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Autore: evenstar    16/09/2006    23 recensioni
Quasi tutti abbiamo una nostra tazza per la colazione, molti hanno il loro bicchiere personale, Ron Weasley ha la sua forchetta, e non provate a togliergliela.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La forchetta.

 

Ron e Hermione erano in piedi nella cucina della Tana, uno di fronte all’altra, guardandosi in cagnesco. Hermione aveva le mani appoggiate ai fianchi in atteggiamento di battaglia, i capelli più ingarbugliati del solito, gli occhi lucidi e le guance arrossate per la furia, mentre il volto di Ron stava assumendo la stessa tonalità dei capelli, che le orecchie avevano già raggiunto da qualche minuto. Intorno non c’era nessuno: Molly aveva dato loro il compito di apparecchiare la tavola mentre lei finiva di stendere il bucato in guardino, rigorosamente alla maniera Babbana, per evitare che i vicini si accorgessero di qualcosa; tutti gli altri componenti della famiglia si erano dileguati in tempo per non ricevere dei compiti dalla donna, ma i due ragazzi non erano stati sufficientemente svelti. In teoria si trattava di un compito noioso ma decisamente semplice da eseguire: nelle mani dei due si era trasformato nell’ennesimo motivo di litigio.

- Ronald, - disse con apparente calma Hermione, usando però il suo nome completo come faceva solo quando era sull’orlo di far esplodere la sua rabbia. – E’ una semplice forchetta, una qualunque, non importa a chi va, - disse, scandendo bene le parole e prendendo dei grossi respiri tra una sillaba e l’altra per cercare di far sbollire la rabbia. Non era possibile che il ragazzo si rifiutasse di mangiare se non con quella forchetta, era identica a tutte le altre.

- Non è vero. Quella è la mia forchetta! – rispose il giovane Weasley urlando.

- Ma cosa importa, è uguale a tutte le altre! – gli rispose Hermione, fissando il mazzo di forchette che aveva nella mano destra e quell’unica forchetta che invece teneva nella sinistra. Era incredibile che si fossero davvero messi a litigare furiosamente per una forchetta: una misera, storta, vecchia forchetta.

- Non è uguale a tutte le altre, ti dico, - riprese Ron, strappandole dalla mano la forchetta e fissandola con sguardo adorante. – E’ la mia, capisci, mia. Non la puoi dare a chi capita.

- Ma come fai a dire che è la tua? – chiese Hermione, cercando di calmarsi e riprendere una conversazione civile.

- Guarda! – sbottò il ragazzo, piazzandole la forchetta davanti al viso. Era effettivamente molto simile a tutte quelle che ancora aveva in mano la ragazza: il manico era in plastica azzurra, con un foro nella parte terminale che permetteva di appenderle al portaposate di cui faceva parte. Simile appunto, non uguale. – Lo vedi, tutte le altre fanno parte del servizio e non hanno queste righette orizzontali nel manico, che invece ha la mia.

Hermione la guardò incuriosita e in effetti vide le righette e vide che l’azzurro era un po’ diverso da quello di tutte le altre, ma vide anche qualcos’altro che le fece storcere la bocca. – Ron, che sono queste tacchette sul manico? – chiese, calmandosi un po’.

- Ehm, - il volto di Ron divenne ancora più rosso dei suoi capelli e il ragazzo si mise ad ondeggiare, spostando il peso del corpo avanti e indietro, chinando la testa e abbassando lo sguardo. – Quelli… ehm, sono… morsi, - mormorò.

- Che cosa? – sbottò Hermione, schifata.

- Morsi, va bene? – le rispose Ron, offeso dalla sua reazione. – C’è chi passa il tempo a morsicare le penne, io morsico la forchetta.

- Ma, ma… è assurdo! – sbottò la giovane, che non si ricordava di aver mai sentito una cosa del genere in vita sua.

- Sarà anche assurdo, ma lo faccio. E quello dimostra che questa, - disse facendo ondeggiare la forchetta davanti agli occhi della ragazza, come a volerla ipnotizzare. – E’ davvero la mia forchetta. E quindi la prendo io.

- Oh, va bene, va bene, fai come vuoi allora! – sbottò Hermione, incamminandosi verso il tavolo e iniziando a distribuire le posate che ancora teneva in mano sulla tavola, mentre Ron metteva al suo posto la sua forchetta, sistemandola bene perché fosse posizionata alla perfezione.

Pian piano, man mano che portavano in tavola i tovaglioli, i piatti, i bicchieri e tutto il resto, senza alcun altro incidente diplomatico, il volto di Ron riprese il suo colore naturale e solo le orecchie rimasero un po’ arrossate, mentre gli occhi di Hermione ritornarono tranquilli e le sue guance assunsero di nuovo una tonalità rosata. Quando ebbero finito la ragazza si lasciò cadere sulla sedia davanti al posto di Ron, fissando la sua forchetta con aria decisamente incuriosita. Ron, da parte sua, si sedette di fianco a lei, come a sorvegliare le sue mosse.

- Davvero non capisco… - disse la ragazza pensierosa.

- Che cosa? – chiese Ron.

- Ho sentito di qualcuno che ha un suo bicchiere, una sua tazza; è normale avere il proprio tovagliolo ma… la forchetta? – chiese, fissando lo sguardo negli occhi dell’amico. – Perché?

Ron all’inizio mise il broncio e pensò di non rispondere, di fare come suo solito alzandosi e borbottando che nessuno lo capiva allontanarsi dalla stanza e da quelle domande imbarazzanti, ma poi si decise a parlare. – Tu sai che odio la carne in scatola? – chiese ad Hermione.

- Sì certo, tutte le volte che la vedi fai una pantomima incredibile e ti comporti come un bambino, - rispose lei tranquilla.

- Grazie, - sbottò acido il ragazzo, mentre Hermione iniziava a ridere. – Cerco di aprirti il mio cuore e tu mi sfotti, - disse, posando la forchetta al suo posto e iniziando ad alzarsi.

- No, aspetta Ron. Mi dispiace, vai avanti, - lo fermò la ragazza prendendolo per un braccio e facendolo di nuovo sedere accanto a lei.

- Quello che forse non sai è che mia mamma non se lo ricorda mai, o forse confonde i miei gusti con quelli di Fred, non so; fatto sta che io sono l’unico che per sette anni è dovuto partire da casa per andare a scuola con la sacca piena di panini con la carne in scatola. Non li ha mai fatti a nessun altro dei miei fratelli, solo a me, - le confidò tristemente Ron.

Hermione trattenne a stento una risata a quella storia: dopo l’incidente di poco prima non era decisamente il caso di scoppiare a ridere al racconto triste appena finito da Ron. Però, nonostante fosse abituata ai discorsi sconclusionati dell’amico, non riusciva a trovare il nesso tra quella storia e la forchetta mangiucchiata.

- Questa forchetta, - disse Ron, vedendo l’espressione perplessa della ragazza, riprendendo in mano la posata. – L’ho trovata come omaggio in una scatola di carne in scatola quando avevo unici anni. E quindi ho deciso che fosse mia di diritto. Un modo come un altro per cercare di separarmi dalla massa Waesley.

Hermione fece un cenno di assenso: adesso credeva di aver capito anche la crisi isterica, quando lei aveva cercato di dare quella posata a qualcun altro. Non sapeva come fosse trovarsi a dividere la propria vita con 6 fratelli, essendo figlia unica, ma non doveva essere facile, soprattutto a undici anni. Lo stesso l’attaccamento di Ron a quella forchetta era qualcosa di assolutamente assurdo, ben inteso. - Capisco, almeno credo, - disse quindi. – Ma non credi che sia ora di finirla ormai? In fondo adesso tu sai chi sei.

- Guarda, Hermione, che da quando avevo undici anni non è mica cambiato niente, sai, - sbottò Ron, cominciando di nuovo ad arrabbiarsi.

Hermione sbuffò: possibile che con lui non si potesse mai parlare tranquilli e dovesse sempre essere un litigio continuo? – Come sarebbe? Sono passati dieci anni da allora, certo che è cambiato.

- No, invece. Tu non capisci, io continuo a non essere nessuno. Bill è il primo che si è sposato e ha avuto un bambino; Charlie è sempre quello che ha il lavoro più pericoloso e tutti sono preoccupati per lui; Perce, beh, lui è quello che se n’è andato; Fred e George sono quelli ricchi, che hanno avuto successo solo con le loro forze; Ginny è sempre la coccola di casa, la piccola, l’unica femmina. Ma io? Non sono famoso, non sono ricco, non ho un lavoro affascinante, non sono il più piccolo, non sono il più grande, non ho un marmocchio da mostrare in giro e non ho venduto la mia famiglia al Ministero, si lamentò alla fine.

- Ron, stai dicendo un sacco di idiozie, - sbottò Hermione, che adesso si stava alterando anche lei.

- Ah sì? Tu dici? Signorina so-tutto-io, tu cosa ne sai di come mi sento? – le urlò in faccia Ron, alzandosi dalla sedia.

- Dici idiozie perché non ti rendi neanche conto che per noi tu sei unico, lo sei sempre stato! – gli urlò lei di rimando, piazzandosi di fronte a lui.

- Per… per noi? – balbettò Ron, le orecchie rosse, ma questa volta dall’imbarazzo.

- Sì, maledizione, per noi. Per i tuoi amici, per i tuo fratelli, per Harry. Per me!

- Per te? – mormorò Ron, non credendo alle proprie orecchie.

Hermione si calmò di colpo, improvvisamente consapevole di quello che aveva detto. Ormai il danno era fatto, comunque; era inutile continuare a fingere, andava bene a sedici anni: a ventuno era decisamente ridicolo. Così, assentì muovendo lentamente la testa su e giù, non perdendo mai il contatto con gli occhi di Ron.

- Davvero? – chiese il giovane mago con aria stupita.

Hermione sospirò; era inutile: con Ron sarebbe sempre stato così. L’unica possibilità era che fosse lei a prendere l’iniziativa e a sbloccare una volta per tutte quella ridicola situazione che andava avanti da quando si conoscevano. Si sporse in avanti e prese Ron per i lembi della camicia, incollando le sue labbra a quelle del ragazzo, sorridendo vedendolo mentre sgranava gli occhi per la sorpresa e rimaneva rigido, come un manico di scopa. Fu solo dopo un tempo eterno che Ron sembrò capire quello che stava succedendo e decise che era decisamente gradevole; quindi socchiuse le labbra approfondendo il contatto con Hermione. Ad un certo punto Ron sentì che lei si stava allontanando, ma ora che la cosa era iniziata il ragazzo sapeva come andare avanti anche da solo e non aveva nessuna intenzione di separarsi dalla giovane così in fretta; non dopo tutto il tempo che c’era voluto per avvicinarla. Strinse quindi Hermione in un abbraccio stretto per trattenerla vicino a sé e, sebbene le sue orecchie fossero ormai diventate decisamente rosse, non ebbe alcun dubbio nel farlo, lasciando cadere per terra la sua forchetta, per avere una presa migliore.

 

Fine

  
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