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Autore: Dk86    17/09/2006    6 recensioni
"Al di là dei Monti del Crepuscolo, oltre la millenaria Foresta degli Spiriti, nella torre più alta di un antico castello di pietra nera situato in una valle quasi inaccessibile, lei aspetta."
Una fiaba gotica.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ATTESA



Al di là dei Monti del Crepuscolo, oltre la millenaria Foresta degli Spiriti, nella torre più alta di un antico castello di pietra nera situato in una valle quasi inaccessibile, lei aspetta.
Molte storie e dicerie girano sul suo conto, sconfinando quasi nel mito: secondo alcuni è una principessa rinchiusa nella tetra fortezza dal malvagio padre, in attesa di essere salvata da un valoroso giovane principe; per altri si tratta di una potente maga, in grado di conferire autorità e potere oltre ogni immaginazione a chiunque giunga in suo soccorso. C’è chi addirittura sostiene che ella sia una dea, sigillata nella torre dall’anatema di un malefico stregone, e che ricompenserà il suo salvatore esaudendo qualunque suo desiderio.
Solo un particolare coincide, in tutti gli aneddoti: la fanciulla è di magnifica bellezza, con occhi verdi e profondi come laghi di montagna e una cascata di capelli dorati tanto luminosi e splendenti da far invidia al Sole stesso. La sua carnagione è bianca come un giglio appena sbocciato, e il suo portamento tanto elegante da far apparire al confronto qualsiasi regina come la più umile delle sguattere.
Con il passare degli anni molti giovani, fossero essi duchi, conti o semplici popolani in cerca di fortuna e di gloria, sono rimasti ammaliati da questi racconti e dalla leggendaria beltà della fanciulla, e si sono messi in viaggio verso il castello di pietra nera, al di là dei Monti del Crepuscolo, oltre la millenaria Foresta degli Spiriti.
Cento e più di loro sono partiti. Ma nessuno è mai ritornato.
Ciononostante in molti hanno continuato a sognare di raggiungere un giorno quel castello ed ottenere la mano della leggendaria fanciulla; e infine anche il principe primogenito del regno, Philip, un ragazzo di fiero coraggio e di grande bellezza, fu irretito da quei racconti.
Sua madre, la saggia regina Costanza, cercò di dissuaderlo in ogni modo, giungendo addirittura a perdere la sua abituale compostezza e a supplicarlo fra le lacrime.
Suo padre, il re, lo minacciò di privarlo del diritto della successione al trono se non avesse desistito da quel folle proposito. Gli gridò che era un pazzo ad inseguire quelle sciocche dicerie, e che anche lui sarebbe scomparso come gli altri che lo avevano preceduto.
Ma il principe, sordo alle intimidazioni e alle preghiere dei genitori, sellò il suo miglior cavallo, un sauro con una macchia bianca a forma di stella sulla fronte, si cinse il fianco con la fedele spada e partì diretto ad Ovest, verso le Montagne del Crepuscolo.
Per tre giorni e tre notti cavalcò ininterrottamente, attraversando villaggi e campagne al galoppo, dimenticandosi di mangiare, bere e dormire. Il suo cuore batteva rapido, come in preda ad un incantesimo lanciato su di lui dalla misteriosa e bellissima dama; Philip sapeva di essere colui che era destinato a spezzare la sua lunga prigionia, e nulla gli avrebbe fatto mutare idea.
All’alba del quarto giorno giunse così ai piedi dei monti che delimitavano il confine del regno di suo padre, le terribili Montagne del Crepuscolo, che si diceva fossero abitate da goblin, troll e altri mostri famelici. Ma il principe non si lasciò prendere dalla paura: aveva una missione da compiere, e non si sarebbe fermato finché non l’avesse portata a termine, o fosse perito nel tentativo.
E così, si inoltrò con coraggio nell’unico sentiero che serpeggiava attraverso quei monti, e che veniva chiamato il Passo della Mezzanotte, perché le cime che incombevano ai due lati erano tanto alte da coprire il Sole e davano l’impressione di trovarsi immersi in una notte senza luna né stelle. Mentre percorreva il passo, da tutto intorno al principe si levarono terribili sibili, grida disumane, gemiti strazianti ed ogni lamento e strepitio che i diavoli dell’Inferno riescano a produrre.
Il cavallo, terrorizzato, soffiava e scalpitava, cercando di fare dietrofront e di disarcionare il padrone, e Philip fu costretto a lasciarlo andare, proseguendo a piedi. Dopo di ciò, le urla e gli schiamazzi demoniaci gli si fecero ancora più vicini, ma il giovane non si sentiva né impaurito né minacciato da essi. Tutti i suoi pensieri erano rivolti verso la splendida donna che era sicuro lo stesse aspettando, là, nella torre più alta del castello di pietra nera.
E infine, la luce del Sole lo riaccolse. Aveva superato i terribili Monti del Crepuscolo.
Philip trattenne il respiro, rapito: davanti a lui si stendeva, fin dove il suo occhio riusciva ad arrivare, la millenaria Foresta degli Spiriti. Fieri alberi secolari, ricchi di fronde, formavano una compatta muraglia vegetale davanti a lui, che in quel momento si sentiva minuscolo e spaesato. Poi, osservando meglio, lo notò: un minuscolo sentiero, che si dipanava fra gli alberi, che sembrava costituire un passaggio sicuro attraverso il fitto bosco. Senza pensarci due volte, il principe lo imboccò.
Se i Monti del Crepuscolo avevano risuonato di terribili rumori infernali, la Foresta degli Spiriti era invece il luogo del silenzio e della pace; perfino il vento sembrava timoroso di far sentire la propria voce attraverso lo stormire delle foglie, nessun uccello intonava il suo motivo e nessuna ape passava ronzando, intenta a raccogliere il nettare.
In compenso, altre presenze popolavano il bosco. Ogni tanto, a pochi metri dal sentiero, Philip scorgeva delle affascinanti apparizioni, nelle forme di giovani donne vestite di null’altro che delle proprie verdi chiome e di ghirlande di foglie, che lo fissavano con desiderio, chiamandolo con gesti languidi delle mani. Ma la volontà del principe era forte e temprata come l’acciaio, e la sua mente proiettata verso il momento dell’incontro con la dama in attesa di essere liberata.
Inoltre il giovane aveva notato che accanto ad ogni ninfa e a ciascuna driade giaceva un cumulo di ossa accuratamente spolpate, sormontate spesso da un teschio; quegli spiriti maligni potevano assumere forme piacevoli per irretire gli uomini di passaggio, ma non nascondere del tutto la propria malvagità e il proprio vero intento. E, soprattutto, non potevano nuocere in alcun modo a chiunque restasse sul sentiero.
Così, dopo due giorni di cammino attraverso il bosco, il principe Philip emerse dall’intrico di rami e si trovò all’imboccatura di una stretta valle, al centro della quale, come appena uscito da un sogno, si elevava il castello di pietra nera, lucido e netto come un opale. Dalla finestra all’ultimo piano della torre più alta poté scorgere, anche solo per un attimo, la sagoma di una giovane donna, che lo fissava. Finalmente colui che era destinato a liberarla era giunto.
Le gambe del giovane iniziarono una corsa all’impazzata verso la fortezza, come se si muovessero di loro propria volontà e si trascinassero dietro il resto del corpo. Il giovane attraversò il ponte levatoio, senza domandarsi perché fosse abbassato, varcò il portone con la saracinesca sollevata, non pensando che fosse strano che non ci fossero delle guardie a vigilarlo, ed attraversò il cortile del castello, nel quale non c’era anima viva.
Qualcosa nella mente del principe gli indicava la strada; esattamente come una rondine che sa la direzione nella quale deve migrare quando giunge l’autunno pur non avendo mai appreso nozioni di geografia, così Philip, pur non avendo mai visto quel luogo se non nei propri sogni, conosceva perfettamente la via per raggiungere la torre più alta.
Salì i gradini perfettamente intagliati nella dura roccia scura a tre a tre, il petto che si alzava e si abbassava rapidamente, il cuore in subbuglio e le guance arrossate per lo sforzo; giunse davanti alla porta, la aprì, senza nemmeno riflettere sul fatto che essa non era chiusa da nessun lucchetto o catenaccio di qualche tipo, ed entrò nella stanza.
Lei lo fissò, seduta su una poltrona rivestita di velluto rosso scolorito dagli anni. Era dieci, cento, mille volte più bella di come veniva descritta nei racconti che la riguardavano. La sua pelle era così diafana che sembrava emanasse un leggero bagliore; le sue labbra erano piene e perfettamente disegnate, e i suoi capelli tanto dorati e lucenti che il principe fu per un attimo costretto a distogliere lo sguardo. Come in preda ad uno splendido sogno, il giovane iniziò a camminare verso di lei, senza curarsi di stare appoggiando i piedi su un tappeto di oggetti bianchi, alcuni dei quali si rompevano con uno schiocco quando li calpestava, mentre altri si riducevano in polvere.
La ragazza si alzò, sollevando le braccia e tendendole verso di lui, mentre un lieve sorriso le dipingeva gli angoli della bocca. Lui le fu finalmente davanti, alzò le mani e la strinse a sé in un abbraccio carico di passione.
“Ti amo” bisbigliò.
Il sorriso di lei si allargò impercettibilmente, mentre poggiava un dito sulle labbra del suo salvatore. Il principe chiuse gli occhi, proprio mentre la bocca di lei andavano a sostituire la pressione del polpastrello.
E, mentre il corpo del giovane si intorpidiva sempre di più e il suo cuore batteva in modo sempre più debole, egli pensò che le labbra di lei erano fredde come la morte.

Ella si risedette sulla poltrona consunta, fissando il corpo del principe adagiato a terra fra le ossa di coloro che lo avevano preceduto. Ancora una volta si ritrovò a pensare a come fossero strani gli esseri umani: bastava instillare nei loro cuori e nelle loro menti delle voci, dei sogni, delle promesse effimere di bellezza, ed essi ne erano inevitabilmente attratti come falene intorno ad una fiamma, finendo per bruciarsi le ali.
Scosse la testa; no, non sarebbe mai riuscita a capirli. D’altronde, lei non sognava mai, e in fin dei conti la bellezza per lei era un mezzo, e non un fine.
Quasi con dolcezza, poi, sollevò il cadavere del principe ed iniziò a nutrirsene come faceva sempre, partendo dal cuore ancora caldo.

Quando il sauro con la macchia bianca a forma di stella fu ritrovato vagare da solo ai piedi dei Monti del Crepuscolo, e fu chiaro che il principe non sarebbe più ritornato, l’intero regno si ricoprì del nero del lutto, e tutti piansero la scomparsa di un giovane tanto bello quanto coraggioso ed intelligente, e maledirono il destino per la prematura fine che gli aveva riservato.
La regina madre, straziata dal dolore per la perdita dell’amato figlio, smise di mangiare e si lasciò morire, e il re, prematuramente invecchiato e indurito dal dolore, si ritirò a vita monastica, abdicando in favore del cugino, un uomo debole e presuntuoso che condusse il regno alla rovina.

Al di là dei Monti del Crepuscolo, oltre la millenaria Foresta degli Spiriti, nella torre più alta di un antico castello di pietra nera situato in una valle quasi inaccessibile, lei aspetta.
Così come sempre ha aspettato.
E come sempre aspetterà.
  
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