'uomo col camice si voltò verso l'angolo da cui proveniva il mugugno incomprensibile, soddisfatto. “Come?”

“Non voglio! Voglio dormire come una persona normale! E invece ho di nuovo sonno! Non è giusto, Tanaka-san****!”, ripetè Pain più forte.

Il ricercatore si diresse verso di lei e le si accovacciò davanti. “Il sonno è la cosa più naturale per l'essere umano. Se hai sonno, devi dormire: è la naturalezza delle cose”, recitò con un sorriso rasicurante.

Pain non era stupida. “E' la quindicesima volta che vado a dormire, oggi, Tanaka-san.”

“Evidentemente hai bisogno di recuperare del sonno arretrato..”

“Anche il giorno prima. E quello prima ancora. Dormo sempre tanto, Tanaka-san..”, ribatté lei, questa volta con un tono più lamentoso.

“Avanti, non fare storie! Hai solo un metabolismo particolare. Guarda, ti si stanno chiudendo gli occhi, Pain-chan..”, cercò di persuaderla l'uomo.

“Ma..Se vado a dormire, farò di nuovo quel sogno strano, vero? Lei lo sa, Tanaka-san, se farò quel sogno di nuovo?”

Il sorriso del ricercatore ebbe un lampo di esitazione prima di pietrificarsi.

“..Quale sogno, Pain-chan?”

**

Distretto sud, zona periferica industriale

Il ragazzo dai capelli color arancia fissò il fratello, basito.

Le sue labbra pallide e screpolate erano leggermente aperte, e i suoi occhi verdi erano spalancati e umidi, dandogli una deliziosa aria di smarrimento.

Inutile dirlo, la scelta che aveva davanti era tutt'altro che deliziosa.

La pistola di Hayato lo allettava, solleticava il suo desiderio di libertà; sapeva che, in quella torbida capitale orientale che era diventata Tokio nel 2024, per un Reietto possedere un'arma era tutto. Nonostante questo, dubitava che avrebbe mai scelto la libertà insieme alla solitudine.

Perché, per sfortuna, conosceva Hayato troppo bene. E sapeva troppo bene che per lui le scelte erano solamente tra il bianco e il nero.

“Puoi scegliere se odiarmi, o venire con me. Puoi scegliere se essere una vittima che abbassa la testa e annuisce in silenzio, oppure alzare la voce. Con me.”

“Prendila”. Era un consiglio; Isamu la vedeva come una minaccia; Hayato come una sfida.

Il fratello minore esitò ancora: perché scegliere, perché non crogiolarsi ancora nell'attesa dolciastra dell'indecisione?

“Ti ho detto di prenderla!”, ed ora era un'ordine perentorio.

Isamu allungò la mano tremante verso l'arma, preparandosi a riceverne il peso e la responsabilità con riluttanza.

Perché;

“Adesso hai tutto quello che ti serve per essere una persona libera”, lo schernì Hayato.

Perché diamine non esisteva un terzo modo? Un patteggiamento?

“Ma ti avverto che il mondo si cura di te molto meno di quanto tu creda.”

Una sfumatura di grigio? Un'opportunità fortuita?

..clang.

Le labbra sottili del maggiore non si erano ancora chiuse del tutto, e Isamu non fece in tempo ad urlare: un vago clangore di passi meccanici, il fruscio di un movimento fulmineo, e uno spiacevole rumore di carne dilaniata si susseguirono in una manciata di secondi.

La scena risultò sfocata e nemmeno il sangue ebbe abbastanza tempo per fare la propria entrata trionfale, limitandosi a sgocciolare dalle tre lunghe lame che ora spuntavano dal petto di Hayato.

Quasi fosse uno scherzo, tanto che Isamu non metabolizzò immediatamente la scena che aveva davanti. Nel momento subito successivo all'azione, l'unico suono udibile fu il gracchiare dell'Ansatsusha che riportava docilmente: “Obiettivo due eliminato.”

..“SCAPPA, ISAMU!”

Siamo solo..carne da macello..?

E poi, il ragazzo metabolizzò. Talmente in fretta, che l'Ansatsusha non aveva nemmeno estratto le lame dalla ferita di Hayato quando Isamu si mosse.

Metabolizzò gli ultimi dieci minuti della propria vita, e improvvisamente capì quanto premere un grilletto potesse essere terribimente facile.

Per la seconda volta, un colpo di pistola risvegliò quei pochi animali rimasti nella zona industriale del Distretto sud; per la seconda volta, l'androide cadde a peso morto, in cortocircuito. Questa volta, Hayato crollò in ginocchio, vomitando sangue.

Isamu, tremante, balbettò: “O-onii-sa-san..!”, precipitandosi dal fratello.

“..itto..”

“Cosa?”

“Sta'..zitto!”, intimò il maggiore.

“A..Andiamo alla base, nii-san..”, propose timidamente Isamu, sfiorando con una mano la spalla tremante del fratello.

“No.”

Eh?

“Aspetta.”

Ah.

“Scu..scu..sami..”.

**

Distretto sud, zona periferica industriale, fabbrica abbandonata "TAKAMI INC."

“RAZZA DI..!”

Il pugno non tardò ad arrivare: colpì in pieno viso, forte abbastanza da spaccare un labbro e mandare lo sfortunato a gambe all'aria.

Intorno, si levarono immediatamente bisbigli concitati che portavano l'opinione della quasi folla presente.

“Una cosa del genere.. Così irrispettoso.. Ad un uomo più vecchio di lui.. Che etica distorta.. Basta che tenga Yogoshaki-san lontano da noi.”

“..Ahi. Fa male. Ehi, tu, smettila di strisciare. Vai in infermeria. E tieni la tua fogna piena di bei consigli lontana da me e dagli Yogoshaki, la prossima volta”, ringhiò il ragazzo che aveva sferrato il pugno all'uomo ancora sdraiato a terra con un'espressione stupita.

Sentire commenti spiacevoli sul maggiore degli Yogoshaki era comune, eppure il ragazzo dagli inquetanti occhi rossastri aveva sbattuto le proprie bacchette sulla tavola, alzandosi, si era diretto dal commentatore e --

“Fatti i fottuti cazzi tuoi, maiale.” “Come, scusa? Adesso quel bastardello ha anche leccapiedi esterni al fratellino? Ma non mi dire.” “RAZZA DI--”

-- probabilmente nessuno avrebbe più fiatato riguardo ai fratelli Yogoshaki davanti a Seishin Ichiro*****.

“Dovrebbe pensare a quello che dice.. Che irresponsabile.. Dovremmo vivere come una comunità pacifica.. Ah, i fratelli sono appena rientrati?”

“COME? DOVE? DA QUALE ENTRATA?!”, chiese a raffica il biondo, abbandonando l'uomo che aveva appena aiutato a rialzarsi (in fondo, era una persona civile), che rischiò di finire nuovamente a terra.

Appena gli fu indicata la risposta, Ichiro sparì dalla stanza come un tornado.

**


* Hayato: nome giapponese formato dai simboli di 'falco' e 'persona'
nii-san: modo giapponese per rivolgersi al fratello maggiore
** Shinjuku: quartiere centrale di Tokyo - l'hanno detto Zia Wikipedia e la mia insegnante di giapponese, almeno.
*** -chan: onorifico usato con le ragazze o i bambini piccoli
**** -san: onorifico usato con persone più grandi, o persone a cui si vuole mostrare rispetto, tra colleghi ecc.
***** Seishin Ichiro: il cognome significa 'spirito', mentre il nome 'primogenito'
Konnichiwa!
Ecco il primo capitolo ;u; l'ho scritto più in fretta possibile, dato che avevo postato il prologo subito dopo averlo scritto OuO senza nemmeno ricontrollarlo, infatti mi scuso per i typos. Spero che la storia sia ancora insensata, inutile e soprettutto brutta ^^" {ma si sente l'ironia quando scrivo così, si?}
I recensori sono venerati come dei. ^^
Arigato gozaimasu! Bai baaai ^^
-Arashinoharuka
   
 
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