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Autore: Alexandra_ph    05/02/2012    1 recensioni
Questo racconto è la continuazione di Fly with me ed è stato scritto nella primavera del 2003.
A quei tempi la mia ispirazione procedeva in direzione diversa rispetto alle puntate della 7a stagione che stavano trasmettendo (forse perchè erano puntate ben poco shipper...) e così ne venne fuori una "storia parallela", che seguì la sua strada...
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Fly with Me'
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Una vendetta crudele

Capitolo 10


Uscì dall’ascensore fischiettando. Poi si diresse verso l’ufficio di Mac, prima ancora di posare borsa e documenti nel proprio. Non vedendola, si guardò attorno e scorse il sergente Galindez.

“Galindez, il colonnello è dall’ammiraglio?”

“No, signore. Non è ancora arrivata” rispose il sergente.

Harm guardò l’orologio e chiese: “Per caso ha telefonato anche questa mattina per avvisare che non sarebbe venuta?”

“No, capitano. Nessuna telefonata.” Galindez lo osservò, incuriosito. Il capitano Rabb sembrava preoccupato, ora. Prima, allegro e sorridente, ora preoccupato. Quei due erano davvero divertenti, pensò tra sé: fino il giorno precedente, sembravano sul punto di sbranarsi a vicenda e adesso… Fu distolto dai suoi pensieri dalla voce del capitano che domandava di nuovo: “Sa se doveva andare da qualche parte, prima?”

“No, signore. A quest’ora, il colonnello sarebbe già dovuta essere qui, come ogni mattina. Lei è sempre molto puntuale…” replicò Galindez.

“Già… a differenza del sottoscritto, vero? ” sottolineò, divertito Harm.

“Signore, non mi permetterei mai…” si scusò il sergente.

“Lascia stare, Galindez…” lo congedò allegro il capitano, con un gesto della mano, prima di dirigersi nel suo ufficio.

Ma quando fu dentro, l’aria allegra lo abbandonò subito. Per quale motivo Mac non era ancora arrivata? Cosa poteva esserle successo? Calma, amico! Perché andava subito a pensare che le fosse successo qualcosa? Magari aveva semplicemente trovato traffico ed era un po’ in ritardo…

Oppure era sulle nuvole, proprio come lui, e si era fermata davanti a qualche negozio per bimbi! Del resto, non lo aveva fatto anche lui, quella mattina?

Giocattoli!

Lui aveva perso ben quindici minuti davanti al negozio di giocattoli, ad ammirare quel grande orso esposto in vetrina. Quella sera stessa sarebbe passato a comperarlo. L’avrebbe già acquistato se non fosse stato trattenuto dal tipo di spiegazioni che avrebbe dovuto fornire in ufficio, se si fosse presentato con un orso grande quasi quanto lui, in braccio!

Provò a concentrarsi sui documenti prelevati da casa, che doveva esaminare. Ci provò, ma fu inutile. Da quella mattina, immagini di Sarah col pancione s’insinuavano continuamente nella sua mente… accompagnate da altre di loro due assieme al loro bambino…

Sarebbe stato un maschio o una femmina? Non aveva importanza. Era sufficiente, per lui, che fosse sano e che, sia Sarah sia il piccolo, stessero bene. Si allungò sulla sedia, le gambe accavallate alle caviglie, un dito che sfiorava le labbra, nella sua solita espressione di quando era pensieroso… Se fosse stato un maschietto, avrebbe potuto insegnargli a volare… E perché no ad una bambina?

Fu così che lo trovò il tenente Roberts, quando mise dentro la testa nell’ufficio del capitano Rabb per avvertirlo che c’era una telefonata per lui.

“Non ha detto chi è, capitano. Cosa faccio? Gliela passo?”

“Si, Bud, grazie” rispose Harm, ritornando a fatica sulla terra. Quando alzò la cornetta e sentì la voce contraffatta all’altro capo, gli si gelò il sangue.

“Buongiorno, paparino… ti manca tanto la futura mammina?”

Harm si alzò in piedi, all’improvviso: “Chi sei? Cosa vuoi?” gridò al telefono.

Bud guardò Galindez: anche lui aveva colto la voce preoccupata del capitano.

“Calma, paparino!” continuò lo sconosciuto. “Bella donna, il tuo colonnello! Un po’ testarda… proprio come te. Ho dovuto legarla, per farla star tranquilla...” lo sfidò.

“Lasciala stare! Giuro che se le torci un solo capello, ti ammazzo con le mie stesse mani!” la rabbia gli esplose in corpo, assieme al terrore per Sarah.

“Tu non puoi più dirmi quello che devo fare. Sono io che detto le regole, questa volta” replicò l’uomo con odio.

“Cosa vuoi?” chiese di nuovo Harm, la voce dura e decisa.

“A parte spassarmela col tuo bel bocconcino? “ lo stuzzicò di nuovo.

“Maledetto…” gridò, sbattendo una mano sulla scrivania.

Sentendo il colpo, Bud si preoccupò moltissimo. Il capitano Rabb era solitamente calmo, al telefono. Doveva essere successo qualcosa di molto grave.

“Voglio te, capitano...” proseguì la voce sconosciuta.

“Chi sei? Come ti trovo?” domandò deciso Harm: se quel bastardo voleva lui, lo avrebbe accontentato subito, purché lasciasse immediatamente libera Sarah. Sentì la paura serrargli la gola, come una mano che lo stringeva dall’interno.

“Vuoi sapere troppe cose. Ci risentiamo” e la voce interruppe la comunicazione.

“Maledizione!” sbottò Harm, scaraventando sulla scrivania la cornetta del telefono. Poi uscì come una furia dall’ufficio, dirigendosi verso l’ascensore.

“Capitano…” cercò di fermarlo Bud.

“Dì all’ammiraglio che rientro al più presto” gridò, mentre l’ascensore si chiudeva sul suo volto stravolto dall’ansia e dalla rabbia.

 

  
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