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Autore: Alexandra_ph    03/02/2012    1 recensioni
Un giardino di rose, un punto di vista un pò speciale... Un incontro, una grande storia d'amore.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un incontro, una storia d’amore

 

Quel giorno il sole splendeva luminoso e l’aria profumava dolcemente. Ogni angolo del giardino sembrava più bello del solito, come vestito a festa. Le piante di rose rosa, bianche e gialle, mettevano in mostra i fiori migliori, i boccioli più belli. Il pergolato bianco che delimitava piccoli sentieri verso l’uscita, contrastava piacevolmente con il verde delle piante che vi si arrampicavano sopra. Nella parte centrale del giardino erano state disposte diverse file di sedie, a delimitare un piccolo anfiteatro, dove probabilmente si sarebbe svolta una cerimonia.
Quel giardino in Pennsylvania Avenue era spesso palcoscenico di brevi ma importanti cerimonie, soprattutto quando era il Presidente stesso a celebrarle.
Dal punto in cui si trovava, Rose aveva una visuale perfetta. Poteva assistere indisturbata all’evento, e al tempo stesso osservare anche tutti coloro che entravano e uscivano dal giardino.
Le sue amiche erano sistemate meno bene, loro non potevano godere di entrambe le visuali.

“Ecco, sta per iniziare” disse Rosalind eccitata.

“Sono militari…” aggiunse Rosalie con lo stesso tono.

Sì, erano militari. Rose già lo sapeva. Dall’alto aveva visto per prima le persone che si stavano accomodando sulle sedie per assistere all’evento.

“Dev’essere qualcosa di davvero importante!” sottolineò Rosalind, con il tono di chi non avesse mai visto qualcosa di simile in vita sua. Invece spesso, in quel giardino, accadevano brevi incontri come quello.

“Sono tutti importanti per te” disse Rose, con tono accondiscendente, ben sapendo quanto l’amica si entusiasmasse per poco. Rosalind era romantica e sognatrice per natura e qualunque cosa le sembrava sempre la fine del mondo.

“Tu non capisci, Rose. Sei sempre così calma e imperturbabile… se non ti conoscessi bene potrei pensare che ti senti superiore a tutte noi”.

Ecco, ora arrivava la scena patetica di Rosalind! Credeva sempre che tutti la prendessero in giro e criticassero il suo modo di fare. Alcune volte era anche vero, perché in effetti era un po’ pesantuccia quando ci si metteva, ma non in quel caso. In quel caso Rose aveva semplicemente detto la verità: a Rosalind ogni cosa, dalla più banale alla più importante, sembrava speciale e Rose un po’ le invidiava quella sua capacità di vedere in ogni cosa il lato migliore.
Lei non sempre ci riusciva.

“Oh, lasciala perdere, Rosalind” disse Rosalie, che doveva sempre intromettersi. “Sai bene com’è fatta. Per lei non c’è mai nulla di speciale”.

Forse avevano ragione. Ma non era colpa sua se era nata così.
Osservava sempre tutto con distacco, dall’alto del suo stelo, quasi che quel gambo tanto lungo che la sosteneva la rendesse per certi versi superiore a ciò che accadeva attorno a lei. Superiore al mondo, non alle altre rose che, come lei, fiorivano rigogliose in quel giardino. Anche se sapeva che molte di loro la ritenevano superba per il suo atteggiamento così diverso e distaccato.

Rose era una rosa bianca; una bellissima e delicata rosa bianca, dal gambo elegante, lungo e sottile e con foglie di un lucente verde scuro. Era una tra le varietà più rinomate del giardino, eppure dentro di sé non si sentiva affatto superiore alle sue amiche.
Però, diversamente da loro, era taciturna e poco socievole, più spesso impegnata ad osservare che non a chiacchierare o ad entusiasmarsi. Ma che poteva farci se esisteva raramente qualcosa che la colpiva davvero?
Fu distratta dai suoi pensieri dalle parole che giungevano nitide attraverso il microfono: un militare stava leggendo un breve discorso.

Il Capitano di Corvetta Harmon Rabb si è distinto in un’azione di grande eroismo…”.

A quanto sembrava si trattava dell’ennesima consegna di una medaglia al valore.
Chissà chi era il citato capitano, eroe del giorno? C’erano diversi uomini schierati sull’attenti; avrebbe potuto essere chiunque.

“E’ una cerimonia per conferire una medaglia… ci sarà di certo il Presidente!” disse eccitata Rosalind.

“Eccolo là, di schiena, sulla tua destra”, precisò Rosalie.

“Oh, hai ragione! Hai visto Rose? Che ti avevo detto?  Che sarebbe stata una cosa eccitante!”, aggiunse Rosalind, col solito tono felicissimo.

Già, eccitante, pensò Rose: qualche militare che si era guadagnato una medaglia facendo una strage di persone…

“… Benché colpito dal fuoco nemico, vedendo il Capitano Boone ancora vivo, anche se non cosciente, sul sedile anteriore, il Capitano Rabb si è rifiutato di eiettarsi dall’aereo. E nonostante i suoi gravi e acclarati problemi di vista, è riuscito a completare con successo l’atterraggio estremamente difficile dato il buio della notte.”.

Caspita! pensò veramente colpita Rose, un vero eroe!
Non si trattava di uno di quegli atti d’eroismo in cui qualcuno uccideva a destra e manca un sacco di nemici, pur sempre esseri umani anche loro, ma un’azione valorosa mettendo a rischio la propria vita, compiuta unicamente per salvare il proprio compagno di volo.
Da qualche parte aveva sentito dire che dietro ad ogni atto eroico si cela sempre un gesto d’amore, e non importa se corrisposto o meno…
Forse era vero.
Altrimenti come si spiegavano certi eroismi? Certamente non perché chi li compiva, nel momento in cui li portava a termine, stava a pensare che avrebbe ricevuto una medaglia per quello! No di certo. Non poteva credere che qualcuno mettesse a repentaglio la propria vita solo per ricavarne un elogio!
Cominciava ad essere davvero curiosa di scoprire chi fosse l’abile e coraggioso capitano.
Aveva scorto, oltre l’ufficiale che stava parlando, un tizio alto che da lontano sembrava anche carino. Ma tutti quei militari, o quasi, da lontano sembravano aitanti e belli, nelle loro divise blu scuro e tutti quei bottoni dorati.

“… L’abilità di volo del Capitano Rabb e le sue azioni valorose riflettono le tradizioni della nostra Marina e confermano la validità del Jag e della Marina degli Stati Uniti.”.

Il soldato al microfono finì di parlare e Rose vide il Presidente avvicinarsi proprio al militare alto e bello che aveva individuato prima.

“Capitano Rabb, con il suo valoroso comportamento, lei ha contribuito al prestigio dell’intera categoria degli avvocati. Congratulazioni!”

Il Presidente appuntò al petto la medaglia al valore e Rose, per la prima volta, si sentì coinvolta ed entusiasta di ciò che stava avvenendo in quel giardino. L’abile pilota era addirittura un avvocato, neppure un militare in servizio attivo.
Chissà per quale motivo si era trovato su quell’aereo colpito dal fuoco nemico?
All’improvviso si rese conto di sentirsi stranamente eccitata da quell’avvenimento e insolitamente curiosa nei confronti di quell’umano tanto coraggioso.

“Che bella scena, adoro quando il Presidente appunta una medaglia al petto di qualcuno. Mi emoziono sempre…”. La voce di Rosalind era, come sempre, al massimo dell’entusiasmo.

Ma Rose voleva che tacesse. Voleva sentire la voce del capitano decorato.

“Grazie, signor Presidente!”.

Eccola…
Una voce da infarto! Così avrebbe certamente detto Rosalie.
Una voce fa-vo-lo-sa! Questo sarebbe stato il commento di Rosalind.

“Avete sentito, ragazze? CHE VOCE FA-VO-LO-SA!!!” disse Rosalind.

“Favolosa? Quella è una voce da infarto, come direbbe anche la tipa tutta curve del bar dietro l’angolo, con la sua voce roca che pare venir su dall’oltretomba…” intervenne, come sempre Rosalie. Poi aggiunse, disapprovando: “Quella fuma sempre talmente tanto!”.

Appunto. Proprio come pensava! Rose conosceva bene le sue amiche.
A lei, invece, quella voce era parsa un incanto. Il tono di quell’unica frase aveva in sé tutta la gioia e l’orgoglio di quel giovane uomo.
Si scoprì a desiderare di poter ascoltare ancora per un po’ quella voce…
Ma che le stava succedendo? Lei, di solito sempre poco interessata a qualcosa in particolare, ora si scopriva affascinata da un essere umano e dalla sua voce. Roba da matti!

“Oh, no! Se ne vanno”, esclamò Rosalind.

“Di già?” chiese curiosa Rosalie.

La cerimonia era finita e la gente lentamente si stava allontanando, sulle note dell’inno suonato dalla banda dei Marines. Rose non vide più il giovane capitano neo-decorato: probabilmente aveva imboccato l’uscita al lato opposto del giardino.
Che peccato!
Una volta tanto che aveva trovato qualcosa che aveva suscitato il suo interesse, ecco che il tutto era durato solo pochi minuti.
Certo, sapeva bene che  quel momento sarebbe comunque terminato a breve, ma la situazione era riuscita a coinvolgerla talmente che aveva già fatto moltissimi pensieri sul bel capitano…
Se lo era immaginato in un aula di tribunale, durante un’arringa appassionata: era certa che avrebbe incantato i giurati con quella voce melodiosa. Una voce calda e ricca di note vibranti, che avrebbe sedotto più di una donna. Poi se l’era immaginato pilotare un aereo, fiero e felice in cielo…
Ecco! Come al solito, le rare volte che si appassionava a qualcosa, era incapace di trattenere i  pensieri e finiva sempre per immaginare l’inverosimile. Forse era perché poche cose la colpivano davvero e quando questo accadeva la sua fervida fantasia la portava subito a fare voli pindarici…
Le sarebbe piaciuto davvero poter osservare un poco più da vicino e per ancora brevi istanti l’eroe del giorno, peccato davvero che se ne fosse andato.
Anche lui, come tutte le cose belle, prima o poi…

Sissignore! Il signor Roberts sarà un ottimo aiuto”.

Quella voce!
Era lui, certamente. Non poteva essere nessun altro.
Come una sciocca si scoprì emozionata. Credeva che non lo avrebbe più rivisto e invece… invece eccolo lì, proprio vicino a lei.
Lo vide camminare verso l’uscita dal suo lato, accompagnato da un ufficiale di grado inferiore e decisamente più basso di lui e da uno più anziano e di più alto grado (lo sapeva perché aveva subito osservato che sulla giacca della divisa aveva più striscette colorate), un bell’uomo anche quello, nonostante l’età.
Dopo che il capitano ebbe parlato lo vide voltarsi indietro verso l’ufficiale di grado inferiore e rivolgergli un sorriso, caldo e luminoso.
WOW! Se la sua voce era vibrante e melodiosa, quasi sexy, il suo sorriso era… da infarto! Quello sì che era da infarto!
Quando quell’umano sorrideva era come se illuminasse il mondo circostante. Gli occhi, di un indefinito grigio-verde, con una leggera sfumatura azzurra, sorridevano anch’essi, conferendo una luce speciale al volto.
Com’era possibile resistere al fascino di quel sorriso?

“Ammiraglio, lei non rimane?”.

“No, e neanche voi”.

Oh, no, se ne stavano andando davvero.
Ma ora poteva anche ritenersi soddisfatta; il suo breve attimo di entusiasmo lo aveva avuto, era riuscita a vederlo da vicino e aveva colto anche un suo sorriso; il ricordo avrebbe riempito i giorni a venire… per una come lei sarebbe passato parecchio tempo, prima di trovare qualcos’altro di interessante che la coinvolgesse a tal punto.

“Buon pomeriggio, Ammiraglio”.

Una voce squillante, quasi gioiosa, le fece distogliere l’attenzione dal volto ancora sorridente del capitano e scorgere, in attesa all’entrata del giardino, un altro militare, in divisa verde scuro e…
Ma era una donna!
E per di più una donna molto bella, ad osservarla bene.

“Buon pomeriggio”, sentì rispondere dall’Ammiraglio, che poi continuò: “Capitano di Corvetta Harmon Rabb, Maggiore Sarah Mackenzie”.

Le sorprese non erano ancora finite: quante cose interessanti ed emozionanti tutte in un solo giorno! Rose ne era quasi sopraffatta.
Solitamente la sua vita era piuttosto noiosa, sempre lì, a far bella mostra di sé. Forse era per questo che Rosalind e Rosalie e molte altre rose si entusiasmavano talmente tanto per ogni cosa…
A volte era difficile essere una rosa di gusti tanto sofisticati e difficili.
Quando lei trovava qualcosa che la interessasse davvero, si buttava a capofitto, lasciandosi trasportare dalle emozioni e dalle sensazioni e il ricordo persisteva nel tempo.
Mentre altre rose, che si entusiasmavano per qualunque cosa, perdevano presto l’interesse per la novità e trovavano rapidamente qualcos’altro che le interessava alla stessa maniera, Rose, invece, si affezionava persino ai ricordi.
In quel momento il suo entusiasmo era alle stelle: sembrava che avrebbe assistito anche al primo incontro tra un uomo e una donna. Tra il bel capitano e quella giovane donna dei Marine.

C’era di che scrivere un racconto, se solo fosse stata in grado di farlo!
Uno di quei racconti sdolcinati, in cui si narra sempre dell’inizio di una storia d’amore.
Perché, a ben pensarci, è sempre l’inizio di un amore ciò che interessa maggiormente. E’ il nascere dei primi sguardi, delle prime emozioni; sono il primo bacio rubato, la prima litigata e la prima riappacificazione, a catalizzare sempre l’attenzione. La quotidianità di una storia diventa col tempo banale e a pochi interessa, perché, nella quotidianità, tutti gli esseri umani si scoprono uguali, a vivere storie simili. Mentre il nascere di un amore ha in sé l’incredibile particolarità di sembrare sempre unico.

Ecco che la sua fervida immaginazione era di nuovo partita in quarta!
Chi poteva dire che quell’incontro avrebbe potuto essere il preludio di una storia d’amore? Nessuno.
Eppure la sua immaginazione l’aveva spinta a tanto…

Vide la donna porgere la mano in direzione dell’eroe del giorno.

“Mac…”

La reazione di lui fu molto strana: Rose lo vide immobilizzarsi ed osservarla attentamente, come fosse stata un fantasma. Nei suoi occhi apparve la sorpresa e poi un’indescrivibile tristezza.
Chissà cosa stava succedendo al bel capitano? Probabilmente se lo stavano domandando anche l’ammiraglio e l’ufficiale più giovane che stavano osservando parecchio sorpresi tutta la scena.
Lei stessa avrebbe dato chissà che cosa per potersi intrufolare nella mente del giovane ufficiale e carpire i suoi pensieri.
Ad osservare bene, mentre l’ammiraglio sembrava semplicemente curioso di vedere che sarebbe accaduto se il capitano non avesse stretto la mano al maggiore, l’altro ufficiale li osservava come se sapesse cosa stava accadendo all’eroe del giorno: osservava il maggiore quasi con la stessa espressione stupita del capitano, mentre rivolgeva sguardi curiosi in direzione di quest’ultimo, quasi a domandarsi come avrebbe reagito.
Proprio un attimo prima che lei ritirasse la mano tesa verso di lui, il capitano allungò il braccio e gliela prese nella sua, in una stretta di presentazione. Questa volta fu il maggiore ad apparire sorpresa e quasi incuriosita mentre lui rimediava alla gaffes di poco prima:

Harm”.

Interessante: entrambi si erano presentati fin dall’inizio con i loro rispettivi nomignoli.
Harm e Mac.
Niente da dire: quei due nomi stavano davvero bene assieme!

“Voi due vi conoscete?”.

La voce dell’ammiraglio riscosse entrambi.

“Nossignore…”

“Sissignore…”

Il capitano si sorprese più lui della sua risposta che non gli altri presenti, infatti si scusò immediatamente con l’ammiraglio e il maggiore, precisando che non conosceva affatto la persona che gli era stata appena presentata, ma che tuttavia gli ricordava qualcuno…

Avrete tempo per fare amicizia. Lavorerete insieme.”

Con questa frase dell’ammiraglio, il quartetto si diresse verso l’auto parcheggiata poco distante, lasciando Rose con la sensazione d’aver appena assistito ad un incontro che segnava l’inizio di qualcosa che forse sarebbe durato nel tempo.

 

 

***

 

 

Era una mattina di fine maggio, calda e soleggiata.

Come sempre il giardino era al massimo del suo splendore: i fiori erano  rigogliosi e nell’aria aleggiava la fragranza dell’erba appena tagliata. Era ancora relativamente presto e in giro si vedeva solo qualche giardiniere che sistemava qua e là cespugli e toglieva erbacce dalle aiole fiorite.

La bellissima Rose era sbocciata da poche settimane ed era davvero un incanto: i suoi petali erano talmente candidi e lucidi da sembrare seta. Come ogni rosa fiorita da quello stelo, anche lei s’innalzava perfetta verso il cielo, sul suo gambo lungo ed elegante.
Quel mattino si sentiva particolarmente eccitata; non sapeva spiegarsene il motivo, ma era certa che quel giorno sarebbe successo qualcosa di speciale.

Con l’entusiasmo che la caratterizzava e che le faceva sempre cogliere qualcosa di magico e unico persino nel battito d’ali di una farfalla, si stava guardando attorno, pronta a scorgere qualunque cosa potesse sembrare interessante, quando vide un signore anziano, in uniforme della Marina, avvicinarsi lentamente all’ingresso del giardino: era  accompagnato da un ragazzino che poteva avere sì e no una decina d’anni e teneva per mano una bimbetta di cinque o sei.

Era raro vedere bambini in quel luogo; il giardino non era un parco giochi e non era neppure aperto al pubblico se non nelle giornate in cui si svolgevano cerimonie ufficiali. Le uniche occasioni in cui si poteva vedere un bambino era quando capitava che fosse presente ad una di quelle cerimonie, di solito figlio di qualche militare che doveva ricevere l’onorificenza.

Rose osservò l’uomo: nonostante l’età avanzata, era ancora molto alto e procedeva, seppur lentamente, fiero nel suo portamento militare; i capelli bianchi e il volto segnato da rughe facevano pensare che potesse aver superato l’ottantina d’anni, ma gli occhi di un incredibile grigio-verde, ancora luminosi ed espressivi, lasciavano intuire l’uomo che un tempo era stato.

“Nonno, perché siamo venuti qui?” sentì chiedere al ragazzino.

“Voglio fare un regalo speciale alla nonna”, rispose l’uomo, mentre entravano nel giardino.

“E lo troviamo proprio qui?”. Era stata la bambina a parlare.

“Sì, tesoro, proprio qui.”.

“Che regalo troveremo qui, nonno?”, volle sapere il maschietto.

“Una rosa”.

“Una rosa?”. Il ragazzino si guardò attorno, perplesso. “Ma nonno, qui non ci sono negozi che vendono fiori!”

“Hai ragione. Ma ci sono molte rose, non credi?”.

“Ce ne sono tante, in effetti…”.

“Sono quei fiori lì, nonno?” chiese la bambina, puntando un dito verso alcune viole del pensiero che ornavano i vialetti.

“No, tesoro. Quelle sono viole. Ecco le rose… “ indicò il nonno alla nipotina. “Prenderemo una di quelle”.

“Vuoi RUBARE una rosa, nonno?” domandò la bimba con aria quasi sconvolta.

“Non è proprio così…” cercò di difendersi l’uomo. Ma il ragazzino, serio, lo interruppe:

“Appropriarsi di qualcosa senza pagarla è furto, nonno” sentenziò con aria saputella.

Rose vide l’anziano signore sorridere compiaciuto dal tono e dai termini usati dal nipote. Lei, invece, non riusciva a divertirsi: non avrebbe mai detto, osservandolo, che sarebbe stato capace di rubare qualcosa. Sembrava una persona così onesta…

“E se chiedi il permesso?” sentì l’uomo domandare al ragazzino.

“Se si chiede il permesso e questo viene accordato da chi di dovere, allora ritengo che il reato non sussista, avvocato” rispose questi.

“Il permesso è stato richiesto qualche giorno fa ed è stato concesso. Se vuole, avvocato, può interrogare un testimone” disse il nonno al nipote, indicando con un cenno del capo un giardiniere poco lontano, mentre con una mano rispondeva al saluto che l’uomo gli stava rivolgendo.
Rose vide il fanciullo voltarsi verso il giardiniere e poi tornare a guardare il nonno, compiaciuto che le proprie certezze riguardo la fiducia riposta in lui fossero state confermate.
La bambina, che come Rose aveva assistito con curiosità a quello scambio di battute, quasi un vecchio gioco tra nonno e nipote, finalmente disse la sua.

“Se non la rubiamo e non la paghiamo, cosa facciamo, allora?”.

Alla domanda della nipotina l’uomo sorrise e la prese in braccio, stringendola a sé. Lei gli scoccò un bacio sulla guancia, felice di essere tra le sue braccia.
L’immagine suscitò in Rose un’ondata di tenerezza e al tempo stesso un pensiero malizioso: quell’uomo, da giovane, doveva essere stato molto bello… chissà quante donne avevano desiderato trovarsi nelle sue braccia!

“Mettiamola così: questo giardino farà un bel regalo alla vostra nonna”.

“Non abbiamo più i soldi per comperare un regalo alla nonna?” chiese preoccupata la bambina. Era chiaro che non capiva perché il nonno volesse prendere una rosa proprio da quel giardino.

“Venite, sediamoci qui e vi spiegherò” disse l’uomo, indicando una panchina poco distante.

Rose, incuriosita più che mai, fu felice che avesse scelto proprio quella, così avrebbe potuto ascoltare tutto quanto.
Con voce melodiosa l’anziano signore cominciò a raccontare.

“Io e la nonna ci siamo conosciuti proprio in questo giardino. Esattamente cinquant’anni fa oggi. Io avevo appena ricevuto dal presidente Clinton la mia prima medaglia al valore per aver salvato la vita al capitano Boone…”.

Mentre l’uomo raccontava, Rose si rese conto all’improvviso di conoscere quella storia: la sua antenata Rose era stata testimone dell’incontro!
Le immagini di quel giorno, accompagnate da suoni, emozioni e sogni, erano rimaste nei ricordi della pianta di rose bianche della quale, cinquant’anni prima, era stata il bellissimo fiore. In tutti quegli anni la pianta era stata concimata, potata e curata amorevolmente e come molte altre di quel giardino aveva continuato a regalare fiori stupendi.
E di Rose in Rose, il ricordo di quell’incontro era giunto fino a lei.  
I bambini ascoltavano attenti il nonno e Rose fu altrettanto curiosa e affascinata da quella storia. L’uomo stava raccontando ai nipotini il seguito di quel primo incontro.

Seppe così che i due giovani ufficiali avevano lavorato assieme per parecchi anni alla Procura Militare, affrontando casi complessi e talvolta pericolosi, spesso in coppia oppure l’una contro l’altro. Erano diventati amici e si erano voluti molto bene; ciononostante, per molto tempo, non erano riusciti mai a confessarsi il loro amore. A turno si erano rifiutati a vicenda, evitando di incominciare una relazione. All’inizio era stato lui ad avere paura e lei, dopo il suo rifiuto, era stata persino sul punto di sposarsi con un altro uomo; solo il grave incidente in mare capitato a lui mentre stava rientrando in aereo per assistere al matrimonio, le aveva impedito di commettere un grave errore. Successivamente egli le aveva fatto capire di tenere molto a lei, ma a quel punto sembrava fosse troppo tardi: la loro amicizia, la loro complicità… tutto sembrava compromesso per sempre, finché non era avvenuto qualcosa che li aveva finalmente spinti ad ammettere i loro rispettivi sentimenti. Ad entrambi era stato proposto un trasferimento che li avrebbe visti lontani ben 5489 miglia; solo allora si erano resi conto di non poter vivere separati e in meno di dodici ore si erano confessati il loro reciproco amore, decidendo di sposarsi. E avevano affidato alla sorte la scelta di chi dei due avrebbe dovuto rinunciare alla propria carriera per seguire l’altro.

Da allora erano sempre stati felici, nonostante i continui battibecchi che da sempre avevano caratterizzato il loro rapporto. Avevano avuto due figli, benché a lei fosse stato diagnosticato che avrebbe potuto faticare a restare incinta: un maschio e una femmina, che erano già diventati a loro volta genitori dei due bambini cui stava narrando la storia. Dopo alcuni anni lontani da Washington, erano tornati ad abitare da quelle parti, felici di ritrovare gli amici di un tempo. Avevano acquistato un cottage dove crescere i figli, con tanto di portico, perché ad entrambi piaceva molto sedersi all’aperto, di sera, a chiacchierare…

“Anche a me piace tanto stare seduta sotto il vostro portico, nonno” disse la bambina, mettendo fine al racconto.

“Assomigli  così tanto alla nonna, tesoro…” disse l’uomo, accarezzando la bambina, mentre con l’altra mano si asciugava rapidamente una lacrima.

Rose immaginò l’amore che da cinquant’anni univa quelle due persone e desiderò improvvisamente poter conoscere la donna del racconto.

“Capite, ora, perché voglio portare proprio una di queste rose alla nonna?” chiese il nonno, alzandosi e avvicinandosi ai fiori.

Per un attimo si guardò attorno, decidendo quale prendere.
All’improvviso la bambina parve aver “sentito” il desiderio di Rose, perché tirò il nonno per una manica e, indicando con un ditino, disse:

“Prendi quella, nonno. E’ molto in alto, ma tu sei tanto grande!”.

L’anziano signore obbedì subito alla piccola e si allungò per cogliere la rosa bianca che la nipotina aveva indicato, assicurandosi di recidere lo stelo con un taglio netto e di mantenere al fiore un gambo piuttosto lungo.

Rose sentì un dolore acuto, ma durò pochissimo e subito dopo si ritrovò nelle mani dell’uomo.

Era frastornata.
Sapeva bene che, con quello che le era appena accaduto, sarebbe sfiorita presto, molto prima del previsto, concludendo così la sua vita. Questo avrebbe dovuto spaventarla e renderla molto triste. Tuttavia era sicura che solo in quel modo avrebbe potuto conoscere la donna protagonista di quella storia d’amore: sarebbe stata il suo regalo finché non fosse appassita e quella consapevolezza la rese stranamente orgogliosa.

La pianta cui apparteneva non sarebbe morta e avrebbe conservato per un’altra Rose anche i ricordi di quella giornata, oltre a quelli che già tramandava da cinquant’anni. Ma soltanto lei, come la sua antenata, avrebbe avuto la possibilità di conoscere entrambi i protagonisti di quel bellissimo amore.

Mentre l’uomo la portava con sé, Rose disse addio al luogo che l’aveva vista nascere e fiorire.

Durante il tragitto si guardò attorno, incuriosita e meravigliata da tutto ciò che vedeva. Era quello, allora, il mondo al di fuori del giardino in Pennsylvania Avenue? Un mondo decisamente diverso, più frenetico e caotico del luogo sereno dov’era vissuta fino a quel momento.

Giunsero davanti ad un cottage circondato da un piccolo giardino. Rose era emozionata.

Sulla porta, ad attenderli, vi era una giovane donna dai capelli scuri e gli stessi occhi grigio-verdi del nonno dei due bambini. Di fianco a lei un uomo, che era l’esatta copia in giovane dell’anziano signore; l’unico particolare che li differiva era il colore degli occhi: l’uomo accanto alla donna li aveva di un caldo color cioccolato.

“Mamma, mamma…” gridò eccitata la bambina, correndo incontro alla signora sulla veranda “siamo andati a prendere un regalo per la nonna”.

“Ciao, papà” disse, invece, più serio il ragazzino, rivolgendosi all’uomo. “Dov’è la mamma?”.

“E’ dentro con la nonna”, rispose lui, arruffandogli i capelli con un tenero gesto della mano.

“Nonno? Andiamo a portare il regalo alla nonna?” chiese la bambina.

“Andrà il nonno, da solo. Voi resterete qui” disse il padre del ragazzino.

“Ma zio…” cercò di opporsi la bambina, però la madre intervenne decisa.

“Il nonno le dirà che è anche un vostro regalo. Ora venite in cucina; del tè freddo vi attende. Avrete sete. Saluterete più tardi la nonna…”.

Rimasto solo, l’anziano signore entrò in casa, attraversò un breve corridoio e si diresse verso una porta chiusa. Non appena l’aprì, l’uomo e la donna che si trovavano nella stanza si voltarono verso di lui, lo salutarono ed immediatamente uscirono, richiudendo la porta.

L’uomo rimase fermo qualche attimo, quasi incapace di muoversi ancora.

Guardandosi attorno, Rose si sorprese della luminosità della stanza: il sole entrava prepotente dall’ampia vetrata che dava sul retro del giardino e illuminava le pareti e i mobili chiari, di una delicata tinta avorio. Pochi tocchi di colore, sapientemente disposti qua e là, e alcune rifiniture in legno scuro completavano l’insieme, creando un raffinato contrasto.
A Rose la stanza piacque subito. Vi si respirava un’atmosfera di pace e serenità.
Al centro della stanza un grande letto matrimoniale faceva bella mostra di sé, mentre ad una piccola parete accanto alla vetrata vi era uno scrittoio in legno antico, su cui si trovavano diversi oggetti tipicamente femminili e una foto che ritraeva un uomo e una donna in abiti militari sullo sfondo di un paesaggio arido e brullo.

L’anziano signore si mosse; si avvicinò al letto, sedendosi lentamente sulla sedia posta davanti al comodino.

E allora, finalmente, Rose la vide: era stesa sul letto, con gli occhi chiusi. Il volto, nonostante l’età, era ancora bello, mentre il corpo sembrava scomparire dentro l’alta uniforme dei Marines che anni prima aveva indossato alla perfezione e che ora, invece, la faceva apparire molto più minuta della donna che un tempo era stata.

Era immobile, serenamente composta nel suo sonno eterno.

Rose vide l’uomo prenderle una mano tra le sue con dolcezza, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime.

“Ciao, amore. Sono tornato. Ho il tuo regalo…” disse, mentre posava la rosa bianca sul suo petto, posizionando l’altro braccio in modo che sembrasse trattenerla a sé.

“E’ una rosa del ‘nostro giardino’… ti terrà compagnia finché non ti raggiungo…” La voce gli si incrinò e per un istante sembrò non riuscire più a continuare.

“Aspettami, amore. Aspettami, proprio come l’altra volta, ricordi? Anche allora mi stavi aspettando…”.

Si fermò di nuovo, ad asciugarsi le lacrime. Quando un attimo prima si era sporto per accarezzare il viso di sua moglie, Rose ne aveva  sentita una bagnarla e infilarsi tra i suoi petali, come se anche quella lacrima, una piccola parte di lui, volesse restare accanto a lei per sempre.

“Sei sempre riuscita a sorprendermi…”, continuò lui. “Anche ora, come cinquant’anni fa. Il dottore si aspettava che ci lasciassi da almeno un paio di settimane, ma tu, caparbia come il tuo solito, gli hai detto che avevi ancora qualcosa da fare prima di andartene. Non ho capito a cosa ti riferivi fino a stamattina, quando mi hai detto che ora potevi andartene in pace, perché eri riuscita ad esserci per il nostro anniversario. Poco dopo ti sei addormentata per sempre tra le mie braccia…”.

La voce gli si spezzò ed egli rimase in silenzio per un po’, con le labbra posate sul dorso della sua mano.

“Ti amo, Mac. Ti amo così tanto…”.

Si alzò dalla sedia, si chinò su di lei e la baciò dolcemente sulle labbra, quasi a volerle infondere di nuovo il calore della vita. Le toccò con tenerezza una ciocca di capelli ormai bianchi come i suoi e infine si decise a lasciare la mano che teneva ancora stretta tra le sue. Posizionò con cura anche quella accanto all’altra, a trattenere la rosa.

Quindi si scostò dal letto, ma poi si fermò di nuovo, incapace di lasciarla sola. La guardò a lungo, con lo sguardo velato dalle lacrime, perso in un mondo tutto suo, fatto di dolci memorie e antiche emozioni. Ogni tanto un sorriso pareva distendergli le labbra, quasi che un ricordo improvviso fosse tornato a regalargli un istante di quella felicità che non avrebbe mai più vissuto. Infine fece un profondo respiro, come a cercare un coraggio e una determinazione che non aveva, si voltò e uscì dalla camera.

Rose si ritrovò sola nella stanza, appoggiata sul petto della donna.

Lentamente assorbì il senso di ciò cui aveva assistito, rendendosi conto che la sua breve esistenza aveva appena assunto un significato speciale. Le era stato concesso il privilegio di essere il suo ultimo regalo, segno tangibile dell’amore che aveva unito per anni un uomo e una donna e che li avrebbe legati per l’eternità.

E mentre realizzava e accettava il proprio destino, stretta tra il corpo e le mani di quella donna tanto amata, Rose stranamente si sentì in pace.

  
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