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Autore: darkronin    03/02/2012    7 recensioni
Sequel di "Il labirinto visto dal castello". Quindi è la mia prima -vera- fic su Labyrinth.
Sono passati esattamente dieci anni dall'avventura nell'Underground.
La vita di Sarah ha subito particolari cambiamenti ma ancora non le sono chiare molte delle cose occorse in passato, specialmente l'atteggiamento di Jareth.
Il decimo anniversario scivolerà via come una giornata tra tante o dobbiamo prepararci a una nuova avventura? Verranno chiariti i punti controversi e le incomprensioni?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tela di diamante'
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Ok, ragazze...

XD mi avete deluso! XD

Il prof troppo cordiale non ha convinto. Posso darvi ragione: non avrebbe convinto nemmeno me. Se non avessi vissuto in prima persona esperienze simili (solo io avevo Prof. e Professoresse che ci invitavano a bere lo spritz o prendevano il caffè con noi dopo lezione e/o a casa per pranzi luculliani? E che pretendevano gli dessimo del TU? La stragrande maggioranza, ovviamente, stava in cattedra e non ti filava nemmeno a ricevimento, ma altri erano molto più aperti, grandi amiconi...che poi all'esame erano capacissimi di segarti le gambe se non sapevi. Il rapporto extra scolastico non li ha mai influenzati (strano da dire proprio in Italia...)..

Il discorso cambia radicalmente nelle facoltà “artistiche” credetemi..alcuni si offendono se li chiami Prof. perché, dicono, c'è parità tra noi e loro e sono solo due modi diversi di essere “artisti”, come da un compagno più bravo che da una mano a quello che è rimasto indietro. Soprattutto se l'approccio è di tipo anglosassone. come dovrebbe essere in questo caso, visto che la storia dovrebbe essere ambientata in America. Rendiamoci conto che -un pochino- ci trattano da trogloditi perché abbiamo ancora questa differenza medievale tu/lei. 9.9 Personalmente vorrei che fosse pure più marcata e sentita, sta benedetta differenza..ma tant'è...siamo in una fic non posso pretendere molto.
[per inciso..in Inglese c'è solo il you...quindi cmq il rapporto è paritario. Ci sarebbe anche il thou (per Tu e linguisticamente parlando sono parenti...non si sente?) ma non lo usa nessuno, perché suona arcaico...come il nostro Voi usato per una seconda persona singolare]
Inoltre...a nessuno è venuto il dubbio che i due potessero conoscersi da prima? O essere anche coetanei o quasi? E che Sarah-quindi- possa aver perso uno o due anni di studio?
Come? Gli anni di psicologia sono troppi e cmq i conti non tornano? In Italia, forse...all'estero ogni corso di studi è lungo quanto gli altri, quindi....
:) su su...date per buona la storia e non storcete il naso... :D vi ho dato le spiegazioni...e poi è una storia, dai! Stavolta non ho pretese di verosimiglianza XD (in sto capitolo mi dovrete dar buone un sacco di cose!). Tutto verrà spiegato...prima o poi... XD
PS: il discorso che farà ora Immanuel non è verità (quella verrà fuori più in là): sono solo le supposizioni di un essere umano.
PPS: perdonate sto capitolo...sarà una palla assurda ma voglio portare la stupida moretta, che ha piantato in asso il nostro amato Jay, a capire un attimo qualcosa...
PS x3: =_= sono tremenda, lo so: d'ora in poi, oltre a provare a cambiare la formattazione (che l'altra volta mi è riuscita particolarmente bene) provo a mettere le note sensibili: ci cliccate sopra e vi dovrebbe mandare su e giù automaticamente...non so perché, dopo 2 tesi, abbia tralasciato questa simpatica funzione... 9.9 la vecchiaia....





2-C'è sempre un fondo di verità



“Hai altre lezioni oltre la mia?” chiese l'uomo alzandosi per preparare il caffè
Sarah posò la cartolina che teneva in mano e alzò lo sguardo “Ho un'ora di pausa, poi ho l'ultima lezione.”
Lui annuì avvitando la caffettiera. “Bene, allora...abbiamo un paio d'ore per parlare...” Quando si voltò, e vide l'espressione contrita della ragazza, aggiunse “Non credo proprio che sia una buona idea saltare le lezioni, signorina”
Sarah si accigliò “Non ho mai saltato una lezione! Direi che questo argomento può avere la precedenza su altro...”
Lui sbuffò, prendendo un paio di tazzine dallo scolapiatti “Vediamo dove arriviamo oggi, poi decidiamo...” Lei attese, apparentemente paziente. “Dunque... tu sei convinta che sia stata tutta un'allucinazione?”
“Non proprio” replicò poco convinta “Cioè...quando invocai quelle creature, ero davvero convinta che la magia esistesse ed ero ben conscia di quello che stavo chiedendo. Ma non ne capivo le conseguenze. L'ho capito solo quando non l'ho sentito più piangere, quando ho realizzato, egoisticamente, che le colpe della sua scomparsa sarebbero ricadute su di me. Ma soprattutto, mi son resa conto della gravità di quello che avevo chiesto quando ho pensato come mi sarei sentita io al posto suo” ammise senza vergogna, avendo da tempo metabolizzato e accettato quello che aveva tentato di fare. “Da quel momento, comunque, ho evitato accuratamente di pronunciare qualunque cosa mi potesse sembrare una formula magica, un'invocazione. Non ho nominato mai i loro nomi.”
“Sì, ho notato... e credo sia stata una scelta intelligente...” concordò lui porgendole la tazzina fumante e lo zucchero
“Anche qui...” disse mostrandogli il taccuino nero “Ho subito trascritto tutto il sogno... la vicenda, le impressioni, i dettagli... ma i nomi li ho messi in minuscolo...in modo che non potessero...animarsi. 1” Il professore prese il libretto dalle sue mani e lo sfogliò assorto e compiaciuto. “Ma mi dica...dimmi...” si corresse vedendo l'occhiata che lui le lanciò “Tu credi che ci sia qualcosa di vero? Perché sei in possesso di questi disegni? Voglio dire...è stata un'allucinazione collettiva?”
Lui girò assorto il cucchiaino nel caffè amaro, più per abitudine che per bisogno di raffreddare o zuccherare la bevanda. Quando posò la posata sul piattino, con un leggero tintinnio, si decise a parlare, come se, fino a quel momento, avesse cercato di raccogliere le idee.
“Quelle illustrazioni sono molto vecchie...” esordì fissando un punto nella parete alle spalle della ragazza “...appartengono alla mia famiglia da...oh...da molte generazioni...”
Lei lo guardò perplessa. Aveva dato un solo esame ma sapeva bene che la carta non poteva conservarsi a lungo in condizioni non particolari. Infatti domandò “Conservate così? Solo in una scatola di legno?”
Lui abbozzò un sorriso “Stiamo parlando di magia...o sbaglio?” Lei arrossì e abbassò lo sguardo, imbarazzata “Vedi, quelle cartoline risalgono, più o meno, al tredicesimo secolo.” Sarah si strozzò col caffè quando realizzò cosa le avesse detto. Alzò lo sguardo stralunato sui suoi occhi neri, dai tratti impercettibilmente orientali. “D'altronde... il mio cognome dovrebbe esserti abbastanza familiare...” le sorrise con un velo di tristezza nella voce “I miei antenati...” disse sottolineando con un velo di sarcasmo il termine “... i più celebri linguisti dell'ottocento...sono noti per aver trasposto in racconti codificati molteplici fiabe, presenti capillarmente in forme diverse nel patrimonio europeo. Come aveva fatto, d'altronde, anche Perrault un secolo prima...” Sarah, che seguiva attentamente quella lezione di storia del folklore improvvisata annuì convinta, ricordando la genealogia di una semplice storia come quella di Cenerentola 2 “Ma a differenza sua...beh... hai visto il film, no?” chiese improvvisamente, come svegliandosi da uno stato di trans
“Ti riferisci a quello con Monica Bellucci?” chiese lei scettica. Era la porcata più abominevole avesse mai visto. Lui sembrò leggerle nella mente.
“Quanto viene raccontato è, più o meno, quello che successo. Realmente. O almeno così me l'hanno sempre raccontato. Ovviamente, nessuno ha mai potuto parlarne con qualcuno che non fosse membro della famiglia, per paura di venir presi per matti...” disse ridendo esponendo quell'aperta contraddizione “E' stato un segreto tramandato di padre in figlio. Una pratica, la tradizione orale, che è andata persa da tempo ma che, nonostante il passaparola, restava più affidabile della trascrizione dei manoscritti: si imparava a memoria e non erano concesse correzioni o commenti. La discussione, eventualmente, era relegata alla fine del racconto. Ma queste e altre illustrazioni son sempre state trattate con grande cura perché rappresentano il nostro patrimonio, la nostra storia.”
“Quindi i fratelli Grimm avrebbero incontrato anche...lui? E perché non l'hanno trasportato nelle loro storie? Ma soprattutto...cos'è questo?” disse mostrandogli il libretto rosso che portava sempre con sé, nonostante, in un primo tempo, l'avesse cacciato nel fondo del cassetto della propria toletta. “Sembra il canovaccio della mia avventura ma...perché ce l'ho io? È l'unica copia?”
Immanuel le prese, curioso, anche quel secondo libretto sgualcito dalle mani e cominciò a risponderle. “Buona domanda. Per quello che ne sappiamo, era stata elaborata anche un racconto al riguardo. Oltre a essere filtrata in tutte le altre. Devi sapere che non sono regni e mondi rigidamente separati tra di loro, ma interagiscono come...beh, pensa alla nostra politica estera: Russia, Cina, Giappone, Stati Uniti d'America...tutti si contaminano tra loro e sono interdipendenti, ma a loro volta sono stati sovrani e autonomi” A quell'esempio, Sarah annuì, afferrando il concetto “Fondamentalmente, comunque, quel racconto andò perduto. Non si sa quando e come ma scomparve da ogni copia stampata come non fosse mai esistito...a parte questa...” disse studiandola con un sospiro irrequieto. Il desiderio di capirci qualcosa, di arrivare finalmente a capire il mistero, trapelava dal tremore con cui le sue lunghe dita voltavano le pagine. Sembrava quasi un atto d'amore reverenziale nei confronti di quel oggettino così apparentemente fragile. A Sarah ricordava gli studiosi che restauravano i manoscritti con pinze e guanti, simili ai patologi forensi. “Non sono a conoscenza di altre copie...ma come una ce l'avevi tu, un'altra potrebbe avercela chiunque altro e si scoprirebbe che è un testo diffuso capillarmente.” borbottò non credendo nemmeno lui a quello che aveva detto.
A quell'ultima rivelazione, Sarah alzò un sopracciglio, scettica “Era troppo sconvolgente? Rivelava troppo?”
“Non lo so. Ed è possibile che, oltre a quello, siano spariti altri racconti minori che non avevano calamitato così tanto l'attenzione...voglio dire...non c'è nessuna figura che spicchi a quel modo...” si alzò, porgendole i libretti, e prese le piccole stoviglie per posarle nel lavandino “Sulla motivazione...non ti saprei dire. Ma il racconto coincide esattamente con il tuo.” La fissò negli occhi con un'intensità che lei non gli aveva mai visto “In pratica, se non avessero percorso anche loro le tortuosità del...quelle tortuosità...” disse censurando all'ultimo secondo la parola labirinto “Io, probabilmente, ora non sarei qui...”
“Non capisco...” ammise Sarah “Erano fratelli..perché avrebbero dovuto percorrere il... andarci! Perché avrebbero dovuto andarci tutti e due, insieme? Se avevano maledetto il bambino la responsabilità era solo di uno dei due...”
“No...” sospirò lui, come se raccontare quelle storie l'avesse spossato “Il figlio era di entrambi. Entrambi avevano amato la medesima donna nel medesimo periodo. Ed entrambi reclamavano il bambino come proprio. Colti da ira cieca avevano invocato le creature dell'Und... le creature...” si corresse “Perché si sbarazzassero della prova del tradimento della donna amata e del rispettivo fratello. Secondo la loro logica il bambino sarebbe dovuto rimanere qui, trattandosi di una sorta di paradosso logico: se uno dei due era il padre sarebbe comunque rimasto lì.”3
“Lasciami indovinare...” lo interruppe la ragazza, affascinata
“Esatto...il bambino non era di nessuno dei due, ma di un terzo che se ne era lavato le mani.”
“Wow” commentò la ragazza buttandosi sullo schienale
“Quindi, per salvare il figliastro, affrontarono quel luogo assieme. E vinsero.” precisò penetrandola con uno sguardo “Da lì, decisero che tutte le storie che avevano raccolto e i disegni che venivano custoditi in casa meritavano la loro fiducia e la loro attenzione.”
“Ma questo non spiega perché tu insegni quello che insegni...” osservò acuta la ragazza
“Già...” ridacchiò l'uomo, sistemandosi gli occhiali con un tic involontario “Diciamo che sono sempre stato affascinato dal lato psicanalitico delle vicende narrate. Da ciò che diceva Bettelheim proprio riguardo i fratelli Grimm4. Se ci pensi, però, anche i miti e le favole antiche sembrano un ricettacolo di comportamenti umani creati apposta. Sapendo...volendo credere che fossero reali..” si corresse “Mi domandavo perché ci fosse quella pesante impronta psicologica ricorrente già riscontrata dallo psicanalista austriaco.”
“E...” lo incalzò lei
“E mi sono risposto, ma non ho prove scientifiche, ovviamente, che la soluzione a tutto, un po' come nei tuoi studi, stia in un archetipo in cui compaiono le diverse figure basiche che, come detto prima, non erano bolle impermeabili ma interagivano con altre figure, contaminandole. Le diverse storie sarebbero, secondo la mia personalissima opinione, momenti diversi di questi diversi personaggi che si sono incontrati tra loro in occasioni diverse e generando, di volta in volta, situazioni diverse. Se diamo per scontata un'esistenza pressoché eterna, ci sarà facile capire come l'amico di oggi possa diventare il nemico domani. Attenta, però: non intendo avallare la visione di Bettelheim. Penso, infatti, che la componente psicologica sia stata caricata in un secondo momento e che, primariamente, si volesse solo raccontare un accadimento incredibile: una donna rinchiusa in una torre per cento anni, l'esistenza di una fata madrina che aiuta una giovane a riscattarsi e così via. Credo che il fatto che coincidessero con determinate esigenze della protagonista fosse solo un caso. E senza casi particolari non si manifestano situazioni o esseri particolari, giusto?”
“Tutto qui?” domandò lei sbigottita. Tanto rumore per nulla: le fiabe sarebbero servite solo per informare e ricordare un'esistenza altra e magica.
“Ti pare poco?” chiese lui di rimando accigliato “Tornando a noi. Il fatto che una storia come la tua sia scomparsa dalle testimonianze umane mi lascia pensare che, nel regno fatato, gli stesse bene che noi sapessimo. Che sapessimo tutto, ma non quello.”
“E perché?” si sentiva una bambina a restare così imbambolata a bersi la lezione che lui le propinava, ma era tutto così assurdamente nuovo che era ben contenta di assorbire informazioni come una spugna
“Perché in quello si mostra un lato degli uomini che noi non vogliamo vedere: la grettezza più vile. In tutti gli altri racconti c'è l'eroe e c'è l'antagonista. Si accetta la malvagità dell'altro per abbracciare la bontà del primo. E' un umano, quello in cui ci si riconosce e quello da cui si fugge. Ma una storia del genere? L'umano è solo cattivo che fa una richiesta così orribile -il rapimento e la scomparsa di un bambino- e l'essere magico totalmente buono -che si prende cura del rifiutato- ? Potevano permettersi di sbilanciare così le cose?” chiese tamburellando i polpastrelli sulla tavola ormai sgombra
“Tutta acqua al loro mulino...” commentò Sarah
Immanuel la guardò perplesso, pesando quanto lei gli aveva detto “Non mi sembra plausibile. Gli uomini, ricorda, messi insieme sono una folla con ragionamenti diversi dal singolo individuo...dicevo...gli uomini avrebbero tollerato la consapevolezza di tanta grettezza?”
“Erano solo favole...” rispose in un'alzata di spalle lei
“Certo...e tu hai fatto rapire tuo fratello perché tanto era una favola...” la zittì lui, ora visibilmente infastidito
“Io non pensavo...non intendevo...” Sarah, come dieci anni prima, si accorse di star ripetendo le stesse parole che aveva detto, a suo tempo, a lui.
“No, certo...” replicò velenoso. Eppure lei gli aveva detto quanto si era sentita in colpa e come avesse afferrato la gravità del suo gesto. Perché ora le rigirava il coltello nella piaga? “Devi capire che all'epoca erano molto più...reali... di semplici storie inventate per diletto. La gente ci credeva...” le lanciò un'occhiata penetrante, quasi volesse dirle “E avevano ragione: l'hai constatato tu stessa
“Gli umani non avrebbero tollerato quella consapevolezza” tagliò corto lui “E rischiavano di rivoltarsi contro il mondo magico. Le cose dovevano restare in una situazione di stallo, di perfetto equilibrio tra bene e male, umano e/o magico che fosse.”
“D'accordo..” replicò lei alzando le mani in segno di resa “Ma quale potere potevano mai avere gli esseri umani su...creature magiche” calcò la parola come a evidenziarne l'evidente disparità di forze.
“Ancora non capisci?” chiese alzandosi da tavola. Le fece cenno di seguirla e scomparve in un piccolo corridoio dietro la cucina. Gli trottò alle spalle seguendolo in camera da letto. Era calda e accogliente ma, soprattutto, notò con vivo interesse, piena zeppa di libri. Ovunque: sul balcone della finestra, sopra il tower del pc da tavolo, sopra la stampante, sopra e intorno al comodino e sotto il letto, tra i vestiti appoggiati alle sedie, oltre nella più banale collocazione a libreria. D'altro canto, gongolò tra sé, era un ricercatore e un uomo dalla vasta cultura, oltre che docente. Soprattutto, le credeva. Lui estrasse un paio libri e gliene mostrò le copertine sgualcite. Sarah li prese in mano, perplessa. Spostò il suo sguardo prima sull'uno, poi sull'altro e, infine, nuovamente sul suo professore. “La storia infinita?” chiese perplessa
“L'hai mai letto?” chiese lui quasi con rabbia. Sarah non capiva il motivo di tanta acredine.
“Certo che l'ho letto!” replicò offesa restituendogli il volume, stizzita “Ma continuo a non capire”
Immanuel sbuffò, esasperato e andò a sedersi ai piedi del letto sfatto, scansando le coperte per non avere grumi sotto di sé. “E' la credulità umana ad alimentare il loro potere. Se nessuno credesse, loro diverrebbero mortali...per così dire..anche se non credo che il loro mondo crollerebbe...”
“Secondo te, Ende è stato là? Ed è tornato per avvisarci?” chiese lei. Ora non pensava più di essere pazza: aveva trovato qualcuno più pazzo di lei
“Non Ende.” precisò. “Ende ha romanzato, a mio avviso, il racconto di qualcuno...il diario, di qualcuno...”
Calò un lungo silenzio tra i due che Sarah colmò voltando il secondo libro, La guerra degli elfi, la trilogia completa, e leggendone il riassunto sulla quarta di copertina. “Quello te lo presto, così capisci cosa voglio dire...è inventato di sana pianta...Lo so...” precisò notando la reazione di lei, pronta a porgergli la domanda “..perché la simbologia e gli accostamenti che fa non sottostanno a nessun...racconto. Harry Potter, al confronto è un'enciclopedia scientifica...No...” precisò ancora, anticipandola “La Rowling non è stata da nessuna parte ma ha studiato abbastanza bene, elfi a parte...come anche la Meyer, per quanto discutibili possano essere i suoi personaggi e le sue storie melense...Ma d'altronde non ha la pretesa di scrivere di mitologia...vuole solo descrivere un principe azzurro impossibile.”
Sarah poggiò il libro vicino alla tastiera del pc e lo guardò sorridendo “Non pensavo leggessi certa roba...” disse. Lei, ovviamente, se li era divorati tutti, quei libri: precisi o meno, trattavano avventura, esseri magici e...amore.
“Bada...” le disse lui sorvolando su quella frecciata maligna “...dopo il film di ieri, potrebbe non piacerti: tratta gli elfi come fossero alieni...” precisò prima che lei lo infilasse in borsa. La mano le si bloccò a mezz'aria incerta. Poi decise che poteva affrontare la prova: bastava chiudere il libro. Forse. Perché, se pure la storia di Bastian era vera, forse non sarebbe stato sufficiente.
Immanuel guardò l'orologio e la informò che forse doveva prepararsi per andare all'ultima lezione. Lei tirò fuori il cellulare dalla tasca dei jeans per controllare e annuì a conferma.
“Ti accompagno...” disse lui andando a prendere la giacca.
Quando furono sulla soglia, la mano di lui che stava per calare il proprio peso sulla maniglia, le domandò, all'improvviso “Come lo hai battuto?” chiese con curiosità
Lei faticò un attimo a capire a cosa si riferisse. Dopo tutto quel parlare di esseri mitologici aveva un po' di confusione in testa. Poi ricordò cosa la ossessionava. Strinse gli occhi per focalizzare la scena, richiamandola alla memoria. Pensava di aver ormai dimenticato tutto quel racconto, imparato dieci anni prima a memoria. Come pensava di aver rimosso tutto il sogno che, invece, si ripresentò ai suoi occhi fulgido come se si fosse appena svegliata.
Recitò per il professore, intanto che scendevano le scale, come in una sorta di trance, quello che si erano detti quella volta.



1     Qua siamo a livelli di grammatica base: il nome proprio deve essere con la lettera maiuscola, altrimenti è un nome comune. I nomi comuni, come sasso, cane, tavolo, non hanno alcun potere. Ma evocare un nome proprio, una carica o simile, sarebbe come evocare la persona stessa. Così ho trovato questo piccolo stratagemma per bypassare la questione dei nomi.

2    La storia di Cenerentola è diffusa in tutto il mondo. La più antica testimonianza sembra essere cinese, in cui la scarpetta è di oro massiccio. Diffusa in ogni cultura, la storia della scarpetta di cristallo è, in realtà, un errore di trascrizione che ha commesso proprio Perrault. Nell'originale europeo, infatti, l'oggetto era niente meno che un pregiata pantofolina di pelliccia di scoiattolo. Che schifo! direte voi...eppure sempre di pelle si tratta..le nostre scarpe e cinture sono in pelle...questa è pelle con pelo...e se ci pensate bene, la pelliccia come soprabito è ancor oggi sinonimo di agiatezza. (io penso a quanto potessero essere delicate e morbide...). Ma torniamo a Cenerentola... Nella versione francese originale si parlava, infatti, di pantouffles en vair e Charles Perrault, nella prima versione inglese, tradusse l'espressione come scarpette di vetro confondendo i termini francesi vair e verre (vetro) in quanto la pronuncia è molto simile. La stessa storia, come la conosciamo noi per tramite Disney, è stata poi pulita di tutte le parti truculente (sorelle che si amputano le dita dei piedi, la matrigna a cui i corvi cavano gli occhi, etc)
Ma ecco cos'è il Vair: Vair
Vair, inoltre, è anche un tipo di schema araldico, in italiano Pelliccia. Vair
In francese antico, definiva anche il colore di occhi tra il blu e il marron, non ben definibile...il nostro “griglio-blu” o “blu-verde” come anche l'eterocromia (un occhio blu e uno marron). Per associazione, passò a essere un sinonimo dell'incostanza e della volubilità.

3    Su, se ci vedete qualcosa di illogico, datemela buona cmq e sorvolate!

4    Bruno Bettelheim, psicanalista austriaco, si interessò anche alle fiabe. Nel suo libro Il mondo incantato sostiene che le fiabe dei fratelli Grimm siano rappresentazione di miti freudiani.

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Rieccomi...
Avete capito perché dicevo di dare per buono qualunque cosa? Sti due si son fatti un viaggione da paura... ma non son riuscita a semplificarlo ç_ç abbiate pietà
dunque..per chi comincia a disperare sulla comparsa di Jay, posso rassicurare.. :D comparirà nel prox capitolo :D
per il resto, come vi siete trovati con le note? Esperimento da riproporre???
Bene... :) vado a finire di preparare i miei bellissimi esami...
a presto ragazzi!


   
 
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