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Autore: Dolcestellina21    03/02/2012    1 recensioni
Storia ispirata alla fiction televisiva "Elisa di Rivombrosa" (che adoro) e rivisitata in chiave Potteriana. La fanfiction era stata già inserita e cancellata, e questa volta, anche se con aggiornamenti tardivi (molto tardivi, lo annuncio da ora) cercherò di finirla perchè mi ha sempre appassionato...
Forse il raiting subirà dei cambiamenti nel corso della storia, ma ovviamente niente è sicuro!
Ultimo avviso: la storia è incentrata soprattutto su Hermione, quindi limiterò al minimo ciò che non la riguarda direttamente, come anche il complotto verso il Re! Spero che possa piacervi e interessarvi :)
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Narcissa Malfoy, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Consuetudine




Hermione si diresse verso le cucine, dove il suo migliore amico la stava aspettando per una cavalcata insieme.
Il suo passo era dettato dal nervosismo e guidato dalla consuetudine. La ragazza si aggirava inquieta, preoccupata per la salute della contessa. La signora, infatti sembrava ogni giorno più stanca e la cosa la preoccupava non poco. La contessa era buona e gentile: era stata proprio lei a prenderla come dama di compagnia, strappandola all’altrimenti orribile futuro che le si prospettava. Infatti, da quando il suo povero padre era venuto a mancare, la giovane Hermione aveva iniziato a lavorare in una locanda spazzando per terra e gli approcci e le richieste da parte dei clienti ubriachi non erano mai mancati. Fortunatamente quello non era il suo compito e la sua integrità non era ancora stata violata.

Ma adesso che le sofferenze della signora cominciavano a farsi più insistenti, la sua preoccupazione aumentava ogni giorno di più. Inoltre la contessa non mancava mai di fare riferimento al figlio, lontano ormai da parecchi anni. E, ogni volta che ciò accadeva, e che il suo sguardo debole si posava istintivamente sul ritratto del giovane, i suoi occhi sembravano acquistare una nuova scintilla di vitalità e di orgoglio, unita alla speranza. Il figlio della contessa aveva un portamento distinto, la pelle diafana e i capelli biondi, dai riflessi dorati. Anche gli occhi della fanciulla erano ormai avvezzi a quel ritratto. Molte volte si era sorpresa ad osservarlo, come se fosse realmente davanti a lei…

“Ehi, Hermione! Che fai, sei ancora sulle nuvole?” La voce di un ragazzo la fece sobbalzare.
“Ron!” lo rimproverò la ragazza “Ti avrò detto mille volte di non spaventarmi così”
“Lo so” rispose il giovane “Ma è una tentazione irresistibile” e si chinò per darle un veloce bacio sulla guancia morbida. Hermione, suo malgrado, si aprì in un sorriso. Ron era il suo migliore amico e gli voleva un bene dell’anima, anche se a volte era proprio irritante. I suoi occhi di un azzurro stupefacente, però, gli facevano perdonare tutto. “Allora pelandrone… Sei pronto a perdere anche questa volta?” gli chiese sorridendo.
“Assolutamente no!” E iniziò ad avviarsi, con la ragazza al seguito, verso le scuderie.



“Ho vinto di nuovo io!” esclamò la ragazza scendendo dal suo cavallo.
“Ma non è proprio vero! Ho vinto io questa volta, cara Hermione” la beffeggiò Ron, smontando anche lui da cavallo.
“Si, bella vittoria! Hai preso una scorciatoia. E per di più hai distrutto il campo a quei poveri contadini!” si impuntò la ragazza. Ron la guardò con tenerezza per un momento: quando faceva così sembrava tornare improvvisamente bambina.
“Bè mia cara nessuna regola impediva di prendere scorciatoie” le rispose con un sorrisetto furbo il giovane prima di avviarsi alla scuderia con il suo cavallo. La bella mora sbuffò e poi lo seguì “Vorrà dire che la prossima volta stabiliremo regole più certe!” esclamò compiaciuta accodandosi a lui.



Hermione appellò un vestito rosso dal suo armadio, leggermente più chiaro della sfumatura delle sue guance dopo la cavalcata. All’improvviso la porta della sua camera si aprì e con passo cadenzato entrò la marchesa Ginevra Malfoy, figlia della contessa Narcissa. L’irruzione della nobildonna era dovuto a un motivo ben preciso “Hermione!” la richiamò infatti. La ragazza lesta posò il suo vestito e la bacchetta su di una sedia e fece un piccolo inchino alla marchesa.
“Che non si ripeta mai più” le disse questa con un tono di voce adirato “Tu sei la dama di compagnia di mia madre. E non una sgualdrina che se ne va a cavalcare per i boschi con gli stallieri” la rimproverò duramente. La ragazza non abbassò il capo, ma sostenne lo sguardo della donna. La marchesa la squadrò da capo a piedi e un espressione di disgusto si dipinse sul suo volto “E per giunta vestita da uomo. Dio mio che vergogna!” esclamò voltandosi. Hermione si osservò per un breve istante e si sentì in soggezione. In effetti il suo abbigliamento usuale non era costituito da camicia, pantaloni e stivali… Quello di nessuna donna dell’epoca lo era, nemmeno quello delle serve. Figurarsi quello di una dama di compagnia o di una nobildonna. La marchesa Ginnevra infatti era impeccabile nel suo abito blu, con il corpetto che le stringeva la vita sottile. I capelli rossi erano raccolti in un’acconciatura elaborata sopra la nuca e solo un boccolo era lasciato cadere morbidamente sulla spalla. Gli occhi blu e luminosi erano adorni di lunghe ciglia e le labbra carnose erano velate di un rosso opaco. La sua bellezza non poneva limiti all’età e ai suoi modi austeri.
Hermione fece un passo avanti e si rivolse direttamente alla donna “Signora marchesa, io e Ronald stavamo sol…”
“Silenzio!” esclamò alquanto adirata “Non ti ho chiesto di rispondere!” La ragazza chinò leggermente il capo mortificata “Il fatto che mia madre si sia intenerita e che ti abbia presa al castello solo perchè sai leggere e sei capace di adoperare la magia, non fa di te una nobildonna” pronunciò con un piccolo sorriso sulle labbra “Se non sai come si comporta una dama di compagnia, faresti meglio a tornare da dove sei venuta! Non mi resta molto difficile rispedirti in quella locanda”
“Si marchesa… Lo so”
“E ricorda: tu sei qui solo per la benevolenza di mia madre. Se fosse per me tu saresti con tua sorella e tua madre a patire la fame” il suo tono rude strideva con il suo comportamento e il suo aspetto “Ci siamo intesi? Madame Hermione di Hogwarts?” La ragazza profferì un “Si” leggero ma fermo. La marchesa la osservò per un secondo“E rimettiti dei vestiti decenti. E vai dalla contessa mia madre. Subito” Poi si voltò ed uscì , senza attendere risposta. Non appena la porta si chiuse, la ragazza tirò un sospiro e riprese il suo abito tra le mani.



“Ginevra ha un carattere troppo debole” esordì la contessa allontanandosi dalla finestra della biblioteca, poggiata al suo bastone. Hermione le si fece subito avanti per aiutarla, mentre la signora continuava a infierire sulla figlia “Alza la voce solo con i servi, ma con quel disgraziato di suo marito…”
“Signora contessa siete troppo dura con vostra figlia Ginevra. Anche se severa, vuole molto bene a sua figlia Rose. E anche il marchese suo padre in fondo…”
“Il marchese suo padre è un incapace che nessuno sa tenere a bada!” la interruppe la contessa “Tanto per cominciare odia Hogwarts. Per il signor marchese basta solo che quando ne ha bisogno ci sia abbastanza da… arraffare… nelle casse…”
concluse sospirando rumorosamente. “Signora contessa” La ragazza si fece avanti preoccupata, fino ad avvicinarsi alla nobildonna “Vi prego, lo sapete che non dovete agitarvi. Vi prego!” la implorò con apprensione. La signora le rivolse uno sguardo affettuoso prima di ricominciare “O mia cara Hermione… Qui va tutto a scatafascio. E il mio unico figlio maschio si è arruolato nell’esercito: lui è il solo che può occuparsi di tutto questo… E non c’è!” concluse sconfitta.
“Tornerà!” le disse la ragazza con un sorriso “Ne sono certa!”
“Non so mia cara, non so” E gli occhi le si velarono nuovamente di apprensione “L’altra notte ho fatto un incubo e mi sono destata. Il respiro mi mancava. Ho sognato Draco… L’ho visto ucciso, morto, accanto ad un ruscello di montagna” si interruppe un attimo, stringendo le mani della giovane “Tu credi nelle premonizioni?”
La ragazza rispose con un sorriso affettuoso “No contessa. Io credo che, il più delle volte, la paura stimoli la nostra immaginazione” Le carezzò delicatamente le mani, mentre le stringeva nelle sue “Sono sicura che vostro figlio, il signor conte sta bene! E che presto lo rivedrete!” E si aprì in un sorriso. Ma, nonostante la tranquillità che la giovane tentava di trasmettere all’anziana signora, si sentiva vagamente preoccupata per la sua salute.



Hermione aveva accompagnato la contessa a riposare nelle sue stanze e ora di trovava giù in cucina con Molly mentre Romilda, Angelina e Ron svolgevano le loro mansioni insieme al resto della servitù.
Molly era stata la balia del signor conte ed era una bravissima cuoca. Hermione la considerava quasi come una madre e in quel momento, infatti, si stava confidando con lei.
“Molly sai, sono molto preoccupata per la contessa… Ultimamente non sta molto bene” le stava dicendo con espressione affranta.
“Che c’è, hai paura che se la contessa morisse tu te ne dovresti andare via da qui?” Hermione si voltò immediatamente e si accorse che la voce che aveva pronunciato quella frase crudele era di Lavanda. Lavanda era la sorella minore di Ron ed era una bella ragazza, nonostante si trascurasse molto. Hermione non aveva un rapporto esattamente idilliaco con la giovane. Molly la redarguì subito “Lavanda! Cosa diavolo vai dicendo? O Signore aiutaci tu!” esclamò facendosi il segno della croce. Poi si rivolse di nuovo verso i ragazzi “Angelina, tu e Lavanda andate ad aiutare Fred e George!” Angelina, la giovane di colore dai capelli ricci e scuri, prese per mano la mora e la trascinò fuori con lei.
Molly osservò la giovane e disse “Hermione non preoccuparti, non dare retta a quello che dice Lavanda. Alla contessa non succederà niente!” Ma poiché la ragazza continuava a mordersi il labbro, cercò di spezzare un po’ la sua tensione “E comunque non credo sia saggio continuare a illuderla sul ritorno del conte!” La ragazza, sentito questo, alzò la testa e parve voler nascondere a fatica qualcosa “Bè chi ha detto che sia un illusione?” chiese. Molly la guardò, inquisitrice “Perché per caso il conte ha scritto dicendo che sarebbe tornato?”
Hermione rispose immediatamente “No” e dopo un attimo di esitazione “Gli ho scritto io!” Molly tossì nella tazza dalla quale stava bevendo. “Tu cosa?!”
“Io… Io… Mi sembrava giusto farlo. E poi comunque la lettera potrebbe essersi persa, mai arrivata a destinazione, chissà? Errol è tornato senza niente, ma potrebbe anche aver smarrito la busta” rispose la ragazza scollando le spalle. Molly la guardò sbalordita “Ma la contessa almeno lo sa?” Hermione la fissò impaurita “No! E non deve saperlo! Lo sai quant’è orgogliosa…” Molly scosse la testa rassegnata. Hermione le posò un bacio sulla fronte, carezzandole i capelli rossi striati di bianco e la salutò, uscendo dalla porta e dirigendosi verso le scuderie.


Poco dopo Hermione si trovava a casa di Cho, una sua grande amica. La ragazza aveva sposato il dottor Potter, ma essendo lei una serva, la famiglia dell’ormai ex conte l’aveva diseredato ed ora i due coniugi vivevano in una piccola casetta diroccata, in mezzo alla campagna.

La ragazza aveva appena versato un bicchiere di latte per la sua amica “Cho, non importa, non…”
“Prendi, prendi! Latte e uova sono le uniche cose che non ci mancano” le rispose la mora sorridendo “I contadini sono povera gente, come vuoi che paghino?” Hermione si sedette su una seggiola di legno, osservando Edvige appollaiata su un trespolo mentre riposava e constatò “Harry è molto amato!”
“Ma molto povero anche” le rispose Cho con una voce infelice “E per colpa mia” concluse tristemente la fanciulla voltando le spalle alla mora per sistemare due cestini di vimini. Hermione si risentì “Non è colpa tua!”
“E di chi sennò?” Sospirò e riprese a bassa voce “Ci penso tutti i giorni sai?” E si voltò verso l’amica “Ogni mattina appena apro gli occhi e ogni sera prima di addormentarmi. Prego Iddio che mi perdoni per la mia… Presunzione…” Hermione replicò immediatamente “È stato amore, Cho, non presunzione!”
Ma la mora la interruppe “Presunzione! Presunzione, invece” Si sedette stancamente su di una seggiola “Mi ero illusa che l’amore potesse superare ogni barriera… E mi ero illusa di poter avere quello che non mi spettava…” Ai suoi dolci occhi scuri sfuggì una lacrima “Io, una serva. Se non fosse stato per me ora Harry avrebbe ancora la sua casa, il suo nome, le sue ricchezze, e il suo titolo… E invece, ha una serva… E questo... Gli è rimasta solo la sua bacchetta, di tutto ciò che possedeva” Alzò gli occhi al cielo, mentre Hermione la guardava dispiaciuta, poi lentamente riprese “Noi siamo nate povere, Hermione e tutto questo non ci pesa. Ma lui è nato nobile: credi davvero che non ci pensi mai?”
La fanciulla rimase per un momento senza parole mentre l’altra si asciugava le guance con un piccolo fazzolettino. Poi le poggiò una mano delicata sulla sua e mormorò “Cho…”

Improvvisamente la porta si aprì con uno scatto, seguito da passi veloci e dal piccolo atrio si senti chiamare “Cho” da una voce profonda. Hermione si alzò immediatamente, mentre l’altra si affrettava a nascondere il piccolo fazzolettino bianco che racchiudeva le sue lacrime. Nel vano della porta comparve un uomo giovane, vestito molto semplicemente, il cappello in una mano e una piccola valigetta scura nell’altra. Nel vedere la ragazza, l’uomo rimase piacevolmente sorpreso “Buongiorno Hermione!” le disse aggiustandosi gli occhiali sul naso.
“Buongiorno Potter!” rispose la ragazza con un sorriso.


Angolo autrice:
Direi che questo capitolo era un pò più lungo, no? è per questo che ve l'ho postato subito subito :) Per il prossimo ci sarà da aspettare però... Ma che ne pensate fin'ora??

   
 
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