Se
non gli fosse
servito per avere altre informazioni, avrebbe strozzato Webb in quel
preciso
istante, con le sue stesse mani, provandoci anche gusto!
“Perché
non me lo hai
detto prima?” chiese con rabbia.
“E’
successo quando
eri in ospedale” rispose Clayton Webb, con suo solito fare tranquillo,
anche se
avvertiva già le mani di Rabb attorno al proprio collo.
“E
dopo?” grido Harm
“perché diavolo non ti sei degnato di dirmelo dopo?”
“In
quei giorni
soffrivi d’amnesia e non potevi sopportare notizie che avrebbero potuto
ritardare il tuo processo di guarigione…” cercò di spiegare Webb.
Ma
Harm lo interruppe
come una furia: “Ti ho chiesto perché dopo non mi hai detto nulla!”
Clayton
non si
scompose e proseguì nel suo resoconto, apparentemente per nulla turbato
dall’odio che leggeva negli occhi del capitano Rabb.
Per
lui, quell’uomo,
era uno stimolo continuo.
Harmon
Rabb e Clayton
Webb si assomigliavano in molte cose, pur essendo, all’apparenza,
diversi sia
nell’aspetto, sia nel carattere: entrambi molto intelligenti e acuti,
pronti
all’azione e rapidissimi nel prendere decisioni. Ma, mentre Webb era
sempre
calmo ed enigmatico, il capitano Rabb, se fatto arrabbiare, diventava
una furia
e non lo nascondeva. Si rispettavano a
vicenda, anche se Harm non sopportava quando Clayton lo coinvolgeva, a
volte a
sua insaputa, nelle sue operazioni top-secret della CIA, e Webb
impazziva ogni volta
che Rabb agiva di testa sua, senza seguire i suoi ordini.
“Pensavamo
di riuscire
a catturarlo di nuovo, prima che tu ti riprendessi e venissi a saperlo.
Anzi,
eravamo convinti che cercasse di ucciderti mentre eri in ospedale. Per
questo
motivo avevo ordinato che ci fosse sempre qualcuno a tenerti d’occhio…”
disse
Clayton.
“Quindi
mi hai usato
come esca?” chiese, duro, Harm.
Clayton
sorrise,
enigmatico come sempre. Non riusciva mai ad imbrogliarlo. Harm scopriva
sempre
quando cercava di nascondergli qualcosa. Se non fosse stato per quel
suo
carattere impulsivo e poco incline ai compromessi, sarebbe stato un
magnifico
agente segreto! Possedeva un intuito infallibile, che sempre lo traeva
d’impaccio, a dispetto della sua natura, che, invece, lo cacciava
spesso nei
guai.
“Diciamo
che lo potevi
essere, sì. Ma non si è fatto vivo. Allora abbiamo pensato che avesse
placato
la rabbia nei tuoi confronti e avesse preferito dileguarsi, magari
andandosene
all’estero, per non correre il rischio di finire di nuovo dietro alle
sbarre.
Non immaginavo che potesse cercarti ancora. Sei sicuro che si tratti di
lui? Mi
hai detto che hai saputo che Mac ha aiutato un vecchietto ad andare in
ospedale, ma non c’è mai arrivata. Magari è un pazzo qualunque…” disse
Clayton.
“Dimentichi
che Clark
Palmer è un mago nei travestimenti. Una volta mi ha rapito, ha usato la
mia
faccia per crearsi una maschera che lo facesse assomigliare in tutto e
per
tutto al sottoscritto e poi ha preso il mio posto in tribunale,
riuscendo a
beffare persino l’ammiraglio” gli ricordò Harm.
“Inoltre
non c’è
nessuno che mi odi quanto lui! Non ho mai ben capito perché ce l’abbia
sempre
avuta con me, fin dalla prima volta… Quell’uomo ha una vera fissazione
nei miei
confronti! Ora ha rapito Mac…” continuò con ansia.
Clayton
lo guardò di
sottecchi: Harm era troppo turbato, per essere solo in ansia per la sua
collega. Ci doveva essere sotto qualcos’altro. La sua mente di spia
cominciò a
lavorare.
“Perché
mai ha rapito
Mac se è te che vuole?” chiese.
“Perché
sa quanto
tengo a lei… lo ha fatto per arrivare a me” rispose Harm, sicuro.
“E
quanto tieni a
lei?” chiese dubbioso Clayton. Sapeva dell’amicizia che legava quei
due, ma
rapire una collega, per arrivare ad Harm…
“E’
la mia migliore
amica, lo sai, Clay! E’ la mia partner sul lavoro… Palmer lo sa e l’ha
rapita
per questo” rispose Harm, cercando di minimizzare la sua ansia per
Sarah. Se
Clayton avesse solo immaginato il vero legame che c’era tra loro due,
avrebbe
fatto di tutto per tenerlo all’oscuro di qualunque notizia, pur di non
averlo
tra i piedi. Non avrebbe mai sopportato di avere alle calcagna un
innamorato
angosciato per la sorte della sua donna e di suo figlio nelle mani di
uno
psicopatico. Cercò di non pensare a quel bambino che ancora non
conosceva, ma non
ci riuscì. Era in ansia da morire per Sarah e per la creatura che
portava in
grembo.
“D’accordo,
allora.
Cerchèrò d’indagare. Proveremo a mettere sotto controllo il tuo
telefono a casa
e in ufficio per tentare di rintracciare la telefonata. Ma tu fammi
subito
sapere se si fa ancora vivo…” disse Webb. Poi chiese: ”L’ammiraglio sa
già di
Mac?”
“Non
ancora… glielo
dirò appena torno in ufficio” rispose Harm, prima di aprire la porta e
uscire
dall’ufficio di Clayton Webb.