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Autore: RicksIlsa    07/02/2012    3 recensioni
James ~ Non ricordava la prima volta che aveva pianto.
Biancaneve ~ Le lacrime non le erano estranee.
Emma ~ Aveva pianto poche volte nei suoi ventotto anni di vita.
Henry ~ In tutta la sua vita aveva pianto più di chiunque avesse mai conosciuto.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: David Nolan/Principe Azzurro, Emma Swan, Henry Mills, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve, Signor Gold/Tremotino
Note: Missing Moments, Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Tears

 

 

 

 

James

 

Non ricordava la prima volta che aveva pianto. Sicuramente da bambino, o da ragazzino, doveva aver versato molte lacrime, ma non conservava un reale ricordo di nessuna di esse. Crescendo, suo padre aveva instillato in lui l’idea che le lacrime erano un segno di debolezza. Così, sebbene nella sua vita ci fossero state molte occasioni in cui aveva avuto voglia di piangere – la notte in cui suo padre era morto, il giorno in cui aveva scoperto di avere un fratello gemello ora scomparso, il giorno in cui aveva detto addio a sua madre e abbracciato la sua nuova vita come Principe Azzurro – i suoi occhi, per quanto pieni di dolore, erano rimasti asciutti.

Poi era venuto il giorno in cui era corso sul suo cavallo per la foresta, disperatamente deciso a raggiungerla pur sapendo che era già troppo tardi. Si era avvicinato con cautela alla bara di cristallo, circondata dai nani che l’amavano come avrebbe dovuto amarla una famiglia. Vederla giacere là immobile, senza respirare, era stato come rivivere ogni momento di dolore, ma un milione di volte più intenso.

La voce gli si era spezzata mentre chiedeva agli ometti di rimuovere il coperchio, e le lacrime erano scorse libere e senza vergogna – perché senza di lei cosa importava esser considerato un debole?

Biancaneve si era svegliata al suo bacio e il dolore aveva lasciato il posto a una felicità che non avrebbe mai creduto possibile.

Aveva scioccamente creduto che non si sarebbe mai sentito più felice che nel momento in cui Neve era diventata sua moglie. Persino se eclissato dall’apparizione della malvagia Regina, credeva ancora che quel giorno fosse stato il più bello della sua vita.

E poi, era nata Emma. E per qualche breve istante aveva tenuto il mondo intero tra le braccia. La prima lacrima era stata di gioia travolgente, di quella felicità che minacciava di esplodere nel suo cuore; la seconda di orrore e della sofferenza che era venuta con la consapevolezza che quei pochi istanti sarebbero stati i soli che avrebbero avuto.

Alla fine, cadde sotto un colpo mortale della spada nemica. Giacendo sul pavimento poteva vedere l’armadio in cui aveva nascosto Emma un attimo prima che lo trovassero.

Il duro pugno del soldato e lo scricchiolio del legno che si scheggiava furono come un colpo fisico nel suo petto, e malgrado dovesse lottare per respirare, il suo unico scopo era di continuare a tenere gli occhi aperti – assicurarsi che la sua Emma stesse bene.

La barriera di legno si spalancò, e lui ebbe una chiara visione di un armadio vuoto.

La magia aveva funzionato. Lei era salva, e forse un giorno sarebbero stati di nuovo insieme.

L’ultima lacrima che versò fu di speranza.

 

 

 

Biancaneve

 

Le lacrime non le erano estranee. Crescendo come una principessa custodita come un tesoro, la cui madre era morta troppo presto, il pianto era facile e frequente. Suo padre era bravissimo a consolarla e a trasformare i suoi singhiozzi in riso.

La sua perdita aveva fatto sì che le lacrime non si fermassero per giorni. Tutti cercavano di consolarla. Persino la matrigna, che non le aveva mai dimostrato più che una sottile tolleranza, appariva insolitamente comprensiva.

Naturalmente la maschera era andata in pezzi quando quell’empia donna aveva cercato di farla uccidere da uno dei suoi uomini nella foresta. Allora le lacrime le avevano salvato la vita.

Aveva pianto di paura mentre correva nella boscaglia, cercando di sfuggirgli. Era caduta per tre volte prima di capire che non ce l’avrebbe mai fatta.

La paura si era trasformata in accettazione quando la morte era divenuta certa. Aveva pianto ancora mentre scriveva la sua ultima lettera, implorando la matrigna di trarre soddisfazione dal suo sacrificio, di non punire il popolo. Le sue lacrime e le sue parole avevano toccato il cuore del nemico, che l’aveva lasciata andare.

Anche la seconda volta che era arrivata così vicina alla morte aveva pianto, ma la vista del viso del suo amato quando finalmente aprì gli occhi cancellò il ricordo del dolore.

Le lacrime di gioia, scoprì, erano le sue preferite.

Era stata tutto ciò che aveva sempre sognato di poter essere. Una moglie. Una madre. Pochi istanti gloriosi, finché la Regina aveva convalidato la promessa di distruggere ogni frammento di felicità che lei aveva caro.

Mentre stringeva sua figlia tra le braccia per la prima volta, in cuor suo sapeva che sarebbe stata l’ultima.

« Nell’armadio... C’è posto per una sola persona. »

Vide che suo marito non capiva ciò che stava cercando di dirgli; deglutì a fatica.

« Devi prenderla. Devi portarla all’armadio. »

Neve vide la comprensione farsi strada nel volto di suo marito. Sapeva che era una cosa terribile da suggerire, ma era l’unico modo per salvare una bambina appena nata dal dolore che la maledizione della Regina malvagia avrebbe scatenato da un momento all’altro.

« Dobbiamo darle la migliore delle possibilità! » lo implorò.

Lo vide finalmente acconsentire e, con un bacio d’addio, la sua bambina era sparita. La vastità di quanto era successo colpì duramente la forza di Neve. Non era sicura di quando fossero arrivate, ma le lacrime per la perdita della piccola scorrevano già sul suo viso mentre crollava nel letto.

Il rumore della battaglia fu abbastanza forte da riportarla al presente. Pur indebolita dal parto, sapeva di dover attraversare la breve distanza di quel corridoio per vedere cosa stava succedendo, per vedere se la sua bambina fosse in salvo. Quando si costrinse a scendere dal letto, il dolore le trafisse tutto il corpo. Ora erano lacrime di determinazione a consumarla. Percorse il corridoio più velocemente che poté fino a raggiungere la cameretta.

« No! » ansimò nel vedere il corpo quasi senza vita di suo marito, circondato dai resti del legno intagliato per proteggere la loro primogenita; « ti prego... ti prego... torna da me. »

L’angoscia tornò gioia per un solo istante. Cinque paroline, e lui se n’era andato. Suo marito. Sua figlia. Andati. Singhiozzò sul suo corpo inerte, la disperazione sempre più definita ad ogni stilla di pianto, finché la maledizione cancellò ogni traccia di tutte le lacrime che erano cadute quella notte.

 

 

 

Emma

 

Aveva pianto poche volte nei suoi ventotto anni di vita. I primi erano stati segnati dall’abbandono e dalla tristezza di non appartenere a nessun posto e di non avere una vera famiglia che l’amasse.

Non c’erano state molte lacrime nella sua adolescenza, o almeno nessuna che avesse mai mostrato a qualcuno. Erano lacrime silenziose e risparmiate per la notte, quando tutti dormivano e non c’era niente che la distraesse dalla solitudine e dal dolore di cui non si sarebbe mai sbarazzata.

Aveva diciotto anni quando alla fine avevano visto la luce del giorno. Molte le aveva versate per il dolore e la fatica del dare alla luce suo figlio. Poi si erano trasformate in un’espressione di meraviglia, al comprendere che persino una persona guasta e sporca come lei poteva dare vita a una creatura così bella. E presto erano diventate lacrime di afflizione e perdita, quando aveva dovuto dire addio e affidare questa cosa meravigliosa che lei aveva contribuito a creare a qualcun altro che la crescesse. Di certo, se avesse cercato di tenere con sé il bambino, gli avrebbe fatto del male come ne era stato fatto a lei.

Quando suo figlio, Henry, all’improvviso s’intrufolò nella sua vita e tirò lei nella sua, si ritrovò a raccontargli di quella solitudine e di quel dolore. Le lacrime che versò allora lo supplicavano di capire che l’aveva fatto perché gli voleva bene. E quelle in risposta negli occhi di lui le dicevano che era tutto a posto. Capiva, e le voleva bene a sua volta.

Da quando Henry era entrato nella sua vita, si sentiva realizzata e completa. Le cose non sono mai perfette e hanno sempre una lunga strada di fronte; ma, per la prima volta, Emma sorrideva nel buio, perché era lì che nasceva la speranza. La speranza che qualcosa di ancora più bello aspettasse lei e Henry giusto dietro l’angolo...

 

 

 

Henry

 

In tutta la sua vita aveva pianto più di chiunque avesse mai conosciuto. Il suo cuore era così fragile e la sua esistenza così solitaria che le lacrime cadevano spesso e facilmente. Sua madre gli diceva che piangere equivaleva a essere deboli, ma Mary Margaret diceva che le lacrime venivano dall’amore e che l’amore non era mai debolezza.

Pianse per la perdita di un’amicizia, quando entrò al Giardino d’Infanzia e il suo migliore amico rimase alla scuola materna.

Pianse di dolore e paura quando sua madre lo schiaffeggiò per averle fatto la domanda che ogni bambino nella sua situazione avrebbe posto: “Perché io sono l’unico, l’unica cosa in tutta la città, che cambia?”

Pianse di speranza quando gli fu rivelato che la donna che si dichiarava sua madre mentiva. Aveva una mamma diversa. Una vera mamma. Era là fuori, da qualche parte, e lui l’avrebbe trovata.

Pianse di disperazione quando nessuno dei suoi tentativi funzionò. Non importava dove guardasse, a chi chiedesse, cosa facesse; non riusciva a trovarla. Non gli era permesso.

Henry sprofondò in un pozzo d’infelicità e quasi si accontentò dell’unico piano che gli era rimasto. Mollare e aspettare di morire.

Ma poi lei gli fece un regalo. Mary Margaret vide la sua disperazione e gli diede un bellissimo libro pieno di storie classiche, storie di speranza con le quali il bambino sentì un fortissimo legame. Mentre leggeva ciascuna di quelle preziose favole, le lacrime scendevano libere. Fu intimorito da questo dono, questa guida che era la risposta a tutte le sue domande. Il motivo per cui lui era l’unico che cambiasse mai. Chi erano tutte queste persone, intrappolate nel tempo, che lo circondavano. Gli diede persino un nome. Finalmente un punto da cui iniziare. Il nome di sua madre. Emma.

La trovò, credendo che tutti i suoi problemi si fossero risolti. Ma lei non era ancora pronta. E ben presto stavano litigando, seduti nel freddo del suo castello. Il suo rifugio. Cercò di farle capire quanto orribile fosse la sua vita, ma poi lei gli disse quanto orribile era stata la sua.

Piangeva, mentre glielo diceva. E lui ricordò le parole di Mary Margaret. Le lacrime di Emma gli dicevano che lo amava. Qualcosa che lui sapeva già, ma fu comunque un tesoro la prova racchiusa in ciascuna di quelle gocce salate che le scendevano sul viso.

Doveva solo avere pazienza. E altre lacrime sarebbero cadute, lacrime d’amore che l’avrebbero reso più forte.

 

 

 

Mr. Gold

 

Li guardava da lontano. Una famiglia che, lentamente, stava trovando la via per ricongiungersi. Il dono della preveggenza che aveva posseduto nella sua precedente vita lo aveva seguito in questa. E sebbene fosse un uomo manipolativo, scaltro, e avesse chiaramente i suoi personali piani, persino lui fu toccato al punto da versare una lacrima alla vista del loro futuro. Quel giorno lontano in cui quattro persone si sarebbero guardate e avrebbero compreso chi realmente fossero. Che erano una famiglia, e che insieme sarebbero potuti vivere, finalmente, felici e contenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di traduzione

 

Questa raccolta si ricollega alla serie pre-pilotUntold Tale’, ma nelle intenzioni dell’autrice può essere letta anche indipendentemente.

La scrittura originale è un filo ripetitiva nella descrizione del dolore di ciascuno dei personaggi, e se avete avuto quest’impressione è perché ho cercato di essere il più fedele possibile. Dopotutto si tratta dei diversi modi di James, Neve, Emma e Henry di relazionarsi al pianto. È naturale che il dolore ricorra.

Aya Lawliet ~

   
 
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