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Autore: Lusty_Archivio    08/02/2012    11 recensioni
Una raccolta AU incentrata sull'amorevole (non troppo) Bardack e i suoi tranquilli (non troppo) figli, Goku e Radish. Piccoli scorci di vita tra passato e presente, tra pannolini da cambiare e discutibili problemi adolescenziali (?) da gestire.
[Toma/Seripa; Goku/Vegeta; Turles/Radish]
5. / Radish & Goku.
Conosceva un sacco di torture terribili a cui sottoporre i criminali, qualcosa tipo una frustata, un sacco di botte, l’iniezione letale o la sedia elettrica, ma quello... quello no. Santo cielo, no.
[Partecipante alla 3O Hugs Challenge su Livejournal]
[Partecipante alla "Pannolini Challenge" di Makichan]
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Bardack, Goku, Radish, Un po' tutti, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Blatereggiando.

Chiedo venia per avervi fatto attendere così tanto, ma questi benedetti capitoli cerco sempre di scriverli come meglio posso – tant’è che bene o male ciascuno e lungo circa 7/8 pagine. Coooomunque sia... grazie tantissime per tutte le vostre recensioni! Sono felice che la storia vi piaccia, e dico già che ho in progetto una piccola raccolta spin-off (che si avrà comunque più avanti, visto che con questa benedetta storia siamo appena al quarto capitolo e ancora devono essere presentati diversi personaggi), che spero riceverà lo stesso seguito di questa. Sennò piango. Anche questo capitolo è dedicato alla famigliola agli albori (?), anche se penso che già dal prossimo capitolo (al massimo due), si avranno Radish e Goku da grandicelli. Devo dire che mi piace molto scrivere di questa famigliola, nonostante di loro si sappia poco o niente. Bardack e Radish non sono freddi e spietati come i loro alter-ego saiyan, ma spero comunque che le loro caratterizzazoni siano comunque abbastanza vicine alle originali. Taaagliando corto vi saluto, perché è l’una di notte e io sto schiattando dal sonno. *le muor* Grazie come sempre per tutte le vostre recensioni, mi fate immensamente felice! ;w; Al prossimo capitolo!

 

Disclaimerchemidimenticosempre » Dragon Ball © Akira Toriyama.


 

 

P A S T (4)

Non c'è niente di meglio di una storia per fortificare lo spirito!

{Bardack, Goku & Radish}

Hug 8. Fairytales

 

 

Bardack ringhiò qualche mugugno indistinto nel sonno, il corpo scompostamente adagiato sul materasso, un braccio intirizzito sotto al cuscino e una gamba mollemente ciondolante a lato del letto. Negli ultimi tempi non faceva nemmeno in tempo a coricarsi che immediatamente piombava nel mondo dei sogni, in un’onirica maratona che aveva sempre tutte le più floride intenzioni di protrarsi fino alla mattina seguente. Da ogni sacrosanta giornata con quei due tormenti ambulanti ne usciva sempre come un reduce di guerra, sfatto a livello fisico, psicologico, ma soprattutto sull’orlo di un’irreversibile crisi di nervi. La notte, il buio e il meraviglioso letto a due piazze caldo e accogliente posto esattamente al centro della spartana camera da letto, sotto al vecchio ventilatore fischiante e poco distante dal comodino scrostato, erano al termine di quelle estenuanti battaglie dei veri e propri fautori, pronti ad accoglierlo tra le loro confortevoli braccia quando più lui ne aveva bisogno. Il materasso non era propriamente il massimo della comodità – magari era un tantino duretto, e magari aveva anche un paio di molle rotte –, ma era pur sempre meglio di nulla; d’altronde, sentendosi costantemente, profondamente a pezzi, Bardack sarebbe stato anche in grado di raggomitolarsi sul tappeto e dormire per terra.

Bofonchiò l’ennesima frase non identificata strofinando distrattamente il volto imbronciato contro la federa del cuscino, quando ad un tratto il materasso sobbalzò, inclinandosi pericolosamente verso sinistra. Sussultò una seconda volta, e un’altra ancora, iniziando a far mulinare nell’aria un alquanto fastidioso miscuglio cacofonico di uggiolii di molle e tonfi di testate di legno del letto contro il muro – contemporanei, ovviamente, a grugniti di protesta vari ed eventuali bofonchiati nel sonno.

Bardack, piegato ma non spezzato nel suo irreversibile assopimento, continuò a mugugnare contrariato sul ciglio del letargo, fino a quando un’impietosa manata non gli si abbattè dritta in faccia, strappandolo brutalmente dalla braccia confortevoli di Morfeo e rigettandolo senza pietà nel mondo dei comuni, poveri mortali. Una serie di indicibili improperi schizzò repentinamente fuori dalla sua bocca, intanto che il naso iniziava a dolere e pulsare per il colpo subito e il corpo in un movimento a definirsi automatico scattava a sedere sul materasso, rigettando malamente le coperte spiegazzate per terra.

Massaggiandosi sofferentemente la parte lesa e sentendo rimbalzare nel cranio il desiderio di ridurre ad un ammasso informe l’immondo colpevole di quel risveglio oltremodo brutale, Bardack fece schizzare lo sguardo dardeggiante a lato del letto, emanando saette incenerenti dagli occhi. Con immenso orrore si ritrovò a pochi palmi dal proprio naso le facce paffute di Radish e Goku, leggendovi nelle espressioni vagamente contrariate quello che pareva seriamente un tacito rimprovero pedante, qualcosa del tipo “guarda che i papà devono sempre essere pronti ai bisogni dei figli, sai!”.

Dopo qualche istante di attonito scambio di sguardi Goku si limitò a sbadigliare e a stropicciarsi lentamente gli occhietti appannati dal sonno, ciondolando sul posto, mentre Radish arricciò il naso e portò le mani ai fianchi, facendo ciondolare dalla mano il suo fido orsacchiotto color melanzana. Con quella smorfia saccente pareva un genitore estremamente seccato dal comportamento poco consono del proprio figlio, cosa che per Bardack risultava particolarmente irritante, soprattutto alle tre di notte e con qualche ora arretrata di sonno alle spalle.

« Che diavolo volete? », ringhiò nella penombra, combattendo stoicamente contro il desiderio di afferrare entrambi i bambocci per un orecchio e scaraventarli senza pietà fuori dalla camera.

Radish si issò sulle punte, appoggiandosi a palmi aperti contro il materasso. « Goku – Goku eh, non io – ha detto che ha un sacco di paura del buio e non riesce a dormire », esemplificò molto pragmaticamente, sbuffando dal naso. Dopo un’accorata pausa scoccò uno sguardo artificiosamente compassionevole al fratellino, che tutto pareva fuorché spaventato, con un dito in esplorazione nel naso e le palpebre semichiuse dal sonno. « Ha detto che devi raccontarci una storia, sennò non se torna a letto! », aggiunse, giusto per sottolineare l’implicito concetto “fino a quando non sentirò una fiaba non me ne andrò da questa stanza e ti renderò la notte un inferno, papino”.

Bardack lo fissò in cagnesco, ma lo sguardo determinato che ricevette in risposta dall’alto di quel metro e qualcosa di capelli fu la più eloquente e ferrea opposizione che potesse ricevere. Dominò stoicamente l’impulso di mollargli uno scappellotto in testa e si limitò a ringhiare in frustrazione, constatando sofferentemente il fatto che, nonostante tutto, quel piccolo sgorbio gli assomigliava parecchio. Aveva la stessa sfacciataggine che possedeva lui quand’era marmocchio, gli stessi occhietti scuri e piccati e quella deprecabile convinzione di essere in grado di fronteggiare il mondo intero con il potere di un irritante, puerile broncetto.

Ruotò stizzito gli occhi, incrociando le braccia al petto. Non aveva alcuna intenzione di abbassarsi al livello rasoterra di quelle idiotiche famigliole che raccontavano le storielle melense ai marmocchi prima di spedirli a letto, comunque. Ne andava del suo onore di uomo. Certe atmosfere smielate non facevano per lui. Avevano la capacità di fargli venire il diabete solo a pensarci.

« Io non vi racconto proprio un bel niente », disse, lapidario, sbadigliando loro in faccia con una grazia straripante. « Andate a prendere un libro in salotto e leggetevelo senza scocciare ».

« Ma non ti tono libri in talotto », pigolò Goku con un pollice in bocca, ciondolando pericolosamente dal sonno sulle punte dei piedi.

« E noi non sappiamo leggere! », soffiò Radish, in un moto di profonda sofferenza interiore nel dover ammettere di non essere in grado di fare qualcosa.

In tutta risposta Bardack scrollò le spalle, giusto per sottolineare quanto si sentisse sentitamente coinvolto dalla cosa. Bofonchiò un impietoso “su, sciò, fuori dai piedi” accompagnando le parole con un gesto mulinante della mano e fece per ricacciarsi tranquillamente sotto alle coperte, quando la manina affusolata di Radish lo afferrò fulminea per la manica della maglia, trattenendolo all’ultimo istante.

« Aspetta! ».

Irritato e demoralizzato dall’insistenza del bamboccio, emise l’ennesimo grugnito rabbioso della serata (nottata? Mattinata?), passandosi stancamente una mano tra i capelli scarmigliati. « Cosa c’è adesso », sbottò, in una domanda piatta e totalmente priva di tono interrogativo.

Radish fece una smorfia. « Guarda che se non ci racconti una storia Goku si mette a piangere », si volse verso il fratellino, appostato accanto a lui con un’espressione da lobotomizzato, in procinto di crollare per terra addormentato da un momento all’altro. « Vero, Goku? ».

Il caro Goku non diede segni di vita, un indecoroso rivoletto di bava che scivolava serpentino dall’angolo della bocca e le palpebre completamente abbassate. Se dovevano essere complici, pensò Bardack, al momento la cosa stava riuscendo ad entrambi piuttosto male.

Davanti alla scarsa collaborazione del fratellino, Radish strinse stizzito i pugni e, bofonchiando l’insulto più ingiurioso di cui fosse a conoscenza – “brutto babbeo” – gli affibbiò una velata gomitata sul fianco che tanto velata non era, facendolo sobbalzare. Recepito vagamente il messaggio nel dormiveglia, il piccolo istantaneamente iniziò a piagnucolare lamentoso, diffondendo i propri tediosi uggiolii per tutta la casa.

Bardack rimase basito per una manciata d’istanti, andando poi ad increspare le labbra in un sardonico sorriso. « Gli hai insegnato a piangere a comando? », domandò atonamente, per niente scalfito da quella teatrale disperazione.

Radish istantaneamente s’irrigidì come una statua di pietra – era persino divertente vedere come cercasse stoicamente di contenersi nelle sue reazioni ogniqualvolta incassasse un colpo –, ma bastò qualche secondo perché riuscisse a riprendere il controllo di tutta la propria mirabile baldanza, tornando con il petto gonfio come quello di un tacchino e le mani strette sui fianchi. « Certo che no! », negò spudoratamente, ignaro del fatto che gli si potesse leggere esattamente il contrario in faccia, « E comunque sappi che se non ci racconti una storia continuerà per tutta la notte! ».

Calò un meditabondo silenzio, colmato solo da singhiozzi saltuari e palesemente artificiosi di Goku, corrotto con un paio di coni gelato alla fragola. Bardack guardò particolarmente schifato prima l’uno e poi l’altro moccioso, sentendo la spiacevole ed amara sensazione della sconfitta allargarsi pericolosamente nel petto.

Nonostante avesse oltrepassato da parecchio l’età delle puerili questioni d’orgoglio, c’era ancora un alone di bambinesca testardaggine che era rimasto dissotterrato in quel cimitero di ricordi che era la sua testa e che gli stava disperatamente imperando ora di non cedere assolutamente a quell’infido ricatto di bassa lega, perché quelli che aveva davanti erano solo due bambocci e lui non poteva assolutamente perdere la propria grande autorità di padre severo e fiscale in quella maniera indegna. Non poteva. Assolutamente. NO.

« Allora? », chiese Radish, ostentando un sorrisetto particolarmente malvagio sulle labbra.

« Non credere di spuntarla con me, cretinetto! », ringhiò lui con un tono tre volte più stridulo del normale, con le simpaticissime urla isteriche di Goku di sottofondo a trapassargli i timpani.

Alla fine, ovviamente, Radish riuscì a spuntarla.

 

 

 

***

 

 

 

La scassata abatjour sul comodino emanava un alone giallognolo nella silenziosa e soffusa atmosfera della camera, tremolando di tanto in tanto come la fiammella precaria di una candela. Il grande letto matrimoniale era ridotto ad un informe ammasso confusionario di lenzuola e cuscini, accatastati alla rinfusa gli uni sugli altri in modo tale da formare una morbida, rassicurante fortezza. Bardack stava scompostamente poggiato di schiena contro la testiera, le gambe conserte sul materasso e dipinto in volto un’espressione tracimante di sentito desiderio suicida. Radish stava nella medesima posizione poco distante, l’orsetto color melanzana poggiato tra le gambe e gli occhioni baluginanti di aspettativa, mentre dalla sua imponente zazzera color petrolio spiccava il muso rotondeggiante del fratello, abbarbicatosi sopra alla sua testa per avere una buona visuale del padre ed al contempo un comodo appoggio sui cui eventualmente tornare a dormire.

Radish si rimestò infastidito sotto all’esiguo peso di Goku, levandosi la mano che gli si era tranquillamente accollata sulla guancia, dopodiché tornò a fissare il suo papà con sguardo incalzante.

Bardack roteò stizzito gli occhi, chiedendosi che diavolo avesse fatto di male per ritrovarsi a raccontare storielle per bambini scemi a due bambini effettivamente scemi. Abbassò le spalle e, vinto su tutti i fronti e con l’orgoglio in pasto al pubblico vilipendio, iniziò a raccontare con una voce dall’oltretomba: « Alloooora... », esordì, con tono piatto e cantilenante, « C’era una volta una bambina che indossava sempre un cappuccio di velluto rosso, e per questo motivo tutti, essendo persone molto originali, la chiamavano Cappuccetto Rosso ».

« Ma Cappuccetto Rosso è un nome scemo », bofonchiò Radish, incrociando deluso le braccia le petto. « E anche le bambine sono sceme ».

Bardack gli scoccò un’occhiataccia in tralice, poi continuò a raccontare. « Un giorno sua madre le disse: “Cappuccetto, tua nonna sta uno schifo, è bloccata a letto come un relitto umano e non può cucinare—».

« Cos’è un relitto umano? », lo interruppe ancora Radish, allargando gli occhioni neri.

« Quello che diventano tutti sugli ottant’anni », rispose lui molto pragmaticamente, ottenendo risposta un paio di occhiate dubbiose. Fregandosene altamente della perplessità dei figli, riprese a raccontare con verve piuttosto contestabile: « Dicevo. Anzi, diceva la madre della bamboccia: “Cappuccetto, tua nonna sta uno schifo e non può cucinare, e siccome io non c’ho alcuna voglia di uscire, valla a trovare tu e portale questo dolce e questa bottiglia di liquore da parte mia. Dille che è una mia invenzione: un cocktail di tequila, gin e vodka, ma che non ne beva troppo sennò schiatta sul colpo” ».

« Ma papà », pigolò Goku, sporgendo il capo oltre ai ciuffi del fratello, « Quando si sta male non bisogna prendere le medicine? ».

Bardack fece un mulinante gesto in aria con la mano, stizzito. « Stessa roba. E adesso chiudete quelle dannate boccacce se non volete che vi spedisca in camera vostra a calci ». Istantaneamente i due bambini si rizzarono sul posto, premendo spasmodicamente le labbra l’una contro l’altra, intimoriti dalla minaccia. Soddisfatto del risultato, Bardack continuò: « Dopo averle dato il cesto con la roba dentro, prima di mandare Cappuccetto Rosso dal relitto umano, la madre le disse un’ultima cosa: “Mi raccomando, Cappuccetto, andando via non parlare con gli sconosciuti e non raccogliere le cose da terra, e quando arrivi dalla nonna non rubarle i soldi che tiene nel cassettone delle mutande ».

« Tieni soldi nel cassettone delle mutande? », domandò Radish con particolare interesse.

« Ti sembro la nonna di Cappuccetto Rosso?! », sbottò Bardack, piccato. « Certo che no! ».

Il bambino sollevò le sopracciglia in un’eloquente espressione scettica, ma non preferì non aggiungere altro. Dopo averlo fissato sospettosamente per qualche secondo ed essersi annotato mentalmente di nascondere i risparmi nel cassettone dei calzini, Bardack riprese a raccontare: « Cappuccetto, da brava mocciosa, prese il suo cestino e si inoltrò nel bosco. Avanzava saltellando come una deficiente quando fu fermata da un lupo grande, grosso, brutto e peloso, che le disse » e si schiarì la gola per rendere la voce più profonda e cavernosa di quanto già non fosse « “Buon giorno, cretinetta! Dove stai andando di bello?” ».

« I lupi parlano e offendono i signori che incontrano? ».

« Solo se incontrano signori cretinetti ».

« Oh ».

Adempiuto brillantemente al proprio dovere di padre nel delucidare i dubbi ai figli, Bardack tornò alla sua entusiastica narrazione perfettamente attinente alla storia originale: « Ignorando spudoratamente ciò che la madre le aveva detto giusto un paio di secondi prima, Cappuccetto Rosso rispose » e acuì la voce rendendola vagamente femminea e nasale « “Ciao, lupo demente! Ma i fattacci tuoi no?” ».

« Ma le bambine non parlano così », disse Goku, contrariato.

Radish arricciò il naso e si portò le braccia ai fianchi con un’aria di pura saccenteria dipinta in viso. « Beh, che ne sai? Magari in realtà è un maschio che si veste da femmina perché è stupido ».

« È una bambina », sibilò Bardack sull’orlo di un’evidente crisi di nervi. « Ed il prossimo che mi interrompe finisce con la testa nel water ».

I due fratellini deglutirono, atterriti, ammutolendosi all’istante. Non erano molto convinti del fatto che il padre stesse scherzando.

Bardack fece schioccare stizzito la lingua contro il palato e approfittò del momento di silenzio per fulminare i figli con una minacciosa occhiata rimproverante pregna di eloquenti minacce, dopodiché tornò al suo racconto. Con tono annoiato riprese a narrare i vari risvolti della notoria storia di Cappuccetto e del lupo cattivo, arricchendola con dettagli vagamente lugubri e discutibilmente rilevanti. Spiegò che l’animale, dimostrando un’ammirevole arte oratoria, era riuscito furbescamente ad estorcere informazioni alla bamboccia su dove e come raggiungere la casetta del povero relitto umano degente, pregustando già il sapore della carne della nonnetta sulle papille gustative. Congedandosi dalla bambina scema, ignara ovviamente delle sue reali intenzioni e preoccupata solo a rubare i soldi dal cassettone delle mutande, il predatore si era precipitato nella foresta correndo a più non posso, sbagliando un paio di volte strada ma riuscendo ugualmente a giungere a casa della vecchia prima di Cappuccetto Idiota. Lì era diventato una voce bianca e, tentando di addolcire il più possibile la voce senza rendersi conto di aver assunto un tono semplicemente grottesco, aveva bussato alla porta dell’abitazione, spacciandosi per la bambina. Il relitto umano, al quale se avessero regalato un restauro sarebbe stato meglio per tutti, l’aveva fatto entrare tranquillamente, finendo poi inevitabilmente tra le sue fauci.

« M-ma il lupo... la nonna... cioè... s-se l’è mangiata? », chiese Radish, spaventato, stringendo i pugni sui lembi spiegazzati del pigiamino.

« E mi pare ovvio! ». Bardack piegò le labbra in un sorriso storto, incrociando le braccia al petto ed incattivendo lo sguardo. « Gli è balzato addosso e se l’è pappata senza pietà! ». Radish lanciò un urletto strozzato, mentre Goku si limitò ad acquattarsi maggiormente tra i ciuffi scarmigliati del fratello, spaurito. « La vecchia non ha nemmeno fatto a tempo ad urlare », continuò lui, ostentando improvvisamente un malsano divertimento, « Il lupo l’ha assalita e le ha staccato subito la testa a morsi. Poi è passato alle braccia. E poi alle gambe. E alla fine si è mangiato in un sol boccone ciò che rimaneva della carcassa, schizzando sangue da tutte le parti! ».

Stavolta l’urlo che conseguì fu tutto fuorché soffocato. A Bardack non potè fregare di meno.

Continuando a tenere arcuate le labbra in un sorrisetto maligno – segno che, improvvisamente, si stava divertendo un mondo – continuò placidamente a raccontare la sua grottesca novella. Dopo la terribile sorte della nonna, così come si conosceva dalla tradizione, sarebbe dovuto toccare all’ingenua Cappuccetto Rosso. Spiegò che il lupo, che nonostante fosse grande, grosso, brutto e peloso non era affatto fesso, dopo essersi pappato la vecchiarda aveva indossato una sua orrenda camicia da notte e si era buttato sotto le coperte, spacciandosi per lei. Cappuccetto Rosso, che era fondamentalmente un’idiota, era giunta a casa della donna e non si era accorta minimamente del fatto che quello sotto le coperte era tutto fuorchè sua nonna.

« E allora la bamboccia si avvicinò al letto e disse: “Ma nonna, che orecchie grandi che hai!” ».

« Ma è stupida? », sbottò Radish, immusonito. « Io mi sarei accorto subito che quello sotto le coperte era un lupo! ».

Goku lo guardò con ammirazione dall’alto della sua soffice postazione, dimenandosi energicamente: « Wow, nii-chan! », trillò, entusiasta, « Sei fortissimo! ».

« Modestamente! », ridacchiò lui tronfiamente, fino a quando perlomeno un’occhiataccia fulminante del padre non stroncò ogni sua singola risata in gola. Istantaneamente la sua faccia perse colore. « Ehm, scusa ».

Bardack emise un grugnito contrariato e poi tornò ad esibirsi in un cantilenante scambio di battute, quello probabilmente più famoso dell’intera fiaba, dove Cappuccetto Rosso iniziava ad evidenziare tutte le sospette grandezze degli organi sensoriali della presunta nonnetta – ovvero, parafrasando, dava al lupo della bruttura ambulante – e, dulcis in fundo, veniva pappata pure lei in un sol boccone – o sminuzzata in tanti microscopici pezzetti di carne sanguinolenti, secondo personalissima interpretazione del contestabile raccontastorie di turno.

« E... e... e finisce così? », pigolò Goku, spaventato.

« Nah ». Bardack scrollò le spalle. « Dopo arrivò un cacciatore che, presumendo che il lupo non fosse incinto e che si fosse necessariamente pappato qualcuno, prese un enorme coltellaccio e aprì la pancia dell’animale in due – schizzando ancora una volta sangue ovunque, tanto che le pareti della stanza diventarono tutte rosse! ». Sia Goku che Radish arretrarono di poco, storcendo i nasini sia per il terrore che per il disgusto. « Alla fine ovviamente dallo stomaco del lupo uscirono solo organi mollicci e viscidume vario, oltre che i rimasugli delle carcasse di nonna e nipote. Fine. E la morale è... ehm ». S’interruppe per qualche secondo, massaggiandosi pensieroso la nuca. « Uhm, se incontrate un lupo parlante per strada, non dategli il vostro indirizzo ».

Crollò un eloquente silenzio.

I loro sguardi, dall’alto verso il basso, s’incrociarono attoniti. Radish e Goku guardarono il padre con due occhioni grossi e lucidi quanto due palle da biliardo, le labbra tremolanti e uno strano pallore in faccia. Bardack guardò i figli sollevando un sopracciglio, chiedendosi quale diavolo di problema avessero al momento. La luce fioca della lampadina proiettava le loro ombre sul muro, rendendo l’atmosfera un tantino più inquietante di quanto già non fosse.

Radish, ad un tratto, tirò sul col naso. Ma piano, pianissimo, nello stoico tentativo di resistere all’improvviso pizzicore che aveva iniziato a pungergli gli occhi e alla morsa del terrore – terrore, ma terrore profondo – che gli aveva avviluppato lo stomaco. Alla fine, quasi in esatta contemporanea con Goku, iniziò a piangere istericamente, dando lampante dimostrazione del fatto che la storia del padre non era stata propriamente un toccasana prima di andare a letto.

« C-che diavolo avete da strillare in questa maniera, adesso?! », abbaiò Bardack, con una smorfia atterrita. In tutta risposta ricevette due piagnistei ancora più forti, tali che gli parve persino udire le voci irritate dei vicini inveire qualche impronunciabile insulto dall’appartamento a fianco. Iniziò a sudare freddo. « QUALE DIAVOLO È IL VOSTRO PROBLEMA?! ».

Le tue storie sono un problema, avrebbe detto una qualsiasi persona relativamente intelligente, ma i due piccolini si limitarono a ululare istericamente inondando il letto di lacrime, troppo concentrati sul lupo omicida e sui suoi atti grotteschi e sanguinolenti per poter elaborare un qualsiasi pensiero di senso relativamente compiuto.

Alla fine, esasperato, Bardack fu costretto a tenersi nel suo grande letto matrimoniale dal materasso un tantino duretto entrambi i marmocchi, onde evitare che passassero un’intera nottata – o perlomeno l’esigua parte che ne rimaneva – a dare ampio sfoggio della propria potenza vocale svegliando tutto il vicinato, od alternativamente che annegassero in un mare di lacrime – letteralmente – rinchiusi a forza nella loro cameretta.

Si chiese, mentre sentiva il moccio e le lacrime di quei due dannati poppanti inzuppargli la maglietta e le loro braccia tentacolari stringersi spasmodicamente attorno al busto, quanto diavolo sarebbero andati avanti a piagnucolare, bofonchiando quel lamentoso “papà” tra i singhiozzi dimenandosi sul materasso.

Sbuffò ed allungò le braccia, avvolgendo entrambi i figli in un abbraccio rigido ed impacciato, spegnendo l’abatjour scassata e chiudendo gli occhi.

Finché c'era lui nessun lupo li avrebbe mangiati, comunque.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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