Axl respirava lentamente sul suo petto, i capelli rossicci gli circondavano il viso angelico e contrastavano con la pelle diafana. La luce al neon che illuminava la stanza avrebbe reso più brutto qualsiasi essere umano, ma non lui, non il suo angelo.
Dall’ultima volta che si erano incontrati era passato troppo tempo, aveva aspettato quel momento con impazienza, ed ora che era arrivato si sentiva vuota e allo stesso tempo sopraffatta da una gioia inumana. Era stata dietro ad Axl fin dal liceo, ma tra le mura di quella scuola lui le aveva lanciato solo qualche sguardo a metà fra l’indifferente e l’ammirato. Certamente per il suo stile e i suoi modi di fare si distingueva dalle altre ragazze, ma a quei tempi tutto quello non era bastato a conquistarlo. Ora invece riposava sul suo petto, placido come un bambino. Già le mancavano i suoi occhi verdi smeraldo, simili a quel lago dove da piccola in estate faceva lunghissimi bagni. I suoi occhi avevano lo stesso riflesso vivo e cristallino, erano sfuggenti proprio come l’acqua fresca tra le dita. La ragazza era sicura che se fosse morta guardando i meravigliosi occhi di Axl sarebbe morta felice.
Lentamente prese la mano destra del ragazzo fra le sue, e fece tutto questo con il tocco di una farfalla perché non voleva svegliarlo e rovinare quel momento così perfetto. Era tutto simile ad un sogno, nulla sembrava reale, nemmeno il battito del suo cuore che non voleva saperne di rallentare, nemmeno il naso del ragazzo che le solleticava la spalla.
Poggiò la mano inerme del ragazzo all’altezza del cuore, e con questo semplice gesto un brivido di piacere si propagò per tutto il corpo. Osservò a lungo quella mano così robusta ed elegante, virile ma anche affusolata, come se volesse imparare a memoria ogni piccolo solco che si trovava su di essa. Forse le mani di Axl rappresentavano il suo carattere complicato e contrastante. Lui era in perenne lotta con se stesso, e lei era sempre pronta ad alleviare il dolore che si portava dietro da una vita anche solo per un ora.
Rivederlo la lasciava sempre distrutta e demoralizzata, anche se inizialmente con lui si sentiva amata e protetta, si sentiva a casa. Ma era quando tutto finiva che le piombavano addosso tutti i suoi problemi, tutti i debiti in cui era immersa fino al collo, e tutto lo schifo della sua vita quotidiana le si riappiccicava addosso come una colla scadente.
Mentre era immersa in quei pensieri così cupi e amari si avvicinò alla borsa di pelle che aveva abbandonato sul pavimento e ne estrasse una forbice. Tagliò una ciocca di capelli di Rose e se la mise in tasca, decidendo che non se ne sarebbe mai separata.
Poi lasciò sul comodino la lettera che aveva scritto la sera precedente alla luce di un accendino, raccolse i suoi anfibi sfasciati e abbandonò la stanza sbattendo la porta.