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Autore: PattyOnTheRollercoaster    05/02/2012    1 recensioni
Tess alzò lo sguardo e deglutì, mordicchiandosi un labbro, le mani giunte in grembo. «Devo dirti una cosa.»
«Sei sposata.»
«No.»
«Sei malata.»
«No.»
«Sei un uomo!»
«No!»
[...]Tess abbassò la voce e sussurrò: «Ho una figlia».
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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V
Capitolo V
Cambio di programma





   Conoscere i genitori di Nandika fu una cosa davvero… surreale. Mi fece sentire bene in un certo senso, un po’ come se fossi davvero un padre. Insomma, tutta quella storia di viaggiare io e Mel, e poi incontrare i genitori dell’amica per metterci d’accordo… non so, forse credevano che fossi un maniaco, ma non è quello il punto. Mi piaceva pensare che io e Tess stessimo diventando qualcosa di simile ad una famiglia, o per lo meno una specie. Le settimane passarono inesorabili, e fra interviste per il nuovo film e altri impegni, mi resi conto ancora una volta che Tess mi piaceva sul serio. O meglio, non è che mi piacesse, cominciavo a sospettare di qualcosa di più profondo. Dopo due settimane in cui non riuscivo a pensare ad altro ne ero sicuro. Era qualcosa che mi tormentava, non riuscivo a tenermelo dentro, così un giorno decisi di prendere il coraggio a due mani e dirglielo.
   Eravamo andati in giro tutto il giorno per trovare un regalo per un suo amico di lavoro, il ragazzo che si occupava degli spaventosi attrezzi del dentista e li puliva e faceva non so che altro, così  avevamo fatto un giro per diversi negozi, tenendoci per mano come due ragazzini di sedici anni.
   «Vuoi un gelato?», domandai a Tess all’improvviso passando di fronte ad una gelateria artigianale.
   Lei si strinse nelle spalle. «Perché no?» Dopo aver ordinato due coni sedemmo in un parco poco distante e guardavamo la gente passare, i ragazzi con la chitarra e le famiglie con i bimbi piccoli.
   «Tess», cominciai, «posso chiederti una cosa?»
   «Dimmi tutto.» Un filo di vento le fece volare i capelli davanti alla faccia e lei li scostò. In quel momento la vidi bellissima. Ma volli rovinare lo stesso la bella atmosfera, per colpa della mia capacità innata di essere inopportuno, soprattutto con le persone che conosco bene.
   «Com’è che hai avuto Melany?»
   Inaspettatamente, Tess sorrise. «Mi aspettavo che un giorno me lo avresti chiesto.» Fece una piccola pausa. «Mah, sai… io e suo padre eravamo fidanzati, io sono rimasta incinta e per un po’ siamo rimasti assieme, o almeno ci abbiamo provato. Ma eravamo molto giovani, avevo quindici anni e tutta l’intenzione di finire la scuola e fare carriera e tutte quelle cose lì. La scuola l’ho finita, carriera non l’ho fatta», disse stringendosi nelle spalle. «Ma non è che mi dispiaccia tanto in fondo. In compenso c’è Mel, sai», sorrise ampiamente.
   Accennai un sorriso anch’io e continuai a mangiare il mio gelato. «E il padre di Mel?»
  «Mai più sentito.» Tess si volse verso di me e quando mi vide in faccia mi diede una spintarella. «Non fare quella faccia triste, io non ci sto male. Eravamo ragazzini, non saremmo mai rimasti assieme per tutta la vita! È successo praticamente per sbaglio, ma alla fine siamo riusciti a tirare avanti.» Fece una pausa. «Quando Mel aveva un anno lui si trasferì con la famiglia in Francia, suo padre lavorava per una grossa azienda e lo dovevano trasferire da mesi. I miei genitori mi aiutarono molto, io e Mel siamo rimasti a casa con loro finché non ho finito di studiare, trovato un lavoro e una casa. Mel aveva quattro anni e mezzo quando ce ne siamo andati di lì. Poi… i miei sono morti in un incidente d’auto, te l’ho detto, e io e mio fratello abbiamo venduto la casa e abbiamo fatto a metà.»
   «A Mel non dà fastidio non aver mai conosciuto suo padre?»
  «Se le dà fastidio non me l’ha mai detto fin ora. Ma non credo, perché di solito mi racconta tutto, o quasi. Adesso che sta diventando grande mi racconta un po’ meno cose. Immagino che comunque più che suo padre possa mancargli un padre. Insomma, una figura paterna capito? Come può sentire la mancanza di qualcuno che non ha mai incontrato?»
   Rimasi in silenzio, annuendo. Sospettavo che Melany non le avesse raccontato che lei e il suo ragazzo fumavano frequentemente. Forse la cosa non doveva traumatizzarmi tanto, in fondo erano solo canne, nessuno era mai morto per quelle! Sì, forse ti rendevano un po’ stupido nel momento in cui eri lì, ma… a volte si usavano anche come presidio medico. Be’ forse questa non era la scusante più adatta.
  In quel momento fummo distratti da una figuretta che si avvicinò a noi e domandò senza troppi fronzoli: «Tu sei il principe Caspian?». Era un bambina piccola, aveva i capelli sottili castano chiaro. Tess non poteva trattenersi dal sorridere mentre la guardava.
   «Ah… sì», risposi.
   «Perché non sei a Narnia?»
   «Sono in vacanza», inventai lì per lì.
   «Ah.» Un uomo alto corse verso di noi e prese la bimba per mano. «Lui è il mio papà, ha detto che mi compra un’Aslan per il mio compleanno.»
   «Scusate tanto», disse l’uomo rivolgendosi a noi.
  «Ah, si figuri», fece Tess sorridente. Salutò la bimba con la mano e guardammo padre e figlia allontanarsi lungo la via. «Che carina!» Quando Tess si volse non potei fare a meno di mettermi a ridere. «Cosa c’è?»
   «Hai del gelato sulla faccia!», esclamai sbellicandomi. «Aspetta, aspetta… te lo tolgo.» Le passai un dito sul naso e poi mangiai il gelato che vi era rimasto sopra. Trasportato dall’atmosfera mi chinai su Tess e la baciai.
   Quello che all’inizio era un bacio semplice divenne sempre più dolce, e quando ci separammo le carezzai una guancia e dissi le due parole fatidiche. Mi parve di pronunciarle in maniera goffa, e scoprii che anche così non rendevano neanche vagamente l’idea di ciò che provavo per lei. Avrei dovuto inventare delle parole nuove. Ma quel che venne dopo fu ancora peggio: l’attesa spasmodica perché lei rispondesse. Sembrarono passare secoli e lei si divertiva a torturarmi lasciando scattare i secondi uno dopo l’altro.
   Poi sorrise e mi baciò di nuovo. «Ti amo anch’io.»
   Fu come se il mondo intero in quell’istante mi appartenesse. Mi si tappò la gola per l’emozione, avevo voglia solo di stare con Tess, di abbracciarla, baciarla e fare l’amore con lei.

   Melany alzò gli occhi dal foglio, in uno dei nostri ennesimi pomeriggi di studio.
 Mentre lei studiava, se non aveva bisogno di chiarimenti o altro, di solito leggevo o stavo al pc. In pratica ero lì solo come sorvegliante colto, per assicurarmi che non si distraesse. Recentemente aveva iniziato a chiedermi perché cavolo stessi lì con lei anche se non ne avevo alcuna voglia. Non so perché avesse questa fissa, ma più che dirle la verità non sapevo che altro rispondere: perché me l’ha chiesto tua madre. Sembrava insoddisfatta delle mie risposte, come se volesse scoprire se c’era qualcosa in più.
   «Ben.» Alzai gli occhi dal giornale. «Ho finito.»
   «Così in fretta?»
   «Era un capitolo corto.»
   «Ah.» Mi volsi a guardare che ore fossero. «Sono quasi le otto, ti porto a casa se vuoi.» Provvidenziale come non mai, Tess chiamò sul telefono di casa. «Pronto?»
   «Ciao Ben sono io.» Sorrisi istintivamente. «Ascolta ho un emergenza. Ti ricordi di Tanya, la mia amica di cui ti ho parlato?»
   «Quella incinta?»
   «Esatto. Sta per passare dallo stato incinta a quello di pre-madre dolorante e incazzosa, e mi ha chiesto se posso farle compagnia in ospedale.»
   «E quindi?»
   «Non è che Mel potrebbe stare con te? Solo per oggi. Domani può tornare a casa, è solo che non voglio lasciarla sola tutta la notte, e io non so bene quando sarò libera. Il marito di Tanya in questo momento è fuori città e non ho idea di quando riuscirà a tornare.»
   Mel mi guardava interrogativa. «Per me non c’è problema, tranquilla. Ci organizziamo. Te la passo?»
   «Sì, grazie.»
   Tess le spiegò velocemente la situazione e ad ogni parola Mel sembrava raggiungere nuovi livelli di sopportazione, individuabili da diverse espressioni di stupore, rabbia e indignazione. Alla fine salutò e mise giù il telefono. Si volse verso di me con le mani suoi fianchi. «A quanto pare sono condannata.»
   «Anch’io», risposi atono.
  Mel sospirò e disse: «Non è che potremmo fare un salto a casa? Solo per prendere la mia roba, sai, pigiama, spazzolino… eccetera.»
Ci pensai un po’ e osservai: «E’ dall’altra parte della città, quasi. Facciamo così: vengo io a casa vostra, così non dobbiamo fare avanti e indietro». Mi fermai un attimo a pensare. «Ti va di andare a mangiare fuori?»
   «Sì ti prego: è tardissimo e muoio di fame.» Mi preparai in fretta.
   In macchina pensavo a dove andare a mangiare. «Pizzeria.»
   «L’ho già mangiata ieri, non potremmo andare in qualche altro posto?»
   «Allora ristorante normale.»
   «Non troppo elegante, per favore, niente cose hollywoodiane sullo stile attore molto fico.»
   Ridacchiai e dissi: «Ti pare che io sia il tipo?».
   «Effettivamente no», biascicò Mel guardando fuori dal finestrino. «Ben tu sei stato in molti posti, non è vero?»
   «Abbastanza, credo, per la media popolare.»
   «Quali?»
  «Hm, vediamo: Nuova Zelanda, Islanda, Giappone, Italia, Francia, Stati Uniti, Messico … e poi che ne so, non mi ricordo nemmeno più», commentai sbuffando.
   Melany mi osservava con gli occhi di fuori. «Non ti ricordi più? Ma sei scemo? Se io avessi l’opportunità di visitare tutti quei posti farei in modo di ricordarlo per il resto della mia vita!»
   «Ma non è che li abbia proprio visitati… cioè solo alcuni. In molti ci sono stato solo per lavoro, due o tre giorni pieni di roba da fare e poi di ritorno a casa, oppure da qualche altra parte. Ho visitato Tokyo e Parigi, ecco, ma ad esempio a Roma ci sono andato solo per una notte, in pratica, e non ho visto niente.»
   Melany parve delusa. «Oh… Ma a che serve allora fare l’attore? E i posti in cui hai girato? So che sei stato in Nuova Zelanda.»
   «Sì, appunto», precisai, «a girare.»
   «Sei sicuro che ne valga la pena?»
   «Cosa?»
   «Fare tutta questa fatica per poi non… non godersi nulla.»
   Ci fermammo di fronte ad un ristorante e mi rivolsi a Melany. «Immagino di sì: a me piace recitare, è una delle cose che amo di più fare. Anzi, è la cosa che amo di più fare.»
   «E tutto il resto? Le prime, le interviste… non ti rompono?»
   Sorrisi. «Quello è il lavoro.» Melany non chiese più nulla e scese dall’auto, io la seguii.
   Una volta nel ristorante ordinammo e, mentre attendevamo che il cameriere ci servisse, domandai curioso: «E tu che cosa vorresti fare?».
  Mel inarcò un sopracciglio come solo lei riusciva. Perché? Avevo chiesto qualcosa di strano? «Ho solo quattordici anni», sottolineò con voce acida.
   «Fra un po’ quindici, anzi fra meno di un mese.»
   «Ti ricordi anche il giorno», commentò lei fingendosi impressionata.
  «3 Agosto, non è così complicato. E comunque, anche se sei giovane, che significa? Non puoi avere un’idea al riguardo? Ce l’hanno tutti fin da bambini! La ballerina, la maestra, quelle cose lì», dissi gesticolando. «Giuro che non rido.»
  Melany sbuffò. «Non lo so per davvero, so solo che mi piace la musica, ma non nel senso che mi piace suonare. Mi piace ascoltarla. Non ho mai saputo di nessuno che pagasse qualcun altro per ascoltare musica.»
   «Be’ perché no? Potresti fare il critico, scrivere recensioni sui tuoi… tantissimi, ma tantissimi cd.»
   Melany rise e si scostò per fare spazio al cameriere che ci stava portando da bere. «Sono tanti, lo so», commentò piano. «Test sulla personalità: gruppo preferito.»
   «Sono un po’, vediamo… Kings of Leon, Stevie Wonder, Rolling Stones…»
   «Te scherzi», m’interruppe.
   «No, perché?», domandai accigliato.
   «I Rolling Stones sono uno dei miei gruppi preferiti, non me li puoi rubare.» Si versò un po’ di coca cola e ghignò.
   «Solo perché tu lo sappia: anche altre migliaia di persone sono suoi fan, perché non te la prendi anche con loro?»
   «Perché non c’è gusto se non sei tu», disse lei come se fosse ovvio facendo un sorrisino.
   «E tu?»
   «Anche io tantissimi. A parte gli Stones, Nirvana, Guns’n’Roses, alcune canzoni di Blondie…»
   «Davvero?», domandai stranito.
   «Perché? Sarebbe strano?»
   «No, è solo che ho visto tutti quei poster di gruppi metal appesi in camera tua… insomma, Blondie non è esattamente metal.»
   «Ma è una figa, tanto basta.»
   «E poi ha una bella voce.»
   «Sì, è vero. Comunque quei poster sono lì perché mi piacciono anche loro, è solo che ormai non vendono spesso nei giornalini poster di cantanti degli anni ottanta e novanta. Magari li vendevano quando eri piccolo, e di tempo ne è passato.»
   «Ehi, attenta a come parli. Guarda che qui ho io potere in questo momento, potrei anche decidere di abbandonarti qui.» Mel si mise a ridere, io accennai un sorriso e iniziai a mangiare i grissini che avevano messo in tavola. «Comunque io odio la musica metal, fa troppo casino.»
   «A me piace, alcune canzoni sono molto belle. Ad esempio… i Dream Teathre sono classificati come progressive metal, ma sono bravissimi secondo me.»
   «Non li conosco troppo bene», dissi scuotendo la testa.
   «Blasfemia!», esclamò Mel mettendosi una mano sulla fronte come se soffrisse molto.
   «Posso fare anch’io una domanda sul test della personalità?», chiesi.
   «Ma certo.»
   «Film preferito.»
  «Ci avrei scommesso che me lo avresti chiesto. Fa tanto appassionato di cinema…» Mel ci pensò su per un attimo. «Veramente non guardo moltissimi film perché ce ne sono pochi che m’interessano. Mi piacciono però quasi tutti quelli di Quentin Tarantino, e il genere thriller più in generale. E tu?»
   Scossi le spalle. «Hm, molto lontano, molto lontano. Sono più sul genere… film che parla di vita, filmoni dell’anno che tutti non vedono l’ora di guardare, e cose così.»
   Melany si scostò quando arrivò il suo piatto, ma lo mise da parte e incrociò le braccia di fronte a sé. Al mio sguardo interrogativo ripose: «Ti aspetto. Comunque sia… tu hai fatto un film fantasy. E mi parli di vita?»
   «Che c’entra? Quello è recitare, è diverso. E’ bello recitare cose diverse, è come… come una specie di sfida. E’ per provare a vedere cosa mi piace di più, per cosa sono portato di più. Se sono capace di fare una cosa. Capito?»
   «Credo di sì.»
   In quel momento arrivò il mio piatto e mangiammo commentando il cibo e i camerieri, che gironzolavano per la sala in pattini a rotelle.
   «Immagina se uno di loro cadesse», osservò Mel, «sarebbe magnifico.»
   «Oh no, poveraccio.»
   «Sarebbe divertente», proseguì scrollando le spalle.
  Uscimmo dal ristorante alle dieci e mezza e Mel propose di noleggiare un film tanto per passare la serata. In un videonoleggio abbastanza grande stavo analizzando la sezione novità quando vidi Melany apparire con un sorriso largo e furbo. Venne verso di me e mi porse un cd. Lo presi in mano. «No», decretai deciso.
   «E andiamo! Non l’ho mai visto! Parla di vita.», esclamò lei con tono lamentoso.
   «Guardatelo con Nandika, le farà piacere», borbottai poggiandolo su uno scaffale in alto.
   «E’ il primo film che ti ha dato un minimo di fama, non puoi rinnegarlo così.»
   «Non lo sto rinnegando, è solo che non voglio vedermi sullo schermo, ti spiace?» Continuai a camminare e presi in mano la prima cosa che trovai, giusto per distrarre Mel. «Lascia stare Jessica Biel, che ne dici di questo?»
   «Ho visto un po’ delle Cronache di Narnia due con Nandy, e sono rimasta molto colpita», disse solo rimettendolo al suo posto.
   «Da cosa?», domandai sospettoso guardandola di sottecchi.
   Melany fece un’espressione curiosa e disse: «Chi cavolo ha scritto il copione? Insomma, la metà della battute di Peter sono… ‘per Narniaaa!’», e mimò un atteggiamento di sciocco attacco con la spada. Risi di gusto e presi un altro cd, questa volta una commedia. Decidemmo per quello e ci avviammo alla cassa.
   Una volta davanti al divano, ridendo come scemi a quella commedia leggera, mi resi conto che quella serata con Melany non era stata affatto male. Insomma, ci eravamo divertiti, era stato bello stare assieme, e per una volta Mel non aveva storto il naso a dover passare del tempo con me. Alla fine non era una persona antipatica, solo una ragazzina leggermente chiusa e con la lingua tagliente sempre pronta. Quando imparavi a conoscerne i difetti e i pregi, quando lei conosceva te e diventava meno rigida, la si poteva trovare anche simpatica.

  Mancava una settimana alla partenza e Mel saltava lungo le stanze come se ai piedi avesse avuto delle molle. Non ero tanto entusiasta per quello, speravo di non doverla fermare lungo le strade di New York per impedirle di saltellare allegramente anche lì. Tess aveva iniziato con le raccomandazioni, e siccome ormai passavo da loro gran parte del tempo non era raro che le sentissi anch’io.
   «Tieni sempre il telefono a portata di mano e mi raccomando a tenere portafoglio e documenti in tasca, non nella borsa.»
   «Sì mamma.»
   «Chiamami appena arrivi e tutte le sere capito?»
   «Sì mamma.»
   «Dì sempre a Ben dove andrai e cosa farai, e se cambi programma avvisalo, d’accordo?»
   «Sì mamma.»
   «E comportati bene!»
   «Sì Tess.» Oh. Questo ero io. Molto imbarazzante.
   Appena due giorni prima del fantomatico matrimonio ricevetti una telefonata chiaramente disperata di Tess, dall’altra parte della cornetta si sentiva la voce di Melany che snocciolava parole a raffica e altre voci ignote. «Ben ascolta, abbiamo avuto un problema.»
   «Cosa c’è?»
   «La sorella di Nandika si è rotta un polso e ha voluto rimandare il matrimonio, così adesso Nandy non può più venire.»
   Rimasi un attimo in silenzio. «E quindi?»
   «Io non vorrei mandare Mel da sola, tutto il giorno a New York senza nessuno, ma scherziamo? Quella si perde e non torna mai più.» Udii la voce di Mel replicare sullo sfondo. «Mi chiedevo se a te va bene se… invitasse qualcun altro.»
   «Chi?», domandai. Intimamente conoscevo la risposta, come poteva essere altrimenti? E infatti…
   «Malachi.»
   «Chi?!», ripetei giusto per esprimere il mio disappunto.
   «Il suo ragazzo, Malachi. Non te lo ricordi? A quanto pare ai suoi genitori va bene anche senza troppo preavviso. Non devi fare niente tu, niente incontri, niente.» Tranne che accompagnare quel disgraziato a New York e ritorno, per di più assieme a Melany. Avevo paura di cosa potessero combinare. «Se dici di no ti capisco.»
   «Be’», cominciai titubante, «la situazione cambia un po’. Insomma, so che Nandy è una ragazza tranquilla, a dirti la verità speravo che fosse la parte razionale del duo. Com’è questo ragazzo?»
   «E’ a posto, davvero. Non che lo conosca benissimo», eh già, «ma mi sembra un ragazzo a posto, non combinerà guai.» Ma certo, dopotutto un arresto per possessione di droga, per spaccio!, cosa vuoi che sia? No, okay, stavo viaggiando troppo con la fantasia. Dopotutto il ragazzo non mi conosceva troppo bene, e so per esperienza che di solito gli adolescenti sono più mansueti con un adulto che non conoscono. E’ quando lo conoscono e scoprono i suoi punti deboli che diventano dei mostri. Per lo meno… io ero così. No, ma dài!, io sono sempre stato uno tranquillo, non si possono fare paragoni! Malachi è come un avanzo di galera in confronto a me da ragazzo!
   Sospirai. «D’accordo. Va bene, sì.»
   Allora non lo sapevo, ma avevo firmato la mia condanna a morte.




















Bonjour!
Allora, be' non so che dire di preciso su questo capitolo... hm, solo che è il preludio per qualcosa di veramente doloroso per il povero Ben! xD Ah, gliene faccio passare di tutti i colori, se mai venisse a saperlo di certo penserebbe che sono sadica.
Comunque, spero che il cambio di programma del viaggio a NY sia stato inaspettato (ma forse no, non so, ditemi voi xD), avete ragione a pensare che dopo questo capitolo arriverà il picco di drammaticità della storia u_u In realtà nel capitolo sette, però vabbé, pazientate.
Spero sia piaciuto il piccolo momento Ben/Tess, anche se non è la vicenda centrale. I pov di Ben mi lasciano sempre incerta, temo sempre di farl sembrare diverso da come appare nelle interviste.
Per il resto, che dire? Con questo capitolo abbiamo raggiunto la metà della fanfiction. Non so perché ve lo dico, così, tanto per...
Be', buona Domenica a tutti, ciao ciao =)
Patrizia
   
 
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