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Autore: Mangetsu chan    05/02/2012    3 recensioni
Questo insieme di capitoli avrà l'unico scopo di chiarire i diversi dubbi che Tsuki, personaggio della saga Promises. The beginning of a dream porta con sé. Vi auguro una buona lettura!
Dal secondo capitolo:
Era, come al solito, una giornata grigia e piovosa quando i bambini, riparati dalla tettoia del grande casolare, giocavano in allegria con bambole di pezza e cavalli di legno. Da quando la piccola era arrivata era passato circa un anno, qualche mese in più forse. Il suo vero nome, lo aveva lasciato scritto la madre sulla coperta da cui era avvolta, Tsuki, il semplice sostantivo con cui veniva chiamata la Luna.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buonasera!
In questo primo capitolo tratterò la leggenda del lupo Fenrir, l'animale che ha ispirato il frutto del diavolo del personaggio di Tsuki nella Fan Fiction di Promises. The beginning of a dream: alcune informazioni sono prese da Wikipedia, altre da siti vari ma la storia è scritta da me. Ovviamente prende spunto da quella originale, ma lo svolgimento è completamente differente così come l'insegnamento. Spero vi possa piacere. Buona lettura.


Capitolo uno
Una leggenda

Chapte
r Sountrack: Returner


Il Fenrir, un'antica creatura della mitologia norrena, è sempre stato visto come fonte di disgrazia: osservando alcuni dei suoi nomi, infatti, lupo della palude, demone del Vàn, nemico del popolo, è possibile dire che non era ben voluto. Ciò avvenne perchè Odino, dio della guerra, della magia, della sapienza e della poesia, decise che da creature belliche qual'era il Fenrir non ci si poteva aspettare nulla di buono.

Il lupo era figlio del dio Loki e della gigantessa Angrboða, fratello di Hel e del Miðgarðsormr. La prima fu inviata a regnare negli inferi, mentre il secondo venne inabissato sul fondo dell'oceano ma il Fenrir non trovò un suo scopo. Fu per questo che iniziò a diventare un problema per gli Dei che decisero, infine, di tenerlo con loro.
Le giornate si susseguivano piene di stupore e novità e il lupo cresceva sempre più con il passare del tempo, più feroce e mastodontico, tanto che solo il dio Týr, noto per il suo coraggio, osava dargli da mangiare.
Fu in seguito a questo che venne presa la decisione di incatenarlo per fermarlo una volta per tutte. Ma non sarebbe stato così semplice, oltre ad essere spietato la mente dell'animale divino lavorava ad una velocità ben oltre a quella umana.

Tutti gli Dei parteciparono a quest'impresa, ognuno sfruttando le proprie conoscenze e amicizie, ma l'intelligenza del lupo era quasi grande quanto la sua forza e prestò divenne difficile riuscire anche sono a tenergli testa. Presto, quindi, il Fenrir si mostrò un nemico impossibile da abbattere con la sola forza divina a disposizione.
La rivolta non tardò ad arrivare e il caos e la distruzione presto presero il soppravvento in quel regno che, a differenza di quello umano, sarebbe dovuto essere perfetto e invulnerabile, pacifico. Il male, se trova un piccolo spiraglio, sa insinuarsi ovunque.

Per un tempo indecifrabile sia la terra che il mondo al di sopra di essa furono in guerra e il male vinse, purtroppo, da entrambe le parti.

In un triste giorno di pioggia, mentre il Fenrir si batteva contro Tyr, colui che prima gli dava la vita nutrendolo, che il lupo finì, involontariamente, con la zampa posteriore sinistra, sopra un terreno cedevole. Il dio, visto l'attimo di distrazione dell'avversario, lo spinse giù usando tutta la sua forza e la sua abilità. Questo non potè respingere l'attacco e si ritrovò presto a terra, sotto l'acqua battente: il suo corpo perfetto non aveva ricevuto danni ma ora si trovava nel mondo umano, lontano da dov'è cresciuto. Il suo grido di disprezzo e disperazione fu udibile ovunque, urlava contro quel dio ipocrita che lo aveva tradito e ora vincolato per sempre in una realtà che non era la sua. Era infatti noto che lo stesso padre del Fenrir non gli aveva mai insegnato a volare, a fluttuare, perché il figlio non risultasse più forte di lui.
Ormai ipotente, il lupo, per la prima in vita sua pianse, conscio di aver perso tutto. L'enorme figura, quindi, si coricò a terra, una zampa possente sopra il muso, quasi a coprirlo mente le risate degli dei, da lissù, lo schermivano rumorose.
Quel giorno nevicò.
Le temperature si abbassarono ma il lupo rimase fermo, finché anche l'ultimo degli dei che si trovavano in cielo non se ne fu andato. Aveva perso. Ma ora poteva distruggere la terra, poteva far capire a chi era lassù che lui non era stato sconfitto, poteva ancora vincere. Poteva ancora farcela.
Fu proprio per questo che iniziò la sua opera di fuoco e fiamme, partendo dal primo villaggio che trovò sulla sua strada. Lo rase al suolo, uccidendo ogni passante, senza distinzioni, distruggendo i raccoldi, gettando il tutto nel caos. Questo paesello non era troppo grande, una cinquantina di abitazioni e botteghe ammassati sulle rive di un fiume, la linfa vitale per gli abitanti. Ma questi dettagli non servirono al Fenrir che, per attirare l'attenzione degli dei, cercò di radere al suolo tutto.

La sua furia ebbe sfogo per diverse ore, fino a quando le urla delle genti vennero soppresse dallo scrosciare del fiume, intenso e rumoroso.

Successe improvvisamente: il lupo si fermò, immobile, osservando davanti a sé: una semplice abitazione, distrutta, i muri a terra sgretolati e le porte a brandelli. I cadaveri dei proprietari erano a terra, ricoperti di sangue scarlatto, luccicante sui volti contorti in una smorfia di dolore e paura. Fra loro una dolce ragazza annaspava l'aria, cercando dell'ossigeno ormai poco presente considerate le fiamme divampate ovunque. Era distesa in un letto, coperta da un tessuto candido macchiato del liquido cremisi. Colpi di tosse continui, insistenti, le fecero sputare sangue sotto gli occhi attenti del lupo gigante. Silenzio: per pochi secondi le persone ancora in vita sperarono, inginocchiate fra i detriti, le mani rivolte al cielo, guardarono con attenzione il loro distruttore, pregavano. Ma il Fenrir non fece attendere troppo, ripresosi da quella strana sensazione. Con un morso afferò la giovane malata, volgendosi poi a Nord. Iniziò la corsa e, tra i suoi grandi balzi e quella sensazione dolorosa nel petto, presto sparì all'orizzonte.
Poco dopo, arrivato su un prato erboso piuttosto esteso, il Fenrir aprì le sue fauci, lasciando cadere a terra la giovane donna, ancora avvolta tra le coperte bianche: il corpo cadde senza vita. Il mostro divino ullulò, rivolto ai cieli, implorando l'aiuto dei suoi predecessori. La sua distruzione e la sua furia erano, semplicemente, stati placati da uno sguardo dolce e dalla fragilità umana.
Non vi fu modo per salvare la giovane, secondo Odino e gli altri dei, che rispettavano la vita e ne seguivano il suo corso. Ma il lupo non comprendeva, e chiese loro di dare la sua vita per qualla della ragazza.
In un primo momento non vi fu una risposta positiva, ma presto decisero che sarebbe stata la scelta più saggia: avrebbero finalmente fermato il Fenrir, per sempre. Per questo il re degli dei decise di togliere l'immortalità del lupo, per donare vita nuova alla giovane morente. Il Fenrir acconsentì, sicuro: la sua malvagità, ormai, era svanita.

Bastò un dolce e innocente sguardo a cambiare le sorti di intere popolazioni, che tutt'oggi devono la loro vita alla bella fancilla dagli occhi che sanno perdonare.
  
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