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Autore: MikiBarakat96    05/02/2012    0 recensioni
Stella Barakat è la sorella di Jack, il chitarrista degli All Time Low con il quale condivide la passione per la musica ma a differenza del fratello, lei non è ancora riuscita a diventare famosa per colpa della sua paura del pubblico. Le cose però cambiano e la vita di Stella si sconvolge totalmente con l’arrivo degli All Time Low nella città dove vive: Roma.
Le recenzioni sono bene accette, mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate della storia :). P.s. Non soffermatevi sui primi capitoli, quelli sono abbastanza noiosi rispetto al resto della storia ;).
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Smile like you don't give a damn about the consequence,
Just say anything,
We say summer holds such wonderful things”.


Il mio nome è Stella Barakat e vivo a Roma con mio padre e mia madre, ma sono nata in America, più precisamente a Baltimore, città che ho lasciato a soli tre anni e dove mio fratello Jack è tornato ad abitare sei anni fa per coronare il suo sogno di avere una band. Già so che starete pensando: “è la sorella di Jack Barakat, il chitarrista degli All Time Low! Quello spilungone pervertito che ha milioni di reggiseni sull’asta del microfono!”. Già, quello è proprio mio fratello: ragazzo simpatico a volte un po’ stupido, ma che ha un buon cuore anche se mi ha lasciata sola con i miei genitori e non ci viene a trovare da… mai! L’unica volta che l’ho rivisto è stato quando con la scuola siamo andati a New York in gita scolastica; ero passata a salutarlo ma ho potuto parlare con lui solo per trenta secondi prima che un gruppo di fans lo portasse via. Era incredibile che una ragazza non vedesse suo fratello da sei anni solo perché era una star. Certo, qualche volta telefonava per far sapere come stava, ma comunque non era lo stesso; avevo vissuto sei anni della mia vita come se fossi figlia unica e non è di certo una cosa bella.
Ho diciotto anni e proprio quest’anno ho finito la scuola, assaporando finalmente il sapore della libertà. Mio fratello ha ventitré anni e ci somigliamo molto: abbiamo entrambi i capelli neri, i suoi hanno un taglio a caschetto, molto scompigliati ed indirizzati in varie direzioni come se avessero preso la scossa; i miei sono lunghi fino alla fine della schiena e lisci come la seta, effetto che mi è costato varie spazzolate ad ogni ora del giorno. Gli occhi sono dello stesso color marrone, la carnagione è chiara, il corpo snello e slanciato e abbiamo anche qualche lineamento del viso in comune.
Non ho mai adorato la band di mio fratello, solo qualche volta ero stata costretta dalla mia migliore amica ad ascoltarli e non è che li avessi trovati così fantastici.
Tutte le mie amiche mi chiedevano sempre se conoscevo gli altri membri della band, ma io rispondevo sempre scuotendo la testa: quasi non conoscevo mio fratello, come potevo conoscere gli altri tre?
Presto però li avrei conosciuti e avrei rivisto mio fratello.
Jack ci aveva chiamato qualche sera prima per avvertirci che sarebbe venuto a Roma per le vacanze e si sarebbe portato i suoi tre amichetti che non avrebbero alloggiato da noi –fortunatamente- ma in un albergo poco lontano dal centro di Roma. Ero contenta di rivedere mio fratello, gli volevo bene, non vedevo l’ora che arrivasse quel momento dal giorno in cui se ne era andato e mi aveva abbracciata forte sussurrandomi che mi voleva bene, che mi avrebbe sempre pensata e che si sarebbe fatto sentire presto.
Ma quando se ne era andato mi ero sentita un po’ abbandonata poiché anche io, come lui, ero sempre stata appassionata di musica; cantavo da quando avevo tre anni e secondo le poche persone che mi avevano sentita, avevo una bellissima voce, ma non avevo mai avuto il coraggio di cantare davanti a qualcuno nonostante fosse il mio sogno comporre canzoni e fare concerti. Jack sapeva della mia passione ma non aveva voluto portarmi con sé dicendomi che ero troppo piccola per un’avventura del genere e che se lui fosse riuscito a diventare famoso allora avrebbe aiutato anche me. Erano sei anni che aspettavo e ancora non avevo visto nessun contratto da firmare o nessun ingaggio per cantare in un pub o ad una festa… assolutamente nulla. Non odiavo Jack, ma mi aveva delusa.
Era la metà di luglio: gli esami si erano dilungati di molto ma dato che a settembre non mi aspettava nessun impegno, potevo iniziare a godermi una nuova estate che, speravo, sarebbe stata piena di sorprese.
Improvvisamente squillò il telefono mentre ero sdraiata sul letto della mia piccola camera bianca con un armadio bianco con ante e cassetti, una scrivania nera ricoperta di fogli, giochi per il computer e ovviamente il grande computer fisso che avevo ricevuto alla comunione; un comodino con sopra una lampada, un microfono in procinto di rompersi ed un attaccapanni nero strapieno di roba. Mamma mi aveva detto varie volte di mettere a posto la camera, ma non lo avevo mai fatto per via della scuola. Forse come prima cosa per quell’estate avrei messo a posto la mia camera prima che arrivasse Jack.
<< Pronto? >>, risposi al telefono posandomi sulle gambe il giornalino di musica che stavo leggendo.
<< Tella! We say summer! >>, esclamò Deborah dall’altro capo del telefono nominando il titolo di una delle prime canzoni di mio fratello e del suo gruppo.
Deborah era la mia migliore amica dai tempi delle medie ed era una fan sfegatata degli All Time Low; era lei che mi informava ogni giorno su ogni mossa di mio fratello ed dei suoi tre amici. Sapeva ogni cosa di loro e la cosa mi spaventava non poco.
<< Dovevi proprio ricordarmelo con una canzone degli All Time Losers? >>, le chiesi chiamandoli con il nomignolo che gli avevo affibbiato.
<< Bada a come parli, signorina! >>, mi rimproverò con voce squillante.
Alzai gli occhi al cielo. << Comunque >>, continuai cambiando discorso << Sono proprio contenta che siano finiti gli esami e, soprattutto, la scuola. Insomma, ci pensi, abbiamo finito tutte le scuole, siamo arrivate alla fine! >>.
<< Già, ora possiamo goderci la vita… possiamo non svegliarci presto tutte le mattine… possiamo non fare nulla durante il pomeriggio… insomma una pacchia! >>, squittì di gioia Deborah.
<< Questo almeno finché i nostri genitori non ci obbligheranno a lavorare o ad andare all’università >>.
Sentì Deborah sbuffare. << Se proprio dovessi scegliere andrei all’università: meglio assicurarsi di avere una laurea con i tempi che corrono >>.
<< Io lavorerò… o meglio, canterò >>.
<< Tella, ne abbiamo già parlato tante volte! Non sappiamo come farti diventare una cantante >>.
Mi morsi un labbro. << Ci sono molti modi… potrei andare ad X Factor o ad Amici: così si diventa cantanti >>.
<< Sappiamo tutte e due che non ci riusciresti mai >>.
Schiacciai la faccia contro il cuscino. << Già >>, borbottai dentro il cuscino.
<< Avanti Tella, non buttarti giù! E non parlare dentro il cuscino che non si capisce nulla! >>,esclamò. Quasi a comando, tolsi la faccia dal cuscino e mi tolsi alcuni ciuffi di capelli che mi avevano coperto la faccia. << Non puoi buttarti giù perché lo sai che sei tu che impedisci a te stessa di poter cantare >>, continuò in tono di rimprovero.
Aveva ragione, ma cantare davanti ad un pubblico mi faceva paura: solo al pensiero sentivo lo stomaco contorcersi e farmi male. Non ce l’avrei mai fatta, forse avrei anche vomitato davanti a tutti oppure avrei stonato sbagliando nota.
Sospirai. << Cambiamo discorso, il mio futuro è… una catastrofe! >>, sbuffai.
<< Tranquilla, troveremo una soluzione >>, cercò di tirarmi su, con scarso successo. << Intanto concentrati sul tuo bel fratellone, che sta venendo qui dall’America! >>.
Alzai gli occhi al cielo irritata. << Si, insieme a quegli altri tre Losers che andranno a stare in un hotel in centro >>.
<< Quale Hotel? >>, urlò nel ricevitore.
Dovetti massaggiarmi varie volte l’orecchio per far passare il fischio che mi aveva procurato. << Mi sembra si chiami “Hotel del Colosseo” >>.
<< Oh mio Dio! Sarò lì! Quando arrivano? >>.
< < Domani pomeriggio >>.
<< Cavolo! >>, squittì. << Avrai gli All Time Low in casa tua domani e tu sei la sorella di Jack! >>, urlò ed io fui costretta a massaggiarmi di nuovo l’orecchio. << Certe volte mi dimentico che la mia migliore amica è la sorella di quel belloccio di Jack >>.
<< Mi domando se tu sia mia amica perché sono simpatica o perché sono la sorella del belloccio >>, dissi sarcastica.
Deborah tacque e per quanto la conoscevo bene sapevo che stava lanciando un’occhiataccia al suo telefono “firmato” All Time Low, come se fossi io. << Non dire idiozie, Tella! Io ti voglio bene perché tu sei una persona speciale, perché sei divertente e perché mi sei sempre stata vicina, non perché tuo fratello è un musicista famoso! >>.
<< Grazie, anche io ti voglio bene per quella che sei e non perché hai un fratello famoso >>, ridacchiai.
<< Magari lo avess i>>, sospirò.
Deborah aveva una sorellina più piccola che non sopportava e che mi aveva sempre pregato di adottare così che lei si liberasse delle sue lagne e potesse avere Jack a casa sua.
<< Tua sorella è la lagna più famosa di tutte, ne dovresti essere fiera >>, scherzai.
Deborah rise. << Sicuro che lo è! >>.
Chiacchierammo ancora per un po’ ricominciando a parlare degli All Time Losers; Deborah stava già progettando come riuscire a portarsi Zack, il bassista, a letto, come ubriacarsi con Alex e Jack e come farsi insegnare a suonare la batteria da Rian. Amavo sentirla fantasticare soprattutto perché mi faceva fare un sacco di risate, ma davvero non so cosa ci trovasse in loro, erano solo un gruppo come tanti, nulla di speciale.
Quella sera andai a dormire presto, immaginando di scrivere una canzone per l’inizio dell’estate e di cantarla davanti ad i miei fedelissimi fans, che acclamavano il mio nome urlando come matti e spingendosi per venire più avanti e vedermi meglio, più da vicino.

  
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