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Autore: Kumiho    07/02/2012    1 recensioni
Io detesto il cielo del mio paese,non fa altro che piovere...
come un monito per ricordarmi quanto sono debole.
Ma è in quelle rare e brevi giornate di sole che credo di detestarlo ancora di più;perché ha lo stesso colore cristallino dei tuoi occhi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap.4

Dopo gli avvenimenti degli ultimi giorni, Inghilterra aveva ormai rinunciato a chiedersi quando sarebbe arrivato il tempo in cui America gli avrebbe annunciato che il momento di andarsene era ormai giunto.

 

Le ore non sembravano più così lunghe e, in alcuni momenti, Inghilterra pareva addirittura non accorgersi di quanto la nostalgia di casa propria iniziasse a farsi sentire. D'altro canto sapeva che quei momenti, scoperti tanto piacevoli, non sarebbero potuti durare in eterno e che, presto o tardi avrebbero dovuto concludersi.

 

Ma America sembrava non accorgersene e Inghilterra, per la prima volta, parve volergli dar corda. E così, tra offese, non più così pungenti e mirate, e piacevoli pomeriggi luminosamente soleggiati agli occhi disabituati di Inghilterra, le giornate continuavano a susseguirsi l'una dopo l'altra con una facilità ed una velocità sbalorditive.

 

Capitava che ogni tanto America dovesse uscire di casa lasciando Inghilterra da solo. Seppur non soffermandosi troppo sulle motivazioni, Inghilterra aveva capito benissimo che sicuramente doveva prendere parte a qualche consiglio o riunione di carattere nazionale e, sicuramente, anche solo il pensiero di invitare Inghilterra a seguirlo lo metteva molto a disagio.

 

Inghilterra sghignazzava tra sé e sé, subito rammaricandosi di tanta malignità, ma il pensiero che in qualche modo America potesse sentirsi a disagio messo di fronte ad una situazione che prevedeva il confronto tra la sua nazione e la sua lo rendeva inaspettatamente di buonumore. Forse si beava illudendosi di poter essere ancora qualcosa di tanto importante per lui, di non essergli indifferente come temeva... o forse , più semplicemente, gli piaceva illudersi che la questione rappresentasse una ferita ancora aperta non esclusivamente nel suo cuore.

 

Il fatto che America fosse riuscito a crescere, ad espandersi, a fiorire e sbocciare senza il suo aiuto era sicuramente motivo di un orgoglio traboccante, ma dentro Inghilterra, ciò rappresentava anche un enorme peso, che sicuramente, lo avrebbe accompagnato fino alla fine dei tempi.

 

E in quei pomeriggi in cui era costretto da solo in quella grande casa, circondato da monumenti e territori tanto vasti da non poterli immaginare, era come essere circondati dalla conferma del suo fallimento più grande. Era come sbattere la faccia contro la propria innegabile incompletezza, e più dell'invidia di tante ricchezze e meraviglie era ovvia ed immancabile l'evidenza che la sua mancanza più grande era proprio il non averlo più con sé.

 

Era uno di quei giorni quello, ed il desiderio di tornare a casa propria riprese nuovamente ad attanagliarlo come un cancro, mentre si aggirava per le stanze ed i corridoi senza una meta; in un passo lento e volutamente pigro dedito solo allo scorrere del tempo.

 

Passò in rassegna ogni singola stanza di quella villa spaziosa, scoprendosi perfino un po' sorpreso nel non trovare nulla che fosse l'effettivo emblema dell'immaturità di America; in effetti c'erano numerose piattaforme elettroniche, di cui Inghilterra essendo un gentleman vecchio stampo ignorava l'effettiva funzionalità, infiniti modellini dalle fattezze discutibili, ed il tutto contornato da numerose confezioni di schifezze di altrettanti numerosi fast food, ma che Inghilterra aveva bellamente deciso di ignorare, d'altronde sapeva che il mercato mondiale era in continuo cambiamento e volle credere che tutto ciò facesse parte di una moda insita in una quotidianità che sapeva non appartenergli, o di cui almeno non si faceva vanto, cosa di cui, evidentemente, America non sembrava preoccuparsi.

 

Nonostante queste spiacevoli scoperte, che in fondo non avevano nulla di nuovo, Inghilterra non riusciva a non provare sollievo nello scoprire che molte stanze, così come la villa stessa, avevano mantenuto il fascino delle vecchie residenze dell'età coloniale. La loro età coloniale.

 

La sala, le camere da letto, perfino la cucina, possedevano lo stesso delizioso miasma di cui, allora, Inghilterra faceva tesoro prima di ripartire per la sua isola, così potente e così lontana.

 

Perfino la vernice bianca dell'enorme portico sembrava la stessa: con le stesse screpolature su cui le sue dita si soffermavano mentre aspettava il ritorno di America da qualche sua passeggiata camuffata da emozionante esplorazione; i polpastrelli sembravano accarezzare le stesse pieghe del legno, le stesse bolle d'aria imprigionate dalla vernice di quando lo attendeva impaziente, nella sua divisa sgargiante che America adorava tanto, nei suoi stivali di quel nero lucido e brillante che America sfiorava rapito, sorpreso ogni volta dall'idea di onnipotenza e perfezione che emanavano.

 

Lo aspettava sotto quel sole sempre troppo caldo ed abbagliante, sotto quel cielo di un azzurro che gli sembrava falso, tanto era brillante. Aspettava il sorriso del suo fratellino, la sua espressione esterrefatta di quando lo avrebbe visto sotto al portico di legno, per poi scorgerne le guance divenire sempre più rosee mentre gli correva incontro, lasciando cadere le foglie sgargianti, i sassi bizzarri e tutto ciò che di più prezioso aveva trovato nella sua esplorazione, le lacrime che gli riempivano gli occhi quando infine gli si gettava tra le braccia e, abbandonando improvvisamente e definitivamente il ruolo dell'eroe, si lasciava andare ad un pianto di gratitudine e felicità.

 

 

Inghilterra sorrise continuando ad accarezzare la vernice delle colonne bianche del portico.

Probabilmente quella che lo affliggeva era una delle più violente forme di sadismo mai registrate.

Chi mai, se non un sadico, avrebbe voluto imbeversi di così tanti ricordi dolorosi, girovagando e soffermandosi in un luogo che non poteva offrirgli altro?

 

Eppure quello che sentiva avvolgerlo, nascosto dietro al fetore dell'angoscia e dei rimpianti, era un velo di tenerezza e felicità nella sua forma più soave; mentre ricordava i capelli biondi di America, la sensazione delle sue piccole mani nelle proprie, un tempo tanto più grandi, quando rammentava il sapore delle sue lacrime portate vie dai propri baci e dai propri sorrisi, sapeva che non potevano esistere ricordi più piacevoli e caldi.

 

Sentì il sorriso sfumargli via dalle labbra, mentre rientrava in casa, abbandonando il portico e rifuggendo i tiepidi raggi del sole di ottobre.

 

 

 

- Stupido...-

mormorò piano, poggiando la schiena alla porta e una mano tra i suoi capelli

-...sei davvero uno stupido.-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- ...Ing...Inghilterra...-

 

- Ciao, America, come sei cresciuto! -

 

- Sei tornato, Inghilterra!-

- Certo che sono tornato... no, non piangere! Ah, ah, ah...-

 

- N-non ridere!... Inghilterra...non te ne andare più, ti prego!-

 

- Scusami, America. Anche tu mi sei mancato tanto...per favore, non piangere.-

 

 

 

 

 

- Non piangere, America...-

 

- Non sto piangendo...-

 

 

Inghilterra aprì improvvisamente gli occhi a quel suono così estraneo, eppure così familiare da spaventarlo. Il volto di America era lì, davanti a lui. Non stava piangendo come nel suo sogno, ma non rideva neppure; era piegato semplicemente sul suo volto e lo guardava.

 

- Ti sei addormentato... - Parlò nuovamente e questa volta la sua voce gli parve mille volte meno estranea, ma fu mille volte più doloroso sincerarsi che quella era la realtà.

 

Inghilterra tacque, imbarazzato, e lentamente si mise seduto.

Era così. Era rientrato nella propria stanza e si era steso sul letto, doveva aver dormito a lungo perché la luce che rischiarava la stanza pareva quella del tramonto. Non era solito dormire il pomeriggio, ma forse, per lui che era disabituato, le emozioni di quella giornata erano state sfiancanti come una lunga e spossante corsa.

 

- Stavi sognando?...- Lo senti domandare, e i suoi occhi lo cercarono per la stanza. Ci mise alcuni secondi per individuarlo, immobile com'era, affacciato alla finestra della sua stanza.

 

-... no, io non...- Inghilterra balbettò qualche sillaba confusa mentre sentiva le guance infiammarsi: il pensiero che America potesse venire a sapere i pensieri che lo avevano attanagliato quel pomeriggio, ed il sogno malinconico che si erano portati dietro, lo mandò nel panico prima che potesse effettivamente realizzare che cosa di quella possibilità lo spaventasse così tanto.

 

-...non me lo ricordo.-

 

- Capisco.- Mormorò America guardando fuori.

 

 

Seguì un silenzio imbarazzante, uno di quei silenzi che scavano più infondo di qualsiasi confessione, o almeno fu così per Inghilterra che sentì di annegare nell'attesa di un qualsiasi pretesto per interrompere quella straziante pausa, ma America era una di quelle persone che parlavano quando dovevano tacere e tacevano quando dovevano dire qualcosa, era quasi una capacità innata come l'incompetenza nell'accorgersi di quanto disagio provocasse tale particolarità.

 

Era lì infatti, affacciato alla finestra, immobile e in silenzio esattamente come prima. Certo poteva scorgere solo la sua nuca ma si sentiva pronto a giurare che il suo volto avrebbe vantato un'altrettanta indecifrabile capacità espressiva.

In passato, ne era convinto, sarebbe bastato solo uno sguardo per guardare dentro il cuore di America, era sempre stato così... sempre. Solo pochi secoli addietro avrebbe potuto interrompere quel silenzio con una semplice parola che ad America sarebbe sicuramente sembrata la più giusta nel momento migliore.

 

Gli mancava anche quello: la sua infallibilità, la sua sagacia, la sua perfezione, ogni singolo aggettivo proclamato senza imposizione alcuna, che America gli riconosceva ogni volta che ne aveva l'occasione. Inghilterra sapeva che agli occhi della sua piccola ed indifesa colonia lui, un tempo, brillava di una luce più abbagliante della stella più luminosa.

 

E adesso? Che cosa pensava America di lui? Di lui che non era stato in grado di tenerlo con se, di lui che se l'era fatto strappare dalle mani da quella maledetta libertà... lui, le cui spalle erano diventate così strette paragonate alle sue, lui che non aveva neanche più la forza di prenderlo in braccio come faceva un tempo, che non aveva più meraviglie ed incanti da mostrargli o favole da raccontargli... ed il morbo della paura si fece di nuovo strada nel ventre di Inghilterra; mentre sentiva gli occhi bruciare ed un unico pensiero aleggiargli nel cervello:

 

“Ti prego, non provare pietà per me!”

 

 

- La senti?- La sua voce fu come il fragore di mille specchi infranti, riportandolo alla luce da quel mare nero di angoscia in cui era sprofondato.

 

Inghilterra fu solo capace di scuotere la testa, accorgendosi troppo tardi che America, ancora affacciato alla finestra non poteva vederlo; ma lui riprese comunque a parlare.

 

-... questa musica, ascolta...-

 

Inghilterra continuò a fissarlo perseverando il suo silenzio cercando di individuare una qualche melodia. Eccola, ora la sentiva. Era senz'altro una musica allegra, ma talmente fievole e lontana che non si stupì di non averla udita.

 

- Che cos'è?- Chiese alzandosi e raggiungendolo alla finestra per poterla ascoltare meglio.

 

- C'è una festa al paese qui vicino...- Rispose America poggiando le mani sul davanzale.

Inghilterra lo osservò perdurando il suo silenzio; la luce rossa del tramonto lo faceva sembrare ancora più bello ed abbagliante di come già era: il sorriso che gli increspava le labbra era dolce e malinconico, molto diverso dalla sua solita smorfia allegra. Era molto più... adulto.

 

-... Allora dovresti andare.-

 

Le parole gli uscirono dalla bocca: ne sgorgarono come acqua. Neanche in seguito seppe il motivo per cui le aveva pronunciate. Gli aveva inconsciamente fornito un'altra opportunità di scappare da lui. In fondo se era il non averlo accanto che lo rendeva felice e libero come aveva sempre desiderato, non doveva più impedirglielo.

 

Il suo cuore sussultò quando America si voltò per guardarlo negli occhi: la sua pelle era invasa dal colorito aranciato delle nuvole e del cielo in fiamme, solo i due sprazzi azzurri dei suoi occhi seguitarono a brillare fieri del proprio colore... e Inghilterra capì all'istante che se America avesse rifiutato quell'opportunità, probabilmente, non avrebbe più saputo lasciarlo andare.

 

- No...non voglio.-

 

Il suo cuore mancò un battito e, per recuperare i pochi secondi di immobilità sembrò assorbire ogni traccia di felicità presente nell'aria lì vicino al battito successivo.

 

America lo superò per dirigersi verso il letto di Inghilterra e, con uno sbuffo ci si lasciò andare sopra a peso morto.

 

- Ho cose più importanti da fare...- Aggiunse stiracchiandosi.

 

Inghilterra era ancora in piedi, dove America lo aveva lasciato. Si sentiva talmente pieno di riconoscenza in quel momento che decise che non era troppo tardi per recuperare la sua aria sarcastica di inglese cinico; incrociò quindi le braccia sul petto e si voltò verso di lui.

 

-... E queste “cose importanti” includono il bigiare e mangiare Hamburger davanti ai tuoi videogiochi?- Chiese col suo solito sorrisetto ironico.

 

-... può darsi...- Sghignazzò America chiudendo gli occhi e sospirando - Ed inoltre...- aggiunse -...sei stato tu ad insegnarmi che l'ospite viene prima di tutto!-

 

Inghilterra continuò a fissarlo, mentre si avvicinava e gli si sedeva accanto sporgendosi su di lui.

 

- Se è per questo io ti ho anche insegnato a rispettare gli appuntamenti presi.-

 

America aprì gli occhi, incontrando quelli verdi di Inghilterra.

 

- Perché fai così?- Chiese allora il più giovane fissandolo serio – Anche l'altra sera...insomma, lo so che lo fai sempre e con tutti ma... è come se la mia presenza di infastidisse...-

 

Inghilterra sbarrò gli occhi sinceramente sorpreso, oltre che dalla domanda, quando una mano di America si sollevò accarezzandogli una ciocca bionda della fronte.

 

-... io...-

 

- E' così?- Chiese America

 

- No!- Si affrettò a rispondere Inghilterra afferrandogli la mano e stringendola e, oh, il colpo al cuore che avvertì accorgendosi di quanto le sue mani erano diventate grandi e calde.

 

America sorrise, e bastò questo ad aumentare nuovamente i battiti del suo cuore.

 

- Menomale...- La mano di America ricambiò la stretta della sua ed Inghilterra non riuscì a fare a meno di fissarle e, ancora strette l'una nell'altra, se le portò in grembo.

 

Era una sensazione completamente nuova quella che gli scaturiva la visione e la sensazione della sua mano stretta in quella di America. Una sensazione così estranea a ciò che provava quando pensava a lui... ed era come se i ruoli si fossero invertiti per un attimo; e fu Inghilterra, per la prima volta, a sentirsi il bambino grato della compagnia del suo paladino, fu Inghilterra che si sentì di nuovo a casa, solo avendo quella mano grande e calda che avvolgeva la sua.

 

-... tranquillo...- Disse America travisando la sua espressione malinconica – Non moriranno di certo se non mi presento!- Sorrise stringendo la mano di Inghilterra un po' più forte, come per rassicurarlo ed infondergli coraggio; incanto che, forse a sua insaputa, si realizzò sul serio.

 

Inghilterra seguitò a fissare le loro mani strette per poi spostare lo sguardo sul volto sorridente di America. C'erano molte cose che avrebbe voluto dire ma optò per quello che ci si aspettava da una nazione come il Grande Impero Britannico.

 

- Detto da un “eroe”...- Sorrise -...suona abbastanza ridicolo!-

 

America non poté fare a meno di tacere, imbronciandosi come faceva un tempo.

Ma fingendo di non aver sentito, e con la mano che ancora stringeva quella di Inghilterra, sbuffò e chiuse gli occhi.

 

 

 

 

 

 

 

Salve, so di non aver diritto alla parola dato che è un anno che non aggiorno questa fic. sebbene mi fossi ripromessa di farla rientrare tra le mie priorità... ma i problemi e le disavventure di questa autrice (maggior colpevole la mancanza di ispirazione) non sono stati pochi, vi prego quindi di perdonarmi e continuare a seguire e commentare questa storia che ho assolutamente intenzione di finire, sia chiaro!

 

Bhè, grazie a chi mi ha seguito fino qui e chi avrà la benevolenza di commentare, a presto!

 

Slurp, Kumiho.

  
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