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Autore: Rota    05/02/2012    1 recensioni
Per Braginski il concetto del tempo non poteva essere uguale a quello degli uomini, lo intuiva egli stesso.
La sua non era stata una vera e propria nascita, così come quella di Kiev non era stata una vera e propria morte. In realtà, Ivan pensava che alla base di tutto stava la diversa dimensione del vivere, tra uomo e Nazione. Un uomo viveva senza la sua Nazione, ma una Nazione non poteva vivere senza i suoi uomini, frutto com'era della loro volontà, dei loro sogni e della loro determinazione.
Era anche vero che gli uomini potevano cambiare, che l'aspetto preponderante di una società era mutevole così come era mutevole il concetto di norma e di legge. Ma era l'anima a rimanere la stessa, il nocciolo più intimo, e questa legava uomini e Stati in un vincolo unico che non si sarebbe potuto mai spezzare.

[Russia centric - presenza di OC storici - velato shonen ai RusAme]
**[SECONDA classificata al contest "History Collection" indetto dal CoS - Collection of Starlight]**
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Russia/Ivan Braginski, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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2. Come mi chiameranno, allora? [Dimensione]




Ivan aveva sempre avuto una vaga idea di cosa la gente comune intendesse per compleanno.
Gli uomini avevano un inizio - quindi necessariamente anche una fine, una ben sancita dimensione all'interno dei secoli - e per ricordarsi il passare del tempo, forse per scandire meglio qualcosa che non poteva essere quantificato, segnavano date e avvenimenti, periodi e intervalli. Quello più comune era, appunto, il compleanno: decretava l'inizio, l'inizio di qualcosa di importante o comunque notevole.
Per Braginski il concetto del tempo non poteva essere uguale a quello degli uomini, lo intuiva egli stesso.
La sua non era stata una vera e propria nascita, così come quella di Kiev non era stata una vera e propria morte. In realtà, Ivan pensava che alla base di tutto stava la diversa dimensione del vivere, tra uomo e Nazione. Un uomo viveva senza la sua Nazione, ma una Nazione non poteva vivere senza i suoi uomini, frutto com'era della loro volontà, dei loro sogni e della loro determinazione.
Era anche vero che gli uomini potevano cambiare, che l'aspetto preponderante di una società era mutevole così come era mutevole il concetto di norma e di legge. Ma era l'anima a rimanere la stessa, il nocciolo più intimo, e questa legava uomini e Stati in un vincolo unico che non si sarebbe potuto mai spezzare.
Per questo Ivan non si arrabbiò né forse si sorprese quando Vladimir gli annunciò che, da quel giorno(5), il suo nome non era più "Russia" ma sarebbe stato un altro, più grandioso e magnifico, che meglio si adattasse alla dimensione nuova che aveva assunto, nel resto del mondo. In realtà lui già ne era al corrente, un altro uomo glielo aveva detto, ma sapeva quanto Vladimir ci tenesse a tenere un rapporto speciale con lui, come se fosse un maestro spirituale - e in effetti, negli ultimi anni, era stato davvero così. Ivan non faceva alcuno sforzo nell'accontentarlo in quelle piccole cose, rendendosi conto solo dopo di come un singolo uomo potesse avere più importanza di un intero popolo.
Nella penombra, quindi lo guardò un po' perplesso, pieno di latente curiosità.
-Come mi chiameranno, allora?-.
Lenin sorrise, nel buio della sua piccola stanza privata, lontana dalle glorie di Capo di Partito, e come se brindasse con un calice invisibile, alzò la mano sinistra al cielo e fece un gesto strano - di saluto.
-Unione Sovietica! Ecco come ti chiamerai!-.
Un nuovo nome e una nuova data di compleanno. Forse tutta quella euforia e quella fretta di gioire serviva a nascondere ciò che ieri Ivan aveva dovuto subire(6), ma la nuova URSS si sentì orgogliosa della propria nuova immagine, baldanzosa in quel vestito nuovo che ora stava indossando.
Aveva pianto, versando lacrime sulle proprie croci(7) e su divise bianche di neve(8), ma ora avrebbe riso, conscio di essere unico al mondo.
Vladimir tossì, piegando un poco il braccio irto nell'aria e tornando a quella forma tanto umana che aveva assunto negli ultimi giorni.(9) Ivan non provava pena per quell'uomo, ne aveva visti morire troppi per riuscire ancora a sentire compassione. Certo era che provò tristezza, più di quanta se ne sarebbe aspettata: la forza del sogno di Vladimir aveva segnato peggio di ogni cicatrice il corpo di Braginski, e questa era una cosa che neppure l'enorme dimensione del tempo tutto avrebbe potuto mai cancellare, nella nuova Russia.
Ivan si alzò dal proprio posto, trafficando con il proprio nuovo cappotto per qualche istante. Dopo qualche minuto, riuscì a tirar fuori da una tasca interna niente di meno che una bottiglia di vodka chiara e due bicchieri - metodo russo per guarire ogni malanno sia del corpo che dello spirito. Con un sorriso, gliene porse uno, per poi riempirlo a metà. Il suo si accontentò di riempirlo tutto.
Un brindisi, vero, sollevando in alto mani e anime.
-All'Unione Sovietica!-
-Al nuovo te!-.





Note
(5)Precisamente il 30 Dicembre, ovvero il compleanno di Ivan Braginski secondo Himaruya.
(6)Riferimento ai fatti più sanguinari dei cosiddetti Terrore russo e Comunismo di Guerra.
(7)Riferimento al massacro dei clericali e di tutti gli uomini legati a culti religiosi, attuato dallo stesso Lenin nel 1922
(8)Riferimento alla Guerra civile tra soviet e "armate bianche", fedeli all'impero zarista.
(9)Il 25 Maggio 1922 un ictus che comporta un parziale deficit del lato destro del corpo lo colpisce, come primo attacco della sua malattia; solo il 2 ottobre comincia a tornare all'attività ma il 16 dicembre subirà un secondo attacco, il 23 dicembre riprende forze e lucidità ma le sue condizioni si aggravarono progressivamente, dal 6 marzo 1923 non è più in grado di comunicare, fino alla completa paralisi ed  alla morte il 21 gennaio 1924
   
 
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