La
situazione era molto pericolosa, noi due avanzammo passando per
numerose stanze che erano tutte uguali, Sebastian era molto pensieroso
ed io lo seguivo da dietro. Sebastian a un tratto si fermò
di botto e rivolse la sua attenzione a un quadro, il suo sguardo
rispecchiava la sua anima: interessato e turbato.
-Eh?
Cosa c’è?- Mi fermai anch’io e fissai il
quadro.
Il
soggetto del quadro era un uomo di bell’aspetto di circa
trenta anni, una chioma di capelli nerissimi, due occhi come braci
ardenti mettevano soggezione a chiunque lo avrebbero visto. Un
naso aquilino, il mento virile coperto da una barba incolta e due baffi
sottili completavano il viso; poi due spalle larghe coperte dalle
spalliere di una corazza antica facevano intuire la sua stazza.
-Mi
sa che avremo a che fare con uno tosto.- Commentai me facendo scivolare
la mano sul machete. Il nero maggiordomo non mi rispose ma
andò avanti. Ed io venni dietro.
---Si
passa al punto di vista dell'autore.---
Nel
frattempo Ciel e Cassandra andavano verso i piani superiori.
-Allora,
una volta superata la sala delle torture, arriveremo in una camera dove
dovrebbe esserci il vaso.- Esclamò la ragazza dai capelli
verdi mentre consultava la mappa.
-Siete
sicura di quello che fate?- Ciel era un po’ turbato
dall’idea di attraversare una camera del genere.
Una
volta aperta la porta della sala della tortura Ciel notò una
macchina veramente strana: una sedia era sospesa a mezz’aria,
con della corda spesse di un metro e sotto vi era una vasca piena
d’acqua.
-Cassandra,
che cos’è questo?- Ciel abbassò la leva
e la sedia scivolò nell’acqua.
-Questo
è uno strumento di tortura ma è poco utilizzato;
lo usano i demoni per trasferire la proprietà di
un’anima.- Spiegò brevemente la ragazza.
Ciel
sentì le farfalle nella pancia, ma non sapeva spiegarsi.
Dopo
un po’ decise di lasciar andare e di continuare.
Un’altra
porta fu aperta da Cassandra e proseguirono per un lunghissimo
corridoio.
-Perché
avete deciso di collaborare con quegli Shinigami?- Ciel
iniziò il discorso per interrompere la noia della
perlustrazione.
-Per
due motivi precisi: 1) Devo portare un tema per la scuola e
quest’avventura capita a fagiolo. 2) William mi ha chiesto di
collaborare e come si può dire di no?- Cassandra sorrise
allo sguardo sbigottito di Ciel.
-Ma?
Non può essere, come fa, a essere così tranquilla
in una situazione come questa?- Ciel era sospettoso come suo solito e
non solo, ma si sentiva insicuro, poiché non c’era
il suo fido maggiordomo al suo fianco.
-Ehi!
Shalla!- Ridacchiò Cassandra.
-E
ora che è questa shalla?- Ciel era sempre più
confuso!
-Tsk,
lo scoprirai a suo tempo.- Si limitò a replicare la vampira.
Una
porta di ferro con delle catene spezzate e gettate alla rinfusa
bloccò il passaggio.
Cassandra
non ci fece molto caso ma Ciel sì, le catene erano macchiate
di rosso. Ciel si passò una mano sulle labbra: non
sopportava la vista del sangue.
La
ragazza dai capelli verdi spinse la maniglia obliqua ben intenzionata a
procedere ma la mano nera (il guanto) del conte bloccò il
polso sottile della ragazza. Lei con gli occhi sbalorditi vide il viso
corrucciato del severo Phantomhive…
-Potrebbe
esserci una trappola, prudenza!- Ammonì severamente il
ragazzo.
Si
abbassò lievemente per spiare in una fessura.
-Mm…
è buio.- Disse quasi maledicendo.
Ciel
aprì la porta lentamente e un frastuono si sentì
dall’altra parte come qualcosa di metallico che cade a terra.
Ciel non si spaventò ma aprì ancora
più attentamente la porta, che pareva molto antica. Una
volta aperta la porta Ciel fece il gesto alla ragazza di abbassarsi,
messaggio che fu accolto; a tendoni, il ragazzo tastò con il
suo bastone il terreno e, ritenendo sicuro il passaggio,
proseguì prontamente seguito dalla ragazza. Ciel con la mano
toccò una parete e, lentamente, si appiattì su di
essa. Quel buio dava molto fastidio al conte ma se avesse una torcia,
poteva, letteralmente, fare luce sulla zona inesplorata. Cassandra
toccò qualcosa di legnoso.
-Qui!
Ciel, ho trovato una torcia.- Cassandra non riusciva a capire, dove
fosse il conte.
Ciel
decise che l’unica cosa che poteva fare era toccare con le
mani e sperare di prendere la torcia o almeno la spalla della ragazza.
Dopo un po’ riuscì nel suo intento, solo che: non
era la torcia, non era la spalla… ma il seno!
-Ahi!
Mi stai stringendo forte!- Cassandra si lasciò scappare un
gemito.
Ciel
avvampò di colpo (fortuna che era buio).
-Mi
scusi! Passami la torcia, maledizione!- Già incominciava a
imprecare.
Finalmente
la torcia passò nelle mani esperte del conte che, con un
acciarino per le sigarette, lo accese.
-Fortuna
che mi ero dimenticato di restituire l’acciarino a Bard.-
Disse tra sé e sé.
Ora
tutto era più chiaro. Cassandra ridacchiò un
po’ quando vide il viso di Ciel, evidentemente, il rossore
non era passato.
*Clack*
Un rumore sospetto passò per le orecchie del Phantomhive.
-Accidenti!-
Ciel si buttò addosso alla ragazza e la spinse a terra.
Qualcosa
passò sopra le loro teste, un'ascia a pendolo. Ciel si
alzò con il busto.
-Non
sei un po’ troppo piccolo per questo?- Lei sorrise maliziosa.
-Uhm…
Ehm…- Ciel era paonazzo per l’imbarazzo.
Lei
vide oltre le spalle di Ciel, quella cosa stava tornando!
-Dio
mio, Ciel!- Lei abbracciò il ragazzo e lo strinse al seno.
“Quant’è
morbido…” Pensò Ciel. La sua anima pura
stava andando a farsi benedire. La lama passò di nuovo sotto
le loro teste per poi bloccarsi definitivamente.
-Il
pericolo è passato… puoi alzarti.- La vampira
aprì le braccia per lasciar andare il bambino ma lui non si
muoveva.
Lei
si rizzò con il busto, prese Ciel per la ciotola della
camicia per osservarlo meglio: la testa era reclinata
all’indietro e soffioni boraciferi uscivano dalla testa e
dalla bocca semi aperta, il viso era di un rossore forte con gli occhi
sproporzionati con l’iride bianca.
---Si
passa al punto di vista di Dantes.---
Sebastian
stava osservando con lo sguardo interrogativo un enorme
“alone” bianco che aveva forma e dimensioni di una
bara.
-Mmm,
qui doveva esserci la bara di Dracula.- -Ma non
c’è niente, deve essere stata spostata
o… rubata.- Ipotizzai me facendo una certa cadenza
sull’ultima parola.
Noi
due eravamo in un salone pieno di bare, probabilmente occupate, di cosa
ve lo lascio immaginare.
-Sai?
Avevi ragione.- Sebastian notò una scritta sul muro, era
abbastanza chiara.
The bird of the Hermes is my name, eating my
wings to make me tame.
-L’uccello
di Hermes è il mio nome, mi hanno mangiato le mie ali per
addomesticarmi.- Tradussi a voce alta.
-Uhm…
è stato catturato.- Esclamò con sicurezza il mero
maggiordomo.
-Da
chi?- Ero piuttosto sollevato che non dovevamo affrontare un nemico
così pericoloso.
-L’organizzazione
Hellsing.- Sebastian chiuse gli occhi.
-Stai
parlando di QUELL’organizzazione?- Non
potevo crederci.
-Sì,
siamo spacciati.- Sebastian non nascose un po’ di dubbio e
paura nella voce.
-Allora
Londra è condannata?- Io avevo sentito parlare di
quell’organizzazione dell’ordine Protestante.
-Noi
non ci intrometteremo, noi apparteniamo a tutta un’altra
specie.- Sebastian, dicendo questo, mi strinse le spalle.
-Noi
siamo demoni e shinigami, le anime sono il nostro pasto, non siamo
bevitori di sangue, ragioniamo con il cervello e non con le armi,
capisci che voglio dire?- Sebastian mi rivolse uno sguardo
paterno…
-Va
bene…- Io ero quasi sul punto di piangere.
-Giuramelo…
non voglio perdere un amico.- Sebastian mi prese per il mento in modo
tale da guardarci negli occhi.
-Sei
molto gentile da considerarmi un amico, anche se sei uno schifoso
demone.- Gli occhiali miei erano appannati di lacrime.
Sebastian
sorrise gentilmente.
-Sebastian,
ho capito. Puoi smetterla di avvicinarti alle mie labbra? Sono etero,
sai?- La situazione si faceva pesante.
Il
revolver (alias Zoe) emise un suono di ricarica.
-Sono
fidanzato e poi non sei il mio tipo.- Risposi asciugandomi gli occhiali.
Sebastian
scoppiò a ridere, questo mi sorprese.
-Neanche
tu sei il mio tipo, rimaniamo amici, và.- Sebastian mi porse
la mano e subito gliela strinsi.
Ritornammo
all’esplorazione, trovammo tantissime bare che erano tutte
diverse tra loro, per dimensione, effige e avevano targhette con sopra
i nomi dei cari estinti. Solo tre non avevano niente sopra: solo legno
tarlato.
-Quelle
tre…- Indicai. –Già, è
sospetto.- Confermò Sebastian.
Con una manata, Sebastian aprì la prima bara: una donna dai capelli viola riposava all’interno.
Aprii le altre due: un uomo e un adolescente.
(Ragazze, vi prego di non sbavare, umidificherete la tastiera. Grazie.)
(Idem come sopra.)
Sebastian
avvicinò la testa per osservare meglio il viso della
ragazza, ma una stretta veloce al collo lo bloccò.
Quella
donna l’aveva afferrato per la gola e lo stringeva
forte…
-Seb…
Sebastian!- Io mi avvicinai per aiutare il demone.
La
ragazza mi rivolse uno sguardo vuoto e scagliò con violenza
il corpo del maggiordomo sulle bare dall’altra parte della
stanza.
Io
lo raggiunsi per controllare le sue condizioni: La testa era reclinata
in modo anormale, sul collo si poteva vedere le ossa fuori posto.
-Mio
dio… sei ancora vivo?- Ero spaventato dalla situazione.
Sebastian
si alzò con il collo ancora piegato da una parte, ma lui,
senza problemi, prese la propria testa e con uno schiocco ripetuto di
ossa, la rimise in posizione.
-Come
ci sei riuscito?- Ero felice che stesse bene.
-Lo hai dimenticato? Io non sono altro che un diavolo di maggiordomo!- Sorrise beffardo e si tolse il guanto con i denti.
La
vampira viola sembrò molto infastidita che il suo colpo
fosse andato a vuoto.
-Di
lei me ne occupo io. È
un fatto personale.- Sebastian era già pronto alla
battaglia, gli occhi rossi annunciavano la massima serietà.
-Ok,
io mi occupo dei due giovani!- Replicai me tirando fuori il revolver e
il machete.
Il
ragazzo dai capelli nerissimi, dalle sue braccia, fece uscire delle
catene con le punte acuminate, che sicuramente le usava come fruste.
Il
ragazzo dai capelli bianchi, invece, caricò un mitragliatore
SGM.
-Zoe,
Emma, non deludetemi!- Mi rivolsi alle mie armi.
-Conta
su di noi!- Risposero in coro le due buki.
La
battaglia stava per incominciare.
Ah, mi dispiace, ma devo fermarmi ora. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, il prossimo arriva il 12/02. A presto!