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Autore: moni93    04/02/2012    2 recensioni
“Allora, vorrà dire che ti sposo!”
“Cosa?!”
“Se ti sposo e abbiamo tanti figli, allora non sarai più solo, giusto?”
“Temo che ti dimenticherai presto di me, ma grazie.”
“No! Questa è una promessa! Il mio papà dice che bisogna sempre mantenere le promesse, perciò se lo dico, lo farò di certo!”
Cosa succede se una promessa, fatta quasi per gioco da bambini, viene mantenuta a distanza di anni?
Gilbert Nightray non si è mai preoccupato della sua vita sentimentale, ma da quando Mark, un servitore del duca Barma, si presenta al gruppo di Oz in qualità di informatore, il giovane dovrà iniziare a pensarci seriamente.
Se siete curiosi di scoprire l'identità della misteriosa ragazza che stregherà il cuore dell'impassibile Nightray e se volete leggere le disavventure amorose dei due giovani, questa storia fa per voi!
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gilbert Nightray, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Barma's Chronicles'
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RETRACE I – YOU CAN’T JUDGE A BOOK BY ITS COVER

 

Il giovane sbadigliò nuovamente, si sgranò gli occhi e cercò di cacciare il sonno con un sorso di tè. Inutile, dopo una nottataccia trascorsa insonne, non poteva sperare di riprendersi bevendo semplicemente una tazza di quel liquido dolciastro.

‘Per questo hanno inventato il caffè. ‘ si rispose da sé, nella sua mente ‘Tutta colpa di quello stupido duca! Come l’aveva chiamato Break? Ah già, ahoge*, termine più che appropriato.’

«Gil, che hai? Mi sembri pallido.»

La voce di Oz, il suo amato padrone, lo fece piombare nuovamente alla realtà.

Si trovava in una delle lussuose stanze di villa Rainsworth che, a questo punto, poteva considerare come una seconda casa. Sia lui, Gilbert Nightray, che il suo padrone Oz Vessalius e la Chain di quest’ultimo, Alice B-Rabbit, passavano le loro giornate in quella casa da parecchi mesi ormai.  Iniziava a credere che la magione non fosse mai stata così piena di rappresentanti delle altre famiglie ducali. A Sharon, però, sembrava che la cosa non pesasse, anzi, era felice di avere finalmente un po’ di compagnia. Anche Oz sembrava aver accettato di buon grado questa strana convivenza, perciò Gilbert si era integrato a sua volta, per non deludere le sue aspettative. Dopo tutto quello che gli era capitato, il moro non poteva certo lamentarsi della sua nuova residenza, anche perché, finché il giovane Vessalius fosse stato al suo fianco, a lui non sarebbe importato di nient’altro.

«No, non è nulla. È solo che non ho dormito molto bene stanotte.» ammise infine, notando l’espressione preoccupata del padroncino, che però si rasserenò subito dopo aver udito quelle parole.

«Testa d’alga non ha chiuso occhio?» Alice, cordiale come sempre, lo canzonò con il tono irriverente che la caratterizzava.

«Gilbert, alla tua età hai ancora gli incubi?» aggiunse prontamente Break.

«Persino nei suoi sogni è inutile.» concluse con voce acuta Emily, la bambola che poggiava sulla sua spalla sinistra.

Come se Break, già di per sé, non fosse sufficientemente insopportabile. In ogni caso, Gilbert preferì sorvolare sul fatto che nessuno fosse realmente preoccupato per lui e continuò a conversare con Oz.

«Non ho avuto un incubo, però sono certo di aver sognato qualcosa, anche se non riesco a ricordare cosa.»

«Non ti crucciare, era soltanto un sogno, non era importante, evidentemente.»

«Hai ragione.» ammise più sereno Gilbert, anche se, in realtà, non era per niente convinto.

Quello che aveva visto la scorsa notte, con l’occhio della mente, era dannatamente importante ed il fatto che non riuscisse a ricordarselo lo faceva impazzire.

«Probabilmente avrai ripensato a quanto accaduto ieri.» suggerì Sharon, mentre sorseggiava dell’altro tè.

«Già, vedere quello stupido duca sconvolgerebbe chiunque.» disse in tono acido l’albino.

«Via, via, Break! Non essere così duro con lui. In fondo, ci ha fornito delle preziose informazioni.» lo riprese con dolcezza la sua “sorellina”.

«Rosicate fino all’osso, come suo solito.» borbottò imperterrito.

«E poi oggi incontreremo un suo informatore!» aggiunse allegramente Oz.

«Informatore? Oggi?» ripeté confuso il giovane Nightray.

«Ah già, tu non c’eri quando Sharon-chan ce l’ha detto.» lo informò il biondo «Oggi il duca Barma manderà qui un suo informatore. Ha detto che lo fa per scusarsi del suo comportamento indelicato di ieri sera.»

«Diciamo più che altro che Cheryl-sama l’ha minacciato di morte se non l’avesse fatto.» disse con un ghigno Break, divertito come non mai all’idea di vedere il suo “caro amico” supplicare pietà ad una vecchietta, mentre quest’ultima lo malmenava con un ventaglio.

«E quando arriverà?» chiese Gilbert.

«Dovrebbe arrivare a momenti, perciò vedi di riprenderti alla svelta Gilbert-kun o non riuscirai a capire nemmeno una parola di quello che ci dirà.» aggiunse con un sorriso affabile Sharon.

«Che tipo è?» Alice non aveva saputo resistere alla curiosità «Sharon-oneesan?» aggiunse poi, notando lo sguardo bieco della giovane.

«Non ne ho idea, la nonna mi ha solo detto che è una persona di cui il duca si fida ciecamente.»

«Sentito, Reim? Sei stato surclassato, di nuovo.» fece Break all’amico, che stava lavorando ad un tavolo poco distante da loro.

«Xerxes, hai il coraggio di prendermi in giro anche quando sto lavorando per te?»

«Gli esseri inutili non dovrebbero lamentarsi!»

«Suvvia, Emily! Non bisogna essere così diretti, altrimenti qualcuno potrebbe offendersi.»

«Io mi sento offeso e guarda che lo so che sei tu a far parlare quella maledetta bambola, perciò se hai qualcosa da dirmi, dimmelo in faccia!»

«D’accordo: sei inutile, perciò non lamentarti!»

Superfluo dire che Break si diede alla fuga, ridendo come un pazzo e con alle calcagna il servo del duca. Gilbert si rifiutò di seguire quella scenetta, che ormai conosceva a memoria.

‘Anche oggi, non succederà nulla di nuovo.’ si limitò a pensare.

Non immaginava minimamente che, invece, quel giorno la sua vita sarebbe stata sconvolta. Il destino, alle volte, crede che sia davvero divertente mostrare agli umani quanto essi si sbaglino.

 

Aspettavano tutti nel salotto dedito agli incontri da più di mezz’ora.  Sebbene alcuni, come Reim che continuava a strofinarsi gli occhiali puliti, mostrassero evidenti segni di impazienza, la maggior parte sembrava non curarsene affatto.

Poi, all’improvviso, la porta si aprì con un sonoro botto e una figura incappucciata fece il suo ingresso. Nonostante il primo impulso dei presenti fu quello di pensare ad un Baskerville, tutti esclusero tale ipotesi per due motivi: il mantello indossato da quel figuro non era cremisi, bensì bianco come la neve e, inoltre, tale individuo non si fece attendere molto a parlare e a cancellare anche gli ultimi rimasugli di dubbi.

«Signore grazie, ce l’ho fatta! Iniziavo a temere che sarei arrivato in ritardo!» gemette, mentre tentava di riprendere fiato.  Era evidente che aveva corso da parecchio.

«Lei è in ritardo, signore. La stiamo aspettando da più di mezz’ora.» disse in tono tutt’altro che cordiale Break.

«Come? Impossibile! Il suo orologio dev’essere rotto, perché il mio segna... oh no! Si è fermato di nuovo!» fece lo strano personaggio, osservando un malandato orologio argenteo e aggiungendo poi un sentito «Mi dispiace.»

Sharon parve non badarci.

«Suvvia, non è successo nulla, l’importante è che lei ora sia qui... signor?»

L’altro parve ridestarsi: era di fronte ad una nobile e, quindi, doveva mostrargli il dovuto rispetto.

«Le mie più sentite scuse, un simile comportamento non si ripeterà mai più.» detto ciò, si levò il cappuccio e svelò il suo viso. Era un giovane di non più di vent’anni, con capelli corti e spettinati color della notte. Ciò che colpiva di più erano i suoi lineamenti, delicati e fini, quasi femminei, e gli occhi, due perle blu come la superficie cristallina del mare o come il cielo plumbeo d’estate.  Aveva la pelle diafana, di una tonalità più pura del suo mantello e che, in tal modo, lo faceva sembrare fragile e malaticcio. Tuttavia, ora le sue gote erano rosse per la vergogna e in quel frangente gli donarono un’incredibile vivacità.

«Io sono solo un umile servo del duca Barma, tuttavia, se vuole un nome con cui chiamarmi, mi presento: sono Mark.» dopo il primo momento d’impaccio, il ragazzo aveva mostrato una grande sicurezza.

«Bene, Mark, piacere di conoscerti. Io sono la nipote della duchessa Cheryl, Sharon. Mentre quelli che vedi sono Xerxes Break, Oz Vessalius, Alice e Gilbert Nightray, mentre Reim credo che tu lo conosca già.»

Mark salutò con un cenno del capo tutti. Aveva osservato uno ad uno gli astanti, a mano a mano che gli venivano presentati dalla giovane, ma quando arrivò il turno di Gilbert voltò il capo da un’altra parte.

‘Sembra parecchio a disagio, chissà perché.’ si chiese il Nightray ‘Forse non aveva mai visto tanti nobili in una volta sola.’

Non appena Mark udì il nome di Reim, volse lo sguardo verso di lui e lo salutò con occhi gelidi.

«Ciao Reim.»

«Ciao So... Mark.» si corresse subito.

L’informatore guardò il soffito con aria afflitta, come se temesse che Reim potesse dire o fare qualche sciocchezza.

«Se abbiamo finito di fare salotto, direi che ora è il momento di vuotare il sacco: cosa sei venuto a dirci? Spero qualcosa d’importante.» tagliò corto Break.

Mark parve confuso.

«Veramente, siete voi quelli che dovrebbero parlare.»

Tutti strabuzzarono gli occhi.

«Come?!» chiese stupito Break «Non sei venuto fin qui per darci delle informazioni riguardanti la Tragedia di Sablier?»

«Io sono un informatore, come ho già detto: dò informazioni, ma solo se so cosa devo cercare.»

«Vorresti dirci che non sai nulla?» fece Oz.

«Per ora, no. Ma se mi dite quello che cercate, posso aiutarvi.» disse sicuro.

«Quel maledetto duca, non solo non ci dice niente, ma ci spedisce pure un inutile moccioso! La prossima volta che lo vedo lo ammazzo!» proruppe Break, senza preoccuparsi minimamente di trattenersi.

«Non le permetto di parlare del duca a quel modo!» ringhiò Mark.

«Oh, altrimenti cosa mi fai?» lo sfidò Break.

La situazione sembrava sul punto di degenerare, fortunatamente Reim stupì tutti parlando.

«Xerxes, non è come credi! Questo è il miglior servitore del duca, quando vuole sapere qualcosa, lo manda ad investigare e torna sempre con quello che cercava.»

Break parve stupito da quella rivelazione.

«Vuoi darmi a bere, che questo bamboccio è così bravo?»

«Non te lo voglio dare a bere, è un dato di fatto. Io stesso lo conosco molto bene e nutro piena fiducia nei suoi riguardi.»

Gli astanti erano rimasti increduli: Reim non era tipo da elogiare chiunque, perciò se diceva che Mark era il migliore, doveva esserlo per forza.

«Grazie, Reim. Finalmente qualcuno che mi apprezza.» fece con un sorriso il giovane.

Il servo di casa Barma arrossì visibilmente.

«Non ho detto nulla di ché.» bofonchiò.

«Bene! In tal caso, possiamo chiedergli qualsiasi cosa, giusto?» disse allegramente Oz.

«Sono qui apposta.» rispose Mark.

«Quindi, puoi svelarci cosa accadde cento anni fa?» chiese speranzoso.

Silenzio.

«No.»

Sebbene tutti si aspettassero una risposta simile, rimasero visibilmente delusi.

«Però, posso darvi informazioni riguardo i Baskerville.»

«Tu sai dove si trovano?» fece stupito Gilbert.

«No, ma posso scoprirlo.» rispose Mark, senza guardare il moro negli occhi.

«Quanto tempo ci vorrà?»

«Con precisione non posso saperlo, Sharon-sama.»

«Pensi di farcela in un mese?» s’informò Break.

Mark l’osservò con sguardo di sfida.

«Per chi mi ha preso? Datemi una settimana e vi saprò dire anche il loro colore preferito!» rispose sicuro.

 

Passarono cinque giorni, poi Reim comparve nella stanza dove si trovavano tutti, urlando di gioia: «È tornato, è tornato!».

Inizialmente nessuno capì.

«Chi è tornato?» chiese Oz.

«Mark è tornato!»

«Detto così, sembra quasi che tu fossi convinto che non sarei tornato affatto.»

La voce proveniva dalle spalle di Reim. Poggiato alla porta, c’era l’informatore, che osservava tutti con aria parecchio stanca.

«Come stai? Non sei ferito, vero?» chiese prontamente il servo di casa Barma, dopo essersi ripreso dal mezzo infarto, causato dal ritrovarsi il ragazzo alle spalle.

«Sì, Reim, sto bene. Non c’è bisogno di andare in crisi ogni volta che torno da un lavoro.» lo riprese con un mezzo sorriso.

«Com’è andata?» chiese Sharon per tutti.

«Beh, è stata una faticaccia, ma ne è valsa la pena. Ho incontrato di persona uno dei Baskerville.»

«E dove?»

«Nella capitale, a Leveille... e no Reim, non mi ha fatto nulla, altrimenti non sarei qui a raccontarlo!»

Reim tirò un sospiro di sollievo. Evidentemente, teneva molto a quel giovane.

«Come stavo dicendo, l’ho incontrato l’altro ieri, dopo tre giorni di ricerche, valse quasi a nulla. Una tizia dai capelli lunghi e con vestiti parecchio agghindati, mi ha gentilmente chiesto di smetterla di ficcare il naso dove non dovevo.»

«Lotti.» disse Oz con sguardo cupo, rimembrando la prima volta che aveva incontrato la ragazza.

«E tu che hai fatto?» chiese Sharon.

«Ovvio, l’unica cosa che una persona sana di mente avrebbe fatto!» fece sicuro.

«L’hai seguita…» disse mestamente Reim.

«Certo che l’ho seguita, che dovevo fare? Invitarla a un tè?»

«Dimmi almeno che non sei andato da solo.»

«Ehm, io posso anche dirtelo, ma non corrisponderebbe a verità.» rispose con aria innocente Mark «Comunque sia, l’inseguimento non è durato a lungo. Una volta giunta al limitare del bosco, si è incontrata con un tizio.»

«Quale tizio?» volle sapere Break.

«Se lo sapessi, non lo chiamerei tizio, lei che dice? In ogni caso.» proseguì, per evitarsi una ramanzina da parte dell’albino «Ho sentito chiaramente quello che si dicevano: stanno cercando qualcosa e di molto prezioso anche.»

«Spiegati meglio.» intervenne Oz.

«Non so bene neanch’io, hanno parlato in modo strano. Dicevano che non c’era tempo da perdere, che dovevano ritrovare al più presto ciò che cercavano, in modo tale da poter ricongiungersi con Glen Baskerville.»

«Capisco.» si limitò a dire Break.

«Ma non temete, non mi arrendo. Ho sentito che la ragazza si fermerà a Leveille per altri tre giorni. Perciò io...»

«Vuoi seguirla di nuovo? Da solo?!» chiese Reim, anche se sembrava più un rimprovero.

«Beh, ho alternative?»

«Perché parli così, Reim? Non è mica una ragazzina che necessita di scorta.» fece con un ghigno Break.

«Non immagini quanto tu abbia ragione...» bisbigliò Reim.

«Come?»

«Ho detto che per lo meno qualcuno dovrebbe accompagnarlo! Insomma, si tratta pur sempre dei Baskerville. E se fosse una trappola?»

«Ma non dicevi che era il miglior informatore al mondo?»

«QUALCUNO LO ACCOMPAGNI, PER L’AMOR DEL CIELO!!!» gridò esasperato Reim.

Tutti lo fissarono allibiti. Anche il servo di casa Barma parve stupito di sé. Tossì un paio di volte e, rosso in viso come non mai, iniziò a strofinarsi gli occhiali.

«Ehm, cioè, lui è molto prezioso per il duca e se gli dovesse accadere qualcosa io...»

«D’accordo ho capito. Gil-kun, ci pensi tu?» chiese con aria distratta Break.

«Cosa?! Perché io?»

«Cosa?! Perché lui?»

A strillare furono Gilbert e Mark.

«Perché, hai qualcosa contro di me?» chiese il Nightray all’informatore.

«No, no, ci mancherebbe...» rispose l’altro abbassando lo sguardo.

«Allora è deciso! Gilbert accompagnerà Mark a Leveille domani, nessuna obbiezione?» chiese Sharon.

Nessuno obbiettò, ma Mark, prima di lasciare la stanza, lanciò uno sguardo omicida al povero Reim. Sembrava voler dire: «Tu me la pagherai cara, ma non immagini quanto!».

 

Il mattino seguente, Gilbert si trovava davanti alla carrozza che, di lì a poco, l’avrebbe condotto alla capitale insieme a Mark. Anzi, ad essere sinceri, sarebbero dovuti essere già partiti, ma il giovane ancora non si vedeva.

‘La puntualità pare non essere uno dei suo pregi.’ mentre Gilbert pensava ciò, dalla villa giunse trafelato il ritardatario.

«Eccomi, eccomi, scusa il ritardo!» s’affettò a dire.

«Un informatore dovrebbe essere sempre puntuale.» lo riprese Gilbert.

«Ehi, tu avrai anche solo due peli in testa, ma io ho dei capelli da sistemare!»

«Ma se ce li hai quasi più corti dei miei!»

Mark rimase con la bocca aperta, incapace di parlare. Si diede una manata in fronte e brontolò: «Sì, sì, hai ragione tu, contento?!» detto ciò salì in carrozza.

Il viaggio iniziò nel silenzio più opprimente e l’atmosfera non fece che peggiorare. Fin da subito, infatti, Mark osservava di sottecchi Gilbert e ogni tanto sembrava sul punto di proferire parola, ma poi scuoteva la testa e osservava il paesaggio al di là del finestrino. All’improvviso il cocchiere frenò, a causa di un cane che aveva attraversato la strada senza alcun preavviso, e ciò fece piombare Mark in braccio a Gilbert, che si trovava seduto di fronte a lui.

«Ahia, tutto a posto?» chiese il Nightray.

«Sì, dovrei avere ancora tutte le ossa al loro posto...» accompagnò le parole alzando la testa e si ritrovò così il viso a pochi centimetri da quello del moro.

«AAAHHH! Scusami, scusami, scusami!!» strillò, lanciandosi indietro e tornando seduto al proprio posto.

Gilbert l’osservò allibito: ma che diamine gli era preso?

Per tutto il resto del viaggio, Mark non proferì parola, cosa che al Nightray non diede alcun fastidio: non sapeva nulla di lui e non aveva certo intenzione di approfondire la conoscenza.

Nel corso della giornata fecero altro, trovarono una locanda e poi decisero di separarsi per parecchie ore, in quanto Mark diceva di avere alcune cose da fare che non richiedevano la presenza dell’altro. Gilbert avrebbe anche lasciato correre, ma poi si ricordò del suo povero amico e preferì assicurarsi che Mark non agisse da incosciente.

«Dove vai?» s’informò.

«Preoccupato?»

«Sì, ma non per te.»

«Oh, cielo! Non dirmi che lo fai solo perché te l’ha chiesto Reim.»

«Certo che sì. Si dà il caso, infatti, che Reim sia un mio caro amico.»

Mark parve stupito, ma anche felice nell’udire quelle parole.

«Davvero? Reim non me l’aveva detto.»

«Siete amici anche voi?»

Mark ridacchiò e poi fece spallucce.

«Mah, chi lo sa? Almeno, io lo considero come un caro amico, ma credo che lui mi veda solo come lo strumento prezioso del duca Barma, che va difeso ad ogni costo.»

«Reim non è il tipo da pensare certe cose. L’ho visto bene a villa Rainsworth, ed era sinceramente preoccupato per te.»

Mark lo fissò con i suoi penetranti occhi blu.

«Lo credi sul serio?» chiese titubante.

«Assolutamente.» non capiva bene perché, ma Gilbert si sentiva in dovere di dire ciò, di far capire a Mark che Reim gli voleva bene e che non doveva dubitarne. Forse il motivo era che egli stesso faticava ad esprimere i suoi veri sentimenti, esattamente come il servo di casa Barma, e perciò sperava almeno di poter essere d’aiuto all’amico parlando in sua vece.

«Grazie.» gli rispose con un sorriso il giovane.

«Prego.» il Nightray era arrossito, anche se non sapeva spiegarsene il motivo.

‘Assomiglia troppo ad una donna, tutto qui. Io sono un disastro con le ragazze, ecco tutto.’ concluse mentalmente, cercando di calmarsi.

«Vado in biblioteca a cercare altre informazioni.»

«In biblioteca? Noi attendiamo informazioni sui Baskerville e tu le vai a cercare in biblioteca?»

«Ti stupiresti di ciò che puoi trovarci, se solo conoscessi i luoghi giusti in cui cercare.» rispose Mark, alzando la cappuccia e celando gli occhi «Non aspettarmi sveglio.»

Detto ciò, sparì al di là della porta della loro stanza.

 

«Appena finito di fare colazione, ci mettiamo alla ricerca di Lotti.»

Gilbert e Mark stavano mangiando l’uno di fronte all’altro, senza parlare, come al solito. L’informatore, infatti, non era mai propenso ad avviare una conversazione, perciò anche stavolta fu il Nightray a spezzare il silenzio. Si aspettava un semplice assenso del capo da parte dell’altro, invece quello scosse visibilmente la testa.

«No, stamattina non ci muoviamo.»

Per poco Gilbert si strozzò con il caffè che stava sorseggiando.

«Come?! E perché?»

«Hai mai visto qualcuno spiare altri in pieno giorno? E per di più non si tratta di una persona qualunque, ma di un Baskerville. Sai qual è la loro abilità peculiare?» non attese una risposta «Il sapersi celare nell’ombra e attaccare il nemico quando meno se l’aspetta. Se agiamo ora, alla luce del sole, la faremmo solo scappare o, peggio, potrebbe decidere di attaccarci. E noi non siamo qui per attaccar briga.»

Gilbert avrebbe voluto ribattere, a causa del tono presuntuoso dell’altro, ma non lo fece, poiché quello che diceva aveva un senso. Mark era una spia specializzata nel raccogliere informazioni, era ovvio che conoscesse trucchi che lui non poteva nemmeno immaginare. Anche se, fino a lì, ci sarebbe potuto arrivare anche da solo.

«In tal caso, che facciamo fino al tramonto?»

«Non lo so. Facciamo un giro per il mercato?»

Di nuovo, Gilbert tossì per mandare giù il caffè che gli si era impigliato in gola.

«Ma stai bene?» domandò Mark, leggermente preoccupato.

«Cos’è che vuoi fare?» disse Gilbert, senza badare alla domanda dell’altro.

«Ho detto che potremmo andare al mercato, se ti va. Perché, non ti piace?»

«Non è quello, ma… non dovremmo fare altro, nel frattempo?»

«E cosa?»

«Non ne ho idea, sei tu la spia!»

Mark rise di gusto.

«Mamma mia, quante speranze che nutri nei miei confronti! Comunque, rilassati. Ho già pensato a tutto io ieri.»

Gilbert si ricordò di non averlo visto rincasare durante la notte, e solo allora si accorse delle pesanti occhiaie che marcavano il suo bel viso.

«Sicuro di non volerti riposare?» chiese preoccupato.

Mark sgranò gli occhi, poi ridacchiò nuovamente.

«Cosa? Che ho detto?»

«Niente, niente, è solo che non sei cambiato per nulla: ti preoccupi ancora più degli altri che per te stesso!»

«Che intendi con “non sei cambiato”? Noi non ci siamo mai visti prima d’ora.»

«Oh, sì certo. Volevo dire che le informazioni che ho su di te sono le stesse di dieci anni fa.»

«Capisco, hai raccolto informazioni anche su di me?»

«Senti, che ne dici se continuiamo fuori? Non sei mai stato al mercato, vero?»

«No.» ammise Gilbert.

«Bene, in tal caso sarà un’esperienza molto istruttiva. Andiamo?»

 

«Che c’è Gilbert, sei stanco?»

Il giovane Nightray sembrava esausto, tant’è che si era seduto non appena aveva visto una panchina libera.

«No, assolutamente.» gli rispose «Solo che dopo tre ore di camminata, i miei piedi invocano pietà.»

«Oh, camminiamo già da così tanto? Non me ne n’ero accorto.» fece sorpreso l’altro, sedendosi anche lui, il più distante possibile dal Nightray.

«Guarda che non ho mica la lebbra.»

«Come?»

«Perché ti metti sempre agli antipodi rispetto a dove mi trovo io?»

«Io non faccio così!»

«Sì che lo fai!»

«Oh, va bene!» urlò scocciato Mark e, con altrettanta furia, si spostò fino a toccare la spalla destra di Gilbert «Soddisfatto adesso?»

«Non volevo dire che dovevi appiccicarti a me!»

«Allora deciditi! O mi vuoi vicino o lontano!»

I due si fissarono in cagnesco per qualche secondo, poi avvenne l’impensabile. Mentre Gilbert sembrava pronto a litigare, Mark scoppiò in una fragorosa risata e, cosa ancora più strana, anche l’altro giovane si lasciò presto contagiare.

«Perché ridi?» riuscì a chiedere Gilbert, una volta che si fu ripreso.

«E tu?» fece lui di rimando.

«Ah, sei fuori.» si limitò a rispondere.

Era incredibile, eppure il Nightray si trovava perfettamente a suo agio. Gli sembrava inoltre di aver già incontrato da qualche parte quello strano tipo.

‘Ma questo.’ pensò È impossibile.’

«Che c’è?» chiese il moro, interrompendo il filo dei suoi pensieri «Ti stai annoiato, forse?» nel pronunciare quelle parole, i suoi occhi mostrarono una seria preoccupazione.

«No, anzi, era da molto che non mi divertivo così.» ammise.

«Davvero? Che bello!» si lasciò scappare l’altro.

«Perché sei così contento?»

«Oh, niente di speciale. Anch’io non mi sentivo così da parecchio.»

«Da quanto fai l’informatore?»

Mark parve stupito da quella domanda.

«T’interessa, veramente?»

«Sì.» rispose semplicemente Gilbert, anche se persino lui parve allibito da quella sua affermazione.

Che gli prendeva? Perché voleva conoscerlo meglio?

«Fin da piccolo, sono stato abituato a questo genere di vita. Devi sapere che la mia famiglia vive di questo genere di cose da generazioni. Il figlio maschio ha da sempre questo compito.» nel pronunciare quelle parole abbassò lo sguardo.

Tristezza?

No, non era quello che sembrava provare.

Rimpianto?

Nemmeno.

Gilbert credeva di conoscere molto bene quella sensazione e solo dopo che Mark si fu alzato ed ebbe detto: «Adesso è ora di andare» si rese conto di cos’era.

Mark si sentiva maledettamente solo.

 

Il sole salutò il cielo, che dimostrò il suo dispiacere nel vederlo scomparire tingendosi di caldi rossi e rosa opachi. Fino ad ora Gilbert aveva pensato di trovarsi in gita di piacere con un amico, ma, non appena calarono le tenebre si ricredette.

Mark, che nel frattempo aveva cambiato il suo mantello con un altro che gli permettesse di celarsi più facilmente nell’ombra, aveva uno sguardo diverso: sembrava dannatamente concentrato e determinato. Vagavano da parecchio ormai per le tetre e desolate vie della città, che fino a poche ore addietro erano colme di vita e passanti. Non si udiva nulla, il borgo sembrava pietrificato per effetto di un incantesimo di un potente mago. L’unico suono che si udiva, oltre a quello dei loro passi e di qualche cane randagio che ululava alla luna ormai prossima, era quello di un possente battito d’ali.

‘Piccioni, forse.’ pensò Gilbert, ma quel rumore era diverso da quello che producevano solitamente quelle odiose creature. Ad un tratto, entrambi udirono una voce.

«Cercate qualcosa, ragazzi?»

Si voltarono all’unisono in direzione della fonte di quel suono e vi scorsero Lotti.

«Che piacere rivederti, Gilbert Nightray. Non dovresti essere al fianco del tuo padrone, come ogni bravo cagnolino?» lo stuzzicò, poi si rivolse a Mark «E tu, non ti avevo chiesto cortesemente di smetterla di seguirmi?»

«Oh, volevi che non ti seguissi? Perdonami, devo aver frainteso, perché dai tuoi movimenti goffi e impacciati, credevo che mi avessi invitato a farlo.»

Se l’intento di Mark era quello di far infuriare Lotti, ci stava riuscendo alla perfezione.

«Peccato, avrei voluto lasciarti andare indenne, ma pare che prima ti debba insegnare qual è il tuo posto.» accompagnò le sue minacce con un gesto ampio e teatrale del braccio destro, poi invocò il nome del suo Chain «Leon, insegna a questo stolto come ci si rivolge ad una signora!»

Sia Mark che Gilbert riuscirono a schivare per un soffio l’assalto del leone.

«Signora? Perché tu ne vedi una in giro?» chiese divertito l’informatore.

«Leon, staccagli quanto meno un braccio!»

«La vuoi piantare di provocarla?» fece seccato ed allarmato Gilbert, mentre tentava invano di colpire il Chain con i proiettili della sua pistola.

«Tu, piuttosto, invece di criticare, prova ad abbatterlo! Non sei qui per difendermi?»

«La fai facile tu! Non riesco a prendere la mira, è troppo veloce!» rispose lui, mandando a vuoto un altro colpo.

Fino ad ora i due giovani si erano limitati a schivare gli affondi dell’enorme creatura, ma non potevano certo andare avanti così all’infinito.

«Ora basta, mi sono stufata, Leon smettila di giocare e finiscili!» ordinò la Baskerville.

Il Chain fino a quel momento si era concentrato su Mark, ma non appena notò che Gilbert era occupato a ricaricare la pistola, cambiò direzione e con un balzo si apprestò a sferrare una zampata al ragazzo.

‘Maledizione, è troppo vicino! Non ce la farò a schivarlo!’ riuscì appena a pensare il Nightray, mentre tentava inutilmente di parare il colpo proteggendosi con le braccia.

Tuttavia, gli artigli del leone non riuscirono a raggiungerlo, perché qualcuno si era frapposto tra i due. Mark era corso immediatamente in direzione di Gilbert e, dato che non ebbe il tempo di pensare ad altro, decise di spingere da parte il giovane e, così facendo, si ritrovò sulla traiettoria del Chain. Il Nightray vide il leone colpire al braccio sinistro il ragazzo, che cadde all’indietro a causa della forza d’urto. Subito Gilbert corse verso di lui, dimenticandosi completamente del Chain.

«Ehi! Stai bene? Ma che diavolo ti è saltato in mente?!»

L’altro si limitò a biascicare poche parole strozzate.

«Non... urlare... mi spacchi i timpani...»

Gli occhi di Mark, dapprima serrati per l’acuta fitta all’arto, si puntarono su quelli del Chain, che li osservava, pronto a dargli il colpo di grazia. Stava giusto apprestandosi a lanciarsi sui due, quando la ragazza parlò.

«Leon, basta così.» disse, lasciando di stucco gli astanti «Non mi diverto più.»

Puntò le iridi rosa su Mark e Gilbert e poi si voltò e sparì, inghiottita dalle tenebre.

Mentre si allontanava, pensò che anche lei si sarebbe fatta volentieri uccidere, pur di proteggere il nobile Glen.

«Quanto sono stupida!» disse tra i denti.

 

Gilbert stava attendendo seduto da quasi un’ora oramai e, dato che non poteva scaricare la tensione fumando, continuava a battere ritmicamente il piede a terra.

Dopo che Lotti se n’era andata, aveva portato Mark all’ospedale più vicino e anche quello non era stato per niente facile. Sebbene il ragazzo perdesse sangue copiosamente e la ferita fosse parecchio profonda, si era rifiutato di farsi portare in spalle. Inizialmente Gilbert aveva accettato, più che altro perché non c’era tempo da perdere, ma non appena Mark fece i primi traballanti passi cadde rovinosamente sulle ginocchia. A quel punto non aveva più opposto resistenza, non tanto perché si fosse arreso, anzi, aveva continuato a brontolare per tutto il tempo, ma almeno non aveva più la forza per ribellarsi.

Quando la porta si aprì, il medico osservò il giovane con aria greve.

«Ha perso parecchio sangue, ma fortunatamente non è in pericolo di vita. Ora, però, ha assoluto bisogno di riposo. Credi di riuscire a tenerlo fermo per un po’?»

«Farò del mio meglio.»

«Bene, un’altra cosa: che diamine ha combinato stavolta?»

È vero che Gilbert aveva portato Mark in un ospedale, ma non si era recato in quello della città. Oltre alle varie imprecazioni, il moro aveva pregato il Nightray di portarlo da un medico suo amico, che si occupava sempre di lui e che, soprattutto, sapeva tenere la bocca chiusa.

La cosa che sorprese Gilbert, una volta giunto nel luogo indicato, fu l’aspetto diroccato del cosiddetto ”ospedale”. L’edificio, che probabilmente un tempo era stato adibito alla cura dei malati, era vecchio e pericolante e, perciò, il ragazzo aveva creduto di aver sbagliato strada, ma Mark aveva scosso la testa.  Il posto era giusto.

La seconda cosa che lo lasciò a bocca aperta fu l’aspetto del medico: una bellissima fanciulla con fili d’oro per capelli e penetranti occhi grigio-azzurri. Gilbert aveva subito pensato che fosse identica alle principesse delle favole, tuttavia, tale idea si frantumò in mille pezzi non appena parlò.

«CHE DIAVOLO È SUCCESSO?! PERCHÉ SEI RICOPERTA DI SANGUE? E TU, CHI DIAVOLO SEI?»

Non si era minimamente preoccupata di presentarsi o di parlare a voce bassa e Mark fu felice di farglielo notare.

«Smettila di urlare, Cassidy, e aiutami piuttosto…»

«Tu dovresti solo tacere! Arrivi sempre qui in fin di vita e io devo sistematicamente ricucirti senza fare domande! Ma per chi diamine mi hai presa, per la tua serva?!» sembrava che la sua voce non ne volesse sapere di abbassarsi, ma dopo poco notò che Mark non riusciva nemmeno più a ribattere, così si decise a curarlo. Lo fece poggiare su di un lettino e poi, dopo aver malamente spinto fuori Gilbert dalla stanza, gli sbattè la porta in faccia. Da allora il ragazzo se ne era stato seduto su di una panca in attesa e senza fumare, poiché, sebbene l’esterno non preannunciasse nulla di buono, l’interno dell’edificio era estremamente pulito e curato. Infatti, come ogni degno edificio dedito alla cura dei malati, c’era un cartello che avvisava i gentili clienti a non fumare. Pena, la morte.

Fu così che Gilbert si ritrovò, diversi minuti dopo, a parlare con quella pazza, che ora sembrava essersi calmata.

«Ehm, ecco noi...» tentò di rispondere, senza essere troppo sicuro di cosa effettivamente rivelare.

«Gilbert, non sei tenuto a dirle niente!» urlò dall’interno Mark, venendo così in suo soccorso, almeno ipoteticamente.

«TU CHIUDI IL BECCO E RIPOSA!» sbraitò Cassidy, voltandosi verso la porta della stanza.

«Ma non ho sonnooo!» si brontolò, parlando come un bambino.

«E sua grazia che vorrebbe PER CHIUDERE QUELLA SUA BOCCACCIA?!»

«Se mi mandi qui Gilbert e non ci scocci più, prometto di dormire... fra poco.»

Il Nightray si aspettava un nuovo scoppio d’ira da parte di Cassidy, ma lei si limitò a scuotere la testa e a sospirare.

«E va bene, niente domande. Tanto non mi dici mai niente, giusto?» sembrava parlasse più a se stessa che a Mark, poi si voltò verso Gilbert «Fallo dormire e assicurati che lo faccia per davvero. Se sente dolore, chiamami.» detto ciò si fece da parte e, una volta che il ragazzo fu entrato, chiuse la porta alle sue spalle, senza sbatterla, stavolta.

Mark si trovava supino sul letto e osservava Gilbert con una faccia a metà tra il divertito e l’annoiato.

«Beh, che hai da guardare? Ho qualcosa sulla faccia?»

Gilbert scosse il capo e si sedette su di una sedia, posta sul lato sinistro del letto.

«Tu non sei normale. Prima rischi la vita come un incosciente e poi te la ridi.»

«Non ho rischiato la mia vita per nulla: ho evitato che fossi tu quello che si sarebbe ritrovato con sei punti al braccio.»

«È proprio questo il punto, invece! Perché diavolo lo hai fatto?»

«Te l’ho detto, non volevo che ti conciassi così male. Tanto io ci sono abituato.»

«Ma perché?» Gilbert sembrava non essere più in grado di chiedere altro. Non capiva perché un estraneo si fosse gettato tra le braccia della morte per salvare lui.

«Senti, se per strada vedessi un bambino che sta per essere investito da una carrozza, tu che faresti?»

«Che domande, gli griderei di fare attenzione e, se fossi abbastanza vicino, lo afferrerei.» rispose sicuro il moro.

«Bene, è la stessa cosa che ho fatto io, solo che la mia mente non mi ha suggerito nulla di meglio che gettarti lontano dal pericolo. Inoltre.» proseguì Mark, dato che il Nightray stava nuovamente per interromperlo «Non devi cercare un motivo preciso in ogni cosa. Ciò che vuoi sapere equivale, per me, al perché gli alberi continuano incessantemente a donarci boccioli in primavera e frutta durante l’estate. Potresti anche chiedermi perché la gelida neve invernale si scioglie di fronte alla potenza del sole. Io ho semplicemente fatto come i fiori e la neve: non mi sono chiesto perché dovessi salvarti, io mi sono limitato ad obbedire ad una forza più grande di me.»

Gilbert era rimasto strabiliato. Non credeva che Mark potesse parlare in modo così poetico. Era rimasto talmente incantato dalle sue metafore, che si era quasi scordato il motivo per cui si trovava lì. Tuttavia, non appena vide il giovane compagno sgranarsi gli occhi con la mano sana, la realtà gli ripiombò addosso come una cascata d’acqua gelida.

«Ah, Cassidy!» si lasciò sfuggire di bocca.

«Cosa? Dove? Dove?!» chiese preoccupato Mark.

«No, intendevo dire che Cassidy mi aveva chiesto di assicurarmi che tu dormissi.»

Il ragazzo fece una smorfia.

«Bleah, non ne ho voglia.»

«Ah, no?» fece Gilbert «In tal caso è meglio che dica a Cassidy che il paziente si rifiuta di ubbidire agli ordini categorici del medico.»

«Non oseresti...» il tono voleva sembrare minaccioso, ma suonò piuttosto come una supplica.

Gilbert nascose il viso ridente abbassandosi il cappello e, con movimenti volutamente lenti, si apprestò ad alzarsi.

«No, no, no!» strillò disperato Mark, afferrandolo per la manica con il braccio destro «Se quella torna mi farà sì dormire, ma in eterno! Ho capito, hai vinto tu, maledetto! Ora dormo! Uffa, però!»

 

La carrozza stava dirigendosi a passo lento, ma deciso, verso villa Rainsworth. Mancavano ancora poco al loro arrivo e sia Mark che Gilbert non vedevano l’ora di posare nuovamente i piedi in quella casa.

«Come va il braccio?» chiese premuroso il Nightray.

Dopo tutto quello che era successo, iniziava a nutrire un certo affetto, oltre che parecchia simpatia, per quel ragazzo dagli occhi indaco.

«Sto bene, te l’ho detto. Cassidy sarà pure giovane e seccante, ma è il miglior medico in circolazione.» disse con una punta d’orgoglio.

«Parli come se la conoscessi da molto.»

Mark annuì.

«Sì, è una mia cara amica d’infanzia. La conobbi quando viveva ancora con la madre nella villa del duca Barma. Sua madre era una cameriera e, quindi, dato che io avevo pressappoco la stessa età di sua figlia, ci permettevano di giocare spesso assieme.»

Gilbert ascoltava attento, non si permise di interrompere il suo racconto. L’altro continuò a narrare, con gli occhi che fissavano un passato che non sarebbe mai più tornato e la bocca socchiusa in un sorriso di malinconia.

«Poi, un giorno, smisero entrambe di venire. Poco dopo scoprii che la madre di Cassidy si era ammalata gravemente e lei, siccome il padre era morto da tempo, si ritrovò costretta a badare alla madre. Ma fu inutile. Nonostante il duca avesse chiamato il miglior medico della città, sapendo quanto mi fosse cara quella donna e sua figlia, non si poté fare nulla. Da allora Cassidy prese una decisione: sarebbe diventata il miglior medico al mondo. Tu saprai bene che alle donne non è ancora permessa una grande libertà, specie in ambito lavorativo, perciò fu di nuovo il duca ad aiutarla. La fece studiare dai migliori maestri e medici del paese e, una volta compiuti sedici anni, se ne andò per impratichirsi. Da allora abita lì e lavora in clandestino. So che non è un granché, ma per ora non può far altro, dato che nessuno la vuole assumere come medico in quanto donna.»

Gilbert si aspettava che Mark aggiungesse qualcos’altro, ma così non fu. Così toccò a lui continuare il discorso.

«E voi, quindi, siete...»

Il giovane lo fissò con aria perplessa. Sembrava non capire dove volesse andare a parare, perciò si limitò a ripetere la sua domanda.

«Noi siamo cosa?»

«Ehm... come dire... in che rapporto siete voi due?»

Un lampo parve folgorare il viso di Mark che, dopo un attimo di stupore, si aprì in un sorriso.

«Cosa? Vuoi sapere se stiamo insieme?»

Gilbert annuì e ciò fece esplodere il ragazzo in una fragorosa risata.

«Oh cielo, no! Ci mancherebbe! Siamo solo amici, come ti salta in mente una pazzia simile?»

«Beh, io che ne so? Mi pareva che foste molto intimi, tutto qua.»

«No, assolutamente. Ma toglimi una curiosità: Cassidy ti piace?»

«Che?! Scherzi? Certo che no!» rispose rosso come un pomodoro maturo il Nightray.

«Ah, capisco. Hai già una ragazza, giusto?»

«Cos… ? No!»

Mark parve sorpreso, ma leggermente preoccupato.

«Però... c’è qualcuno che ti piace, vero?»

‘Perché diavolo siamo finiti a parlare di ragazze?’ si chiese mentalmente Gilbert ‘Se c’è un argomento che mi mette in crisi, è proprio questo!’

«Ehm, no. Non ho in mente proprio nessuno.» riuscì ad ammettere poi.

«Nessuno nessuno?»

«Nessuno nessuno.» ripeté Gilbert.

Mark parve rasserenato nel sentire ciò.

«Meno male.» gli sfuggì di bocca, ma l’altro non lo sentì.

 

«Che diavolo è successo?! Che hai fatto al braccio? Ah, il duca userà la mia testa come fermacarte!»

Reim non aveva fatto altro che urlare frasi di questo genere da quando i due ragazzi erano, finalmente, tornati nel salotto dell’enorme villa. Dire che era in paranoia era un eufemismo bello e buono.

Sebbene Mark avesse spiegato a tutti gli altri cosa fosse avvenuto fino ad allora, nessuno, a parte Reim, era riuscito a commentare nulla, in quanto il servo del duca continuava ad urlare disperato. Mark si trovava in piedi, a pochi passi dal compagno ed accanto a Gilbert, che sembrava parecchio a disagio.

«Perdonami, Reim. Lo so che avevo promesso di proteggerlo, ma...»

«Io sono un essere inutile!» concluse per lui Emily.

«Break, piantala di fare l’idiota!» fece furioso Gilbert.

«Oh, la realtà fa male, vero Gil-kun?»

Prima che il giovane Nightray potesse partire all’attacco, Reim lo tranquillizzò.

«Non preoccuparti, Gilbert, so che hai fatto del tuo meglio. Lo stesso non posso dire di te, invece!»

«Reim, piantala, inizi ad essere veramente seccante.»

Solitamente una frase del genere avrebbe demoralizzato il timido servo, ma stavolta aveva troppa adrenalina in sangue per calmarsi e cambiare umore.

«Io sarei seccante? Oh, certo tu te ne vai in giro a farti azzannare e io sarei seccante! Guarda, sarai anche mia amica, ma quando fai così sei davvero insopportabile!»

Aveva pronunciato quelle parole senza pensarci tanto, ma qualcosa scattò nella mente di Gilbert, proprio quando Sharon tentò di calmarlo.

«Via, via Reim, non urlare. In fondo hanno fatto del loro meglio, perciò...»

«Un momento.» proruppe Break «Sbaglio o hai detto “amica”? Perché hai usato il femminile?»

«Ehm... ecco io... mi sono confuso!» disse Reim, iniziando a lucidarsi gli occhiali.

«Ah, ma davvero?» chiese senza credergli minimamente Xerxes.

«Oh, andiamo! Era agitato e ha confuso una vocale, può capitare!» cercò di difenderlo Mark.

«Però.» intervenne Gilbert «Anche Cassidy aveva fatto lo stesso errore. Aveva chiesto perché fossi “ricoperta” di sangue.»

Oramai tutti fissavano Mark con aria interrogativa.

«Oh, andiamo. Che avete da fissare? Si sono confusi, capita e comunque...»

«Per quanto ancora intendi recitare questa insulsa parte, Sophie?»

Il duca Barma, che si era infiltrato nella stanza senza essere notato da Mark, in quanto il giovane volgeva le spalle alla porta, aveva accompagnato quelle parole ad un gesto fulmineo della mano destra. Aveva afferrato i capelli corvini di Mark e aveva dato un possente, quanto teatrale, strattone.

Con grande stupore di tutti, ora il duca reggeva in mano una parrucca, mentre una cascata di boccoli corvini caddero, come foglie in autunno, sul viso di Mark.

Il primo che riuscì a trovare la parola fu Oz.

«Ma... ma... Mark è una ragazza?!»

 

 

 

*[termine giapponese, che identifica personaggi stolti o spensierati degli anime o manga, caratterizzati da un ciuffo di capelli che spunta dalla testa. NdA]

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

Eccomi di nuovo qua! Allora, che ne pensate? Quanti di voi si aspettavano che Mark in realtà fosse una ragazza? Praticamente tutti, ho lasciato sparsi anche fin troppi indizi. Questa fanfic mi è venuta in mente quasi per caso, mentre leggevo uno degli ultimi capitoli di Pandora Hearts; ho iniziato a fantasticare sul fatto che Gilbert avrebbe potuto avere una ragazza e, a quel punto, ho immaginato la storia della fanciulla, le sue parentele e amicizie e, naturalmente, mi sono divertita un mondo a creare situazioni imbarazzanti tra lei e il povero Gil. Che dite, volete sapere cosa accadrà ora? Continuate a leggere e lo saprete! (risata maligna)

Buona continuazione di lettura!

 

Moni =)

   
 
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