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Autore: Doherty21    07/02/2012    2 recensioni
Ancora non mi capacito di come sia potuta finire così. Il destino ci aveva legati, io ci credo nel destino. Perché mi fa questo ora? Perché inseguo il mio sogno più grande per la seconda volta, ma non lo raggiungo mai?..
"Siamo l'eco di parole intrappolate infondo al cuore" Subsonica.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jared Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tirarsi su dal letto la mattina presto dopo mesi di vacanza è l'impresa più impossibile del mondo. Frastornato dalla sera precedente mi dirigo in bagno, mi concedo una lunghissima e calda doccia, mi vesto, faccio colazione, prendo la giacca, le chiavi dell'auto, la mia borsa, il pc.
Non ho dimenticato niente in nessun hotel stavolta. 
Eppure ho la sensazione che manchi qualcosa con me.
Mi guardo intorno, cercando di mettere a fuoco.
Come ho fatto a non pensarci prima? 
E' arrivato ottobre, tra poco sarà il tuo compleanno. Ventinove anni, ti rendi conto? 
E' arrivato ottobre, le foglie sugli alberi hanno preso lo stesso colore del succo d'acero, quello che ami tanto, e tra poco cominceranno a cadere. 
Una alla volta, spinte dal vento che si fa sempre più freddo e dal tempo, che scorre e non si ferma mai. Arriverà il gelo, arriverà la neve ad ovattare ogni singolo suono, bianca, regalando a tutti un senso di tranquillità relativa. 
Accenderò il fuoco nel mio grande camino e da solo sarò li a godermi il calore, l'odore forte di fuliggine, lo scoppiettio della legna. 
Arriverà Natale, e non potrò vederti scartare il mio regalo, scorgendo due occhi grandi e lucidi che si confondono con il un bellissimo sorriso.
Questa è la prima notte che passo a casa mia, a Los Angeles, dopo quasi quattro mesi.  E' tutto così vuoto senza di te, e sento che non ci sarà futuro per me in questo luogo.
Mi distolgo dai pensieri mentre esco l'auto dal grande cancello di ferro scuro e velocemente arrivo in studio.
Non entro nel tuo ufficio, non voglio vederti. Passo accanto alla grande porta di vetro satinato, corro via.
Saluto tutti i miei collaboratori, Emma, c'è anche Vicky con il pancione a rallegrarmi la giornata. Tomo è seduto accanto a lei, mio fratello arriva alle mie spalle con un caffè.
"Allora, l'hai vista?". Solo lui conosce perfettamente il mio stato d'animo. Riesco ad essere sincero solo con Shannon.
"E' sicuro che è qui, quindi? Cioè.."
"Ha in mente di licenziarsi, ma il contratto la obbliga a restare qui finché non concludiamo gli ultimi lavori"
Rassegnato mi dirigo verso il salottino di pelle chiara, accendendo il pc. Parlo con Emma di una stupida intervista che mi aspetta nel tardo pomeriggio, stranamente non ho proprio voglia di lavorare.
Canticchiavo una canzone che passavano in radio mentre ero stravaccato sulla poltroncina girevole e mi dondolavo come un bambino, quando alcuni passi decisi e rapidi si dirigevano nella stanza. 
Non bussi mai prima di aprire qualsiasi porta, ma credo che anche se l'avessi fatto sarei rimasto impietrito. Esattamente come ora.
Abbracci Shannon, forte. Saluti gli altri, congratulandoti con Vicky e Tomo, accarezzando il pancione della donna con una dolcezza rara in te. Abbracci Emma, vi dondolate come ragazzine da una parte all'altra. 
Sei mancata a tutti in questi mesi.
Hai addosso un tubino nero, tacchi vertiginosi e uno dei tuoi miliardi di foulard immancabilmente ti cinge delicatamente il collo. Le note dolci del tuo profumo sono arrivate al mio naso ancor prima che entrassi nella stanza, e vorticano vertiginosamente nella mia mente, mentre sei di fronte a me e mi guardi senza proferir parola.
"Ciao" mi alzo dalla poltrona per porgerti un leggero bacio sugli zigomi chiari. Tutto intorno a noi tace, posso scorgere Shannon alle tue spalle guardarci preoccupato.
Ho le mani sudate e tremano, non riesco a reggere il tuo sguardo felino, lo stesso che mi ha fatto innamorare di te. Te ne accorgi, sorridi.
"Mantieni la calma, Leto"; poggi la tua mano destra sulla mia spalla, rassicurandomi, le dita adornate da mille anelli.
Mantieni la calma, Leto. Mi ripetevi questa frase miliardi di volte al giorno, quando litigavamo, prima di uno spettacolo, di un intervista, quando qualcosa sul lavoro andava male. 
Sorrido anche io, alzo il capo e finalmente trovo la forza di guardarti negli occhi.
Il mondo è una piccola palla di vetro soffiato, leggero e fragile, e in questo momento cade lentamente sulla mia testa, rompendola in microscopici pezzi. 
Mi offuschi i pensieri. Una sirena incantatrice non può far altro che portarti alla morte, godendo però. Ed è esattamente quello che riesci a fare ogni volta.
"Come stai?" riesco finalmente a pronunciare, dopo secondi simili a secoli.
Ti passi la mano tra i lunghi capelli castani e pensi un attimo, restando titubante alla mia domanda.
"I tacchi mi fanno male" esclami alla fine, guardandomi curiosa. "E tu?"
"Bene, grazie"
E' la bugia universale. Bene, grazie, e tu?
E' un po' come decidere di iniziare la dieta domani, un domani che non verrà mai. E' come sottolineare le pagine di un libro e convincersi di aver studiato, come fumare l'ultima sigaretta, la prima di una lunghissima serie di ultime sigarette. 
In realtà non so come sto, ho banchi di nebbia in testa. Sto male da mesi infiniti perché nella mia vita manchi tu, ma la tua presenza ora mi ha confuso talmente tanto che non riesco a ricordare nemmeno quale sia il mio nome. 
Suona il tuo cellulare, ti allontani per rispondere.
Odi parlare a telefono, ma il tuo lavoro ti impone di passare le giornate praticamente così.
La cosa che ammiro di te è che continui a lavorare per me anche dopo tutto quello che è successo, fingendo di essere indifferente a tutto, come sempre. 
Non ti sei nemmeno incazzata quando mi hai trovato a letto con un'altra. Hai chiuso la porta della camera d'albergo e sei andata da Shannon.
"Tuo fratello è a letto con una donna, tante care cose da parte mia. Io torno a casa" sono state le uniche parole che hai detto. Non hai fatto nemmeno le valigie, ho ancora tutti i tuoi vestiti a casa mia, assieme ai tuoi adorati gioielli, alle foto della tua famiglia. 
Hai cambiato numero ed hai obbligato tutti ad impedirmi di cercarti in qualsiasi modo, non mi odi nemmeno, hai detto che ti sono semplicemente indifferente, che non merito la tua attenzione, ed ora mi parli come se niente fosse mai accaduto tra di noi. 
Come se non fossimo mai stati fidanzati, come se non avessimo mai deciso di sposarci e non avessimo mai organizzato nulla. 
L'unico rapporto che hai con me è sul piano lavorativo, io sono il tuo capo e tu lavori per me, ed io ti pago per questo.
Mi tornano in mente tante cose passate con te, ogni giorno una diversa, e fa sempre tutto più male.
Vorrei tornare indietro e rivivere quello che è stato di noi come un loop temporale infinito.
Ci conoscemmo nell'ormai lontano duemilacinque, all'epoca mio fratello si occupava di trovare un assistente per il gruppo. Era il periodo in cui il progetto Thirty Seconds To Mars aveva preso il volo. Il mondo cominciava a conoscerci meglio, aprendo le nostre prospettive. Non era più un gioco, era il nostro futuro. Le vendite degli album si moltiplicavano, avevamo richieste da ogni parte del mondo, avevamo bisogno di una come te.
Ricordo che Shannon ti scelse solo per provarci con te, ti conosceva da tempo e aveva sempre voluto portarti a letto. Ma alla fine ti rivelasti una ragazza determinata e forte, dormivi poco già di natura, perciò eri perfetta per il difficile compito che ti aspettava. E in più occupavi pochissimo spazio nel tour bus, se non fosse stato per le centinaia di valigie che ti portavi dietro. 
Il nostro primo approccio non fu uno dei migliori, mi eri antipatica. D'altronde risulti a tutti la solita ragazzina con la puzza sotto il naso, è una specie di punizione che ti è stata inflitta per essere sempre così professionale e decisa. Non sbagli mai a fare niente, non sbagli mai a pronunciare ogni minima parola, sei corretta e leale nei confronti di tutti. Una rarità, non so ancora chi te lo faccia fare. Infondo lo sai anche meglio di me, non vieni mai ripagata allo stesso modo da nessuno. E quello che ho fatto io a te, a me, al nostro rapporto, ne è la prova più palese. 
Non dimenticherò mai il periodo in cui ti conobbi meglio. 
Era settembre, faceva ancora caldo. Avevi molto più tempo libero, lo passavamo tutti insieme in spiaggia, a goderci l'ultimo sole di quell'estate ormai giunta al termine, mentre il tramonto rendeva l'atmosfera magica, la sabbia e il cielo rosa che si univano col mare rosso, oppure i pomeriggi in piscina, tra birre, festini, il tuo immancabile tè freddo con vodka e ghiaccio, i posaceneri stracolmi dei tuoi mozziconi di sigaretta spenti, le buste piene di erba e le canne con Shannon, ed io che mi lamentavo inutilmente, solo per attirare la tua attenzione. Mantieni la calma, Leto, mi ripetevi in continuazione. 
Finché una sera ci ritrovammo in camera da letto, a consumarci sudati sotto le lenzuola candide, in preda al troppo alcol. 
Ricordo che passasti un'intera settimana senza parlarmi, eri troppo imbarazzata per ciò che era successo. Andare a letto con il proprio capo era la prima cosa che ti sei sempre imposta di non fare.
Invece ci legammo sempre di più, finché non diventò routine andare a letto assieme. 
Non eravamo fidanzati, non aveamo la benché minima intenzione di esserlo. Furono le chiacchere dei giornalisti a farci valutare la situazione.
E allora capimmo che non poteva andare avanti così. Io la testa ed il cuore me li ero giocati per te ormai. 
Mi manca tanto trascorrere uno di quei tardi pomeriggi così, con te a fumare sulla poltroncina fucsia in centro piscina mentre mi lanciavi occhiate degne dei pensieri più sporchi. Mi dicevi sempre che ti facevo impazzire coi capelli scuri e bagnati sul viso, dicevi che con il troppo sole i miei occhi brillavano di più. 
Eri pazza di me. 
Come lo ero io di te, quando eri in costume da bagno e non potevo toccarti come volevo io, e allora ti prendevo e ti buttavo in acqua. Come quando mettevi su la musica a palla e ballavi come una stupida adolescente a bordo piscina, i fianchi non troppo pieni ma sinuosi, il tuo piccolo seno, i capelli lucidi e morbidi, il tuo bellissimo tatuaggio dietro la schiena, davvero troppo grande per un corpicino così piccolo. Come quando ti addormentavi sul petto di mio fratello la notte, davanti ad un falò in spiaggia, ed io che ero li a rosicare.
Finché non diventasti mia, tutta mia, solo mia. 
E non potrò mai dimenticare quando capii di essere innamorato davvero di te. 
Eravamo una coppia da circa una anno ormai, era agosto e pioveva quella notte. La classica pioggia estiva, leggera, fresca. La pioggia ti rende sempre tanto triste senza motivo, ed eri accanto all'enorme vetrata che si affaccia sulla piscina, intenta a guardare le goccie scontrarsi contro il vetro freddo e riversarsi sul pavimento, segnando una lunga strada che tu seguivi ogni tanto con un dito. Ti abbracciai forte, ti tenni stretta a me per tantissimo tempo, mentre qualche lacrima di tristezza ti rigava il volto liscio e delicato. 
Ti amo.
Tremavo un po' mentre mi confessavo al tuo cuore, ero emozionato. Non credevo di poter provare più un sentimento simile.
Invece mi sbagliavo, ti amo ancora oggi che non sei più mia.
Ti amo sempre.
Ti amo anche adesso che ti chiudi per l'ennesima volta nel tuo ufficio, senza degnarmi di uno sguardo, di una parola. 





Beh che dire, ho capito che essere triste e non trovare alcuna soluzione ai problemi mi porta grande ispirazione, in risvolto della medaglia in pratica :) 
Spero che questa nuova FF vi garbi, l'avevo in mente da un po' e finalmente la pubblico qui..
Il titolo della storia è una frase di Abitudine dei Subsonica, adoro **
Ah, mi farebbe piacere ricevere tante recensioni, sono tanto legata a questo primo capitolo :D
B.
   
 
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