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Autore: Il_Genio_del_Male    06/02/2012    14 recensioni
John non si sente troppo bene, e la colpa è di Sherlock.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Mpreg
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- Questa storia fa parte della serie ''We're not a couple'. 'Yes you are'.'
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NOTE: Come si suol dire, l’appetito vien mangiando… Ed io, a furia di scrivere cazzate random, mi sono affezionata a questa storia, motivo per cui avrei una mezza intenzione di farne una long fiction come si deve. Che ve ne pare? E’ un’idea sensata o è meglio che mi fermi qui, limitandomi a concludere con al massimo una quinta e ultima parte? Fatemi sapere, la vostra opinione è fondamentale.

Vi avviso, questo capitolo è un po’ più pazzerello del solito. Partecipa al primo giorno della Sherlock Week @ sherlockfest_it (finalmente una botta di vita, yay!).

Buona lettura!

 

 

 

 

 

Il cellulare del dottor Watson prese a squillare quasi a tradimento mentre era impegnato a godersi la sua meritata pausa pranzo, piluccando un’insalata di pollo in compagnia di Sarah.

“Scusami un attimo” si rivolse alla donna, lanciando un’occhiata al display lampeggiante. Si alzò e si allontanò dal tavolo; ci teneva alla sua privacy.

“Pronto?” rispose incerto, non avendo riconosciuto il numero.

“John, sono io”.

“Sherlock? Tu non mi chiami mai al telefono. E’ successo qualcosa?” si agitò, la voce venata d’ansia.

“Niente di rilevante, non preoccuparti. E’ stato Boswell a chiedermi di telefonarti, in verità” lo informò il detective.

“Come no” scoppiò a ridere. “Perché non ammetti semplicemente che ti mancava il suono della mia voce, invece di tirare in ballo nostro figlio?”

“Se fosse come dici tu non avrei problemi a darti ragione, ma è stato davvero Boswell” ribadì, risoluto. “Mi ha guardato, poi ha indicato il cellulare e ha detto: ‘Telefono. Papà’, portandosi una mano a mo’ di cornetta vicino all’orecchio. Più chiaro di così…”

“Sherlock”, il dottore alzò gli occhi al cielo, “è troppo piccolo e decisamente troppo umano per emulare E.T. Piantala, ok? Ti stai rendendo ridicolo”.

“Perché mai dovrei mentirti, John?” si schermì lui, suonando quasi offeso.

“Sei lo stesso uomo che una volta ha cercato di drogarmi con dello zucchero nel caffè. Permetti che, almeno, non prenda ogni tua parola per oro colato” borbottò, un po’ stizzito.

“Oh Cielo, ancora con questa storia” sospirò rumorosamente Holmes. “D’accordo, visto che non mi credi te lo passo direttamente”.

“Cosa? Sherlock, che diamine-”

“Telefono” gli rispose una vocina pigolante ed inconfondibile. Suo figlio.

“Boswell, tesoro, sei tu?” domandò John, gli occhi sgranati.

“Papà! Papà!” trillò il bambino tutto contento.

“Sì, amore, sono papà” mormorò intenerito. “Stai bene, pulcino?”

“Tì tì! Papà!”

“Bravo cucciolo. Mi ripassi il babbo, adesso?”

“Vabbene. Bacio, papà!” cinguettò Boswell schioccando le labbra.

“Bacio anche a te, campione” lo salutò il padre, che non si stava sdilinquendo solo perché non era dignitoso, per un uomo della sua età, mettersi saltellare sul posto e squittire incoerentemente.

“Che ti dicevo?” lo raggiunse il timbro basso e morbido del compagno, visibilmente orgoglioso.

“Oddio, Sherlock, nostro figlio è un genio! Ha solo dieci mesi e già si esprime così bene, ha un’ottima dizione! Ed è talmente dolce” balbettò, gettando -giusto un pochino- la dignità alle ortiche.

“Buon sangue non mente: il mio cervello ed il tuo cuore” e John lo sentì sorridere.

“Scusami se non ti ho creduto subito” sussurrò, contrito.

“Fa niente. Per una mente comune come la tua è difficile abituarsi a tanta genialità, lo capisco” lo prese in giro.

“Sì, beh” ridacchiò. “A proposito, a chi appartiene il cellulare da cui mi stai chiamando? Sento un brusio in sottofondo”.

“Oh, è di Anderson”.

“Anderson? Santa pace, mica avrai portato Boswell a fare il sopralluogo di un luogo del delitto-”

“No, sono a Scotland Yard. Mi ha convocato Lestrade, si tratta di un caso di furto a livello internazionale; nulla di rischioso per la salute mia e dei bambini” disse, sottolineando il plurale.

“Magnifico. Tu, piuttosto, come ti senti? Nausea, mancamenti, crampi?” chiese in tono professionale.

“Bene. No, no e no”.

“Meglio così. Adesso devo lasciarti, Sarah mi sta facendo segno che è ora di tornare in ambulatorio” annuì in direzione della collega, tastandosi le tasche della giacca alla ricerca del portafogli. “Ricordati dell’appuntamento di questo pomeriggio e dai un bacio al piccolo da parte mia. Salutami Lestrade”.

“Sarò fatto, dottore”.

“Ti amo”.

“Anche io” rispose immediatamente il compagno con invidiabile nonchalance.

“Ci vediamo dopo” chiuse la telefonata John, frastornato, domandandosi se si sarebbe mai abituato a sentire Sherlock esprimere i suoi sentimenti così liberamente.

 

 

“Molly Hooper? Abbiamo sbagliato reparto, per caso?” si stupì Sherlock, steso sul lettino in attesa di essere visitato con John che gli teneva la mano, quando vide la patologa varcare la soglia della stanza.

“E’ sempre un piacere vederti, Sherlock. John” li salutò timidamente lei. Un guizzo divertito le illuminò gli occhi quando il suo sguardo si posò sul pancione di quattro mesi abbondanti del detective.

Come biasimarla? Persino John trovava assolutamente esilarante la visione di uno Sherlock incinto, con i piedi inconsciamente a papera e le lombari inarcate.

“Ciao Molly” le sorrise. “Sei passata a trovarci?”

“Non proprio. In realtà sono qui per visitare il futuro mammo” e si morse le labbra per non scoppiare a ridere.

“Tsk, al St Bartholomew devono proprio essere messi male per chiedere ad una patologa, per quanto discretamente competente, di effettuare un’ecografia” ironizzò il mammo in questione.

Sherlock” lo rimbrottò l’altro.

“C’è scarsità di personale, ultimamente” si strinse nelle spalle lei. “Ma non preoccupatevi, so quel che faccio: sto prendendo una seconda laurea in ginecologia”.

“Patologa e ginecologa, eh? Morboso” rifletté soprappensiero Sherlock.

“Grandioso, vorrai dire! Complimenti, Molly, è una bellissima notizia” si congratulò John sinceramente entusiasta.

“Grazie” arrossì lievemente la dottoressa. “Beh, vogliamo procedere?”

“Prego” concesse Holmes, trasalendo appena quando il suo ventre venne a contatto con il gel freddo. Strinse più forte la mano del biondo.

“Quasi me ne dimenticavo” Molly mosse la sonda, “dov’è Boswell? E’ da un po’ che non lo vedo”.

“L’abbiamo affidato a Mrs. Hudson. Sapessi come lo vizia, neanche fosse un suo nipotino! E proprio oggi ha pronunciato le sue prime parole” disse John, gonfiando il petto.

“Di già?” sorrise lei, lo sguardo fisso sul monitor.

“Sì, è un portento di bambino-”

“Scusa se ti interrompo, John, ma ho appena sentito il battito dei cuori” intervenne la ragazza, emozionata.

Silenzio.

Sherlock ed il compagno si scambiarono un’occhiata sgomenta. “Molly Hooper, abbiamo sentito bene: i cuori?” gracchiò il primo.

“Sì sì, i cuori. Sono due, sentite?” alzò il volume dell’audio. “Ecco, guardate qui”, indicò un punto sullo schermo, “quelle sono le testoline”.

“Due?” ripeté il detective.

“Senza ombra di dubbio” affermò soddisfatta.

“Oh cielo, credo di non sentirmi troppo bene” smozzicò, a fatica, il dottore.

“E c’è di più”, proseguì lei imperterrita, “sono un maschio ed una femmina, pensate un po’!”

John si sentì venire meno, e svenne con la stessa grazia di un sacco di patate.

 

 

 

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Well, anche questo capitolo è terminato. Che ve ne è parso? E soprattutto, la long fiction s’ha da fare o no?

Questa, se vi interessa, è la mia pagina autore su Facebook, per seguire in diretta i miei scleri (http://www.facebook.com/pages/Il-Genio-del-Male-EFP/152349598213950).

Statemi bene, cari!

*si eclissa*

   
 
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