Queste Inaspettate
Apparizioni
Il Piccolo Spirito Dai Capelli Rossi
Prologo
Ovvero: Se Mi Richiami
Un’Altra Volta Femminuccia Ti Combino Un Gran Casino
Era sicuro di essere seguito.
Il sole splendeva alto nel cielo in quel giorno afoso d’estate, qualche
uccellino cantava e lui, le mani in tasca e lo sguardo di fronte a sé, era
sicuro di essere seguito.
Inizialmente pensò ad uno scherzo di Nagumo, non era
poi così difficile che l’avesse seguito con l’intenzione di saltare fuori da un momento all’altro per fargli prendere un
accidente. Eppure il suo silenzioso pedinatore era, appunto, troppo silenzioso per essere il ragazzo dai capelli rossi che, di certo, prima
o poi si sarebbe tradito, distratto com’era.
Il suo cervello passò in rassegna varie possibilità: un borseggiatore, un
semplice passante che non aveva niente a che fare con lui, una sua semplice
impressione.
Si fermò.
E quel qualcuno si fermò, dietro di lui.
Mantenne la calma e riprese a camminare senza velocizzare o diminuire il passo,
le dita rilassate nelle tasche dei jeans;
l’orfanotrofio era vicino, chiunque fosse stato il misterioso pedinatore, non
avrebbe potuto fare molto.
A meno che non si fosse sbrigato a fare qualsiasi cosa,
s’intende.
Non passò molto che, poco più avanti, apparve il cancello argentato del Sun Garden, che brillava colpito dalla luce del sole.
Hiroto si lasciò sfuggire un
sospiro di sollievo, e aumentò il ritmo della camminata, impaziente di arrivare
–sentiva ancora quella presenza dietro di sé.
Ma non fece in tempo, perché, poco prima di arrivare
all’agognata meta, qualcuno apparve di fronte a lui. Un bimbo di non più di
sette anni, i capelli rossi e gli occhi di un verde sbiadito, si materializzò
davanti a lui, sbucato dal nulla. A testa
in giù.
Hiroto sussultò ed indietreggiò di un passo, colto
alla sprovvista, gli occhi chiari sgranati.
Si. Hiroto Kiyama si era ritrovato di
fronte un bimbo di non più di sette anni, i capelli rossi e gli occhi verde
sbiadito, che, levitando in aria a testa in giù, si aprì in un sorriso a
trentadue denti ed alzò una manina –Ehilà!-
-Neeh, Hirocchan.-
dondolò le gambe avanti e indietro, svogliatamente, e gonfiò le guance.
Un bimbo di non più di sette anni, i capelli rossi e gli occhi verde sbiadito
si avvicinò ad un altro, sbattendo le palpebre, curioso –Che succede,
Astukun?- chiese, inclinando il capo e sedendosi
vicino ad un ragazzino dai capelli di uno strano arancio-rosa.
-Mi annoio.- borbottò quello, mettendo su un piccolo broncio –Non succede mai
niente, qui.- ed incrociò le braccia al petto con stizza.
Il piccolino al suo fianco rise piano, per poi prendere a fissarsi le scarpe.
Poggiò le mani sul muretto dov’era seduto e cominciò a dondolare le gambe a sua
volta -... Non ti va di giocare a calcio?- domandò, facendo finta di non aver
sentito.
-In due è noioso.- replicò secco il compagno, puntando i piedi a terra e
scendendo dal muretto. Chinò il capo, pensoso.
Oh, oh. Quando assumeva quella posizione c’era poco
da stare allegri, probabilmente stava macchinando
qualcosa –Atsukun, dai, giochiamo a calcio!- propose
il bimbo con i capelli rossi, sorridendo nervoso. Quando l’amico si metteva
qualcosa in testa non c’era modo di fargli cambiare
idea, quindi tanto valeva tentare di distrarlo prima che riuscisse ad elaborare
qualcosa –Dai, troviamo qualcuno, è pieno di bambini!- suggerì, tirandolo piano
per la manica.
“Atsukun” assottigliò lo sguardo, riflettendo su
chissà quale grande mistero. Poi
socchiuse ulteriormente
gli occhi grigi e proclamò, solenne –Se giocare in due è noioso, con quelli lo
è ancora di più.- alzò il mento, fiero, per poi bofonchiare tra sé e sé un “ci
deve pur essere qualcosa da fare”.
L’altro scosse la testa
sconsolato. Effettivamente non c’era poi molto da fare, lassù.
Ma, in fondo, erano pur sempre morti, cosa mai
avrebbero dovuto fare?
-Andiamo giù.- esclamò il bimbo dai capelli rosati, battendosi il pugno sul
palmo della mano, come colto da un’improvvisa ispirazione, entusiasta.
“Hirocchan” spalancò gli occhi -CHE COSA?- sbottò,
indietreggiando e scuotendo la testa –Tu sei matto! Non ci è permesso scendere
giù tra i vivi!- gli ricordò, ovvio, allargando le braccia come a voler
sostenere la sua tesi.
-Oh, non rompere.- stizzito, l’amico indicò il terreno sotto di sé –Laggiù ci
sarà da divertirsi, te lo dico io!- ritentò, un sorriso che si allargava sempre
di più sul suo volto –E poi, sono sicuro che anche tu sei curioso.- aggiunse,
portandosi le mani ai fianchi ed inarcando un sopracciglio, il busto lievemente
piegato in avanti.
-Atsuya…- il bambino dai capelli rossi arrossì
appena, punto nel vivo, mordendosi le labbra e scuotendo la testa con veemenza
–Sappiamo già tutto quello che succede giù, perché andarci? Ci sgriderebbero!-
-Pfui, femminuccia.-
-Non è vero!!- piccato,
strinse i pugni, avvampando di vergogna.
-Allora vai.- lo sfidò Atsuya, saccente, tornando ad
indicare il terreno sotto i suoi piedi –Fammi vedere quanto sei maschio.- lo
prese deliberatamente in giro e una scintilla gli brillò nelle iridi grigie.
L’altro rimase in silenzio, indeciso sul da farsi.
-Hiroto…- lo incalzò il compagno, che dopo un paio di
secondi sbuffò –Lo sapevo. Te la fai addosso.- alzò le
mani e sospirò. Era sicuro che non sarebbe mai andato, per questo si divertiva
a stuzzicarlo. In fondo, non aveva davvero intenzione di scendere, il mondo dei
vivi lassù era una sottospecie di tabù.
Il rosso, ricordandosi mentalmente che, essendo morto, non poteva in alcun modo
farsela addosso, socchiuse gli occhi verdi –Ti ho
detto che non ho paura!- si torturò le dita delle mani –Però, non so nemmeno
cosa succede quando si va giù! E la mamma si arrabbierebbe, lo so!- si
giustificò, prendendo a dondolare una gamba, la voce più bassa mano mano che parlava.
-Oh, dai, è solo per passare un po’ il tempo! Vai giù, spaventi qualcuno, e
torni su! Sai che ci vuole!- borbottò Atsuya, alzando gli occhi al cielo. Si divertiva come un
matto a prenderlo in giro, e così non si annoiava nemmeno. Due piccioni con una
fava –Chi vuoi che lo venga a sape…-
-Ok, vado.- lo interrupe Hiroto, battendo un piede a
terra.
L’altro sgranò gli occhi -… Eh?-
-Vado giù ho detto!- ribadì l’amico, cominciando a
camminare –Ti dimostrerò il mio coraggio!- esclamò convinto, accelerando il
passo.
Atsuya allungò una mano –No.
Aspetta. Ehi, Hiroto, non vorrai mica...- ma non fece in tempo a dire altro, perché il rosso,
dopo avergli fatto una gran bella linguaccia e aver incrociato le braccia al
petto, sparì, accompagnato da un sonoro “POFF”.
-Ok, sono morto. Morirò.- si disse tra sé e sé il piccolo con i capelli rosati,
quasi incredulo, prevedendo già la sua punizione –... Di
nuovo.- aggiunse, e si schiaffò una manata in fronte.
*
Oh.
Bene.
Pare proprio che questa sia una long.
Una long breve, ma lo è.
Urgh, ho l’impressione di
essermi cacciata nei guai.
Diciamo che, di norma, sono una persona parecchio
inconcludente. Ho sempre ammirato chi riesce ad iniziare e concludere
una cosa come si era prefissato e, bhè, stavolta
spero di farcela anche io.
Elencati i miei buoni propositi, non volendo annoiarvi con le mie paturnie, passiamo a parlare di... questa cosa.
Cos’è (beella domanda xD)?
Ecco, l’idea mi è venuta circa una settimana fa. Ci sono, purtroppo, molti
personaggi, in IE, che (di solito in circostanze parecchio drammatiche o.o), muoiono. Questa long ha intenzione di far parte di
una serie con altre due o tre fic che hanno come protagonisti dei fantasmi che,
annoiati della loro vita aldilà, si divertiranno a dare fastidio alle
persone aldiquà, per così dire xD
Come avrete potuto leggere *si sistema occhialetti sul naso*,
il protagonista “umano” di questa è il nostro caro Hiroto,
che ne vedrà delle belle con il nostro spiritello *ride sguaiatamente* a-ahem.
Le fic della serie, se Byron vuole che riesca a
scriverle tutte, saranno ambientate dalla fine della seconda serie a parte
della terza, in ordine cronologico.
Spero che questo prologo vi abbia incuriosito e che mi
seguirete, nel bene e nel male *alza pugno in aria*!
Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno avuto il coraggio di leggere fin qui
*inchin*
Greta.